A Ila: la settimana prossima è il mio compleanno non il tuo , ma vabbè.
Sei idiota, demente, antipatica, ma ti voglio bene lo stesso.
Kurt
non era mai stato a Parigi. O almeno, non da solo.
Dopo
il diploma ci era andato con Rachel, ma da viaggio di piacere si era
trasformato in un vero e proprio assalto ai negozi, alle boutique e ai
ristoranti e ciò non aveva concesso a nessuno dei due di
godersi una delle
città più belle d’Europa.
Kurt
era felice di esserci andato da solo, stavolta. Avrebbe potuto
trascorrere un po’ di tempo con se stesso, senza suo padre,
senza Carole, senza
quel cetriolo gigante di suo fratello Finn e senza la sua assillante
migliore
amica Rachel. Anche lui aveva bisogno di relax e svago: tra una
giornata ad
aiutare Isabelle con i suoi milleuno appuntamenti di lavoro e
un’altra a
destreggiarsi tra le lezioni alla Nyada e i continui capricci da
principessa
viziata di Rachel, Kurt non aveva neanche il tempo materiale di
guardarsi allo
specchio – eccetto quello impiegato per i suoi rituali sacri
di idratazione del
viso e per la scelta capillare dei suoi outfits.
Il
cielo parigino quel pomeriggio era terso e sgombro di nubi ed era
dominato da un caldo sole invernale.
Gli
occhi di Kurt si perdevano fra quella moltitudine di persone che
camminavano per gli Champs-Èlysées e in quel
momento non poteva desiderare
niente di meglio di star seduto su quella fantastica panchina e con
quel
succulento bignè a tenergli dolce compagnia.
Nell’aria
echeggiava la lente canzoncina del venditore ambulante di
zucchero filato e caramelle gommose e il loro profumo arrivava fino
alle narici
di Kurt, tanto da fargli socchiudere gli occhi inebriandosi
nell’aroma.
Kurt
desiderava cullarsi in quella calma assoluta per tutto il resto della
sua vita, ma qualcosa di inaspettato lo svegliò
dall’incantesimo.
Quel
qualcosa di inaspettato fu un lieve tocco alla spalla.
Con
sua grande sorpresa, Kurt si ritrovò davanti il venditore
ambulante di
dolciumi.
Aveva
un viso paffuto e un sorriso caldo e rassicurante, con le sue guance
arrossite dall’aria fredda.
Kurt
gli rivolse uno sguardo incerto. Cosa mai poteva volere da lui un uomo
che vendeva caramelle per strada?
L’uomo
tese la mano chiusa a pugno, infagottata da un guanto; la
aprì e
rivelò un foglietto a quadretti, chiuso con cura.
Nella
testa di Kurt si affollarono tanti pensieri.
“Cos’è
quel biglietto? Mi staranno mica stalkerando? E se è una
trappola e
qualcuno vuole rapirmi?”
Pensando
a una lunghissima sfilza di cose negative e poco ottimistiche,
Kurt fece quello che dopo tante elucubrazioni mentali chiunque non si
sarebbe
aspettato: prese il biglietto, rivolgendo un mezzo sorriso al
venditore.
«
Uhm… Merci »
ringraziò, guardando con curiosità il foglietto.
L’uomo
cercò di attirare l’attenzione di Kurt nuovamente
con un colpo di
tosse. Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, con aria
interrogativa.
Con
l’altra mano, il venditore parigino gli tese un grande
bastoncino di
zucchero filato.
Gli
occhi di Kurt si accesero di felicità, come quelli di un
bambino che ha
appena visto una scatola di caramelle gigante… una
situazione non tanto
dissimile da quella, insomma.
Il
ragazzo regalò un sorriso pieno di gratitudine
all’uomo e addentò lo
zucchero filato, abbandonando il bignè.
Una
volta finito di gustare il suo regalo, Kurt scrutò con
curiosità
famelica il foglietto a quadretti, rigirandoselo tra le mani.
Lo
aprì con attenzione, cercando di non strapparlo.
Sopra
vi erano poche frasi, scritte velocemente con una penna rossa, con
una grafia larga e ben leggibile.
Bonjour,
straniero. Si vede da metri che non sei di qui… da come
mangi quel
bignè.
Facciamo
un gioco: segui le mie istruzioni. Arriva al Parc du Champ de
Mars, vicino la Tour Eiffel.
Ti
aspetterà un’altra sorpresa. Fidati di me.
B-
Kurt
lesse e rilesse quelle parole, imparandole quasi a memoria.
Cominciò
ad esaminare il volto di ogni passante, cercando di trovare in uno
di loro il mittente di quel messaggio.
Una
persona che non conosceva voleva fargli fare una specie di caccia al
tesoro in piena Parigi. Inquietante. E per quale motivo?
Kurt
appallottolò il foglietto, con l’intenzione di
buttarlo nel cestino.
Eppure c’era qualcosa che… che lo intrigava.
Infondo, che aveva da perdere?
Nessuno poteva fargli del male tra tutto quell’andirivieni di
persone, nei
pressi della Tour Eiffel, poi, era praticamente impossibile.
Spiegò
il biglietto e se lo mise in tasca, con uno strano formicolio sul
collo.
*
Come
aveva previsto, il parco che accoglieva la torre madre di Parigi era
gremito di turisti, bambini che si rincorrevano e coppiette che si
godevano la
giornata nella città dell’amore.
Kurt
prestò particolare attenzione soprattutto a queste ultime.
Ormai
non ricordava più l’ultima volta in cui era stato
innamorato o si era
quantomeno invaghito di qualcuno… no, forse se lo ricordava.
Sì, lo ricordava.
Finn. Si era innamorato di Finn. E poi si era invaghito di Sam.
Passeggiando
nel parco, con il cappotto di renna e la sciarpa di lana
pesante che ondeggiava, quasi non notò una ragazza dai
tratti orientali che
teneva in mano decine e decine di cordicelle di palloncini.
Kurt
si avvicinò a una panchina, con passo lento, percorrendo con
lo
sguardo l’ambiente circostante.
Non
fece neanche in tempo a sedersi che improvvisamente, come usciti dal
nulla, tantissimi palloncini rossi volarono nel cielo parigino,
sospinti dal vento.
Tutti
i presenti cominciarono a vociare, sorpresi, indicando la grande
macchia rossa che si allontanava oltre la Tour Eiffel.
Kurt
osservò la scena a bocca aperta, sorpreso quanto gli altri,
con le
braccia abbandonate lungo i fianchi.
Un
mezzo sorriso cominciò a fare capolino sul suo viso.
Chiunque
fosse, quel B. sapeva davvero farci con le sorprese.
Tanto
era preso dai suoi pensieri che non si accorse dell’arrivo di
una
ragazza, quella dai tratti orientali con in mano i palloncini.
La
ragazza teneva in mano un solo palloncino, rosso, come quelli che aveva
fatto volare via qualche attimo prima.
Si
accostò a Kurt e gli porse la cordicella del palloncino,
alla cui
estremità era attaccato un altro foglietto a
quadretti, come quello del
venditore di caramelle.
Kurt
ringraziò la ragazza con un sorriso e afferrò il
palloncino.
Staccò
il foglietto e lo lasciò volare via.
La
stessa calligrafia, con lo stesso inchiostro rosso.
Sei
carino quando sorridi.
La
meta finale è vicina.
Ritorna
agli Champs- Èlysées, vicino all’Arc de
Triomphe.
B-
“Sei
carino quando sorridi”.
Kurt
sorrise, come a comando.
“Stupido…
che sorridi?”, si rimproverò.
“B… chi può mai essere? Burt, mio
padre, non farebbe mai una cosa del genere. Brittany… no,
Britt si sarebbe
attaccata a uno di quei palloncini. Chi è?”. Il
ragazzo non aveva la minima
idea di chi potesse essere, ma infondo era quello a rendere tutto
più magico.
*
Quando
Kurt fece ritorno agli Champs-Èlysées, il sole
stava ormai
tramontando e la strada era colorata di una calda sfumatura di
arancione.
Kurt
sfregò le mani una contro l’altra, soffiandoci
sopra. Il freddo era
pungente, tanto quanto la curiosità crescente nel petto del
ragazzo.
“E
se fosse una ragazzina? Oh, no, non voglio deludere
nessuno…” pensò Kurt
con il timore che qualche ragazza in gita a Parigi lo avesse adocchiato
e
stesse cercando di fare colpo su di lui.
Aveva
grandemente sbagliato palazzo. Kurt era più che certo dei
suoi gusti
sessuali.
Percorrendo
a passi lenti la strada nei pressi dell’Arco di Trionfo, Kurt
si stava già preparando un discorso di scuse.
“Senti,
mi dispiace tantissimo, sei stata carinissima, ma
ved…” il flusso
di pensieri del ragazzo venne interrotto bruscamente da qualcosa che
attirò la
sua attenzione.
Per
terra, sull’asfalto del marciapiede, c’erano delle
caramelle molto
piccole a forma di cuore. Kurt le seguì con lo sguardo:
erano un percorso.
Scoppiò
in una sonora risata.
La
sua ammiratrice doveva essere una fan di Pollicino, sicuramente.
Kurt
iniziò a seguire la scia di caramelline a forma di cuore,
curioso di
sapere dove conducessero.
Preso
com’era, non prestò attenzione a cosa
c’era davanti a lui e andò a
sbattere contro qualcuno.
Alzò
subito lo sguardo, con aria mortificata.
«
Scusami! Non ti avevo visto, ero troppo concentrato a…
» si interruppe,
notando che il ragazzo contro cui era andato a finire gli stava
porgendo un
foglietto a quadretti, con un enorme sorriso stampato sulla faccia.
Kurt
sogghignò.
«
Dovevo aspettarmelo… » mormorò con un
risolino.
Spiegò
il foglietto e lesse.
Sei
giunto alla fine del percorso. Adesso è il momento della
sorpresa
finale.
Sono
davanti a te.
B-
Kurt
lesse il messaggio una, due… una decina di volte.
Con
titubanza, alzò lo sguardo.
«
T-Tu? » balbettò, puntando un dito contro il
ragazzo che gli stava
davanti.
B.
sorrise, aprendo teatralmente le braccia.
«
Sì, sono io! Piacere… Blaine! » tese la
mano a Kurt, il quale era rimasto
paralizzato.
«
Kurt » rispose meccanicamente, stringendo la mano di Blaine.
La
luce del sole che tramontava gettava delle ombre sul suo viso, mettendo
in evidenza i suoi occhi.
Aveva
capelli ricci castani e ribelli e un sorriso che avrebbe steso
chiunque.
Eppure,
la cosa che più colpì Kurt, quella che gli fece
perdere una
manciata di battiti, furono gli occhi.
Erano
verdi, castani, dorati, ma il loro colore non si avvicinava
distintamente a nessuno dei tre. Loro erano…
erano… erano e basta. E quell’erano
era semplicemente bellissimo.
«
Lo sapevo che non eri di qui, ne ero certo! Chi francese mangia un
bignè
così? » disse Blaine.
La
sua voce era penetrante e amichevole e a Kurt sembrò di
conoscerla da
sempre.
Sorrise
al suo ammir… ammiratore? Quel ragazzo era gay?
«
Blaine, scusa la schiettezza ma… sei gay? »
domandò Kurt, continuando a
fissare i suoi occhi sbalorditivi.
Blaine
scoppiò in una risata e si massaggiò la nuca con
la mano.
«
Sì. Non ti avrei scritto quei bigliettini altrimenti
».
«
E come fai a sapere se io sono etero o gay o altro? » gli
chiese di
rimando un Kurt con un sopracciglio alzato.
Il
ragazzo indicò le scarpe, il cappotto e il cappello di Kurt.
«
Credi che un etero indossi tutto della stessa sfumatura di beige?
»
aggiunse con un sorrisetto sarcastico.
Kurt
incrociò le braccia al petto.
«
Gay radar eccellente ».
Scoppiarono
entrambi a ridere, come una vecchia coppia di amici che si
conosce da anni e non solo da qualche minuto.
«
Monsieur, mi concede di offrirle qualcosa da bere?
» domandò
Blaine con un perfetto accento francese.
«
Oui, con molto piascere!
» accettò il ragazzo, enfatizzando
con un gesto delle mani l’ultima parola.
5
mesi dopo.
«
Ci sono… ci sono quasi, aspetta un attimo »
«
Per tutti i maglioni della Burberry, Blaine! È da dieci
minuti che dici
un attimo! »
Kurt
e Blaine erano seduti ad un tavolo per due in una caffetteria di
Parigi.
Erano
trascorsi ormai cinque mesi dal loro primo incontro e da allora non
avevano potuto fare a meno l’uno dell’altro.
Avevano
scoperto di abitare entrambi a New York, anche se in quartieri
diversi, e di condividere molte passioni, come i musical, il canto e le
arti
figurative in genere.
Dopo
cinque mesi, Blaine aveva proposto a Kurt di prendersi una settimana
di pausa e di tornare a Parigi, insieme.
Non
erano fidanzati, ma avevano una sintonia particolare che faceva invidia
anche a Rachel e Finn e, anche se non l’avrebbero ammesso
neanche sotto
tortura, per orgoglio o per chissà cosa, erano follemente
innamorati.
Blaine
finalmente si decise a sfilare un mattoncino di legno del Jenga e,
come ogni volta che ci avevano giocato, fece cadere tutta la torre.
Kurt
si diede una mano sulla fronte.
«
Non ci credo, non è possibile! Sei negato, Blaine!
» piagnucolò Kurt
osservando con occhi da cucciolo tutti i mattoncini caduti sul tavolo.
Blaine
gli rivolse un mezzo sorriso.
«
Stavolta l’ho fatto apposta, Kurt »
bofonchiò Blaine prendendo una
manciata di mattoncini.
Kurt
sospirò, scivolando lungo la sedia.
Intanto
Blaine cominciò a scrivere qualcosa con i mattoncini che
aveva
ammucchiato, mettendo un braccio davanti per non far leggere a Kurt, il
quale
gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«
Sul serio, Bee? Hai sette anni? ».
«
Oh, sta’ zitto, Hummell! Fidati di me ».
«
L’ultima volta che l’ho fatto mi sono trovato
davanti alla Tour Eiffel a
vedere palloncini rossi che svolazzavano sopra Parigi…
».
Blaine
batté le mani e mostrò la sua opera a Kurt.
Kurt
si alzò per riuscire a leggere cosa aveva scritto
quell’idiota del suo
amico.
Je
t’aime.
Il
cuore del ragazzo cominciò a prendere la rincorsa e le sue
guance
iniziarono a colorarsi di rosso.
Lanciò
uno sguardo di sottecchi a Blaine, quasi cercando di non farsi
notare.
«
Tu sei… » mormorò Kurt imbarazzatissimo.
«
Dolcissimo, bellissimo, adorabile, fantastico? » lo
precedette Blaine
avvicinando pericolosamente il suo viso a quello di Kurt.
«
Stavo per dire semplicemente mon amour »
soffiò Kurt in un
sussurro e baciò Blaine sulla punta del naso.
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Angolo Autrice: anche solo per essere arrivati fin qui, meritate un abbraccio *hugga tutti*.
Beeeh, che dire? Io amo i klaine, amo Parigi, amo la caccia al tesoro... e in questo caso il tesoro era anche abbastanza invitante *rotola*
Commenti positivi e negativi, sempre i benvenuti!
Au revoir!
Vostra Roby.