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Autore: MedusaNoir    29/06/2013    0 recensioni
Qualche stolto avrebbe detto che lei e Michael si erano amati in quei mesi, ma non era così. Michael era tutto per Ellen: un amico, un amante, un padre; aveva la capacità di trasformarsi a seconda delle situazioni, dandole della “stupida ragazzina” o baciandola sotto le coperte, nelle cuccette di un treno, in una delle tante celle luride nelle quali erano stati imprigionati.
Finalmente, dopo quasi un anno di scontri e fughe, Ellen e i suoi compagni non hanno più niente da temere dai loro nemici: il pericolo sembra debellato per sempre; è giunta l'ora di tornare alle proprie vite.
Ellen deve riprendere gli studi di biologia alla Miskatonic University di Arkham, Lilyan tornerà alla carriera di attrice e Alexander e Janet continueranno a indagare, ognuno nel modo che preferisce; in questo contesto, per Michael è inutile rimanere in America. Deve rientrare in patria, abbandonando la sua pupilla al suo destino. Ma Ellen non riesce ancora a rendersi conto di ciò che sta succedendo.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Walk away



I swapped my innocence for pride,
crushed the end within my stride,
said ‘I'm strong now I know that I'm a leaver’.

 

C’era un motivo, a lei non esattamente chiaro, per cui non era ancora scesa in salotto quel giorno; era rimasta invece sdraiata nel letto che, da quando erano tornati nell’ex villa dell’arcivescovo, condivideva con il professor Michael Fauerbach.

“Professor Michael Fauerbach: suona bene.”

Non ci aveva mai pensato attentamente, ma era quello il modo in cui l’uomo si era presentato, un giorno di tanti mesi prima – a volte le sembravano perfino anni. Per lei era sempre stato “Fauerbach”, “Michael” e molto spesso “Togliti di mezzo, stronzo”; non le era mai saltato in mente di trattarlo come un professore o chirurgo qual era.

“O trafficante d’organi.”

Eppure Ellen Lawliet era una studentessa, avrebbe dovuto trattarlo educatamente. Peccato che Ellen Lawliet non fosse una normale studentessa: il massimo dei voti a ogni esame, la mente sempre in movimento e una snervante inclinazione a trattare con sufficienza chiunque le rivolgesse la parola, che fosse un suo collega o il preside della Miskatonic University. Per tale motivo, non aveva riflettuto troppo sul comportamento da osservare in presenza del “professor Fauerbach”. Lui era Michael, niente di più.

Certo, il suo vero nome era Stephen, non era nato in Germania e durante la guerra aveva dovuto cibarsi dei resti del suo compagno, ma per Ellen sarebbe sempre stato Michael.

Il Michael che ora, al piano inferiore, stava facendo l’ultima colazione nel Massachusetts prima di imbarcarsi per il Vecchio Continente.

“Abbandonandomi per sempre.”

Si diede della stupida per quel pensiero, della gigantesca, imbarazzante stupida. Abbandonarla? Non si erano mai appartenuti! Si erano limitati a passare le notti insieme e a salvarsi a vicenda la vita, di tanto in tanto. Ora, però, i pericoli erano cessati e non c’era più alcuna ragione per cui Michael dovesse rimandare il ritorno in patria.

 

And I am cold, yes, I'm cold,
but not as cold as you are.
I love the sound of you walking away.

 

Si costrinse ad alzarsi dal letto, in un qualche modo, e a raggiungere i suoi compagni d’avventura nella cucina, dove immaginava che Jeremy stesse allestendo una perfetta colazione d’addio. E aveva ragione: la tavola era stata imbandita con torta di mele, crostate all’albicocca e alle prugne, uova sode, pancetta, mele, arance, pane tostato, marmellate di tutti i tipi, thè caldo, caffè e cioccolata calda.

C’erano, inoltre, parecchio dolci al cioccolato, eppure Ellen non ne vide neanche uno, perché la sua attenzione cadde fin da subito sull’uomo che sedeva a capotavola e che stava imburrando del pane tostato. Michael sollevò lo sguardo e le rivolse un sorriso beffardo.

«Ben svegliata, piccoletta. Temevo mi avresti costretto a mangiare tutte queste cose da solo.»

Ellen lo raggiunse a passo svelto. «Da’ qua, idiota» esclamò, strappandoli dalla mano la fetta di pane e immergendolo nella cioccolata calda che era stata messa al suo posto come ogni mattina; invano i suoi coinquilini aveva cercato di farle capire che la cioccolata calda era riservata all’inverno, ma alla fine Jeremy aveva dovuto cedere e accontentare Ellen in quella sua fissazione.

Non avrebbe voluto essere così fredda e si accorse, dalle rughe che incresparono la fronte di Michael e sparirono quasi immediatamente, che neanche lui si era aspettato quel trattamento. Gli aveva dato la stessa delusione di dicembre, quando era tornato a casa sano e salvo dopo un’incursione nella base nemica, le aveva sorriso e lei si era limitata a sbuffare: «Beh, era ora che arrivassi.» In quell’occasione aveva visto chiaramente l’espressione felice di Michael mutare in rabbia, ma non era riuscita a dire niente per rimediare; in realtà aveva passato la sera seduta accanto al caminetto, torcendosi le mani e sudando fino alle punta delle dita. Il suo orgoglio – quel maledetto, fottutissimo orgoglio – l’aveva costretta a tirarsi indietro quando avrebbe voluto saltargli al collo e stringerlo fino a quando non le fosse stato chiaro che il suo amico era ancora lì, e adesso, ancora una volta, la stava facendo apparire una ragazza dal cuore di pietra.

«Come mai ti sei svegliata così tardi?» chiese Janet, seduta di fronte a lei. La studiò attraverso gli occhiali, come se fosse alla ricerca del più piccolo segno di debolezza che sarebbe potuto comparire sul suo volto da un momento all’altro.

“Ancora non mi conosci, e dovresti essere la mia migliore amica” pensò Ellen. Possibile che non avesse ancora capito che mai – mai avrebbe dato a vedere le proprie emozioni?

Eccetto a Michael, ma al momento sembrava che neanche con lui fosse riuscita ad annientare del tutto il muro che ergeva tra sé e il mondo. Il professor Fauerbach doveva essersi infastidito per il suo comportamento: discuteva cordialmente con Alexander e Lilyan, evitando però di incontrare il suo sguardo e, quando era costretto a parlarle, un vento gelato la investiva.

 

Why don't you walk away?
No buildings will fall down.
Won't you walk away?
No quake will split the ground.

 

«Vuole che Jeremy le dia un passaggio?»

«Non vorrei scomodarlo, ho già chiamato un taxi.»

«Si prenda cura di sé, professor Fauerbach.»

«Lo farò, mia cara signorina Aidil, lo farò.» Michael strinse la mano di Lilyan e le sorrise cordiale, prima di fare lo stesso con Alexander. «Signor Blake, si tenga lontano da parenti infidi e assassini travestiti da bibliotecari.»

«Lo farò, ne stia certo» assicurò Alexander, ricambiando la stretta.

«E si ricordi di portare i miei saluti al generale Pain, quando avrà sistemato i guai in caserma. Janet.» Michael rivolse un leggero inchino all’archeologa e le baciò la mano, facendola arrossire. «Mi mancheranno i suoi manicaretti. Addio, Jeremy, ricorderò per sempre le tue torte salate! Su, stupida ragazzina, andiamo.»

Ellen sussultò: era rimasta in disparte per tutta la durata dei saluti, torcendosi le dita esattamente come mesi prima, e fissando ostinatamente la strada dove, poco dopo, sarebbe apparso il taxi.

«Eh?» chiese, disorientata.

«Non mi accompagni neanche?» sbuffò divertito Michael, facendole segno di seguirlo nell’auto. «Addio, signori, è stato un piacere conoscervi. Un po’ meno in certe circostanze, ma i mostri non avvertono mai del loro arrivo.»

A stento Ellen udì i saluti dei suoi compagni, confusa, e Janet dovette darle una spinta d’incoraggiamento per convincerla a salire sul taxi insieme a Michael.

«Al porto, grazie» lo sentì dire all’autista, che rispose con un cenno del capo.

«Perché devo venire anch’io?» domandò Ellen, guardando fuori dal finestrino. Non aveva intenzione di apparire sgarbata, ma il suo cervello le suggeriva di evitare lo sguardo di Michael, se non voleva apparire come una patetica ragazzina emotiva.

Avvertì il respiro di Michael sull’orecchio. «Non lo abbiamo mai fatto su un taxi» sussurrò.

Ellen si voltò di scatto, colpita da quelle parole, ma trovò solo la risata di Michael.

«Rilassati, Ellie! Come mai sei così tesa oggi? E anche parecchio stronza, neanche volevi salutarmi.»

«Aspettavo che lo facessi tu» bofonchiò lei. «E solo Janet mi chiama “Ellie”.»

«Ti mancherò?»

La domanda giunse inaspettata dalla bocca di Michael, ben più portato a rivolgere frasi del genere ad avvenenti cameriere o studentesse con cui si intratteneva una sola notte. Ellen riprese a dargli le spalle, ostinata.

«Non crollerà certo il mondo» rispose, osservando le case di Arkham oltre il finestrino. «Non ci sarà alcun terremoto, nessun edificio crollerà… Niente di quello che abbiamo passato fino a qualche settimana fa accadrà di nuovo – di certo non per la tua assenza.»

«Hai ragione» concordò Michael, ed Ellen immaginò che si fosse accasciato sul sedile, lo sguardo rivolto al finestrino opposto.

 

Why don't you walk away?
The sun won't swallow the sky.
Why don't you walk away?
Statues will not cry.

 

Ne avevano passate tante nell’arco di quei mesi, Ellen ebbe il tempo di ripensarci durante il tragitto dalla villa ormai proprietà di Lilyan Aidil al porto di Arkham. Quando era cominciato tutto, per lei?

Avevano ritrovato una carcassa rosa sulle rive del fiume, l’avevano portata in uno dei laboratori universitari per analizzarla e avevano chiamato lei, migliore studentessa di Scienze e fisiche biologiche, e alcuni esperti tra cui il professor Fauerbach; nel giro di una notte erano già stati attaccati da anfibi mostruosi e violenti nei corridoi dei dormitori della Miskatonic University. Quella volta e la successiva – quando ormai Ellen, desiderosa di conoscere il più possibile su quelle misteriose creature, era entrata a far parte del gruppo con cui ora condivideva la villa – lei si era tenuta da parte, riuscendo ad agire solo due settimane dopo, durante un attacco proprio nell’abitazione dell’arcivescovo.

Da lì in poi, la vita di tutti era stata in costante pericolo: sotto le cripte del cimitero una forza sovrannaturale aveva preso il controllo di lei e Michael, costringendoli ad attaccare i loro compagni; Michael era arrivato a pensare di doverla uccidere, glielo aveva confessato in seguito, quando lui aveva ripreso conoscenza e aveva trovato gli altri distesi a terra in pozze di sangue.

Erano stati rapiti dall’esercito e trasportati in una caverna sul mare, da cui erano riusciti a scappare solo gettandosi in acqua ed Ellen, in preda all’agitazione di perdere Michael braccato da uno squalo, dalla riva si era di nuovo lanciata in acqua per aiutarlo, pur sapendo che così avrebbe rischiato di morire anche lei.

Quando l’esercito, di cui al tempo il generale Pain era a capo, li aveva riacciuffati, erano stati costretti a dormire in celle muffe e umide, stringendosi tra il sangue e il letame solo per sentire il calore l’una dell’altro.

Qualche stolto avrebbe detto che lei e Michael si erano amati in quei mesi, ma non era così. Michael era tutto per Ellen: un amico, un amante, un padre; aveva la capacità di trasformarsi a seconda delle situazioni, dandole della “stupida ragazzina” o baciandola sotto le coperte, nelle cuccette di un treno, in una delle tante celle luride nelle quali erano stati imprigionati.

E ora Michael se ne stava andando, per sempre. Difficilmente l’avrebbe rivisto, con un oceano e la loro testardaggine a dividerli.

“Il sole non ingoierà mica il cielo,” si disse Ellen, “e di certo le statue non piangeranno l’assenza di un uomo come Michael Fauerbach.”

Ma lei sì, probabilmente.

Le sarebbero mancati i suoi lunghi capelli neri da stringere nell’amplesso, il sorriso beffardo, il fascino che esercitava sulle sciocche abitanti di Arkham, che credevano di essere “le uniche” per lui; le sarebbero mancati i suoi tentativi di salvarle la vita, le parole di scherno, le tavolette di cioccolata che portava sempre con sé per essere certo che lei gli fosse fedele e non cercasse di venderlo al loro nemico; le sarebbero mancati gli scontri, i litigi, i baci e le coperte, le sarebbero mancate quelle celle muffe e umide.

Con un infinito sforzo di volontà, Ellen cercò con la mano quella calda di Michael e la strinse. Lui non la cacciò.

I cannot turn to see those eyes,
as apologies may rise.
I must be strong and stay an unbeliever
and love the sound of you walking away,

you walking away.

 

«Tenga il resto.»

Ellen aspettava fuori dall’auto, conscia di non avere nemmeno un briciolo della poca forza necessaria a sollevare il bagaglio di Michael. «Tutto qui?» gli chiese poi, guardando il borsone che prima, al momento della partenza dalla villa, era stata troppo disorientata per notare.

«Con poche cose sono arrivato e con poche cose me ne vado.»

«Ma con tante nuove conoscenze.»

«Questo sì, e mi spiacerà non replicarle in Europa.»

«Michael…» tentennò Ellen, accompagnandolo verso la nave.

«Mh?»

«L’hai detto tu, prima… I mostri non avvertono. Se ne dovessero spuntare fuori altri?»

«Sarete in grado di pensarci da soli, mi auguro.» Michael si guardò attorno. «Ehi, non è da questa parte che abitano i tuoi amichetti?»

«La zona italiana è dell’altro lato del porto.»

«Peccato,» sospirò, «avrei preferito che intercedessi per me nel caso qualche ladruncolo dovesse rubarmi il portafogli.»

«Sembri un vagabondo, nessuno punterebbe a te.»

«Tu lo avrei fatto» le sorrise, ammiccandole.

«I falsi vagabondi nascondono sempre più roba degli altri viaggiatori, ma io ero l’unica abbastanza avventata da correre il rischio di scippare un vero poveraccio.» Ellen trasse un profondo respiro, prima di riprendere il discorso che Michael aveva lasciato cadere. «Potrebbero tornare e una persona in meno farebbe la differenza.»

Michael si fermò per arruffarle i corti capelli rossi. «Ci sarà il generale Pain con voi, non devi preoccuparti. E, cosa più importante di tutte, abbiamo debellato il pericolo per sempre: quei mostri non ci tormenteranno mai più.»

Ellen evitava di guardarlo negli occhi, non riusciva a trovare il coraggio; avrebbe voluto che se ne andasse il più rapidamente possibile, così da non costringerla ad accrescere quel nervosismo, ma allo stesso tempo temeva il momento del loro addio. Lo temeva come non aveva temuto alcun mostro.

Fin da bambina era stata sola, prima ancora che sua madre morisse, prima ancora che lei fosse costretta a scappare dalla casa in cui suo padre seminava il terrore. Non aveva mai creduto nei rapporti interpersonali, giudicava l’amore e l’amicizia segni di debolezza che l’avrebbero portata a fidarsi di uomini violenti, come era stato per sua madre; aveva stretto legami solo con i ladruncoli italiani del porto per poter guadagnarsi da vivere e l’unica persona che fosse valsa la pena di conoscere più a fondo era stata Janet, che aveva ammirato fin da subito. Dopo aver conosciuto Michael, però, si era resa conto che non aveva mai avuto un vero amico, che neanche Janet le aveva dato ciò che quel trentenne belloccio strafottente era riuscito a farle provare, quell’attaccamento per una persona, quella fiducia in un altro essere umano che non fosse lei stessa.

«Addio, stupida ragazzina» sussurrò Michael, facendola tremare. Pregò che non se ne fosse accorto.

Ellen non riusciva a trovare le parole giuste, perfino la gola si era seccata; si ostinava però a tenere lo sguardo fisso a terra, cercando allo stesso tempo di dimostrare una forza che non possedeva. Michael smise di arruffarle i capelli e le baciò teneramente la fronte.

Non attese che lei dicesse nulla, si rimise il borsone sulla spalla e si allontanò verso la nave.

 

And I'm not cold, I am old
at least as old as you are,

as you walk away.

 

Lo guardò andare via senza dire una parola, lo guardò lasciare la sua vita per tornare in patria, in Europa, al suo lavoro.

Per un istante – un folle, ridicolo istante – Ellen fu tentata di seguirlo: ce n’erano anche in Austria, di università, c’erano possibilità di lavoro come ad Arkham, per quanto poteva saperne lei. Avrebbe lasciato gli studi, ricominciato da capo, avrebbe pubblicato le sue ricerche sulle misteriose creature affrontate e sarebbe stata riconosciuta come una biologa di fama mondiale. Non aveva bisogno di rimanere in America per realizzare i suoi sogni.

Non vide Michael scomparire nella nave, si voltò prima, dandogli le spalle per l’ultima volta.








Questa storia è stata scritta per l’iniziativa Settimana tematica #1: SONGFIC del forum Pseudopolis Yard e si basa sulla canzone Walk away dei Franz Ferdinand, consigliatami da ferao.

Non è la prima storia che scrivo su questi personaggi, ma ho cercato di “riassumere” le parti fondamentali della loro avventura per facilitare la lettura a coloro che non hanno letto gli altri racconti. Questa parte non è accaduta nel gioco di ruolo (ambientato alla fine degli anni ’20), ma ho voluto provare a narrarla. C’è tanto, troppo angst per chi conosce i personaggi, mi dispiace (a me più di tutti!). Spero di avervi invogliato a leggere ancora su di loro!

Vi ringrazio per la lettura (e l’attenzione) :)

 

Medusa

   
 
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