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Autore: RuboLaVitaDentroDiMe    01/07/2013    3 recensioni
Francy, Francesca, Fra, chiamatela-come-vi-pare, è stanca di non essere nessuno.
Insomma, dov'era lei mentre venivano distribuiti intelligenza, fascino, attitudini e tutte le altre cose che contano a questo mondo?
Francy è stanca di non essere nessuno e vuole dare un taglio alla situazione.
Per cosa credete sia salita su quel palazzo, altrimenti? Per giocare a sputare sulle teste dei passanti?
Francy è stanca di non essere nessuno e l'unico modo per cambiare è buttarsi.
Solo che qualcosa non va come dovrebbe.
Dalla storia (più o meno):
"Insomma, quello che vorrei che capiste e che aveste bene chiaro in testa è che io VOLEVO morire. Se avete chiaro il concetto potrete ben immaginare quanto mi incazzai quando capii che ero ancora viva."
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piani Alti'
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A Wania, per l'intera durata di questa storia:
senza di lei non saprei come fare.
Perché lei è mia moglie, la mia parabatai,
la mia rompiscatole preferita...
Sì, insomma, se non si è capito ci odiamo!


Primo tentativo
(e io speravo fosse l'unico)

 

 

"Punto 14 della lista: io VOLEVO morire."



Se sapevo perché avevo deciso di suicidarmi?
Certo che lo sapevo. Non è che una persona vada sulla cima di un palazzo per buttarsi senza sapere perché lo fa. Non è che lo faccia perché le va di farlo.
Insomma, siamo realisti.
Solitamente ci sono delle ottime ragioni.
La nota dolente, in realtà, non sta nemmeno tanto nella soggettività di quell'ottimo – che però effettivamente gioca una buona parte – quanto più nella tendenza della società occidentale (per quanto una tale caratteristica in una superficie sferica appaia alquanto relativa) a giudicare illegale ma tutto sommato insito nella violenta natura umana l'attentare alla vita altrui e, al contrario, legale ma frutto di una instabile condizione psicologica l'attentare alla propria.
Insomma, il suicidio è un'azione che sembrerebbe ancora rientrare, almeno teoricamente, in una sfera di decisioni del tutto personali, no? I giapponesi non si fanno mica tutti questi problemi, con l'harakiri.
Comunque, qualsiasi sia il percorso, alla fine vi ritroverete sempre nel reparto psichiatrico di un ospedale, imbottiti di psicofarmaci, senza lacci delle scarpe, seduti di fronte a un medico che cerca di infilarvi endovena anche un po' di amore per la vita, senza capire che in realtà, a tenervi chiusi lì, vi fa solo un grandissimo dispiacere.
A patto di sopravvivere, è ovvio.
Perciò credetemi: se volete veramente suicidarvi, cercate di farcela al primo colpo, perché altrimenti le cose cominceranno immancabilmente a farsi leggermente fastidiose sia per voi, sia per quelli che vi stanno attorno... solo per voi, anzi, perché è ovvio che se avete tentato il suicidio state prendendo la cosa, a ragione, piuttosto egoisticamente.
Personalmente?
Avevo programmato tutto con estrema perizia e attenzione. Da vera professionista del suicidio, per quanto queste siano cose che, se fatte bene, si fanno una volta sola nella vita.
Avevo avvisato i miei che avrei passato il pomeriggio con un'amica, in modo da togliermeli dai piedi. Ma avevo anche chiesto a quell'amica, in una mirabile prevenzione tattica dei probabili controlli incrociati dei miei, di reggermi il gioco con i vecchi carcerieri, adducendo a lei come scusa l'appuntamento segreto con un ragazzo.
Il tizio in questione era effettivamente, in quest'ultimo periodo, diventato la ragione della mia vita o di quel poco che ne rimaneva: stangone (di venti pani), con gli addominali scolpiti (nel cemento), un colorito pallido (intonaco giallo chiaro), occhi limpidi ed espressivi (letteralmente, le finestre dell'anima), carattere solitario (quartiere pressoché deserto) e una disposizione d'animo veramente ammirabile (non che un condominio avesse scelta) era, in sintesi, la mia plateale uscita di scena con tanto di botto.
Una personificazione della realtà veramente magistrale.
Avevo il mio alibi.
E se anche, a mio parere, non mi apprestavo a fare nulla di male, in caso di indagini avrei potuto affermare di non essere stata io ad uccidere me stessa, perché in quel momento ero in giro con Jenny, o, se proprio mi fosse andata male e mi avessero beccata, a limonare con un ragazzo misterioso.
Geniale, no?
Ammetterete ora che, di fronte alla perfezione della planimetria degli eventi, nessuno mai avrebbe potuto dubitare della riuscita del mio piano suicida. Insomma, quel condominio non avrebbe lasciato scampo a nessuno. E, ciliegina sulla torta, il quartiere deserto mi assicurava contro indiscrete e indesiderate offerte di aiuto psicologico e/o attivamente fisico.
Non dovevo essere l'unica a pensarla così, a giudicare dal tasso annuale di suicidi, in quella zona.
Tutto perfetto.
Le mie ragioni? Oh, ne avevo. Eccome.
Ci avevo riflettuto in modo estremamente razionale, giusto per essere certa che quella che mi apprestavo a compiere non fosse la più grande cavolata, nonché l'ultima, che avessi mai fatto.
Ed ero riuscita a stilare addirittura una lista.

Buoni motivi per vivere

  1. Jenny avrebbe sentito la mia mancanza (o almeno così speravo)

  2. Non sarei mai riuscita a finire di leggere i libri di Martin (cosa che invece mi sarebbe piaciuta molto)

  3. Non avrei più mangiato Nutella (il che pareva una grande tragedia)

  4. Non avevo ancora fatto sesso (e la cosa mi incuriosiva parecchio, tanto quanto una malattia esotica, probabilmente)

 

I motivi a favore della vita, lo vede anche voi, erano stati pochi. In maniera desolante, sul momento. Con il senno di poi, avrei dovuto capirlo molto prima.
Le ragioni a favore del suicidio, al contrario, erano fioccate.

 

Buoni motivi per farla finita

  1. A Jenny non sarei mancata (essendo incerta su questo punto avevo deciso, alla fine, di inserirlo in entrambe le liste)

  2. Se è vero che uno specchio riflette la nostra immagine 5 volte più bella di quanto non sia in realtà, allora era chiaramente giunto il momento di fare un favore al mondo intero togliendomi dalla circolazione (con ancora la domanda incalzante di come mai nessuno se la fosse data a gambe, guardandomi)

  3. Ero insignificante sotto tutti i punti di vista, a parte il pH di acidità, che nella mia modesta persona aveva raggiunto livelli spropositati

  4. Non avevo una qualità positiva nemmeno a pagarla in moneta d'oro sonante... non le qualità che importassero, almeno: bellezza, sex appeal, atleticità, bellezza, magrezza, dolcezza, bellezza, bellezza... bellezza

  5. Non ero in grado di mantenere un rapporto interpersonale decente, nemmeno con i membri della mia stessa famiglia, figuriamoci poi gli altri

  6. Vantavo la cifra astronomica di una sola amica, di cui, per inciso, non ricordavo nemmeno la data di compleanno o il colore preferito (cose che di solito si sanno, anche di sconosciuti)

  7. Quasi tutti i guai nel raggio di qualche miglia pensavano bene che fosse carino passare a farmi visita, trasformandomi così in un pericolo incrocio fra la signora Fletcher e un gatto nero, con tanto di erba bruciata in Attila-style al seguito

  8. Senza di me i miei genitori avrebbero risparmiato tutti quei soldi che usavano per i miei bisogni e avrebbero potuto finalmente usare quel maledettissimo set di frustini sadomaso che si ostinavano a voler nascondere, come se io non lo avessi mai visto

  9. Non avrei più avuto quelle schifose mestruazioni

  10. Il mio funerale sarebbe stata l'unica occasione in cui parlare bene di me, anche per finta

  11. Ero stata notata da un solo ragazzo in 17 anni di vita (cosa avvilente)

  12. Quel ragazzo mi aveva mollata da poco (cosa ancora più avvilente)

  13. Quel ragazzo mi aveva mollata per mettersi con un altro ragazzo (cosa totalmente sconfortante)

  14. Io VOLEVO morire

 

Come ho già detto, le mie motivazioni erano chiaramente ottime e, soprattutto, in maggioranza schiacciante rispetto alla altre.
Così mi ero fermata con le punte dei piedi nel vuoto chiedendomi quando mi avrebbero trovata, come e se avrebbero reagito i miei genitori e Jenny, ma soprattutto se Jon alla fine sarebbe sopravvissuto alla penna assassina di Martin e se la fabbrica della Nutella sarebbe fallita senza i miei acquisti in quantità industriali.
Poi mi ero buttata, senza pensarci troppo.
Insomma, quello che vorrei che capiste e che aveste bene chiaro in testa è che io VOLEVO morire, come era di certo evidente dal punto 14 della lista.
Lo volevo davvero. Sul serio.
Avevo persino sorriso, mentre volavo in quella liberazione estatica.
Era la mia morte.
Era il mio momento.
Erano venti fottutissimi piani.
Se avete chiaro il concetto potrete facilmente immaginare la mia sorpresa quando mi svegliai distesa a terra, immersa nel mio sangue, con un mal di testa da cavallo e un fastidioso mal di pancia da mestruazioni.
Insomma, potete ben immaginare quanto mi incazzai quando capii che ero ancora viva
.




Note suicide:
Beeene! Se siete arrivati fino a qui è già un gran risultato. Ora, anche a costo di far venire note più lunghe dell'intero capitolo... beh, chiacchieramo un pochino. Agli aspiranti suicidi bisogna parlare in continuazione, anche solo per distrarli dai loro (in)sensati propositi.
Questa storia non nasce come una storia. Nasce più come un tentativo di liberarmi da un blocco dello scrittore che mi opprime da tanto (troppo) tempo.
Infatti, se avete notato bene, è di una demenzialità assurda... ah no, un attimo... i capitoli demenziali devono ancora arrivare sul serio. Preoccupatevi.
Non sapevo se inserirla davvero sotto la voce "Comico", perché a me sembra piuttosto triste, come cosa. Triste non nel senso "strappalacrime", triste nel senso "è triste che io abbia scritto veramente... questo".
Ora, chiariamo un punticino, non è assolutamente mio intento prendere in giro chi ha problemi e decide di farla finita. Assolutamente.
Il mio intento è quello di prendere in giro quelle persone che "oh mio Dio, sono brutta, non mi vuole nessuno, finirò 4ever and ever alone, piuttosto meglio che mi faccio fuori!"... sì, insomma... prendere in giro me u.u
Anzi, la verità è che non volevo nemmeno pubblicarla, non è che sia un'idea poi così originale o mai vista (in realtà l'ispirazione - la storia in sé, però, è totalmente diversa - è nata da 1001 modi per morire, di Atzlith, mentre l'incipit è ispirato a "Non buttiamoci giù" di Nick Hornby... oh mio Dio, in questa storia non c'è niente di mio!) , ma poi la mia caaaara Wania ha detto che le piaceva, com'era ovviamente (in)comprensibile, e quindi... Eccoci qui, in questa specie di gruppo di autoaiuto per scrittori con problemi mentali idee geniali! Forse troppo geniali, per questo mondo così banale...
Comunque, detto questo, voglio ringrazie nuovamente Wania (oltre a ribadire che l'INTERA - guarda che roba, Wa' - storia è dedicata a lei), da cui la mia Francy prende il nome, anche se l'ho americanizzato (?) perché fa più figo. Sì, insomma, avevo idea già da un po' di scrivere una storia ispirata a lei (non eravamo fermi al fatto che fosse ispirata a me? No, la devo smettere di essere così egocentrica!), ma non trovavo un modo giusto per farla morire, visto che la sua prematura scomparsa era perlomeno ovvia. Perché, vedete, non ce la vedevo la mia Wania a morire in modo teatrale, strappalacrime, drammatico o sconvolgente... e una fine normale non fa audience, su, neanche a parlarne. QUESTO, questo, era il finale giusto per lei, indipendentemente dal fatto che siamo ancora all'inizio e [SPOILER!!!] che in tutta la storia lei continuerà a morire ancora, e ancora, e ancora, e anc... ok, basta [FINE SPOILER!!!]
Perciò... sì, ringraziami pure quanto vuoi, Wa', non mi offendo ^-^
Bene... per quanto riguarda voi, carissimi lettori, vi aspetto al prossimo capitolo, se non siete rimasti troppo traumatizzati, così da scoprire perché Francy non ha smesso di scartavetrarci le p***e e non è morta subito.
Lasciate pure una recensione, eh, che non sono una schizzinosa. Al massimo per leggerle mi metto i guanti di gomma u.u
Alla prossima!
LadraDiVita

 

  
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