Questa storia, non comincerà con un “c’era una volta” o “tanto tempo fa”, ma il suo inizio sarà: c’è, ci sarà e c’è sempre stato. Vi sto parlando, del giardino degli angeli. Non si trova in una via, in una città o in un posto raggiungibile così facilmente; il giardino degli angeli è un luogo speciale. Dove ogni fiore è la speranza, dove ogni albero è una vita e dove ogni frutto è un sogno. Gli angeli, custodi, messaggeri e protettori, si prendono cura di tutto ciò che è custodito al suo interno, le aspirazioni e i desideri delle persone vengono curate fino a quando, un giorno, a noi sconosciuto, queste cose accadranno.
Fu quello che accadde ad una ragazzina di nome Gracie. Lei era una bimbetta felice e spensierata, che passava il tempo a giocare nel giardino di casa con i suoi amici; assieme alla sua famiglia, composta dalla mamma, Caroline, e il papà Charlie, viveva in una casetta in collina, immersa nel verde e sovrastata quasi sempre da un cielo turchese e limpido. Il suo visino dai lineamenti aggraziati, ospitava degli occhi verdi come smeraldi, o come il verde degli immensi prati in primavera, i suoi capelli dai riccioli dorati cadevano sparsi sulle spalle, mentre la sua carnagione chiara e rosea, ricordava i petali di un fiore delicato. Gracie aveva un carattere particolare. Inizialmente era sempre introversa e riservata con tutti, mano a mano che però il rapporto con le persone diventava più profondo, la piccola riusciva ad aprirsi. Le caratteristiche del suo carattere che risaltavano di più, anche se non la si conosceva abbastanza bene, erano la generosità, la gentilezza e il fatto di essere ottimista. Era capace di sollevare d’animo qualsiasi persona, anche quella nella situazione più critica; il suo era un dono speciale, proprio come quello di saper scrivere delle magnifiche storie. La sua passione cominciò fin da piccola, subito dopo aver imparato a scrivere, Gracie, si dilettava in divertenti e bizzarre storielle, che avevano come personaggi, streghe con le vertigini, gatti che avevano paura di topi e creature fantastiche parlanti. Trascorreva i pomeriggi estivi, stesa nel prato, immersa nel verde, pensando e inventando personaggi straordinari; di rado andava a letto presto man mano che divenne più grande. Nella sua stanza, taccuino e penna, i suoi inseparabili amici, venivano messi a posto solo passata la mezzanotte e la luce fioca nella sua stanza, si spegneva definitivamente, solo dopo aver riletto le parole fresche d’inchiostro, solcate sulla carta dalla sfera della sua penna biro. Col passare del tempo, la sua dote speciale si affinò, fino a farla diventare famosa per tutto il paese, ma un giorno, tutto cambiò nella vita adolescenziale di Gracie: il lutto in famiglia della sua madre la sconvolse. La sua vita fino ad ora rosa e fiori, era stata rovinata da un grave male affligge questo mondo: l’alcol. Caroline, sua madre, era stata brava a nascondere il problema di suo marito negli ultimi anni, tanto che Gracie non avrebbe mai pensato che la causa della scomparsa della madre, fosse determinata da una simile cosa. Le giornate passate al parco, in giro per il paese e a fare spese con gli amici, erano ormai terminate, l’unica e sola cosa a cui riusciva a pensare era che sua madre, non ci sarebbe stata più per lei, per sempre. Successivamente l’arresto di suo padre, Gracie, fu affidata ai nonni materni, una seconda famiglia per lei, dove fu accolta a braccia aperte come al solito facevano, o come ci si sarebbe aspettato che si comportassero. Ora avrebbe dovuto cominciare da capo. Gli amici, le conoscenze, anche i parenti, la guardavano tutti in modo diverso, come se lei ora, fosse di un altro pianeta, oppure come se avesse qualcosa che non va. Si sentiva osservata, quasi oppressa, dal pensiero che tutti la compativano, perché in realtà la loro non era compassione, era pietà, e questo pensiero non aiutava affatto. Ogni notte si rimboccava le coperte, si calava con tutta la testa nelle coperte del letto e rimaneva li a piangere, pensando a come avrebbe passato questi momenti della sua vita, se tutto ciò che accadde non fosse avvenuto. Però non si poteva tornare indietro; se solo ci sarebbe stata una macchina del tempo, non avrebbe fatto altro che salirci e tornare qualche anno indietro, sistemando le cose in qualsiasi modo avrebbe potuto. Ma ormai tutto era compiuto, secondo una volontà che si opponeva alla sua, solo perché già tracciata, solo perché autoritaria. Ma la verità non è questa. La vita di Gracie andò avanti, nel bene e nel male. Andò avanti nelle amicizie, negli amori, in famiglia e a scuola. Conseguì un diploma e una laurea diventando una momentanea insegnante. Le cose erano tornate in ordine, a parte qualche momentanea crisi di nostalgia di quella madre che non aveva potuto vive nella sua adolescenza. Il tempo scorreva impassibile, intaccando la memoria, i sensi e i sogni delle persone che sembravano essere quasi felici, ma incompleti, ad ognuno mancava qualcosa, come una parte di se, scivolata col vento e persa nel nulla. Anche in Gracie qualcosa si faceva sempre più forte, un pensiero gli trapanava la mente, ma soprattutto il cuore. Ogni volta che leggeva e correggeva i temi dei suoi alunni, aveva come una fitta al cuore, come se questo fosse toccato da parole penetranti come dardi infuocati, che accendevano in se il ricordo delle parole di sua madre e il loro significato: “Non permettere mai che la paura ti invada, che invada il tuo cuore. Corri sempre il rischio e fa si che i tuoi sogni possano essere portati a compimento. Non dimenticare, che c’è qualcuno dall’altra parte, che ti ascolta e quando sarai pronta, il fiore, la tua speranza, sarà colto in un giardino e verrà custodito.” Ripensando a queste parole, scoppiò in lacrime: le rigavano il volto, trasparenti e salate, scendevano dagli occhi, percorrevano le guancie e cadevano sulle sue labbra. Ora sapeva cosa avrebbe fatto, ora, il suo più grande desiderio, il suo sogno nel cassetto divenne realtà. Improvvisamente, scatto in piedi dalla scrivania dove sedeva e cominciò a rivedere dei vecchi appunti scritti molto tempo fa, quando aveva voglia di scrivere una storia: era uno dei frutti dei suoi attacchi di scrittura creativa. Poi si sedette di nuovo e cominciò a scrivere al computer. Il viso era illuminato inizialmente da una luce fioca e debole rispetto a quella esterna, ma gradualmente il sole cominciava a scendere dietro le montagne , si accomodava addormentato in un letto di oscurità, mentre le prime stelle cominciavano ad apparire sul telo dipinto dalla natura. La luce che prima illuminava il suo viso di donna, ora, si era fatta più viva, più accesa.
In quell’istante, una
creatura
si avvicinava ad un bocciolo verde, immaturo, che improvvisamente si
trasformò.
Si aprì, e i suoi petali setosi e di un candido colore, si
stendevano come per
cogliere ed assorbire l’immensa luce di quel luogo. Poi una
mano fu tesa, dell’acqua
cadde delicatamente sul fiore appena sbocciato per nutrirlo. Era solo
l’inizio…
Gracie
trascorse tutta la nottata la computer: gli occhi
erano diventati rossi e lucidi, le palpebre si erano fatte pesanti, le
dita
delle mani erano indolenzite e provava un certo senso di disagio al
fondoschiena per tutto il tempo che era stata seduta. Dopo qualche
minuto,
crollò. Si perse nel tunnel dei suoi ricordi e dei suoi
pensieri, cominciò a
viaggiare con la fantasia fino a cadere in un sonno profondo.
L’indomani, non
andò a lavoro, il libro che aveva deciso di scrivere, era
troppo importante e
non avrebbe potuto terminarlo se non si sarebbe sbrigata.
Così, aveva deciso che
i suoi alunni, avrebbero dovuto aspettare, e anche se questa era una
scelta
egoista, cose che non era da Gracie, era costretta a farlo,
perché aveva
imparato che il tempo non appartiene all’uomo, le cose
succedono quando meno te
lo aspetti. Dopo giorni e giorni di duro lavoro, a metà del
libro, Gracie
ricevette una telefonata: il suo ragazzo. Dopo la sua chiamata si
lasciarono,
purtroppo era talmente presa dal libro che trascurava anche lui, il
quale la
lasciò. Ma Gracie, anche se devastata da quello che era
accaduto, non
interruppe la stesura del suo manoscritto: aveva deciso che
l’avrebbe portato a
termine e che era il momento di concentrarsi su
quell’obbiettivo. Il giorno
seguente, ignorando i consigli dei nonni di ritornare a lavoro, Gracie
ricevette una telefonata dalla scuola: fu licenziata. Come se non
bastasse il
troncamento della sua relazione, adesso, si vedeva sfuggire dalle mani
il suo
lavoro, rimanendo nuovamente impassibile e perseverando nello scrivere.
Rimase
notti e notti incollata alla sedia della scrivania, davanti allo
schermo
luccicante del suo computer; le mani scorrevano sulla tastiera e
pigiavano
senza sosta i piccoli tasti, come se tutto fosse già scritto
nella sua mente e
non vedeva l’ora di essere riportato sulla carta. La trama
era stata tracciata,
gli eventi si sviluppavano come fuochi d’artificio:
emozionanti, esplosivi e
pronti a ricominciare. Poi, un giorno, alle prime luci del mattino,
Gracie
terminò il suo manoscritto.
Ed ecco che quel fiore era
cresciuto,
la mano che ogni giorno gli aveva offerto dell’acqua, che si
era curata di sradicare
le erbacce che la soffocavano, ora era pronta per coglierlo, in tutta
la sua
bellezza. A quel punto, una volta che il fiore fu colto, la creatura celestiale la
portò al sicuro, laddove,
finalmente, sarebbe diventato reale.
Tremante ma
allo stesso tempo eccitata, Gracie, corse dai
suoi nonni e dai suoi amici, raccontando che il suo manoscritto era
completato.
Assieme a loro, dopo essersi diretti al cimitero e infine alla posta,
Gracie
spedì ad una famosa casa editrice il suo racconto, con la
speranza, ma allo
stesso punto, con la piena certezza, che il suo sogno sarebbe diventato
realtà.
Passarono un paio di giorni ma non arrivò mai risposta da
parte della casa
editrice, alla quale Gracie aveva fatto richiesta per pubblicare la sua
storia.
L’ansia, la paura, l’angoscia cominciavano a
prendere il sopravvento dopo che
fu passata un’intera settimana. Quei giorni le erano sembrati
un’eternità,
quando avrebbe ricevuto una risposta? Quando avrebbe saputo se il suo
sogno
sarebbe diventato realtà? Ma lei, non si perse
d’animo. Con tutto quello che
gli era rimasto nell’anima, Gracie, sperava, e lo faceva col
cuore e con
ardore, perché credeva alle parole con cui sua madre
l’aveva lasciata, e
sapeva, anche se lottava con la paura, che ci sarebbe riuscita.
L’attesa si
ruppe. Mentre si avviava verso la buca della posta, un uomo apparse
come dal
nulla, tanto che nel vederlo fu colta da spavento. Era un postino,
alto,
snello, dalla carnagione rosea, ma non chiara come quella di Gracie,
gli occhi
di un verde smeraldo quanto il suo e i suoi capelli sembrava
prendessero fuoco,
visto il colore rosso acceso. Volle consegnare la lettera personalmente
a lei,
e improvvisamente scomparve, tanto che non ebbe neanche il tempo per
ringraziarlo. Non appena diene un’occhiata alla busta della
lettera, si accorse
che proveniva dalla casa editrice alla quale aveva spedito il suo
racconto. Si
mi se una mano al petto, la fissava con gli occhi sbarrati,
esterrefatta, poi,
corse in casa e la lesse. Non poteva credere alle parole di quella
lettera, non
credeva fosse vero, e invece…era successo!
Pochi mesi
dopo, il libro di Gracie, era esposto in tutte le
librerie del suo paese e in quelli vicini, fu tradotto in molte lingue
e fu
nella vetta dei bestseller dei giornali per molto tempo.
Riuscì a riparare col
tempo, gli errori fatti in precedenza, si sposò ed ebbe tre
figli: Caroline,
Theodor e Mattew. Successivamente, scrisse altri libri per bambini e
imparò a
dilettarsi fra il mestiere di mamma e di scrittrice.
Certamente da un momento
all’altro,
il tuo fiore sta per sbocciare e manca poco. L’unica cosa da
fare è solo
sperare.
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