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Autore: Laylath    30/06/2013    2 recensioni
Si sentiva particolarmente teso, eppure era solo una partita a scacchi.
Ma il problema non era né lui né la partita: era il suo avversario.
A conti fatti, in quel momento Falman stava giocando a scacchi con la morte.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Vato Falman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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*Il titolo è un doveroso omaggio a una ben più nota partita a scacchi con la morte, ossia quella del Settimo Sigillo di Ingmar Bergman
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In genere gli piaceva giocare a scacchi.
Non si poteva definire bravo quanto Breda o il Colonnello, ma diverse volte era stato in grado di tenere testa a quei due giocatori d’eccezione. Lui puntava molto sulla conoscenza di tutte le maggiori strategie usate in quel gioco e dunque sapeva tutte le contromosse necessarie; ma era anche vero che le menti fini dei suoi compagni spesso riuscivano ad andare oltre questi schemi e di conseguenza lo mettevano in difficoltà.
La scacchiera che aveva davanti in quel momento presentava una strana situazione di parità, per quanto la partita fosse ancora in pieno svolgimento. A dire il vero il suo avversario non aveva particolari doti, ma non si lasciava scoraggiare: le sue mosse sembravano fatte a caso, ma dietro di esse c’era qualche strano ragionamento, altrimenti non sarebbe riuscito a mettere in difficoltà un giocatore relativamente esperto come il Maresciallo Vato Falman.
Proprio questi osservava i suoi pezzi, cercando di decidere quale muovere.
Si sentiva particolarmente teso, eppure era solo una partita a scacchi.
Ma il problema non era né lui né la partita: era il suo avversario.
“Allora, Falman, – disse la voce davanti a lui, con quell’eco che non poteva fare a meno di ricordargli Alphonse Elric – vogliamo deciderci? Va bene che dobbiamo stare qui, ma vorrei anche fare altro piuttosto che giocare a scacchi tutta la sera”
“Abbi pazienza, Barry, - disse Falman, cercando di tenere un tono di voce tranquillo – gli scacchi sono un gioco in cui bisogna riflettere”
Barry the Chopper. L’efferato assassino che adorava tagliare a pezzi le sue vittime.
In tutti i dossier che aveva letto in vita sua, raramente Falman aveva trovato un criminale fuori dal comune quanto lui. Non c’era movente nei suoi omicidi, se non un’incredibile esigenza di soddisfare la sua sete di sangue… no, non era corretto dire sete di sangue. La sua sete di tagliare a pezzi la gente.
La cosa più spaventosa era il fatto che non si trovava davanti ad un matto: Barry, nella sua essenza ora racchiusa in quella stramba armatura con la chioma bianca, aveva un intelletto in qualche modo notevole. Aveva un’esagerata memoria di tutti i crimini da lui commessi, vittime incontrate per caso che però gli restavano impresse nell’anima come se le avesse conosciute da sempre.
Nell’interrogatorio che gli aveva fatto assieme al Colonnello e al Tenente, Falman si era reso conto di trovarsi davanti ad una mente lucida e perfetta. Per esperienza sapeva che persino un pluriomicida esperto, inevitabilmente, cade in qualche confusione nel ricordare i suoi crimini; con Barry questo non era successo… per qualche strano motivo a Falman era sembrato di essere in sfida con quella curiosa armatura che era pronta a ribattere a qualsiasi sua affermazione. Ma nessun tranello l’aveva fatto cadere, nessun’affermazione l’aveva fatto vacillare o messo in difficoltà.
Con suo stesso disgusto Falman era stato costretto a riconoscere una strana forma di rispetto per la memoria di quell’omicida.
 
Ed ora stava in quell’appartamento, custode di Barry fino a nuovo ordine del Colonnello.
Erano già tre giorni che la cosa andava avanti e le loro giornate erano scandite da partite a scacchi, la lettura del giornale (forse il momento migliore di quelle ore), e le occasionali visite di Havoc che lo teneva aggiornato sulla situazione.
A dire il vero il suo prigioniero era abbastanza tranquillo.
Ma Falman non poteva dimenticare di dividere quell’appartamento con un maniaco assassino che avrebbe potuto farlo a pezzi da un momento all’altro. Dubitava che la sua pistola potesse fare qualcosa a quell’armatura vuota ed inoltre Barry aveva l’indiscusso vantaggio di non provare dolore, stanchezza, fame: avrebbe potuto uccidere il soldato in qualsiasi momento.
A conti fatti, in quel momento Falman stava giocando a scacchi con la morte.
Non poteva mai prevedere se e quando Barry si fosse stancato di essere prigioniero del Colonnello. Perché era chiaro che l’assassino era lì per una sua spontanea volontà; certo il tenente Hawkeye l’aveva tenuto a bada, ma oggettivamente una volta terminate le pallottole solo l’alchimia di fuoco del Colonnello avrebbe potuto  fermare Barry… ed il Colonnello non era lì.
Per carità, sembrava che il prigioniero fosse abbastanza contento di quella situazione: forse complottare contro le persone che l’avevano ridotto in quella condizione d’armatura gli premeva parecchio.
Forse non avrebbe attaccato… non ancora.
“E’ uno scacco al re?” chiese Barry.
“Sì” ammise piatto Falman
Ci fu un silenzio pesante tra i due. C’erano delle volte in cui Barry giocava a scacchi in tono scanzonato ed altre, come quella attuale, in cui prendeva molto seriamente la cosa: era proprio in queste occasioni che la tensione saliva alle stelle.
La mano dell’armatura spostò il cavallo e mangiò l’alfiere bianco di Falman
“Central City, 5 agosto 1909, circa venti minuti dopo la mezzanotte – iniziò Barry con tono di voce piatto, come se fosse il commento normale alla sua mossa nella scacchiera – ho tagliato a pezzi un soldato”
Falman non rispose e spostò la torre a protezione del re.
“Ho iniziato tagliando le sue gambe, poi le braccia e il torso… la testa per ultima. Sai, è stato l’unico soldato che ho ucciso, in genere preferisco la gente comune”
Il cavallo di Barry avanzò verso la parte della scacchiera dove stava il re di Falman, protetto dalla regina e dalla torre rimasta.
“Che aveva di diverso quel soldato?” chiese Falman, fissando la scacchiera ed esitando leggermente prima di muovere il cavallo: se lo spostava al prossimo giro poteva essere scacco al re.
“Non lo so – rispose Barry, alzando le spalle con un leggero rumore metallico. Era impressionante come un’armatura potesse continuare a fare quei gesti così normali ed umani – Ma è stata un’esperienza davvero interessante: la divisa blu rende il colore del sangue… molto particolare”
Nel frattempo l’assassino intuì l’intenzione del Maresciallo e spostò il suo re di una casella, mettendolo sotto la protezione di diversi pedoni.
“Mi hai raccontato questo fatto per qualche motivo?” chiese Falman senza guardarlo e muovendo di nuovo il cavallo.
“Chi lo sa, Falman, - rispose Barry – potrei decidere di farti a pezzi se perderai questa partita… come sta per succedere”
C’era un leggero velo di minaccia nel tono noncurante dell’armatura, mentre spostava la sua regina verso il cavallo dell’avversario.
“Allora potrei farti la controproposta di non uccidermi se vinco io”
“Uhm, non saprei. Potrebbe essere interessante”
“Allora prendila in considerazione come idea: – dichiarò il Maresciallo, spostando la mano in una zona vuota in fondo alla scacchiera e muovendo quell’unico pedone nell’ultima casella – il mio pedone viene promosso: ridammi l’alfiere che hai mangiato prima… ed è scacco matto”
“Che?!” sbraitò Barry, riuscendo in qualche modo a sgranare gli occhi rossi in fondo alle orbite vuote dell’armatura.
Ma non c’erano dubbi: l’alfiere rimesso in gioco minacciava il re nero, chiuso dai suoi stessi pezzi.
Falman annuì con un leggero sorriso soddisfatto, ma subito la sua attenzione si spostò a Barry. Non aveva modo di prevedere la sua reazione e la sua mano si mosse impercettibilmente verso la pistola che portava alla cintura dei pantaloni. Una mossa inutile, molto probabilmente, ma inevitabile.
Rimasero così, su quel filo di rasoio, per dieci interminabili secondi: l’armatura che fissava la scacchiera e Falman che guardava il suo avversario pronto a cogliere il minimo movimento che annunciasse l’attacco.
Ma alla fine Barry si posò allo schienale della sedia e scoppiò a ridere: una strana risata metallica intrisa di divertimento, amarezza e un pizzico di sorpresa.
“Non sei niente male, Falman, lo ammetto – disse l’assassino – sai, ogni tanto mi viene voglia di tagliare a pezzi un altro soldato… e tu sei più interessante del previsto”
“Hai promesso al Colonnello di rimanere a sua disposizione: – gli ricordò Falman – abbiamo un accordo”
“L’accordo con il tuo superiore, certo… Lui tiene così tanto a te da lasciarti solo in un appartamento con un’armatura praticamente immortale che ti può far a pezzi in pochi secondi”
Quella era la parte più cattiva di Barry: cercare di mettere l’avversario in condizioni di disagio e incertezza.
Ma se l’assassino non aveva alcun dubbio sui minimi dettagli dei suoi crimini, nemmeno Falman ne aveva sul compito che gli era stato affidato.
“O forse sa che posso tenere a bada quest’armatura immortale fino a quando sarà il momento” disse infatti, giocando una partita a scacchi molto più pericolosa di quella appena terminata
“Ne sei sicuro, Falman? – sussurrò Barry, gli occhi rossi incredibilmente espressivi nella loro minaccia – E’ una sfida quella che mi stai proponendo?”
“Se volevi uccidermi l’avresti già fatto; – disse il militare – ma tu vuoi ben altro che un nuovo nome da aggiungere alla tua lista di omicidi, Barry. Tu vuoi quelle persone che ti hanno ridotto così e, volente o nolente, io ormai faccio parte della chiave per arrivarci. Per il tuo scacco matto personale hai bisogno del Colonnello e quindi anche di me”
Barry scoppiò a ridere, di nuovo: questa volta il tono era veramente cattivo.
Ma Falman intuì che non era assolutamente una cattiveria rivolta contro la sua persona.
“Sei notevole, Falman: – commentò Barry – giochi a scacchi con la morte con parecchia disinvoltura. Devo ammettere che mi piaci”
Il Maresciallo annuì: Barry non l’avrebbe ucciso, non per il momento.
Anche quel giorno aveva vinto la sua personale partita con la morte. 
  
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