Guardava i suoi piedi, erano nudi. Aveva pogiato il tallone sulla fredda roccia scrutando quel suolo così ruvido che graffiava la pelle e ricordava il dolore delle ginocchia sbucciate da piccolo. Si girò indietro, solo la silenziosa luna pendeva su nel cielo come un equilibrista sul sottile filo. La sua luce emanava un impercettibile profumo di libertà che inebriava i sensi, un soffice venticello accarezzò le gote di Charlie e lui si lasciò trasportare, chiuse gli occhi e si avvolse nelle tenebre della natura. Tutto taceva. Charlie mollò la stretta dei pugni, allargó le dite e attraversò l'aria con morbidi movimenti delle dita, quasi a percepirne la consistenza. Quella sera, immerso le buio della notte,non aveva paura. Aprì gli occhi, due gocce d'acqua in un viso scavato, impassibile, sicuro. Ricordava benissimo il colore di quella macchina, era blu come la notte. Odia quel colore,lo odia..è il colore della morte. Sganciava i suoi pensieri dal mondo e li scarabocchiava di blu, blu notte. Tutto si perse, anche lui. Guardò giù, era profondo. Ricordava le sue mani, erano rosse, rosso sangue. Odia quel colore,lo odia...è il colore della sofferenza. Fece un gran sospiro. Ricorda ancora,non smise mai...i suoi occhi, il rumore, la polvere, il fuoco, le grida, il sorriso di lei...ogni frammento di quei maledetti ricordi era un ago sulle sue labbra, pungente e terribilmente doloroso. Ad un tratto i suoi pensieri si tinsero di bianco. Oh si! lui amava il bianco, lo amava. Adesso non volle ricordare più, il vento gli tagliò il viso, l'aria cercava spazio nelle sue forme in caduta e i secondi scorrevano come quando un giudice attende ansiosamente di fermare il suo cronometro. Aprii gli occhi e quello fu il suo ultimo felice ricordo.