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Autore: LyraWinter    30/06/2013    7 recensioni
Erano davvero esistiti giorni in cui lo sorprendevano il tepore dei primi giorni d’estate, il sapore delle fragole che sua madre amava raccogliere e l’inebriante aroma della lavanda che cresceva ovunque, nella sua città? Era realmente trascorso un tempo in cui era stato convinto che in quelle strade, sarebbe divenuto uomo, padre e vecchio, circondato dagli affetti di coloro che lo amavano?
Genere: Drammatico, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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-Notizie da casa?

François gli aveva sfiorato la spalla nuda con le labbra, facendolo rabbrividire. Le ore appena trascorse insieme sembravano così lontane, appartenenti a un mondo che perdeva i suoi contorni, i suoi colori, i profumi , le sue luci. Un mondo evanescente, fragile, illusorio, onirico: quella notte era stato un sogno che non avrebbe mai potuto realizzarsi, nella sua realtà plasmata dai sibili delle spade, bagliori delle lame e rombi di cannoni.

-Non sono affari tuoi.

-Sembri sconvolto,- aveva continuato questo, senza curarsi del muro che Clément aveva eretto nuovamente fra loro.

-Non ha più importanza,- gli rispose con tono duro. -Non posso fare nulla ormai per cambiare le cose, è troppo tardi. Ora vattene, prima che mi penta di quello che è successo.

François lo osservò a lungo, mentre raccoglieva i suoi vestiti, prima di lasciare la stanza. Stava immobile e muto con la testa abbandonata fra le mani e i gomiti poggiati alle ginocchia coperte da un solo lenzuolo di lino candido.

-Non è mai troppo tardi per cambiare le cose, Huizot,- sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle.



***

 

Alla fine, sopraffatto dal senso di colpa, aveva lasciato Parigi.

Era giunto ad Avignone, la sua città natale, stremato, sudato e con il fiato corto, al calare della sera, dopo aver cavalcato per ore, senza sosta.

Il cielo cominciava a imbrunire, quando aveva scorto il cancello della villa dei Gauthier in lontananza. L’aria si era fatta immobile, stantia, e il caldo opprimente. Era come se anche il tempo sapesse cosa stava succedendo e tutto si fosse fermato ad aspettare che accadesse l’inevitabile. Era la quiete prima del temporale estivo che avrebbe spento il sole delle vite di molti, da quelle parti.

-Clemént, sei qui!- La piccola Lelia Gauthier, un tempo sua promessa, era diventata una giovane donna. Gli aveva buttato le braccia al collo, come se quegli anni non fossero mai passati, come dimentica della persona che era diventato e del male che aveva inferto: a lei per prima, rompendo con la sua improvvisa partenza il contratto di matrimonio che i loro genitori avevano stipulato quando ancora erano bambini; a Beatrice, poi, sua sorella, la migliore amica che avesse mai avuto, colei che non aveva mai smesso di cercarlo e di sperare che, un giorno, sarebbe tornato a casa.

Ma, anno dopo anno, da quelle parti si erano dimenticati il suo volto e quando si parlava di lui tutti si domandavano -Clément, chi?-. In breve tempo il suo volto era divenuto uno dei tanti che si erano spostati al Nord in cerca di una nuova vita, abbandonando per sempre la propria casa. Qualcuno aveva fatto ritorno, di tanto in tanto, ma non lui.

Beatrice non si era mai data per vinta: giorno dopo giorno aveva continuato a scrivergli, raccontandogli la sua vita, domandandogli della sua, se avesse infine trovato quell’amore di cui avevano a lungo sognato insieme, se avesse una casa, dei figli, se fosse felice. Non le aveva mai risposto: come dirle la verità? Come spiegarle la persona che era diventata? Come raccontarle di Huizot, il libertino, l’ubriacone, il passionale che non provava affetto per nessuno, quando era evidente che lei serbava ancora nel cuore l’immagine del tenero ragazzo che un tempo era stato come un fratello?

-Come sta?- aveva domandato a Lelia con un filo di voce, temendo di essere arrivato troppo tardi.

Lei aveva taciuto con l’amaro sorriso dipinto sul giovane volto di chi si accinge ad affrontare l’inevitabile e l’espressione di chi non trova le parole per descrivere una realtà troppo dolorosa persino da pronunciare. Aveva intrecciato le dita alle sue e lo aveva condotto attraverso le silenziose stanze lievemente oscurate della sontuosa villa. Gli pareva impossibile che fosse fra quelle pareti buie, illuminate dalla fioca luce del tramonto, che era cresciuto e diventato uomo; i ricordi di quel passato, i colori della sua infanzia, i profumi e i sapori di casa, gli apparivano sbiaditi, privi di sostanza, come se fossero le memorie di qualcuno che ne aveva perso le tracce e le rimembrava senza entusiasmo.

Erano davvero esistiti giorni in cui lo sorprendevano il tepore dei primi giorni d’estate, il sapore delle fragole che sua madre amava raccogliere e l’inebriante aroma della lavanda che cresceva ovunque, nella sua città? Era realmente trascorso un tempo in cui era stato convinto che in quelle strade, sarebbe divenuto uomo, padre e vecchio, circondato dagli affetti di coloro che lo amavano?

Ancora incredulo e stordito, aveva seguito Leila nella camera da letto, in punta di piedi, scorgendovi infine Beatrice, distesa nel letto con gli occhi semichiusi e le labbra tremanti.

Accanto a lei Madame Gauthier, il volto segnato dall’inconsolabile sofferenza di colei che sapeva di non poter fare più nulla per alleviare il dolore della propria figlia, si era voltata improvvisamente e gli era corsa incontro per cercare conforto nel ragazzo che una volta aveva amato come se ne fosse stata la madre.

-Non faceva che ripetere che voleva aspettare te prima di…- la voce le era morta in gola e lui aveva abbassato il capo, incapace di sostenere la vista del corpo dell’amica, spezzato dalla malattia. Si era seduto accanto al suo letto e, senza parlare, le aveva afferrato le dita fragili e sottili, le stesse che un tempo, ancora piene di vita, gli avevano accarezzato le guance e i sottili capelli scuri.

Nelle settimane a venire non aveva mai abbandonato il capezzale della giovane, parlandole come quando erano bambini, dormendole accanto e consolandola quando il dolore si faceva più forte e non le lasciava tregua. Sostenerla, nella lotta della sua ormai debole vita contro la morte, alleviava il bruciante senso di colpa per non esserle rimasto accanto negli ultimi anni, troppo impegnato a preservare la sua vita, a nascondere le sue debolezze e a sotterrare le sue paure per pensare a chi, nel passato, era stato importante per lui.

Ogni nuovo giorno, Clément prendeva consapevolezza del fatto che l’allegria, la grazia, la devozione e l’affetto incondizionato che l’amica, seppur stremata, gli mostrava nonostante il trattamento che le aveva riservato, stavano lentamente scalfendo la fredda cortina di ghiaccio dietro la quale si era rifugiato e aveva trovato forza negli anni precedenti.

Era stato così, che con il passare del tempo, il suo animo si era fortificato e aveva segretamente cominciato a nutrire la speranza che, se per Beatrice non poteva fare più nulla, forse per lui non tutto era ancora perduto.

Nelle lunghe ore di silenzio, passate stringendo quel corpo che si faceva sempre più piccolo e fragile, aveva a lungo ripensato alla sua vita a Parigi, alle persone che avevano riempito i suoi giorni nella capitale.

Commilitoni, amici, amanti, prostitute, osti, locandiere, si erano susseguiti con lo stesso frenetico ritmo con il quale aveva condotto la sua vita da quando aveva lasciato la sua casa. Balli, feste, duelli, musiche, danze, sbornie, avevano scandito gli attimi dei suoi giorni negli ultimi anni: li aveva vissuti a pieno, dedicandosi a loro anima e corpo, con fare lascivo e passionale, per non fermarsi a pensare, per dimenticare il fatto che, alla fine dei conti, conosceva tutta Parigi, ma non aveva nessuno accanto. Per dimenticare quella soffocante paura di affezionarsi a qualcuno che avrebbe irrimediabilmente deluso, come aveva fatto con i suoi genitori, con Beatrice, Lelia e i Gauthier, quando era ancora un ragazzino troppo immaturo per restare e fingere.

Come stava facendo con François, ora che era divenuto un adulto troppo debole per fermarsi e vivere.

Una notte, mentre si cullava nel dormiveglia, il rumore secco di una finestra che si spalancava lo aveva destato e la brezza frizzante della notte gli aveva colpito il viso.

Era tornato il Mistrale e l’aria si era fatta fredda d’improvviso. Si era alzato di scatto per chiudere le persiane, preoccupato che il rumore potesse destare Beatrice dal sonno leggero nel quale era finalmente caduta, dopo lunghe ore di agonizzante veglia. Mentre armeggiava con la maniglia, tentando di non fare rumore, il suo sguardo era stato catturato da un diario, spalancatosi sulla scrivania, e il suo occhio era caduto sulle prime pagine su cui era infilato uno schizzo a pastello: due bambini dall’aria felice e spensierata si rincorrevano mentre le mamme in lontananza vegliavano su di loro.

E allora l’aveva vista.

La sua infanzia, tinta di rosa e di bianco gli stava dinnanzi, dandogli prova che veramente erano esistiti quei giorni in cui lui, bambino, aveva guardato il mondo con occhi diversi, ne aveva percepito luci, odori e sapori, ne aveva saggiato la bellezza. Con le dita gelate e tremanti aveva sfiorato i segni delle lacrime versate da colei che, nonostante tutto il male che le aveva inferto, non aveva mai smesso di sperare che un giorno il suo amico d’infanzia, il fratello che non aveva mai avuto, sarebbe tornato.

Si era sdraiato accanto a Beatrice e le aveva a lungo accarezzato la treccia di capelli dorati, stringendo con un braccio quel fragile corpo spezzato dal dolore. Le aveva baciato i capelli con il volto rigato dal pianto e la gola in preda alle fiamme dell’angoscia e del rimorso, carpendone gli ultimi aliti di vita, scaldandosi delle impercettibili e deboli carezze che lei gli donava, con le ultime forze che le erano rimaste.

Ma, nello sconforto di quei momenti più bui, quelli in cui tutto sembrava volgere al termine, un aroma dolce e inebriante lo aveva invaso e forti come non mai avevano destato in lui i ricordi di una vita che credeva aver dimenticato per sempre: il profumo di casa, del suo giardino, la confortante sensazione di amare e di sentirsi amato per quello che era, non per quello che i suoi genitori volevano che fosse. Il profumo di lavanda di sua madre e quello di rosa di Beatrice, dolci ricordi di un passato sepolto e infine il suo, prova che al mondo ancora esisteva qualcuno per cui valeva la pena di dissotterrare quel passato e tornare a vivere alla luce del sole.

Quando era spuntato il mattino, il fuoco che aveva acceso per fare smettere di tremare di freddo Beatrice, si era spento. Aveva aperto gli occhi, tendendo le orecchie all’irreale quiete che era calata, prendendo lentamente consapevolezza di essere rimasto il solo in quella stanza in grado di romperla. Accanto a lui la ragazza giaceva immobile, con l’espressione serena di chi si congeda dal mondo senza rimpianti né colpe da espiare.

Si era sollevato, ascoltando quel silenzio che squarciava i timpani, dal quale non sarebbe stato sufficiente allontanarsi per provare sollievo. Era un rumore muto, inarrestabile, perpetuo che lo colpiva come il Mistrale che plasma le forme della terra provenzale, la sua terra natale.

Era rimasto a lungo, forse ore, seduto sul letto, con lo sguardo fisso dinnanzi a sé, aspettando che qualcosa gli desse prova che tutto intorno a lui sarebbe stato come ogni altro giorno, che la terra anche quel mattino si sarebbe svegliata intorno a lui, che il sole con i suoi deboli raggi mattutini avrebbe asciugato l’erba inumidita e che le strade sarebbero state nuovamente brulicanti di persone che si affaccendavano nelle loro attività quotidiane. In attesa che qualcuno lo trascinasse via da quel momento in cui per lui la vita si era fermata, mentre la realtà circostante, con crudele e terribile ovvietà, mutava per sempre.

Beatrice se n’era andata.

Al suo posto, un pettirosso sul davanzale della finestra aveva levato un lieve canto e aveva preso il volo.

Si alzò in silenzio, raccogliendo la sua giubba e lo schizzo che aveva appoggiato sulla sedia accanto al letto. Lanciò un ultimo sguardo a Beatrice che, finalmente serena, appariva come addormentata sotto i raggi del sole che filtravano dalla finestra.

 

Era giunta, per lui, l’ora di tornare a vivere.









Eccomi qui. La genesi di questa OS é un po' complicata: nasce da tutt'altro racconto, per passare attraverso una storia lunghissima e giungere fino a qui.Il grosso é stato scritto in un periodo parecchio disastrato per me, nel quale mi ero rifugiata nei libri che più mi ricordavano i miei giorni da bambina: Piccole Donne, Il giardino segreto, i Racconti di Oscar Wilde.

In particolare dunque é finita qui direttamente dal blog in cui scrivo con altre autrici di EFP che qualcuno di voi conoscerà, ve lo pubblicizzo perché, al di là delle boiate inutili che ci scrivo io di tanto in tanto, raccoglie alcuni inediti davvero molto belli: http://inostrifuturianteriori.wordpress.com.

A chi potesse interessare dico che fra parte di una long che sto scrivendo, ma che non sono ancora sicurissima di voler pubblicare su EFP: quello che invece mi piacerebe fare sarebbe una raccolta di racconti, come questa, sui personaggi che brulicano in giro per questo mega lavoro che ho in testa. Non nascondo che la storia (che non ha ancora un ordine preciso, ma in compenso ha un video che dimostra quanto io ami perdere tempo in cose del tutto inutili), sia nata con l'entusiasmo del vedere finalmente la trasformazione dell' a lungo amato musical de Les Mis sul grande schermo, che ha risvegliato la divoratrice di classici della letteratura francese e, soprattutto, il desiderio di condividere un po' quello che ho imparato in cinque lunghissimi e tediosi anni passati a sdormicchiare sui banchi del liceo internazionale francese che ho frequentato; 1827 giorni di scuola a servizio di una storia, insomma. Forse le mie prof di letteratura sarebbero fiere che qualcosa sia entrato nella mia zucchetta vuota.

E niente, se a qualcuno incuriosisce l'intera faccenda...questo é il video http://www.youtube.com/watch?v=zV3-tezehPk e questo invece é il link del mio gruppo, dove ogni tanto (quando riemergo dai profondi abissi dello studio) mi faccio viva, aggiorno i presenti su questa e su altre storie che invece sono in corso, sproloquio, pubblico musica e deliri di vario genere. Chiunque é ben accetto, ovviamente.

Spero di aver detto tutto...

 

Un abbraccio!

Lyra

   
 
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