Autore:
nakahime
Fandom:
star trek
(reboot)
Pairing:
Kirk/Spock
(Kirk/Spock!prime)
Personaggi: James
T. Kirk, Spock, Spock!prime, Christopher Pike, Nyota Uhura, Alexander
Marcus, altri
Rating: Pg
Genere:
avventura,
introspettivo,
fantascientifico, sentimentale
Avvertimenti:
(possibilissimo)
OOC,
pre-slash, serie
Trama: il
mistero s'infittisce. Quando Kirk viene invitato al congresso
speciale indetto dalla flotta stellare, su Marte, capisce che i
nemici contro cui stanno combattendo non sono solo esseri
sconosciuti.
C'è
qualcuno, o qualcosa, dietro tutti gli attacchi. Jim e Spock si
ritroveranno faccia a faccia con la verità.
Note: ci
ho messo tanto a pubblicare questa terza one-shot
(#perdonatemichiedoimmensamentescusa) lo so. La verità
è che è
stata scritta e betata (sifaperdire, visto che l'ho corretta da me
che faccio schifo a betare) nell'arco di tempo che andava tra i due
esami più tosti di questa sessione estiva. Le altre non
dovranno
ritardare, spero. Anyway, vi avviso che la storia è stata
pensata e
scritta prima che io vedessi Into Darkness, le uniche modifiche
apportate sono state l'aggiunta dell'ammiraglio Marcus (che
èffigo)
invece di uno inventato. Quindi se il rapporto Kirk/Pike vi
sembrerà
un po' diverso da quello del film, I'm sorry, ma queste storie si
basano su quello che ci hanno dato a vedere nel film del 2009. Dalla
quarta in poi potrei lasciarmi condizionare da Into Darkness,
però
(l'avete visto? Che ne pensate?)
Comunque, ho sempre i soliti
problemi con il “lei” o il
“tu”, per questo prendo spunto
dalla TOS e faccio essere tutti molto educati e gli faccio dare del
“lei”. Sono dilemmi esistenziali, per me.
Queste note non
hanno senso, e nemmeno la one-shot. Chiedo scusa se non
reggerà il
pari con le altre, se i personaggi sembreranno incredibilmente
descritti malissimo, ma devo ammettere che volevo concentrarmi
esclusivamente sul Kirk/Spock!prime che amo, amo,
con tutto il mio cuoricino (capitemi). Vabbé mi levo dalle
scatole.
Enjoy!
Disclaimer: Kirk,
Spock e compagnia cantando non mi appartengono, sono di quel grande
gnocco di Gene (amorebbellotiameròpersempre) e un po' di
quell'altro
bel trekker che è Abrams. Io mi diverto a manovrarli per le
stronzate che scrivo, it's all!
Scritta
per la community dieci&lode
sul set #10 Futuristico e sul prompt
03. Marte
Ci tengo ad avvisarvi che per poterla
comprendere dovete aver letto, per forza di cose, le precedenti due
storie della serie/raccolta 'A
friendship that will define you both'.
Perle di Marte.
L’Enterprise
entrò nell’orbita di Marte, lentamente
frenò la sua avanzata e il
tenente Sulu compì la manovra di parcheggio. Ora la nave era
ferma.
Dallo schermo della plancia si potevano vedere le numerose
altre navi spaziali ferme intorno al pianeta rosso che brillava, come
una calda sfera di fuoco.
Kirk si soffermò qualche secondo a
guardare lo scenario che si stagliava di fronte a loro, aspettando
che i suoi ufficiali terminassero tutte le manovre.
Aveva il cuore
a mille, era preoccupato ma, allo stesso tempo, anche eccitato. A
breve avrebbe presenziato per la prima volta come capitano ad
un raduno indetto dalla Federazione.
-Capitano, è tutto pronto.
Siamo completamente fermi e i ponti di sbarco sono liberi.- lo
informò il timoniere.
Kirk annuì, continuando a rimanere in
silenzio.
Sapeva che non sarebbe stato facile affrontare tutti
quei capitani, ammiragli e commodori.
Indirizzò il suo sguardo
verso Spock. Il vulcaniano stava effettuando gli ultimi controlli al
computer.
Sarebbero scesi insieme e questo lo faceva sentire molto
più sereno.
L’oggetto dei suoi pensieri, sentendosi osservato,
si voltò verso di lui ricambiando il suo sguardo. Dentro i
suoi
occhi non c’era emozione alcuna (o almeno, nessuna che Kirk
riuscisse ad afferrare), però essi sembravano rassicurarlo,
dirgli
“andrà tutto bene, risolverò i
suoi casini nel caso dovesse
commetterne”. Beh, Spock non si sarebbe espresso
proprio in
quel modo, però Jim aveva un bizzarro traduttore per le
misurate
affermazioni del suo vice.
-Capitano, è tempo di prepararci.-
intervenne proprio il primo ufficiale. Recuperò un disco dal
computer e gli si avvicinò.
Kirk guardò il blocco giallo che gli
veniva porto e lo prese tra le mani
–Cos’è questo?-
-Un
elenco di tutti gli alti ufficiali che saranno presenti
all’incontro.
Dovrà studiarselo mentre si cambia.-
Jim grugnì seccato –Ma
perché non mi fa mai un regalo decente?-
Spock inarcò un
sopracciglio –Non vedo il senso per cui dovrei farle un
regalo.-
Chekov ridacchiò, seguito da Sulu. Kirk si fece
contagiare e sorrise –Perché sono il suo capitano.
Dovrebbe
mostrarmi un po’ d’affetto.-
Il primo ufficiale lasciò
scorrere lo sguardo sui suoi colleghi, divertiti, poi
ritornò a
fissare il capitano –Non credo che nei miei compiti rientri
la
dimostrazione d’affetto.-
Il ponte scoppiò in una sonora risata
e anche Uhura ora li fissava con le braccia incrociate e il
divertimento dipinto sul viso.
-Vatteli a scegliere, gli ufficiali
vulcaniani.- sospirò Jim, fintamente sconsolato.
Si alzò dal
posto di comando e rivolse un sorriso a Sulu –Faccia
preparare
l’hangar sei e la navetta. Mi chiami se succede qualcosa.-
Il
timoniere annuì.
-Su, andiamo a farci belli signor non provo
affetto.- sorrise Kirk dirigendosi, seguito dal suo vice,
verso
il turboascensore.
. . .
-Sarebbe
opportuno se si contenesse.- mormorò Spock, abbassandosi
verso
l’orecchio di Jim.
Gli occhi cerulei del giovane balzarono sul
primo ufficiale –Ma l’ha vista?-
Il vulcaniano non
rispose.
-Oh andiamo, non sia geloso.-
Si guardarono per
qualche secondo, perdendosi in uno di quei rari momenti di vuoto
in cui solo i loro sguardi esistevano e il resto era un
contorno
sfumato, indefinito.
-Le facevo solo notare che i suoi modi di
fare potrebbero portare ad una lite con il capitano Fanhir, dato che
sta palesemente facendo delle avance al suo primo ufficiale.-
chiarì
Spock, interrompendo il contatto.
Kirk percepì una punta di
fastidio per quel brusco ritorno alla realtà o per il fatto
di non
riuscire a comprendere cosa volessero dire quei momenti. Che senso
avessero quegli sguardi.
Scosse il capo e aprì le labbra per
ribattere, ma la replica venne frenata da una mano sulla sua
spalla.
-Dovresti dare ascolto al tuo primo ufficiale. Qualunque
cosa dica, sappi che ha sempre ragione.-
Jim si voltò di
scatto al suono della voce familiare e si ritrovò davanti
l'ammiraglio Pike.
-Ammiraglio!- esultò il giovane, felice.
L'altro rise e strinse amorevolmente la presa sulla sua spalla
-Sono felice di vederti in forma, e di sapere che la mia nave
è ancora intatta.-
Kirk sbuffò divertito -E' la mia nave, ora.
Le ho soffiato il comando, ricorda?-
I due risero mentre Spock li
guardava stranito.
Non riusciva a comprendere il legame tra
l'ammiraglio e il capitano Kirk, la sfumatura d'affetto nelle loro
voci; il fatto che s'insultassero così amorevolmente senza
alcuna
traccia di rivalità nei loro sguardi.
Christopher Pike guardava
il giovane Kirk con tenerezza, la stessa che negli occhi di Jim si
trasformava in nostalgia e poi in gioia. Al cospetto dell'ammiraglio
il suo capitano sembrava provare una dicotomica sensazione che
oscillava tra la mancanza di qualcosa e l'acquisto di un'altra.
-Signor Spock. Ho saputo che avete avuto delle rogne,
ultimamente.-
Il primo ufficiale fissò con serietà il maggiore
e annuì una sola volta -Sì, signore. Abbiamo
avuto dei problemi. E'
per questo che siamo stati convocati qui, non è vero?-
Pike
sospirò -E' sempre molto perspicace. Sì,
è per questo. Molto
probabilmente verranno letti anche i vostri rapporti. La situazione
è
seria.-
Lo sguardo di Kirk si rabbuiò, ripensò alla
visione
della cosa che aveva preso le sue sembianze nella
mente di
Spock. Ricordò le parole di quell'essere e di come li avesse
messi
in guardia.
-Ci sono state delle perdite consistenti. Vite
innocenti.- disse.
Non diede voce a quello che realmente pensava.
Neppure il suo vice riusciva a ricordare il momento dell'incontro
con l'essere che aveva preso possesso della sua mente; pertanto Jim
aveva deciso di non farne parola con nessuno.
Aveva scelto di
andare avanti indagando in solitudine, la Federazione sembrava
già
essere fin troppo coinvolta.
Un campanello risuonò nella grande
sala del ricevimento.
-Siamo pronti per il primo incontro.-
sospirò Pike e i tre s'incamminarono verso la sala delle
conferenze.
Spock
di tanto in tanto lanciava occhiate furtive a Jim. Sapeva che l'altro
poteva vederlo, ed era necessario che lo facesse. Lo sguardo del
vulcaniano serviva ad ammonirlo, a ricordargli che
“no,
capitano. Non è il momento d'intervenire”
e Kirk
non si muoveva, rimaneva immobile ad ascoltare.
Eppure quello che
stava sentendo aveva del ridicolo, percepiva
un senso di ribellione incendiargli il sangue. Il pulsare del suo
cuore arrivava fino ai suoi timpani, lo sentiva nella testa.
Tum.
Tum. Tum.
Stavano
dicendo una marea di stronzate.
Tum.
Tum. Tum.
Malattie?
Infezioni? Attacchi klingon?
Tum.
Tum. Tum.
La
sua mano tremava, la rabbia ruggiva dentro i suoi occhi, nella
mascella rigida e i denti stretti.
Perché
lui conosceva la verità.
Aveva
rimuginato sulle parole della sua copia
per
quelli che erano stati giorni, settimane. Aveva tracciato uno schema
dei dati a disposizione, delle confessioni dei soldati della
Federazione.
Aveva stilato una sua personale versione della
storia e che fosse solo un presentimento, o meno, era sempre
più
convinto che la sua
versione fosse
migliore di qualunque baggianata stesse ascoltando dal congresso,
ora.
-Capitano.- Spock gli
si fece più vicino
-Mantenga la calma.-
Kirk inspirò profondamente, s'impose di
riprendere il controllo di sé. Si aggrappò alla
voce del suo primo
ufficiale, al suono delle sue parole. Istintivamente portò
una mano
ad afferrare
una manica della camicia dell'altro.
Era stato un gesto
istintivo, insensato. Spock inarcò un sopracciglio,
perplesso.
Jim
lo lasciò subito andare.
Per loro fortuna fu concessa una pausa.
Il capitano dell'Enterprise scappò verso i giardini.
Il
vulcaniano lo lasciò andare.
. . .
Quella
stessa sera, il congresso fu chiuso e tutti i capitani ritornarono
alle loro navi.
L'incontro si sarebbe protratto per tre giorni e
Jim aveva invitato l'ammiraglio Pike ad onorarli della sua presenza
sull'Enterprise.
L'equipaggio, saputo dell'arrivo
dell'ammiraglio, era andato in visibilio. Si era deciso di
organizzare persino un banchetto in suo onore.
-Vedo che la stai
tenendo bene, ragazzo. Questa nave è un gioiello.- sorrise
Christopher, camminando con Kirk verso il ponte di comando.
-Sto
cercando di essere all'altezza.- Jim fece spallucce.
Pike si fermò
e si tenne saldamente al suo bastone.
-Non sei per niente
cambiato dalla prima volta che ti ho visto. Eppure... mi sembri
migliore.-
Restarono in silenzio per alcuni secondi, poi
ripresero a passeggiare lentamente.
-Non credo di essere migliore.
Come potrei sapere se lo sono?- rivelò il capitano.
Christopher
rise, divertito -Spock ti sgrida ad ogni tua azione?-
Kirk si
accigliò -Certo che no!- borbottò, a disagio.
-Ecco, se non lo
fa significa che sei migliore.- lo schernì l'ammiraglio.
Passarono
di fronte l'infermeria, Jim gettò uno sguardo alla sala per
cercare
McCoy ma non lo vide, continuò a camminare.
-Cosa ne pensa del
congresso?- chiese. Il suo tono di voce aveva perso qualche nota di
leggerezza ora. L'altro notò il velo di preoccupazione tra
le parole
del più giovane.
-Cosa ne pensi tu? Io non ho dovuto affrontare
quello che avete visto voi.-
Kirk scosse il capo e non parlò.
Non sapeva cosa dire.
L'ammiraglio Pike era come un padre per lui,
come quel genitore che non aveva mai avuto, che gli era stato
strappato via troppo presto.
Aveva bisogno di qualcuno a cui
confidare i suoi dubbi e preoccupazioni. Sapeva che i problemi
dell'Enterprise andavano risolti tra i suoi membri, e che avrebbe
dovuto consigliarsi prima con Spock. Però in quel momento
sentiva il
bisogno di un confronto che non implicasse la
fredda
razionalità. Aveva necessità di calore umano.
-Io non
credo alla storia delle malattie o tutte le altre menzogne che ci
hanno raccontato.- dichiarò, con lo sguardo distante e la
tempesta
nel cuore.
Doveva parlargliene?
Cosa mi direbbe Spock, se
lo sapesse?
-E a cosa credi?-
Ora Pike sembrava
incuriosito.
Kirk lasciò vagare lo sguardo verso il fondo del
corridoio, poi scosse il capo -Nulla. Lasci perdere.-
-Jim... -
l'ammiraglio gli poggiò una mano sulla spalla -Non sei nei
guai,
vero?-
Il capitano sorrise, triste per non essere riuscito a
confidarsi con quell'uomo a cui teneva così tanto. Scosse il
capo e
ripresero la loro avanzata verso la plancia.
Kirk
uscì dalla doccia arrotolandosi un asciugamano intorno alla
vita.
Camminò sulle piastrelle fredde attraversando la sua camera.
Era
molto più rilassato, ora.
Quella lunga giornata al congresso
l'aveva sfinito. Non voleva neppure pensare a cosa sarebbe successo
l'indomani, a dove avrebbe trovato la forza per affrontare tutti
quegli sciacalli.
Si distese sul letto abbracciando il cuscino,
non ci pensò neppure a vestirsi. Voleva solo dormire,
restare
incosciente per qualche ora.
La notte avrebbe dovuto portargli
consiglio: era un vecchio detto terrestre.
Eppure era
completamente inutile. Aveva chiesto così tanti consigli
alla notte,
in passato, le aveva porto così tante domande. E lei non
l'aveva mai
aiutato.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare al ricordo degli
eventi di quello stesso giorno; nella sua mente si susseguirono tutti
i rapporti elencati dal consiglio, le parole di Spock, il
comportamento bizzarro che egli stesso aveva avuto verso il suo primo
ufficiale.
Per un attimo, solo un attimo, aveva agito
senza riflettere. Si era lasciato guidare dall'istinto e si era
aggrappato a lui.
Si chiese perché l'avesse fatto, cosa avesse
significato quel gesto. Ma non aveva alcuna risposta per i suoi
quesiti, li lasciava vagare, irrisolti, nella sua mente.
La
verità era che i rapporti con il suo vice erano andati
migliorando
notevolmente da quando aveva preso il comando della nave; riuscivano
a vivere insieme senza alcuna traccia d'ostilità. Per lui il
vulcaniano era diventato una figura costante, una presenza fissa al
suo fianco. E il solo sapere che ci fosse lo rasserenava.
Molto
probabilmente quello era solo il primo accenno della loro amicizia.
Forse essere amico di un vulcaniano era qualcosa che non accadeva
automaticamente, non come tra gli umani... e il loro legame aveva
bisogno di tempo, prima di potersi consolidare.
E magari la
tensione tra loro era una conseguenza della difficoltà di
quel
rapporto nel costruirsi tra due specie così diverse tra
loro.
Sospirò e scosse il capo. S'impose di lasciar perdere le
stranezze tra lui e Spock e di pensare solo a dormire.
Una goccia
d'acqua fuggì dai suoi capelli ancora umidi e
scivolò sul collo.
Rabbrividì e spalancò le palpebre nel momento
esatto in cui la
porta della sua cabina si apriva.
Kirk grugnì vedendo Spock
entrare con la solita compostezza.
-Perché non riesce a capire
che non può infiltrarsi così nella mia cabina?-
sospirò il
capitano.
Il vulcaniano lasciò correre lo sguardo sul corpo
quasi del tutto nudo disteso sul letto, inspirò e
guardò altrove. A
Jim parve imbarazzato e questo lo fece sorridere.
-Mi scusi
capitano, ritornerò quando sarà pronto.- disse
l'ufficiale e voltò
le spalle al suo superiore.
-Oh, andiamo. Non sarà mica a
disagio? Molte donne pagherebbero per questo spettacolo.-
scherzò.
Spock si fermò, ma non si voltò -Lei non
è in condizioni
presentabili. Dovrebbe sapere che non provo alcun disagio.-
Kirk
sbuffò e ritornò a poggiare il capo sul cuscino
-Che voleva dirmi?-
Ci fu un attimo di silenzio, Spock rimase fermo con la schiena
rivolta al capitano -Oggi è stato più agitato del
solito. Riuscirà
a mantenere la calma in questi rimanenti due giorni di congresso?-
Jim trattenne il fiato e chiuse gli occhi. Non sapeva cosa
dirgli.
-So che mi sta nascondendo qualcosa, non serve che
continui a mentirmi.- ammise il vulcaniano.
-Perché questa cosa
non mi sorprende?-
Il sorriso del capitano era solo un ghigno a
metà, amaro e disincantato. Non era una novità
che il suo vice
riuscisse a leggergli dentro con facilità, avrebbe dovuto
immaginarlo; si sentiva come un bambino colto a rubare caramelle.
Aveva avuto paura, per tutto quel tempo, di confidare la
verità
al suo ufficiale, perché per farlo avrebbe dovuto parlare
della loro
connessione mentale.
E aveva tentato in tutti i modi di tenersi
lontano da quella discussione, perché non aveva voluto turbare
Spock.
Il suo vice, per quanto fosse abile nel nasconderlo,
era capace di provare emozioni o sensazioni spiacevoli e lui non
aveva voluto metterlo in imbarazzo.
-Capisco se non si fida di
me. Ma sa che...-
-Cosa?- sussultò Jim, portandosi seduto -Che
diavolo sta dicendo? Mi fido di lei, Spock... certo!-
Il
vulcaniano si voltò lentamente e i loro sguardi
s'intrecciarono. Fu
come se una scarica elettrica attraversasse il corpo del capitano.
Aprì le labbra e respirò lentamente -Non volevo
che lei pensasse
questo.- sussurrò.
Il vice non si mosse, rimase fermo con le
braccia abbandonate lungo i fianchi come se non sapesse cosa farci.
-Volevo solo dirle che dovrebbe stare più attento. E'
evidente
che questo congresso è stato indetto per occultare qualcosa
di più
grande. Qualcosa che i capitani delle navi spaziali non dovrebbero
conoscere.-
Jim abbassò lo sguardo verso le lenzuola nere.
Sentiva che ormai era arrivato il momento di dirgli la
verità,
smetterla di indagare da solo.
Smetterla di fingere.
-Quando ci siamo connessi psichicamente...- cominciò,
incerto
-...è stato in quel momento che sono entrato a conoscenza di
quello
che le sto nascondendo. Ricorda i soldati che abbiamo raccolto da
Ka'yo? Erano degli scienziati. Uno di loro ci
spiegò come
fare per liberarla e si lasciò sfuggire che la Spartacus non
era
stato il primo attacco di quelle cose.-
Spock rimase in
silenzio, così Kirk continuò.
-Quando ero nella sua mente, prima
di riuscire ad entrare in contatto con lei, incontrai l'essere che
l'aveva attaccata. Quello che so è che quelle cose
non sono
malattie o quello che la Federazione sta cercando di farci credere;
sono esseri pensanti, vivi. Pericolosi.-
Spock rimuginò in
silenzio per qualche secondo -Perché non me lo ha detto
prima? Se
lei si fida di me, perché non ne ha fatto parola?-
Il vulcaniano
pensò che fosse illogico porre quella domanda. Jim doveva
aver avuto
le sue ragioni per tenere quelle informazioni per sé, era il
capitano e non per forza doveva condividere ogni suo pensiero con
lui.
Però aveva dei dubbi.
Sì, proprio lui aveva dei dubbi
e voleva fugarli, trovare delle risposte.
Kirk si portò una mano
tra i capelli, si sentiva in difficoltà -Non volevo parlare
di
quello che era successo nella sua mente. Le avevo detto che avrei
dimenticato, che non ne avremmo più discusso. Non volevo
metterla a
disagio.-
-Come le ho detto prima, io non provo alcun disagio. Se
quell'esperienza può esserci d'aiuto per individuare il
pericolo
incombente, non vedo perché tenerla nell'ombra.-
Il capitano
fece scivolare la mano sulle palpebre, massaggiandole lentamente
-Quell'essere aveva le mie sembianze.- confessò.
Il vulcaniano
non rispose.
-Era identico a me. Ha detto che prendere le mie
sembianze era l'unico modo per indebolirla.-
-Mi dispiace, non
credo di comprendere quello a cui sta alludendo.-
Lo sguardo
limpido dell'umano si gettò nella zona d'ombra delle pupille
dell'altro -Continuo a chiedermi il perché. Ha permesso alla
sua
mente di farsi intrappolare da qualcosa che mi somigliava e, poi,
quando io sono arrivato a salvarla, ha tratto forza dalla mia
presenza.-
Spock aggrottò le sopracciglia, aspettò alcuni
secondi prima di rispondere -Non credo di poterle dare una risposta.
Non ero cosciente di quello che mi stava accadendo. E poi... come fa
a conoscere le reazioni della mia mente?-
-Quell'essere, è stato
lui a dirmi tutto.-
Spock scosse il capo -Non ha pensato al fatto
che quella cosa le abbia potuto mentire?-
No. Non ci aveva
pensato neppure per un secondo; ingenuamente (ed inconsciamente) si
era sentito importante.
Ora che, però, il suo primo ufficiale
gli poneva dinanzi la realtà con una facilità
disarmante, percepiva
l'irritazione e (ancora una volta) la delusione stringergli il petto
in una morsa fredda, malinconica.
Hai davvero pensato di
essere importante per un vulcaniano?
La sua mente gli suggerì
quanto patetico fosse stato.
. . .
Nyota
massaggiava lentamente la schiena di Spock, ma questi non le prestava
alcuna attenzione. Il vulcaniano fissava lo schienale del letto,
rimuginando sulla discussione avuta poche ore prima con il capitano.
-Un penny per i tuoi pensieri.- lo richiamò la ragazza
facendo
scorrere le dita magre tra le sue scapole.
-Non esiste più il
penny, sul vostro pianeta. Inoltre non è possibile pagare in
moneta
i pensieri di un...-
-Sì, Spock. Ho capito.- lo fermò Uhura,
sorridendo -Era un modo di dire. Volevo solo chiederti a cosa stavi
pensando.-
Il vulcaniano ritornò a poggiare il capo alle braccia
conserte davanti a sé.
-A volte sei così silenzioso. Mi
preoccupi.-
-Il mio silenzio non dev'essere fonte di
preoccupazione, sto in silenzio quando non ho bisogno di parlare. Non
capisco la propensione di voi umani di dare continuamente voce ai
vostri pensieri.-
La ragazza smise di massaggiargli la schiena
-Qualcuno è un po' nervoso, stasera. Non è forse
così?-
Spock
si voltò sulla schiena quando Nyota si fu spostata
abbastanza da
scivolare su un fianco del letto -Non sono nervoso.
Ho solo
espresso un parere.-
No. Non erano i sentimenti che lo tenevano
rinchiuso nel suo mutismo.
Voleva solo fermarsi a riepilogare
nella sua mente tutti gli eventi della giornata, riosservare i suoi
ricordi e trarre quante più informazioni possibili, da essi.
Aveva
bisogno di capire il perché dello strano comportamento di
Jim,
riflettere su ciò che questi gli aveva confidato poco prima.
Voleva
solamente meditare.
Meditare.
-Sembra che, come sempre,
Kirk ti abbia messo di cattivo umore. Cosa ha fatto, stavolta?-
Spock inarcò un sopracciglio e continuò a fissare
il vuoto -Il
capitano non ha alcuna influenza sul mio umore. Ho solo bisogno di
meditare.-
La ragazza sospirò e portò una mano tra i capelli
scuri del compagno, accarezzandoli dolcemente -Sai che se avessi
bisogno di parlare... beh, sono qui.-
Questa volta il vulcaniano
la guardò, si perse nello sguardo preoccupato ed innamorato
del
brillante tenente e della tenace donna che aveva di fronte.
-Lei
non può capire, ha Nyota.-
-Come fa quella donna a sopportarla?-
Nella sua mente andò a delinearsi un'immagine, fu un lampo
di luce a squarciare il buio della sua ragione: due occhi azzurri.
E
non erano gli occhi della sua donna.
Le parole che riecheggiavano
nelle caverne del suo subconscio erano pronunciate da una voce
maschile, da un tono caldo e profondo.
Lottò contro le crepe
della sua umanità che tentavano d'intaccare le mura della
sua
razionalità. Tenne insieme la sua natura. La sua vera
natura.
-Ti ringrazio.-
La ragazza lo guardò malinconica, ma non
aggiunse altro. Si limitò ad unire le loro labbra. Era
l'unico modo
per poter comunicare con il suo compagno.
E questo era
degradante, per il miglior ufficiale di xenolinguistica a bordo
dell'Enterprise.
Il giorno dopo.
Kirk
arrivò in plancia, trattenendo uno sbadiglio. Era ancora
intontito
dal sonno, ma doveva firmare i rapporti degli ufficiali prima di
sbarcare su Marte per il secondo incontro del congresso.
Aveva
poca voglia di partecipare ma era un capitano e doveva agire da tale,
senza commettere errori che avrebbero potuto incidere sulla sua
reputazione.
Era in casi come quelli che il peso del comando lo
schiacciava con una forza incontrastabile.
-Capitano, un po' di
contegno non le farebbe male.- lo richiamò McCoy mentre Jim
sbadigliava senza alcuna grazia.
-Che ci fa qui, Bones?- mugugnò
Jim, andando ad accomodarsi al posto di comando.
Il medico si
avvicinò offrendogli una fiala -Ho portato degli
integratori. Ne
prenda un po', avrà una giornata pesante.-
Kirk accettò ciò
che il medico gli aveva porto e bevve il contenuto della fiala in un
solo sorso -Questa roba è orribile.-
Leonard rise -E' lei ad
essere il solito bambino petulante.-
Jim lo guardò accigliato
-Divertente. Dov'è Spock?-
-Non gliel'ha detto? Ha deciso di
anticiparsi e sbarcare prima sul pianeta.-
E Jim non lo sapeva.
-Uh, sì. Mi aveva avvisato, me n'ero dimenticato.-
mentì.
Il
capitano decise di non dare importanza al bizzarro comportamento del
suo primo ufficiale, era normale che anche Spock avesse il diritto di
muoversi liberamente. Non doveva di certo rendergli conto di ogni suo
spostamento.
-Ponte sei a capitano Kirk.- la voce di una guardia
risuonò nell'interfono della plancia.
Kirk restituì la fiala al
dottore, poi rispose -Qui Kirk.-
-Capitano, siamo pronti per
farla sbarcare. L'ammiraglio Pike è arrivato.-
Jim sospirò
-Arrivo subito. Ho bisogno di qualche minuto per firmare dei
rapporti, tenga la navetta pronta per la partenza.-
McCoy lo
guardò preoccupato -Sicuro che vada tutto bene?-
Gli occhi
azzurri del maggiore si posarono sul viso familiare dell'amico
-Sinceramente, Bones? Non ne sono più tanto sicuro.-
E
poi Kirk camminò incerto. Avanzò lentamente
osservando le figure
che aveva davanti; il cuore era di nuovo un fastidioso tamburo nella
sua cassa toracica.
I due erano di spalle, avevano la stessa
postura, le stesse braccia tenute dietro la schiena. Emanavano una
serenità d'animo da ogni singolo spiraglio dei loro corpi;
la
fierezza dipingeva ogni loro gesto o movimento.
Si avvicinò
cautamente, spaventato dall'idea d'interrompere la serenità
di quel
momento.
-Sembra che il nostro capitano sia arrivato.- rispose il
più alto dei due.
Kirk rimase immobile mentre il cuore balzava
nel suo petto ad una velocità ipersonica.
Osservò il vulcaniano
voltarsi verso di lui: la visione di uno Spock invecchiato, i capelli
bianchi e le rughe a contornare i lineamenti delicati del suo viso,
lo destabilizzarono.
I loro sguardi s'intrecciarono e per un solo
istante fu come se negli occhi del vulcaniano brillasse un fulmine di
nostalgia e dolore.
-Signor Spock.- sussurrò il capitano.
Le parole gli morirono in gola, l'emozione sembrava annientare la sua
capacità di parlare.
Kirk ripensò alla prima volta in cui aveva
visto il vulcaniano del futuro, e proprio come allora si sentiva in
soggezione dinanzi alla misteriosità di quell'essere e al
suo
sguardo: testimone di lunghi anni di vita, avventure trascorse,
esistenze incontrate.
Occhi che sembravano urlargli qualcosa che
lui non riusciva a comprendere.
-Capitano Kirk.- l'altro abbassò
il capo in segno di saluto -E' un piacere rivederla in una situazione
meno complessa dell'ultima volta.-
Il giovane capitano non si
mosse -Che ci fa qui?- si limitò a chiedere.
L'ambasciatore
spostò lo sguardo verso gli uffici della federazione, a
pochi metri
da loro -Mi è stato chiesto di partecipare al congresso.
Data la mia
provenienza hanno pensato che potessi essere utile, anche se non
posso in alcun modo interferire con gli avvenimenti di questo
universo.-
-Capitano... - intervenne il giovane Spock, ma Jim lo
ignorò.
-Ma questo universo è ben diverso da quello da cui
arriva, non è così? Il nostro destino
è già cambiato quando Nero
è tornato indietro.-
Il vulcaniano annuì -Sì, capitano. Ma il
tempo segue percorsi a volte contraddittori, non tutto è
mutato. Per
questo motivo non posso interferire in alcun modo.-
Il giovane
sorrise, avvicinandosi (inconsapevolmente) di alcuni passi
-Vorrebbe... - tentennò sulle sue stesse parole. Sentiva una
strana
commozione all'interno del petto -Quando avremo finito, vorrebbe
rivedere l'Enterprise?-
Il vecchio Spock riuscì a stirare un
sorriso a metà, le labbra gli tremarono leggermente -Sarebbe
un
grande piacere ritornare a bordo dell'Enterprise, capitano.-
Kirk tremò per il modo in cui l'altro aveva pronunciato il
suo
grado, per il calore appena percettibile all'interno di quelle
parole.
-Capitano, dovremmo entrare.- intervenne il giovane
Spock, interrompendo i due.
Jim l'osservò per qualche secondo e
si chiese se anche il suo attuale primo ufficiale sarebbe diventato
come l'altro Spock che, anche se a fatica, gli aveva mostrato una
flebile immagine delle sue emozioni.
Si chiese se quel suo
giovane vice, un giorno, avrebbe provato un minimo d'affetto nei
riguardi del suo capitano.
Poi si diede dello stupido.
. . .
-Capitano
Kirk, è pronto a leggere i rapporti dell'Enterprise?- lo
richiamò
l'ammiraglio Marcus.
Kirk voltò lo sguardo verso l'uomo che
presiedeva il congresso e si alzò in piedi; sullo schermo di
fronte
a sé apparvero i file con tutta la documentazione registrata
dalla
nave, dopo gli attacchi della Spartacus e quelli riguardanti il
pianeta Ka'yo.
-Sì, ammiraglio.- Kirk lanciò una fugace
occhiata al vecchio Spock seduto proprio di fronte a lui.
Fece
scorrere le dita sullo schermo e cominciò ad elencare i
dettagli
riguardanti i due attacchi. Ripercorse, con la memoria, l'ambigua
situazione della Spartacus e le condizioni in cui avevano ritrovato
l'equipaggio e il comandante. Ricordò le sue decisioni e la
fermezza
nel mettere fine alle loro vite.
L'hai fatto perché dovevi.
Non potevi agire diversamente.
-Tutti abbiamo un lato
oscuro. Un po' come la luna con l'altra sua metà. Tutti
siamo fatti
di buio, ma non sempre quella parte che prevale è immorale.-
Ricordò
le parole del suo vice, e il profondo senso di perdita nel trovare
solo morte e distruzione alla base lunare e quella su Aldebaran.
Qualcuno tossì, richiamando la sua attenzione. Il suo
sguardo
s'incontrò con quello di un capitano poco distante, si
fissarono per
alcuni secondi.
Kirk continuò con la spiegazione e passò a
raccontare del secondo attacco, e la sua mente continuava a rivivere,
secondo dopo secondo, ogni attimo di quella follia
con cui si
erano scontrati.
Riusciva ancora a sentire il dolore per quella
che pareva l'imminente fine del suo primo ufficiale, poi il viaggio
all'interno della mente vulcaniana.
Solo per salvarlo. Ho
rischiato ogni cosa.
Perché?
Perché è un amico.
L'altro capitano non distolse mai gli occhi da lui, persino il
giovane Spock se ne accorse.
-Non abbiamo identificato la natura
del problema.- continuò Kirk, mentendo ai presenti -I dati a
nostra
disposizione non erano sufficienti.- dovette fare forza su se stesso,
piegare la propria volontà per impedirsi di confidare quello
che
realmente pensava.
Forse, si disse, stava sbagliando. Molto
probabilmente rivelare agli alti ufficiali della flotta ciò
che
aveva scoperto, avrebbe potuto essere d'aiuto.
In fin dei conti
lui non aveva alcuna certezza che la Federazione fosse coinvolta in
quella storia; e poi... c'erano le parole della cosa che
aveva
incontrato nella mente di Spock. Ma quanto poteva credere ad un
essere che aveva preso le sue sembianze per annientare il suo primo
ufficiale?
I vostri scienziati hanno giocato con la vita, e
hanno generato la morte.
Ma lui, in qualche modo, forse
sbagliando, non riusciva a non credere a quelle confessioni. I
soldati che avevano salvato nella scorsa missione si erano
contraddetti troppe volte, e altrettante avevano ritrattato le loro
posizioni.
-Il fatto che gli attacchi non sembrino seguire uno
schema preciso, potrebbe acconsentire all'ipotesi della malattia.-
A
parlare fu il capitano che, insistentemente, continuava a divorare
Jim Kirk con lo sguardo. Tutti i presenti si voltarono verso di lui.
Jim aggrottò le sopracciglia -Non credo, signore. Una
malattia
capace di propagarsi a distanze così elevate, dovrebbe
seguire uno
schema. Per forza di cose. Come potrebbe una semplice epidemia
scoppiare in luoghi diversi della galassia e ottenere gli stessi
devastanti effetti, ovunque?-
L'altro sorrise -Quindi lei non
crede alla tesi della malattia, uh?-
Gli occhi di Kirk passarono
in rassegna tutti i volti puntati su di loro, poi sospirò e
si voltò
verso l'ammiraglio Marcus -Non escludo altre ipotesi.-
-Tipo?-
Spock si mosse. Kirk percepì la presenza del suo vice e si
chiese cosa dovesse fare, se dovesse dar voce ai suoi pensieri o
chiudere quella conversazione.
Avrebbe voluto osservare il
vulcaniano, ma allo stesso tempo tentava di mantenere il contatto
visivo con il suo interlocutore.
Non lo conosceva, non ricordava
neppure il suo nome. Pensò che forse aveva sbagliato a non
studiarsi
i file che Spock gli aveva preparato.
-Non possiamo escludere che
sia il frutto di un attacco alieno, o magari che abbiamo a che fare
con qualche essenza viva, cosciente.-
L'altro non obiettò
ma si limitò ad annuire lentamente ed abbassare il capo.
Kirk lo
trovò decisamente strano. La cosa più bizzarra di
tutte, però, fu
lo sguardo del generale Marcus puntato su di lui. Gli occhi chiari
sembravano trapassarlo da parte a parte. Jim rabbrividì e
distolse
lo sguardo.
-Capitano... - sussurrò il suo secondo.
Ma lui
non l'ascoltava, ora stava fissando il vecchio Spock che lo ammoniva
con lo sguardo “non aggiunga altro,
capitano” sembrava
dirgli.
E Kirk non parlò.
Non aggiunse altro.
. . .
Il
giovane Spock osservava attentamente lo svolgersi della conferenza.
Non riusciva a comprendere il senso di un congresso di una durata
così lunga. Arrivati alla seconda giornata avevano
già vagliato
molte ipotesi e diviso le navi per una perlustrazione nei quadranti
che erano stati sotto attacco.
Stava ascoltando la proposta del
commodoro Artens di prelevare campioni per poterli inviare agli
scienziati e farli analizzare -Magari riusciremo a scoprire qualcosa
in più.-
Spock avrebbe voluto rispondere che tutti i controlli
erano già stati effettuati dalle navi coinvolte nei vari
attacchi,
ma non intervenne. Non aveva alcuna autorità per parlare,
senza
l'ordine del capitano.
Rimase attento alla conversazione ma, con
la coda dell'occhio, si permise di gettare uno sguardo a Jim. Da
quando si erano incontrati, quella stessa mattina, la situazione tra
loro si era stranita. Il suo capitano continuava ad osservare, quasi
rapito, lo Spock del futuro e aveva notato il modo in cui proprio
quest'ultimo parlava al giovane. Aveva persino colto il bagliore nei
suoi occhi nel momento in cui Kirk si era palesato a loro. Non ne
comprendeva il motivo ma, soprattutto, non riusciva a capire come
potesse l'altro Spock (anche se più anziano) avere un tale
controllo
delle emozioni da poterle persino incanalare attraverso la
gestualità.
Era bizzarro per un vulcaniano, e lo era ancora di
più se pensava al fatto che quello stesso vulcaniano fosse lui
stesso.
Jim continuava a fissarlo, i loro sguardi si
connettevano e parevano discorrere tranquillamente anche nel bel
mezzo di quell'incontro così caotico.
Non capiva. Per la seconda
volta, in due giorni, Spock si sentì preso alla sprovvista e
non
riuscì a trovare nessuna spiegazione, nessuna ipotesi
logica, niente
né per il comportamento del capitano e di se stesso futuro,
né per
le reazioni che lo stavano destabilizzando come non accadeva da molto
tempo.
Decise che quella stessa sera, dopo essere tornato
sull'Enterprise, avrebbe meditato a lungo. Aveva la
necessità di
chiarire le proprie idee.
-Durante
la conferenza ha tentennato.- considerò Spock, quando tutti
furono
usciti. Era stata data una pausa di un'ora prima di proseguire con
l'incontro finale.
Kirk, che stava per alzarsi, osservò il suo
vice -Lei cos'avrebbe fatto?-
-Un vulcaniano non può mentire.-
Jim sorrise -E' una fortuna che non possa essere interrogato,
allora.-
Spock restò in silenzio e si concentrò su di un
punto
indefinito del pavimento. Gli atteggiamenti del capitano lasciavano
trapelare una sorta di fastidio.
-Perché è sceso senza
avvertirmi, stamattina?-
Il vulcaniano riportò lo sguardo al suo
superiore -Non c'è nessun ordine che vieti l'allontanam...-
-Lo
so. Le ho chiesto il perché, non l'ho rimproverata.-
Spock
inspirò profondamente -Volevo riflettere circa la
conversazione di
ieri, organizzare le informazioni che mi ha dato. Ho provato a
ricordare il momento in cui ha incontrato quell'essere nella mia
mente.-
Jim s'irrigidì -Ci è riuscito?-
-No. Nonostante
riesca a ricordare tutto il tragitto da lei compiuto quando le nostre
menti si sono connesse... non riesco ad inquadrare quell'unica parte.
Forse è dovuto all'influenza di quella cosa.-
Il capitano annuì,
poi notò il vecchio Spock rientrare in sala al fianco
dell'ammiraglio Pike e la sua attenzione fu rapita dai due.
-Signori.- sorrise Jim, alzandosi.
Pike ricambiò il sorriso
ed avanzò, zoppicando, verso di loro -L'ambasciatore Spock
mi stava
raccontando, nei limiti del possibile, alcuni aneddoti circa la sua
vita.-
Il giovane vulcaniano osservò attentamente l'altro
sé.
-Non preoccuparti, Spock. I miei racconti non andranno ad
incidere sullo sviluppo delle vostre vite.- lo rassicurò
questi.
-No, infatti è impossibile farlo parlare quando crede che le
sue
confessioni possano cambiare il nostro futuro. Vulcaniani.-
rise l'ammiraglio.
Jim si avvicinò all'ambasciatore -Cosa ne
pensa del nostro problema?-
-Non è nulla che io, o l'Enterprise
abbiamo mai affrontato prima. Ci sono molte diversità tra
questa
piega temporale e quella dalla quale sono arrivato.-
Il capitano
fu sul punto di chiedere dell'altro, ma si trattenne.
Avrebbe
voluto domandargli come avrebbe reagito il capitano James Kirk
appartenente all'altro universo. Però non lo fece; aveva
paura di
conoscere la sua risposta.
Eppure l'altro sembrò capire, si
abbassò verso di lui e molto lentamente gli
sussurrò un -Sarebbe
stato cauto, così come sta facendo lei.-
Jim ne rimase colpito e
tutto quello che poté fare fu annuire e perdersi
nell'oscurità di
quegli occhi vulcaniani.
Non si spiegava perché fosse così
affascinato dall'ambasciatore; forse, si disse, gli piaceva per il
modo in cui, la prima volta che si erano incontrati, lo aveva
guardato e tutt'ora lo guardava.
C'era tristezza in lui.
Un sentimento che non poteva essere spiegato a parole,
un'emozione che in qualche modo aveva preso vita propria e si era
scavata un posto in quegli occhi, dipingendoli della sua malinconia.
Non capiva, Jim. E il non capire lo portava ad avvicinarsi a
quell'essere tanto misterioso, quel vulcaniano che pareva volergli
offrire tutto se stesso eppure si conteneva.
Kirk si riscosse dai
suoi pensieri e si rese conto di essersi incantato ad osservare
l'ambasciatore. Quando guardò Pike vide che l'uomo li
fissava
incuriosito, con un'espressione mista tra il timore e la malinconia.
Il suo vice, invece, si limitò ad evitare il suo sguardo e
ad
indirizzarlo verso l'entrata della sala dalla quale, proprio in quel
momento, entrava l'ammiraglio Marcus.
Le porte si chiusero quando
fu vicino ai quattro e li fissò con serietà
-Dobbiamo parlare.-
L'ammiraglio
Alexander Marcus, siedeva in silenzio, con le mani giunte di fronte a
sé e un'espressione severa ad irrigidirgli l'intero volto.
-Cosa
sa, capitano Kirk?-
Il giovane guardò l'ammiraglio e sospirò
pesantemente -A cosa si riferisce?-
Marcus scosse il capo e lo
fissò minaccioso -Non mi prenda per il culo.
Perché sembra che lei
sappia benissimo cosa sta accadendo qui. I soldati hanno parlato, lo
sa?-
Kirk rise -Beh, almeno con voi si sono degnati di dire
qualcosa di utile.-
Il capitano dell'Enterprise aveva gli occhi
di tutti puntati su di sé e pensò che forse stava
esagerando, forse
doveva mettere un freno a quell'aperta ostilità e
collaborare per un
bene maggiore.
-Ho incontrato uno di quegli esseri. Nella
mente del mio primo ufficiale, durante il collegamento mentale.-
confessò.
L'ammiraglio annuì lentamente, i suoi occhi azzurri
erano una trappola di ghiaccio che Jim tentava di evitare. Lo
intimorivano.
Pike scosse il capo -Di che stai parlando, Jim?
Perché non hai fatto rapporto?-
Jim lo guardò colpevole, poi si
voltò verso Marcus -Ascolti, non ho presentato rapporto
perché...
avevo dei dubbi. Quell'essere mi ha detto che sono stati i nostri
scienziati a crearli. E' così? Voi ci state parlando di
malattie,
attacchi klingon. Non è questo...-
Marcus si alzò e camminò
intorno al tavolo. Aveva indetto quella riunione perché
aveva avuto,
sin da subito, il sentore che Kirk ne sapesse di più. E dopo
aver
interrogato i soldati dell'unità speciale che erano stati
salvati
dall'Enterprise, ne aveva avuto la conferma.
-Capitano, lei era
in possesso di informazioni importanti per la flotta. Il suo primo
dovere era di fare rapporto.- lo ammonì l'ammiraglio, poi
continuò
-Ma non l'ha fatto perché non si fidava. Crede ai nemici e
non alla
sua fazione?-
Jim si sporse in avanti -Signore, qui non si parla
di fazioni. Ho solo pensato che sarebbe stato meglio avere prove
concrete prima di creare il panico. Ma da quel che
sto
vedendo, forse i nemici non mi hanno mentito.-
Alexander
si sedette di nuovo, poi fece cenno alle poche guardie rimaste di
uscire dalla sala -Bene, dal momento che è stato in contatto
con
quelle cose, non ha senso tenere nascosta la
verità.- disse,
aprendo le braccia e poggiandosi allo schienale della poltrona.
-Sono
stati i nostri scienziati a crearli, sì. Alcuni di loro
pensavano
che si potesse creare la vita, facendo ricorso a
delle
neocellule. Un tipo di cellule particolari, prelevate da un'arcaica
forma di civiltà e trattate in laboratorio. La loro sintesi
avrebbe
generato un processo che ci avrebbe condotti a creare qualcosa di
vivo.-
L'aria si era caricata di tensione; Jim e Christopher
trattenevano il respiro, i loro volti riflettevano
l'incredulità e
il senso d'orrore che stavano provando. I due Spock, invece, rimasero
fermi ad ascoltare attentamente.
-Fino ad ora era solo una teoria,
gli scienziati hanno provato a sperimentarla in laboratorio ma le
cose sono sfuggite di mano.-
-Creare la vita?- ripetè Pike,
sconvolto.
L'ammiraglio non lo guardò e continuò a spiegare
-Dopo i primi fallimenti si decise di abbandonare il progetto.
Qualcuno, però, continuò a lavorarci di nascosto
e il processo
cellulare deve aver funzionato, la sintesi delle cellule ha creato
qualcosa di vivo e anche pensante, ma non abbiamo
potuto
capire cosa fosse. Quelle cose ci attaccarono prima che potessimo
studiarle, poi sfuggirono al nostro controllo.-
-Hanno giocato
con la vita, hanno generato la morte.-
Kirk mormorò le
stesse parole che il nemico gli aveva confidato. Ora le sue teorie
avevano un senso.
Gli altri si voltarono verso di lui -Cosa?-
Gli occhi azzurri del capitano sondarono, con circospezione,
l'uomo di fronte a sé -Quella cosa lo aveva detto. Avevate
cercato
di creare la vita, ma avete creato loro. La morte.-
-Non potevamo
saperlo.-
Jim rise -Cos...? No, aspetti. Non potevate saperlo? Un
esperimento di questo calibro e non avete messo in conto le
complicazioni che sarebbero potute derivare?-
-Capitano.- lo
richiamò il giovane vice vulcaniano.
Kirk lo guardò di
sfuggita, poi prese un respiro profondo.
-Non credo che lei sia
nella posizione per controbbattere le nostre ricerche scientifiche,
Kirk. In ogni caso, il primo attacco avvenne nei laboratori di Ninbon
cinque.-
-Certo, se non vuoi far capire all'intera galassia che
stai conducendo ricerche illegali,
perché non farlo sul
pianeta più disperso del sistema Ninbon.- s'intromise Pike
-Con
tutta la franchezza, è impazzito? Generare la vita... avete
creato
dei mostri!-
Marcus si sedette e li guardò con la durezza nei
grandi occhi chiari -Il danno è stato fatto. Ora quegli
esseri sono
in giro per la galassia. Il capitano che è intervenuto
durante il
suo rapporto, Kirk, è uno di loro.-
Jim sgranò le palpebre
-Cosa? Perché non avete cercato di fermarlo?
Perché è qui?-
Marcus si grattò la fronte e sorrise, amareggiato -Non
sappiamo
quanti ce ne sono. Potrebbero essere in migliaia ed aspettare un solo
attacco al loro infiltrato. Non abbiamo ancora nessuno strumento che
ci riveli la loro posizione, possono occultarla così come
possono
eludere il nostro senso visivo.-
Il vecchio Spock che fino a
quel momento era rimasto in silenzio si fece avanti -Con tutto il
rispetto, ammiraglio, il fatto che stiate nascondendo queste
informazioni al resto della flotta come, esattamente, vi
aiuterà a
trovare e distruggere quelle cose?-
Kirk tirò su con il naso e
scosse il capo.
-Non possiamo ancora dare un'informazione del
genere, si verrebbe a creare il caos. Molti pianeti si scaglierebbero
contro di noi. Sapete tutti quanto volubili siano i rapporti
all'interno della Federazione, come basti poco per incrinarli.
Comincierebbero tutti a darci addosso come lupi.-
-E il congresso
è un buon modo per dimostrare che la Federazione non c'entra
nulla
con queste minacce.- ipotizzò il giovane Spock.
L'ammiraglio si
voltò verso di lui e annuì lentamente.
-Quindi cosa propone di
fare?- avanzò Christopher, ancora incredulo.
-Siete gli unici a
conoscenza di questa storia. Gli unici facenti parte della flotta
stellare, da ora in poi agirete solo in base ai miei ordini e vi
occuperete esclusivamente di questo problema. Abbiamo bisogno di
esploratori che tengano d'occhio quelle cose. Signori, vi ho appena
ingaggiato nel servizio di sicurezza militare.-
. . .
Kirk
osservava distrattamente le perle di Marte sulla bancarella. Il
congresso era finito e, stranamente, la flotta aveva concesso un po'
di giorni di congedo all'equipaggio dell'Enterprise che era rimasto
sul pianeta rosso.
Il capitano aveva deciso di visitare la
capitale, Atl'has, e starsene un po' per conto proprio dopo tutto
quello che era accaduto.
Prese una perla tra le mani e la tenne
per alcuni istanti tra le dita, la polvere bluastra tremò e
vorticò
all'interno del vetro mutando, lentamente, il suo colore. -Significa
che è agitato, capitano.- lo richiamò una voce
familiare.
Kirk
sorrise, non ebbe neppure bisogno di voltarsi.
-Come potrei non
esserlo, dopo tutto quello che è successo in questi giorni?-
L'altro rimase in silenzio, la polvere all'interno della boccia
si acquietò.
-Di cosa ha paura, esattamente?-
Jim si voltò
verso il vulcaniano -Io non ho paura, signor Spock.-
-Capitano...
- Spock tentennò, poi scosse il capo.
-Vada fino in fondo. Cosa
stava per dire?-
La polvere vibrò ancora una volta, il suo
colore mutò in un rosa pallido, quasi bianco. L'ambasciatore
notò
il colore -Sarebbe stato più semplice capirla se le avessi
dato una
di queste perle, in regalo.-
Kirk sussultò, dentro di lui si
propagò una spiacevole malinconia e si affrettò a
rimettere la
sfera dove l'aveva presa.
-Lei non fa regali.- scherzò Kirk, ma
il suo sorriso era un po' amaro.
Spock scosse il capo -Si
sbaglia. Deve dare un po' di tempo a lui. Non
è semplice
stare al suo fianco.-
Il capitano aggrottò le sopracciglia e
camminò via dalla bancarella -Uh, grazie per il non
complimento.-
-Non mi fraintenda, Jim. Per lei Spock è un essere
complesso, difficile, perché è un vulcaniano.
Anche lui ha le
stesse difficoltà. Lei è... imprevedibile,
e
l'imprevedibilità è qualcosa che ci confonde.-
-E' difficile
crederci.-
-Lei mi ha sempre confuso, Jim.-
Kirk si voltò a
guardarlo ma Spock osservava il cielo -Non può dirmi proprio
niente
di quel me stesso? Di come sarò?-
Il vulcaniano sorrise -Sapere
quelle cose potrebbe cambiarla, ho l'obbligo di non interferire.-
-La sua sola presenza qui, interferisce. Andiamo... - insistette
Kirk.
-Cosa vorrebbe sapere?-
Jim sorrise, soddisfatto -Le ha
fatto così male, la mia morte?-
Spock si fermò -Io non provo
dolore.-
-Me lo risparmi. Riesco a leggerlo in ogni suo sguardo,
ogni volta che pronuncia il mio nome. E non so come sia possibile,
vorrei solo capire perché.-
Il vulcaniano abbassò il capo e
riprese a camminare. La sua innaturale calma non sembrava essere
stata turbata, eppure Jim percepiva la lotta interiore dell'altro.
Si disse che forse aveva esagerato, molto probabilmente aveva
portato alla luce sentimenti che il buon vecchio
Spock aveva
inabissato nei meandri più profondi della sua parte umana.
Si sentì
colpevole.
-Perché sta tentando di parlare al mio lato umano?
Dovrebbe imparare a conoscermi attraverso il suo primo ufficiale,
fare domande a me non servirà a farle comprendere meglio lui.
Questo è barare.- fu la risposta di Spock.
Jim sospirò e scosse
il capo -Non sto cercando di conoscere il mio attuale primo
ufficiale, sto cercando di conoscere lei che viene
da un altro
universo, un altro mondo. Ha conosciuto un altro me, e per quanto
possiamo essere simili, il fatto che le nostre vite siano state
diverse mi porta ad essere un altro Jim Kirk. Non sono il suo
capitano.- sussurrò alla fine.
Ma lo sguardo
dell'ambasciatore non mutò, il dolore era sempre
lì, vivo in quegli
occhi profondi ed eterni. Era un dolore che non si manifestava nei
gesti o nelle espressioni, era un male che urlava attraverso lo
sguardo, attraverso l'aurea che quel vulcaniano emanava. Ed era un
sentimento tanto forte che lo stesso Jim ne era spaventato.
-Quando
sarà il momento lo capirà.- rispose Spock
-Capirà quello che non
sono riuscito a dirle, mai. Ha ragione, lei non è il mio
capitano ed
io non sono il suo primo ufficiale. Posso solo augurarmi che le cose,
tra voi, siano più... chiare.-
-Che significa?-
Il
trillo della trasmittente interruppe la discussione, Kirk si
affrettò
a prelevarla -Qui Kirk.-
-Capitano, mi dispiace disturbarla
mentre è in vacanza ma ci sono dei rapporti che dovrebbe
firmare e
che il comando di flotta ha richiesto con urgenza.-
Il giovane
gettò un'altra occhiata al vecchio Spock -Sì,
tenete Uhura. Faccia
preparare il teletrasporto.-
Il tenente chiuse la conversazione.
-Le avevo chiesto di salire sull'Enterprise. Vogliamo andare?-
L'ambasciatore scosse il capo -Mi è stata assegnata una
missione, Jim. Dovremo rimandare il mio ritorno sulla nave.-
Kirk
sorrise amareggiato, poi annuì.
-Forse ha ragione, sto solamente
approfittando della sua presenza per conoscere chi ho accanto.-
Si
diede dello stupido. Non aveva senso cercare di conoscere il suo vice
attraverso una sua copia. Perché per
quanto il vecchio Spock
lo affascinasse e lo facesse sentire una persona migliore ad ogni
singolo sguardo, ad ogni ondata di calore che quegli occhi scuri gli
trasmettevano, non era il suo primo ufficiale. Era uno Spock diverso,
lontano.
E non aveva senso partire da lontano per poter
comprendere qualcosa di così vicino a sé.
L'ultima cosa che
fece, prima di ritornare a bordo dell'Enterprise, fu comprare una
piccola perla di Marte.
. . .
-Capitano,
sta bene?- lo richiamò Spock, destandolo dai suoi pensieri.
Kirk
sussultò e si voltò verso di lui -Uh,
sì. Sto bene.-
Il
giovane lo fissò per qualche secondo, non c'era alcuna
emozione sul
suo viso e, di questo, Kirk se ne dispiacque. Ma poi si disse che
doveva semplicemente dare tempo al tempo.
L'ufficiale gli
consegnò la scheda con gli ultimi rapporti sui computer -Ho
finito
il mio turno. Chiedo il permesso di lasciare il ponte.-
Il
capitano annuì -Buon riposo, Spock.-
Il vulcaniano inarcò un
sopracciglio, perplesso -La ringrazio.-
Jim aspettò che se ne
andasse per firmare il rapporto e sorridere divertito.
Il fatto
che non riuscisse a comprendere fino in fondo il suo rapporto con il
vulcaniano e il destino che li attendeva, un po' lo spaventava. Nelle
parole e gli sguardi del vecchio Spock aveva letto tanta malinconia e
dolore.
Aveva paura di quello che il futuro gli avrebbe
riservato, paura di cose che non conosceva neppure.
Però, si
disse, il suo mondo era diverso da quello del
vecchio Spock, e
la sua vita... la sua vita non seguiva alcuna logica sconosciuta di
qualche destino superiore. Lui era il padrone di essa e delle sue
scelte; poteva cambiare ogni cosa.
Il suo sorrisò s'illuminò,
pensando al fatto che avesse iniziato proprio in quel momento a
cambiare la propria vita, e che in quel preciso istante, in una
cabina lontana dal ponte, un giovane vulcaniano stava trovando sul
proprio cuscino una piccola perla di Marte.
Lei non fa
regali, ma io sì.
. . .
1. le perle di Marte sono (inventate da me, naturalmente) piccole sfere contenenti polvere dell'omonimo pianeta,la polvere cambia colore al contatto con il calore corporeo.
Attraverso il flusso sanguigno e il battito cardiaco, la polvere si muove e muta il proprio colore seguendo "i sentimenti" (le reazioni fisiche) di chi le tocca.
2. Per quanto riguarda il progetto di creare la vita ho pensato che potesse essere una vaghissima anticipazione del progetto Genesis che abbiamo incontrato nei precedenti film:
"L'ira di Khan" e "Alla ricerca di Spock".
Grazie per aver letto fin qui.