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Autore: I am in love with a train    29/06/2013    5 recensioni
-Allora sig. Armstrong…perché è qui?-cominciò il biondo.
-Perché la mia cara mogliettina crede che io non mi sappia vestire e quindi ma ha mandato da lei, nonostante la mia estrema riluttanza-
-Ah capisco, bhe, sua moglie ne deve sapere di gran lunga più di lei di stile per averla mandata da me-continuò Michael prendendo un sorso dalla tazza di caffè appoggiata al tavolino di fianco alla poltrona.
Guardare "L'eleganza del maschio" con Enzo Miccio su Real Time mi ha fatto molto male...
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Orbene il moscerino adimensionale è tornato con un'altra storia, questa volta DAVVERO demenziale! A causa degli esami di terza media sono tipo sparita per...un tot...ma adesso che sono finiti nulla mi impedirà di dar sfogo alla mia idiozia! :D Bene...diciamo che questa cosa è nata appunto dal programma "L'eleganza del maschio" di Enzo Miccio che, per chi non lo conoscesse, è una specie di wedding planner/stilista LEGGERMENTE effemminato. E...bho niente...spero solo che vi possa strappare un sorriso e che vi faccia pensar male ogni volta che sentirete parlare di stile *faccia maliziosa* Bene, ho finito, anzi no, un'ultima cosa: questa ff è dedicata alla mia Gibson nuova di zecca che ho comprato stamattina come regalo per gli esami *^* BUONA LETTURA!

 

Billie Joe Armstrong era arrabbiato. Il suo orgoglio era stato profondamente ferito dalla discussione con la moglie avvenuta le sera prima. Insomma avrebbe accettato qualsiasi tipo di insulto ma nessuno, ripeto NESSUNO si poteva permettere di dirgli che non si sapeva vestire. Lui Billie Joe Armstrong aveva sempre pensato di essere la persona più alla moda sulla faccia della terra ma evidentemente, secondo l’opinione della sua cara mogliettina, si sbagliava. Ed ora era stato costretto da lei a recarsi da questo famigerato man stylist che adesso stava spopolando su uno di quei canali televisivi idioti, quelli dove ci sono sempre o donne che partoriscono, o uomini dalla dubbia (ma anche ovvia) tendenza sessuale che ti dicono che una giacca di camoscio color “brown molto strong” sarebbe perfetta per te. Insomma l’abbinamento jeans leopardati-maglietta dei Muppets verde mela era sempre stato qualcosa di sacro per Billie, e adesso veniva smontato così come se nulla fosse da una moglie fissata con uno stilista effemminato!

Fatto stava che ora era diretto da quell’uomo che, a detta di Adrienne, avrebbe “rivoluzionato il suo look”. Ma a lui il suo look piaceva già com’era!

Sbuffando il moro accostò cercando un parcheggio vicino allo studio del “man stylist” e tirando un calcio alla portiera scese dall’auto, deciso ad andarsene il prima possibile da quel posto.

Arrivato davanti all’edificio suonò il citofono che si trovava alla destra della porta a vetri, picchiettando il piede a terra in attesa di una risposta.

-Buongiorno questo è lo studio di Michael Pritchard, come posso aiutarla?-chiese una voce resa metallica dall’apparecchiatura del citofono.

-Sono Billie Joe Armstrong ho un appuntamento con lei alle 10:30-rispose l’altro facendo capire già dal tono di voce tutto il suo “entusiasmo” per questa visita.

-Ah molto bene prego entri pure-a queste parole la porta a vetri si aprì permettendo al moro di passare all’interno, ritrovandosi in piccolo atrio al lato del quale una donna era intenta a scartabellare documenti alla scrivania.

-Mi scusi sono qui per un incontro con lo stilista là sopra saprebbe dirmi dove devo andare?-domandò avvicinandosi alla signora.

-Ventesimo piano terza porta a sinistra-rispose quella senza alzare lo sguardo dai fogli.

Billie si guardo un attimo in giro sperando di incontrare con lo sguardo un ascensore.

-Mi scusi non c’è un ascensore?-

-Lei ne vede uno?-

-No-

-E allora non c’è-

Sbuffando il moro si allontanò borbottando insulti mentre si avviava verso i primi gradini di quella che sarebbe stata una dura ed estenuante scalata.

Al decimo piano cominciarono a mancargli le forze, al tredicesimo l’ossigeno, al sedicesimo non sentiva più le gambe e al diciottesimo credeva di morire, tanto che aveva già pensato a chi avrebbe lasciato in eredità il suo peluche della rana Kermit, alla fine optò per Trè, lui era sempre stato un amico fidato.

Arrivato al ventesimo piano strisciò per il corridoio rendendosi conto che doveva essere lungo una cinquantina di metri e che la “terza porta a sinistra” si trovava proprio in fondo ad esso.

Ormai sfinito e in punto di morte utilizzò le ultime energie per bussare alla porta che si trovava di fronte a lui.

Poco dopo venne ad aprirgli qualcuno a cui il moro non fece caso, dato che collassò direttamente per terra chiedendo disperatamente dell’acqua. La sua richiesta fu subito accolta e una mano gli porse in bicchiere che Billie tracannò letteralmente rischiando quasi di soffocare.

-G-grazie…-mormorò fra gli ultimi colpi di tosse.

-E’ un mio dovere accogliere gli ospiti con le buone maniere, da buon gentiluomo che sono-rispose una voce sopra la sua testa.

Il moro si mise supino per riuscire a vedere chi parlava e scoprì sopra di lui quello che doveva essere il famigerato stilista che gli avrebbe probabilmente rovinato la giornata.

-Lei deve essere…-

-Esattamente, Michael Pritchard in persona, pluripremiato stilista statunitense…-

-Sa che non me ne frega proprio niente?- lo interruppe Billie, godendo nel vedere l’espressione stizzita che si era dipinta sul volto dell’uomo di fonte a lui.

-Prima di tutto dovremmo insegnarle le buone maniere signor…?-

-Armstrong-

-Ecco, Armstrong, venga che la aiuto a togliersi quest’orribile giacca-il biondo lo aiutò ad alzarsi, accompagnandolo all’attaccapanni.

-Che cos’ha di orribile la mia giacca?-chiese seccato l’altro.

-Bhe non ha per niente classe, un bell’uomo come lei dovrebbe vestirsi più elegantemente, non come un adolescente-rispose l’altro sfilandogli le maniche della giacca; forse era solo un’impressione ma a Billie parve che quello stilista si premurasse di toccarlo il più possibile, gli sembrò perfino che gli avesse sfiorato il sedere.

-Ok posso fare da solo-tagliò corto il moro allontanando bruscamente le mani dell’altro.

“Bell’uomo? Ci sta provando con me questo? Oh bhe sarà di certo una delusione, non è proprio il mio tipo” pensò mentre appendeva la giacca.

-Ehi ma…! A chi ha dato dell’adolescente?!-domandò alzando il tono di voce, resosi conto solo adesso di quello che aveva insinuato quell’uomo.

-Non faccia il finto tonto, agli altri si mostra come un uomo maturo, ma nella sua testa è rimasto agli anni 80-rispose l’altro prendendo posto su una delle due poltrone che occupavano la stanza.

-Guardi che io sono sposato e ho due figli!-ribattè il moro che già stava incominciando a stufarsi di stare rinchiuso in quelle quattro mura con quello stilista che non faceva altro che insultarlo. Sbuffando si lasciò cadere sull’altra poltroncina, incrociando le braccia con fare imbronciato.

-Allora sig. Armstrong…perché è qui?-cominciò il biondo.

-Perché la mia cara mogliettina crede che io non mi sappia vestire e quindi ma ha mandato da lei, nonostante la mia estrema riluttanza-

-Ah capisco, bhe, sua moglie ne deve sapere di gran lunga più di lei di stile per averla mandata da me-continuò Michael prendendo un sorso dalla tazza di caffè appoggiata al tavolino di fianco alla poltrona.

-Lei non ne sa un bel niente di stile, è solo fissata con lei e con il suo stupido programma!-

-Infatti, si vede che ha buon gusto-

Il più piccolo alzò gli occhi al cielo, prendendo un sorso dalla sua tazza di caffè ma, scoprendolo terribilmente amaro, lo sputò sulla moquette della stanza.

-Ma che cosa sta facendo? Chi gliele ha insegnate le buone maniere?-intervenne il biondo, chinandosi per asciugare il liquido scuro che ormai aveva impregnato la moquette, sporcandola.

-Non è colpa mia se il suo caffè fa schifo!-ribattè l’altro riappoggiando la tazzina sul tavolo.

-Per sua informazione il mio caffè è ricavato dai chicchi più pregiati che si trovano in circolazione!-

-Magari se ci mettesse un milligrammo di zucchero potrebbe anche risultare accettabile!-

-Lo zucchero fa ingrassare, e io ci tengo alla linea-

-Oddio ma uno più strano non me lo poteva trovare mia moglie?-sussurrò fra sé e sé il moro, lasciandosi nuovamente cadere sullo schienale della poltrona.

Lo stilista finì di pulire per poi risedersi di fronte a Billie.

-Bene sig. Armstrong stavamo dicendo…bhe innanzitutto dovremmo cominciare a insegnarle un po’ di quello che io chiamo buongusto, ma probabilmente lei non conosce questa parola...-

-Io mi vesto molto meglio di lei!-

-Quanto è vero che Luis Vuitton è etero, ma mi faccia il piacere!-rise l’altro, mandando su tutte le furie il più piccolo.

-La smetta di prendermi in giro!!-

-Ma come faccio a prenderla sul serio mentre indossa quel paio di jeans leopardati?-continuò il biondo ridacchiando.

-I miei jeans sono bellissimi!!!!-strillò Billie, che ne aveva fin sopra i capelli di questa storia. Sembrava quasi che quell’uomo godesse nel vederlo arrabbiarsi…Ma che cos’era? Tipo sadico? Questa non era per niente una bella prospettiva…

Michael si ricompose, riacquistando la serietà che aveva perso per quei pochi istanti.

-D’accordo sig. Armstrong, venga con me, ora le farò vedere cosa significa veramente buongusto-disse, conducendolo a quella che sembrava essere un’enorme valigia.

-Cosa ci dovrei trovare qui dentro?-chiese il moro battendo il piede per terra.

-Tutto quello che un uomo può desiderare- quest’affermazione spaventò un poco Billie, ma subito la sua mente cominciò a vagare verso orizzonti lontani, popolati da Muppets e da mucche leopardate…questo, per lui, era tutto quello che un uomo poteva desiderare.

Con un rapido gesto lo stilista spalancò la “valigia” rivelando cassetti su cassetti di camicie, cravatte e pantaloni eleganti.

-Aww…-il povero Billie ci rimase un po’ male scoprendo che all’interno di quell’affare non lo attendeva nessuna mucca leopardata.

-Ecco qui sig. Armstrong, questo è tutto quello di cui d’ora in poi avrà bisogno-

-Io non mi metto nulla di tutta questa roba!-

-Ne è proprio sicuro…?-domando Michael con un tono di voce che spaventò non poco il più piccolo, il quale indietreggiò leggermente vedendo l’uomo avvicinarsi pericolosamente a lui.

-B-bhe, r-ripensandoci qualcosa potrei provarla….-balbettò terrorizzato, sperando con tutto il cuore che quello stilista si allontanasse al più presto la lui, e che soprattutto togliesse immediatamente quella mano dal suo fianco destro.

-Molto bene, allora…vediamo…potrebbe provare…ok ci sono: questo, questo, ah sì anche quella camicia, bhe quei pantaloni non possono mancare, poi quello, queste cravatte…-passati due minuti il moro si ritrovò con una montagna di indumenti fra le braccia, con i quali si diresse nel camerino, sperando di scomparire il prima possibile.

Passati dieci minuti Billie si ritrovò a lottare con un paio di pantaloni chiari ai quali non ne voleva sapere di scendere la zip.

-Aahh!!- urlò esasperato lanciandoli in un angolo del camerino.

-Sig. Armstrong tutto bene?-la figura slanciata dello stilista fece la sua comparsa oltre il sipario che divideva il camerino dal resto della stanza.

-Ehi m-ma! Le pare il caso di entrare?! Sono in mutande!-strillò il più piccolo cercando di coprirsi.

-Oh, non si preoccupi, ho visto molti più uomini in mutande di quanti lei possa immaginare-

-A-APPUNTO!-ribattè il moro, cominciando a mostrarsi sempre più diffidente nei confronti di quell’uomo.

-Cosa vuole dire con “appunto”? Avrà mica paura di me?-domandò l’altro avvicinandosi lentamente a Billie.

-N-non si avvicini-il più piccolo indietreggiò cercando di mantenersi distante dallo stilista.

-Non abbia paura, mi lasci fare…-proseguì Michael continuando ad avanzare.

Il moro sussultò, trovandosi con le spalle al muro, cercando con lo sguardo un’altra via di fuga e continuando a tenere d’occhio l’uomo di fronte a lui. Sentiva il curo martellargli in petto dalla paura, che cresceva a con l’avvicinarsi del sig. Pritchard. Ormai era a pochi passi da lui…oddio, la situazione stava prendendo una brutta piega…chissà cosa gli avrebbe fatto?

La mano del biondo si posò sul collo, per poi scendere per andare a fermarsi sul nodo della cravatta che il moro indossava sopra la camicia.

-C-che cosa sta facendo…?-chiese con voce tremante l’altro, terrorizzato dalla possibile risposta.

-Ora le faccio vedere come si fa…-rispose lo stilista, cominciando ad allentare il nodo.

Billie era letteralmente terrorizzato, qualsiasi cosa gli avrebbe fatto quell’uomo nessuno avrebbe mai sentito le sue grida di aiuto, ne era certo; forse erano tutti d’accordo col sig. Pritchard, forse lui era solo uno dei tanti sfortunati che erano caduti nelle le sue grinfie…a questa ipotesi preferì non pensare.

-L-la prego, mi lasci stare…n-non mi faccia del male, h-ho una famiglia da mantenere…-lo supplicò respirando affannosamente.

-Ma io non voglio farle niente…-replicò l’altro con la stessa voce suadente con la quale aveva incominciato a parlare al suo ospite.

Il moro chiuse gli occhi, mentre il biondo aveva ormai disfatto del tutto il nodo della cravatta.

-Mi lasci stare!-urlò disperato, sperando, nonostante tutto, che qualcuno lo sentisse ed accorresse in suo aiuto.

Sentì le mani dell’altro muoversi veloci di fronte a lui, poi più niente…cosa gli aveva fatto…?

Spaventato, si azzardò ad aprire gli occhi, non vedendo altro che un nodo della cravatta rifatto, questa volta in maniera diversa.

-L’aveva fatto in maniera sbagliata, volevo solo farle vedere il modo corretto-disse pacatamente Michael riacquistando il suo naturale tono di voce e sistemando gli ultimi dettagli della cravatta.

-O-oh…ehm…io…pensavo che lei…-balbettò il più piccolo arrossendo, sommerso dall’imbarazzo.

-Non si preoccupi, si finisca di vestire, io la aspetto fuori-lo interruppe l’altro, comportandosi come se non fosse accaduto nulla.

-D-d’accordo…-

Poco dopo Billie si presentò di fronte allo stilista, indossando un completo elegante beige chiaro, accompagnato da una camicia bianca sulla quale spiccava una cravatta marrone.

-Bhe, devo ammettere che sta davvero bene vestito in questo modo…non crede anche lei sig. Armstrong?-domandò il biondo squadrando il suo ospite da capo a piedi.

-Ehm…bhe…io mi sento un po’…ingessato ecco-si azzardò l’altro, ormai terrorizzato dalle possibile conseguenze di una contraddizione.

-Oh bhe, questo è normale, le prima volte sarà un po’ così ma poi ci si abituerà, non si preoccupi-

-Ah, b-bene…-si limitò a rispondere il moro, non vedendo l’ora di togliersi quel completo.

-Sa cosa stavo pensando…?-Michael si avvicinò nuovamente a Billie, il quale stava facendo uno sforzo immane per non mettersi a tremare come una foglia.

“Sta pensando che mi vuole stuprare?” avrebbe risposto il più piccolo, ma si trattenne dal dare altri possibili spunti a quello stilista depravato.

-Stavo pensando che…-il biondo prese fra pollice e indice la cravatta dell’altro, saggiandone il tessuto con i polpastrelli.

“Oddio ecco che ci risiamo” pensò Billie preparandosi psicologicamente al peggio.

-…potremmo provare altri colori per la cravatta-concluse lo stilista voltandosi per cercare qualcosa nel baule dietro di lui.

Trascorsero la mezz’ora successiva provando e riprovando vestiti su vestiti, uno peggio dell’altro, a detta di Billie, che portavano l’uomo ad un livello superiore, a detta di Michael.

Dopo un’interminabile serie di cravatte, giacche a pantaloni con cromature che variavano dai colori neutri a quelli pastello, finalmente il biondo diede fine a quella tortura con un semplice “ok, questo può andare”.

“E lei mi ha tenuto qui mezz’ora solo per dirmi che può andare?!” il moro trattenne a stento la rabbia al ricordo di ciò che era successo poco prima.

-Bene sig. Armstrong, è giunto il momento di insegnarle un po’ di buone maniere-annunciò l’altro, spostandosi nuovamente verso le poltroncine e facendo segno all’ospite di seguirlo.

-P-posso rimettermi i miei vestiti…?-chiese timidamente il più piccolo.

-Oh certo che può, ma per favore, mi prometta che questa è l’ultima volta che la vedo vestita in questo modo-

-D’accordo-mentì il moro. In realtà avrebbe risposto “col cavolo che mi vesto con quei cazzo di completi che mi ingessano tutto! Se ne può andare a fanculo lei e tutto il suo buongusto!”, ma ancora una volta preferì tenere la bocca chiusa.

-Bene, adesso…mi faccia vedere come si siederebbe su questa poltrona, avanti-disse lo stilista indicando la poltroncina alle spalle del moro.

-Uh…ehm…ok-in fondo non c’era nulla di male nel sedersi su una poltrona no? Quel maniaco non sarebbe riuscito ad inventarsi qualcosa anche qui.

Billie prese posto sulla poltrona, mettendosi comodo e rilassato come era solito fare a casa sua.

-Oh mio Dio no! Ma che cos’è questa, una scimmia?-lo rimproverò immediatamente l’uomo di fronte a lui, ordinandogli di alzarsi.

-Le faccio vedere come dovrebbe essere la postura corretta-detto questo il biondo si accomodò sulla poltrona accavallando le gambe e congiungendo le mani sul ginocchio destro.

-Ma io ci guardo il baseball seduto in poltrona, non intrattengo mica una cena d’affari!-protestò il moro.

-A quelle penseremo dopo-tagliò corto Michael.

-Venga, provi a sedersi anche lei-aggiunse picchiettandosi le gambe.

-M-ma…insomma…non dovrebbe…togliersi…?-si azzardò Billie, terrorizzato dal possibile effetto delle sue parole e dalla situazione che si stava creando.

-Ah no, non si preoccupi si sieda pure su di me-rispose l’altro tranquillamente.

Il moro deglutì rumorosamente prima di sedersi riluttante sulle gambe dello stilista, sentendosi tanto un bambino in braccio alla madre; peccato che lui non era un bambino e quel pervertito non era certamente sua madre.

-C-come ha detto che mi devo mettere…?-

-Così guardi…questa gamba sopra a questa...no l’altra…ok, e adesso le braccia così, ok ci siamo quasi…-illustrò Michael, aiutando l’ospite a posizionarsi in maniera adeguata.

Il più piccolo sussultò sentendo che, per permettersi di aiutarlo meglio, lo stilista aveva appoggiato il mento sulla sua spalla.

-Così va bene…?-domandò sperando che quell’uomo si scostasse il prima possibile da lui.

-Va benissimo…sa, lei impara proprio in fretta sig. Armstrong, mi sta dando un sacco di soddisfazioni…-continuò l’altro, rimanendo nella stessa posizione; anzi, al moro sembrò che il sig. Pritchard avesse avvicinato le labbra al suo collo.

“E non ho intenzione di dargliene altre” pensò.

-Ci sarebbe una cosa che però mi darebbe soddisfazione più di tutte…-gli sussurrò lo stilista all’orecchio.

Billie si limitò a restare immobile, sperando che qualcuno entrasse per sbaglio nella stanza e interrompesse questa terribile situazione, impedendogli di sfociare in…altro.

-Sa che cosa sarebbe sig. Armstrong?-la voce dell’altro lo svegliò dai suoi pensieri e lo fece tornare alla terribile realtà.

-N-no…-balbettò terrorizzato.

-Ne è proprio sicuro?-

-S-sì…-

-Bhe glielo dico io allora…-la voce del biondo si era ormai ridotta ad un sussurro appena percepibile all’orecchio del moro.

“Adie, sappi che ti ho voluto bene” pensò Billie; gli dispiaceva che l’ultima volta che l’aveva vista avevano litigato…le sarebbe rimasto solo un brutto ricordo di lui, del suo amore…avrebbe tanto voluto rimettere le cose apposto ma ormai non c’era più tempo e…

-Mi farebbe davvero felice se venisse di là con me ed imparasse come ci si comporta in una cena d’affari-concluse in quel momento Michael, alzandosi dalla poltrona e facendo quasi ruzzolare a terra il povero Billie, che ancora doveva connettere le ultime parole.

“Ok Adie, quando torno a casa ti prometto che facciamo pace” pensò mentre seguiva l’altro.

-Molto bene eccoci qua, allora su questa tavola ci sono venti posate differenti, adesso io le farò vedere dei cibi e lei mi dirà quali posate dovrei usare per mangiarli-spiegò il biondo indicando la tavola con un ampio gesto della mano.

-D’accordo-si limitò a rispondere l’altro, ancora sotto shock per ciò che era appena successo. Ma come era possibile che l’uomo di fronte a lui un attimo prima tentasse di…insomma…abbordarlo ed un attimo dopo si comportasse come se nulla fosse successo? Cominciava a non capirci più un cazzo di tutto, di tutta questa faccenda, ma l’unica cosa che poteva sperare era che questa seduta sarebbe finita il più presto possibile, senza altri…intoppi.

-Allora sig. Armstrong cominciamo dalle cosa basilari…cosa userebbe per tagliare una pagnotta?-chiese il biondo.

-Uh…ehm…-l’altro guardò sul tavolo, trovandovi disposti almeno sette coltelli diversi, fece una conta mentalmente e alla fine ne scelse uno a caso.

-Io direi…quello lì-rispose indicando un coltello a caso sul tavolo.

-Questo dice? Molto bene devo dire, è quello corretto-esclamò lo stilista.

Billie tirò un sospiro di sollievo, non voleva immaginare cosa avrebbe potuto succedere se avesse sbagliato…

Andarono avanti così per un po’, per fortuna Billie indovinò a caso la maggior parte delle posate senza troppi intoppi, mentre cominciava finalmente a intravedere la luce alla fine del tunnel.

-D’accordo sig. Armstrong adesso le insegnerò una cosa molto importante nel caso si dovesse recare in Giappone-annunciò Michael.

-Uh bello, mi piace il Giappone!-finalmente qualcosa di interessante, dopo tutti quei vestiti ingessati, e quelle lezioni inutili sulle buone maniere, finalmente qualcosa che avrebbe potuto interessare al moro.

-Le insegnerò gli inchini giapponesi-

Ma che cazzo! Con tutte le cose interessanti che ci sono sul Giappone proprio gli inchini doveva scegliere quello stupido stilista?!

-Ok…-acconsentì mestamente l’altro.

-Bene allora cominciamo col primo inchino, quello informale…per questi inchino si deve piegare di 15 gradi…-cominciò il biondo piegandosi leggermente in avanti.

“Oh cazzo no, questo no, tutto tranne questo!” pensò disperato il più piccolo; se il sig. Pritchard era riuscito a farsi passare per il maniaco annodando una cravatta chissà cosa gli avrebbe fatto ora che si trattava di piegarsi di alcuni gradi…Senza rendersene conto il moro si ritrovò a pregare, era da una vita che non lo faceva più e quello gli pareva decisamente il momento adatto per ricominciare.

-Sig. Armstrong provi anche lei su-lo incitò Michael.

-Oh si si certo…-il moro si piegò leggermente in avanti, sentendosi avvampare il viso.

-V-va bene cosi…?-

-E’ perfetto, sa, lei è davvero molto bravo sig. Armstrong-Billie non volle cogliere il doppio senso di quell’affermazione.

-D’accordo ora passiamo all’inchino formale-proseguì il biondo –qui si deve piegare di 30 gradi-

Oddio…

Il più piccolo si piegò nuovamente, il volto in fiamme.

-Molto bene sig. Armstrong…ma che ha? E’ così rosso in viso, c’è per caso qualcosa che non va?-domandò Michael, come se non si rendesse conto che quella situazione era decisamente imbarazzante.

-Oh ehm n-no…fa…fa solo un gran caldo qui dentro…-farfugliò il più piccolo cercando di mostrarsi tranquillo, cosa che fallì miseramente quando il biondo ricominciò a parlare.

-Ed ora l’ultimo inchino, quello molto formale, ora sig. Armstrong si dovrà piegare di 45 gradi-

Billie si inchinò tremando come una foglia, sperando di poter mettere fine velocemente a questa tortura.

-Aspetti, si deve piegare ancora un po’, così è troppo poco-disse Michael, spingendo la schiena del moro un po’ in avanti.

-Oh ehm…mi scusi…-balbettò l’altro sapendo di aver appena firmato la sua condanna con quell’errore.

-M-mi perdoni ma c-così non le pare un po’ troppo…?-domandò con voce tremante notando che il sig. Pritchard continuava a premere sulla sua schiena.

-Secondo me no…-rispose l’altro riacquistando quel tono di voce che a Billie ricordava molto un maniaco.

-B-bhe secondo me invece sì…-ribattè il moro, cercando di non sembrare spaventato di fronte all’uomo, operazione che, ancora una volta, fallì miseramente.

-Ne è proprio sicuro sig. Armstrong?-sussurrò l’altro, facendo gelare il sangue nelle vene al poveretto di fianco a lui.

-S-sicurissimo…-

-Bhe perché invece io penso che…-in quel momento il biondo venne interrotto dallo spalancarsi della porta della stanza, segno che era arrivato l’ospite successivo.

-Oh salve sig. White come sta oggi? Ha fatto progressi?-domandò dirigendosi verso l’entrata per accogliere il suo ospite.

“Oddio grazie!!” pensò Billie, cadendo in ginocchio, cercando di riprendersi dalla paura.

-Bene sig. Armstrong per oggi la sua seduta è terminata, ci vediamo la settimana prossima?-chiese il biondo rivolgendosi alla figura accasciata nell’angolo della stanza.

-C-certo…-rispose l’altro ancora tremante, raggiungendo l’attaccapanni per recuperare la giacca.

-Arrivederci-

“A mai più rivederci” pensò il più piccolo uscendo dalla stanza.

Percorse tutti i venti piani di scale di corsa e all’entrata non si curò nemmeno di salutare la signora seduta alla scrivania; a grandi falcate raggiunse la macchina nel parcheggio e la mise in moto frettolosamente, con l’intenzione di allontanarsi il più velocemente possibile da quel posto e di ritornare a casa dalla sua famiglia che, durante la seduta, aveva dubitato più volte di poter rivedere. Passò col rosso ad almeno cinque semafori, non curandosi degli automobilisti furibondi che gli lanciavano insulti dal finestrino delle loro macchine. Arrivato a casa parcheggiò velocemente la macchina nel box per poi fiondarsi a suonare il campanello sperando che Adrienne gli aprisse il più in fretta possibile. Appena vide la porta socchiudersi si fiondò all’interno, tirando un sospiro di sollievo solo quando la sentì chiudersi alle sue spalle.

-Allora tesoro come è andata la seduta dallo stilista?-domandò allegra la moglie.

-Tesoro…c’è qualcosa che non va…?-chiese poi notando che il marito si era rannicchiato contro il mobile accanto alla porta, oscillando avanti e indietro con lo sguardo fisso nel vuoto.

-I-io…c-credo che quell’uomo ci stesse provando con me-

  
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