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Autore: Fateless    01/07/2013    3 recensioni
dal capitolo due:"Ritorno a casa verso le quattro di mattina. Mi dirigo verso la mia stanza con l'unico mio compagno: il silenzio. Sono di nuovo solo. Ed è pesante, mi opprime, mi da quasi fastidio. Apro il primo cassetto del comodino, ci sono le loro foto. Le persone più importanti della mia vita. Una chissà dove e l'altra in paradiso."
dal capitolo tre:"-non si fuma muori prima!- mi urla dietro Danny. E quando mi giro per guardarlo male mi accorgo che ne ha una tra le labbra pure lui. Quel ragazzo mi fa morire. "
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My dear.

tic... tic... tic...
Il suono regolare del respiratore è il sottofondo nella stanza.
Aspetto qui, seduto su questa sedia da non so quanto tempo. Forse quattro ore. Lui è lì immobile, come se fosse morto, supino con gli occhi chiusi e le braccia lungo i fianchi. Alla vista di quella scena sento il magone alla gola e le lacrime salirmi agli occhi, ma non ho più la forza di piangere, non ho più lacrime. Mi avvicino lentamente al letto e con cautela gli sfioro delicatamente una mano. La sua pelle è calda come al solito.
Mentalmente sono confuso e frastornato. Sono deluso, credevo che le cose con mio padre sarebbero andate bene, magari avemmo potuto recuperare il tempo perso, invece ha tentato di uccidermi e ora è stato arrestato per la seconda volta in attesa di un processo che lo condannerà colpevole. Poi c'è il fatto di Danny. Mi ha salvato la vita sacrificando la sua, e mi fa sentire terribilmente in colpa. Se ora lui è in queste condizioni è colpa mia, dovevo esserci io sdraiato lì. Ma questa situazione mi ha fatto capire quanto lui tenga veramente a me, e non avrei dovuto trattarlo in quel modo dopo quella sera. Mi sarei dovuto fidare.
-hey Ben- James interrompe i miei pensieri, entra nella stanza e si siede accanto al letto.
Io non ho nemmeno la forza di salutare quindi faccio un piccolo cenno con la testa.
-come sta?- mormora.
-ci vuole tempo, i medici dicono che deve riprendersi,  quindi dobbiamo solo aspettare che si risvegli- lo sento fare un lungo sospiro.
-ti va di uscire da questa stanza?- chiede sottovoce. Io sono titubante, non voglio lasciare Danny da solo, potrebbe risvegliarsi in qualsiasi momento e io devo esserci.
-eddai Ben, è da due giorni che sei inchiodato qui- insiste e io non posso rifiutare. Ho bisogno di distrarmi, e forse la caffeina può aiutarmi.
 
 
-se lo sentiva- James alza lo sguardo e mi fissa con i suoi occhi nocciola e lentamente piega le labbra in un sorriso timido.
-cosa, scusa non capisco- mescolo lo zucchero nel bicchierino di caffè della macchinetta e bevo un sorso.
- l'altro giorno, sentiva che qualcosa non andava, è per questo che l'ho accompagnato all'hotel-
-ah- rispondo abbassando lo sguardo fissando il pavimento. Che cosa tenera.
-ha insistito tanto, e appena siamo arrivati si è fiondato su per le scale in cerca della stanza- il batterista continua a sorridere e mi accarezza una spalla.
Sento le lacrime riempirmi gli occhi, il mento trema e dopo un po' non reggo più. Lacrime salate iniziamo a scendermi sulle guance cadendo silenziose sul pavimento.
-mi dispiace tanto- sussurro con un filo di voce.
- perché, Ben non è mica colpa tua...- non riesce a finire la frase dato che lo interrompo.
-non avrei dovuto trattarlo di merda dopo quella fottutissima sera, avrei dovuto perdonarlo, forse questo non sarebbe accaduto...-
-ormai nulla ha più importanza, è passato-
-già...- sussurro con un filo di voce prima di sentire chiamare il mio nome da una voce femminile che conosco fin troppo bene.
- Benjamin?- alzo la testa fino ad incontrare due occhi terribilmente azzurri.  
-ciao- sussurro apatico. Lei è sempre la stessa, sempre la stessa donna bellissima, con i suoi capelli castani mossi, il suo rossetto rosso a colorarle le labbra, il suo profumo dolce, è il suo pancione, che credo tra poco svanirà. Sempre mia madre.
Rimaniamo un po' a fissarci poi James si alza e se ne va.
-vi lascio soli- dice cercando di sorridere.
Poi mia madre si avvicina e si siede nella sedia occupata un secondo prima dal batterista.
-hai pianto?- mi chiede con voce estremamente dolce. Deve aver  notato i miei occhi gonfi e rossi, non doveva succedere, non voglio che mi veda fragile.
-può darsi-
-come sta?-
-e a te che ti importa?- la risposta mi viene di getto, senza pensarci rispondo secco e acido guardandola negli occhi.
-scusa- mormoro. Per la prima volta mi pento, e sento il bisogno di rimediare.
-dobbiamo solo aspettare che si risvegli- continuo abbassando la testa.
-ci tieni a lui vero?- mi chiede prendendomi la mano e stringendola tra le sue.
-io lo amo- solo dopo mi rendo conto di quello che ho detto, di quello che ho confessato.
-lo so- sospira.
-no non lo sai, non ne hai idea- sento la rabbia salirmi in corpo.
-è vero, ma so quanto ti ama lui. Non è da tutti i giorni sacrificare la vita per qualcuno.- ha sempre saputo spegnermi e farmi sentire nel torto.
-non ti da fastidio?-
-che tu ami un ragazzo? No, d’altronde io che ci posso fare, di sicuro non mi cambia la vita- mi sorride dolcemente prendendomi il mento tra le dita e mi stampa un bacio sulla fronte, come quando ero bambino, ma stavolta è diverso, è dato col cuore.
Quanto mi è mancato il suo amore.
-avevi ragione- le lacrime scendono sulle mie guance senza fermarsi. Sento lei prendermi la testa tra le mani e appoggiarla sul suo petto. Mi accarezza i capelli e mi bacia la nuca.
Sento il suo profumo e mi calmo piano piano. Mi sento un bambino, o forse lo sono ancora.
-tra quanto nascerà?- le chiedo sfiorandole il pancione.
-un mese e mezzo-
-ti manco?- una lacrima scende e le bagna la maglietta.
-che domande idiote che fai, le facevi anche da piccolo, ovvio che mi manchi, e spero che tu un giorno tornerai a casa. Sai, ho dormito nel tuo letto il primo mese che te ne sei andato.-
Mi alzo e ritorno a guardarla negli occhi.
-comodo vero?- dico scherzando per risollevare la situazione, lei mi accarezza una guancia e si commuove.
-scusami tanto- sussurra.
-ti va di venire nella sua stanza?-
-certamente- si alza lentamente insieme a me e si regge al mio braccio.
-scusa, ma pesa un bel po’ e la mia schiena è a pezzi- sorride. E’ così bella quando sorride, gli anni per lei sembrano non passare, ai miei occhi rimane sempre stupenda, soltanto che in me non riesco a identificare nulla di lei, nessuna espressione, e questo mi dispiace da morire.
Entriamo nella stanza in silenzio, come quando si ha paura di svegliare qualcuno, la differenza è che io pagherei oro perché aprisse gli occhi. Che contraddizione. Ormai però per forza di abitudine non riesco ad entrare nella stanza camminando normalmente e parlando ad alta voce.
Io mi metto alla sinistra di Danny mentre lei alla destra. Sembra che stia per piangere, come biasimarla. Le prendo una sedia e gliela porgo indicandole di sedersi, non voglio che si stanchi. Rimaniamo in silenzio e inizio ad osservare la stanza, come se ormai non ne conoscessi ogni minimo particolare. Le pareti sono di un bianco che infastidisce gli occhi, e agli angoli del soffitto si notano delle sfumature di nero, segno della sporcizia e della necessità di tinteggiare. Il comodino accanto al letto e semplice, e sopra sono appoggiati numerosi vasi di fiori portati dalla madre adottiva di Danny. Sono orchidee bianche e viola, che danno un tocco di colore a questo posto odioso. Sopra un’altra sedia inoltre la madre ieri ha appoggiato dei vestiti di ricambio, ovviamente per quando si risveglierà. Dubito inoltre che riutilizzerà più la maglietta che indossava il giorno del terribile incidente dato che è insanguinata, mi sono appunto occupato io di gettarla nel cassonetto dei rifiuti quando me l’hanno consegnata come d’obbligo.
Questa situazione è così confusa e complicata. Mi accascio a peso morto sulla sedia accanto al letto e gli sfioro con tutta la dolcezza possibile una mano. Poi noto qualcosa.
Si muove. L’indice si muove di un millimetro. Inizialmente credo di essere stato io, ma dopo si muove un’altra volta. Mi alzo di scatto e lo guardo con gli occhi spalancati per poi osservare mia madre che mi guarda confusa.
-si è mosso, ne sono sicuro, la mano… il dito… l’indice… di poco…- sono in preda all’ansia, devo chiamare qualcuno. Esco dalla stanza velocemente lasciando da sola mia madre perplessa e corro lungo il corridoio. Mi fiondo sul primo medico che incontro e lo prego di seguirmi.
-si è mosso, ne sono sicuro, si sta svegliando- dico mordendomi le unghie dal nervosismo.
Il dottore lo controlla con tutta la calma e tranquillità possibile, apre le palpebre e gli punta una torcia sulle pupille.
-è probabile che si stia risvegliando, ma noi non possiamo fare altro che aspettare- alza la spalle e mi tira una pacca sulla spalla sorridendo. Testa di cazzo. Riesco a pensare solo questo.
Si dirige verso la porta ed esce.
-testa di cazzo- dico senza pudore verso mia madre.
-Ben!- mi riprende seria per poi piegare le labbra in un sorriso.
-ma è vero!- alzo le braccia al vento.
-Ben…- sento sussurrare il mio nome e guardo confuso mia madre. Poi riconosco la voce. E’ flebile, ma rimane sempre la stessa. Mi volto verso il corpo di Danny e lo vedo sorridermi debolmente.
Dio solo sa quanto io stia morendo dentro dalla felicità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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