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Autore: Rannina    21/09/2004    0 recensioni
Ecco come inizia la mia storia. Roland, Miki e Richard saranno solo accennati in questa breve prefazione, misteri e fatti poco chiari verranno presentati per poi svilupparsi nei veri e propri capitoli di questo libro che è un misto fra Horror, azione, sentimenti di adolescenti e ragazzi e insegnamenti di vita mescolati con un poizzico di umorismo! Buona lettura e lasciate un commento!! ^^
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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PREFAZIONE.
5 luglio 1992 Inizio questo diario perché sono venuto a conoscenza di un fatto sconcertante. L’ho scoperto per caso, sfogliando un antico libro che parla di leggende. In una mattina d’inverno, nella mia biblioteca, sorseggiavo un caffè bollente e stavo seduto su una comoda poltrona quando ad un tratto, alla luce del camino, ecco che scorgo delle pagine scritte con inchiostro rosso….ma era veramente solo inchiostro? Il titolo era indecifrabile, sembrava una lingua arcana ma il resto era scritto in lingua moderna e sono riuscito a leggerlo. Alla fine del racconto, ho pianto lacrime amare, non poteva essere vero. Però, su una di quelle pagine…! Mi sono detto a malincuore, questa non è una leggenda è la crudele realtà. Perché io ho le prove, si le prove concrete che non è tutta finzione. Dopo quella scoperta ho fatto delle ricerche sui miei antenati e ho visto che potrebbe essere veramente possibile! Oh Dio perché proprio a Lei? Era la terza vero? Ma che colpa ne ha? Però…però forse un modo per evitare tutto ciò esiste! Come siamo andati avanti fino adesso di generazione in generazione! Si, si, ormai ho deciso! Io non posso e non devo dirlo a nessuno. Se mai si sapesse da Loro avverrebbe il finimondo. L’intera umanità sarebbe in grave pericolo e la razza umana potrebbe rischiare per la prima volta l’estinzione. E poi, non potrei mai permettere che Lei venga spaventata, inseguita, trovata e poi….no non posso! Adesso che è ancora una bambina, cercherò di proteggere il suo segreto, finché sarò vivo non permetterò a nessuno di farle del male a costo di rischiare la mia vita. Come se non l’avessi mai rischiata, la vita! Non ho paura di morire, la mia paura è un’altra…Paura, una semplice parola che però può descrivere in un istante il mio stato d’animo ricco di angoscia, tensione, dolore…paura si, ma non per me stesso, durante la mia vita ho rischiato di morire moltissime volte, ma paura per Lei che è così giovane e innocente! Perché doveva succedere proprio a noi? Proprio a Lei? Ahimè, ormai è troppo tardi per pensare queste cose, in effetti già alla sua nascita...era strano! Io che sono del mestiere avrei dovuto capirlo subito e invece! Questa storia me l’ero completamente dimenticata o forse, avevo voluto dimenticarla. Ma sono ancora in tempo, ora attuerò il mio piano sperando che funzioni! E forse lei non dovrà mai soffrire, già perché
La penna si fermò all’istante sull’ultima parola. L’antico oggetto ricavato da una piuma di falco, rimase immobile mentre il pennino ancora poggiato sulla pagina del diario, lasciò spargere l’inchiostro macchiando la carta ingiallita. Dei leggeri passi avanzavano indecisi, salirono le scale e si fermarono davanti alla porta dello studio. Con un cigolio sinistro dell’uscio ecco che l’apertura man mano si allargava. Ormai la porta era quasi del tutto aperta e Roland trattenne il fiato. Osservò per diversi secondi la parete sbattendo le palpebre incredulo, non c’era nessuno. Poi, un rumore gli fece abbassare lo sguardo permettendogli di osservare un ciuffo di capelli rosso carota e un paio di occhioni color nocciola lacrimanti. Tutta la tensione che aveva in corpo parve svanire come in un soffio di vento primaverile. < Richard?> esclamò Roland togliendosi gli occhiali da vista e alzandosi dalla sedia su cui era seduto da diverse ore. Il bambino si portò il pollice alla bocca e scoppiò a piangere. < Nonnino!> esclamò correndo in braccio a Roland mentre le lacrime gli rigavano il volto. L’anziano signore leggermente stupito da quel gesto rimase immobile per qualche secondo, poi sorridendo ricambiò l’abbraccio e sollevò il piccolo corpicino da terra per prenderlo in grembo. < Ma cosa fai? Piangi? E’ successo qualcosa?> chiese sempre sorridendo. < E’-E’ perché n-non ti trovavo p-più!> rispose singhiozzando. < Richard! Hai già sei anni no? Sei un ometto ormai. Lo sai che gli uomini non devono piangere?> < S-si. Però credevo che ci avessi dimenticato qui. Allora avevo chiesto a Miki di accompagnarmi a cercarti ma lei non ha voluto. Ha detto che se non eri li con noi avevi qualcosa di urgente da fare. Allora abbiamo litigato perché lei voleva avere ragione. Allora sono venuto a cercarti da solo ma…ma mi sono perso. E-e allora ho avuto paura> disse tutto d’un fiato mentre il naso gli colava. Roland allora prese un fazzoletto dalla tasca e glielo asciugò affettuosamente. < Eh, tua cugina aveva perfettamente ragione! Però non ha importanza adesso. Posso continuare anche dopo. Sono stato un po’ un incosciente a lasciarvi da soli nel giardino vero? Forza, soffia ancora qui e non piangere più! Come avrei potuto abbandonarvi? Non lo farei mai! Su ora andiamo da Miki e beviamo tutti insieme una bella limonata fresca d’accordo?> disse posandolo a terra e prendendolo per mano. < Allora, si va bene> rispose stringendo la manina in quella del nonno e abbozzando ad un sorriso. Poi si guardò stupito intorno. Era entrato in una stanza che non aveva mai visto prima. Era proprio in cima al torrione del castello. Sulla sinistra vi era una vetrata i cui vetri erano velati dal tempo e dalla polvere, da essi filtravano dall’esterno degli opachi raggi di un tramonto che stava ormai per spegnersi. I fasci luminosi si posavano sul pavimento riflettendo la sagoma della vetrata e si stendevano gentili su una antica e polverosa libreria. I libri, riposti ordinatamente sugli scaffali, erano vecchi e impolverati e il loro spessore variava a seconda dell’altezza. Gli occhi del piccolo Richard indugiarono poi sulla vecchia scrivania su cui era seduto pochi minuti prima Roland. Era di un colore scuro e sopra di essa erano posati alla rinfusa scartoffie di ogni genere, libri aperti e poi, dietro di essi, vi era un piccolo quaderno che sembrava scritto da poco. Non riuscì a vedere altro perché il nonno gli diede una leggera spinta fuori allo studio e chiuse la porta. Scesero silenziosamente la scalinata a chiocciola fino ad arrivare al piano terra. Si ritrovarono così in un soggiorno arredato all’antica. Vi era un enorme caminetto affiancato da un paio di austere poltrone scarlatte. Sotto di esse vi era un tappeto di colore rosso mentre alle pareti erano appesi dei quadri piuttosto inquietanti. Richard si nascose il viso nei pantaloni di Roland per non guardarli. Dopo pochi minuti oltrepassarono la sala da pranzo, composta da un tavolone lungo e nero, e infine uscirono nel parco privato del castello. Li l’atmosfera era tranquilla e pacata. Era la tipica giornata afosa di luglio, le cicale frinivano il loro ultimo canto mentre qualche uccello volava silenzioso nel cielo color arancio. La tranquillità era però interrotta dalle risate di una bambina seguite da pigolii impauriti. Roland e Richard ascoltarono un attimo e poi videro una bambina che correva divertita in mezzo a delle galline e si divertiva a spaventarle. Si fermò un attimo perché vide i suoi due osservatori. Alzò lo sguardo con un sorriso pestifero. Il suo vestitino rosa era sporco di terra mentre i sandali dello stesso colore erano buttati per terra, sotto ad un albero. La bambina aveva i capelli neri legati in due codini e gli occhi verdi coronati d’azzurro che squadravano Roland dal basso all’alto. disse volgendosi di scatto verso Richard. < Miki! Stai camminando di nuovo scalza? Rimettiti subito i tuoi sandali.> disse Roland prendendo le due scarpine, porgendogliele. La bimba anche se non molto convinta se le rimise. < Di nuovo a fare la scalmanata? Forza entriamo dentro e beviamoci una bella limonata! Ti va?> chiese Roland riaprendo la porta che conduceva all’interno del castello. < Si!> esclamò Miki seguendolo. Entrarono nella cucina del maniero. Era veramente grandissima, ci potevano mangiare comodamente una ventina di persone. Sui lati c’erano mobili impolverati mentre affiancato all’entrata c’era l’angolo ottura. Spostato verso sinistra c’era un tavolone altissimo affiancato da un decina di sedie. Sopradi esso c’era un bellissimo cesto di frutta fresca qualche rivista in cui erano segnati i programmi televisivi della settimana. Roland prese dal frigo alla sua destra una caraffa contenente la limonata. Nel frattempo Richard e Miki si sedettero su un paio di sedie aspettando di sorseggiare la bevanda. < Hai pianto di nuovo?> chiese Miki osservando gli occhietti rossi di Richard < Non sono affari tuoi! Io, io ormai sono un uomo. Non devi prendermi in giro, anche perché sono più grande di te!> replicò serio < Hei! Hai detto una frase senza metterci “allora”! Grande!> rispose lei sorridendogli. < Ma mi stai ascoltando?> chiese Richard facendo il broncio. Non seppe la risposta perché arrivò Roland con tre bicchieroni di limonata e li appoggiò sul tavolo. L’anziano signore stava per dire qualcosa quando si fermò d’improvviso osservando un punto fisso. Sul suo volto si dipinse un’espressione di terrore. < Miki! Non ti avevo forse detto di tenerlo sempre coperto? Perché non mi dai mai ascolto?> disse con voce severa indicando il braccio della bambina. Miki guardò stupita il punto indicato da Roland e fece una smorfia di sorpresa. < Ecco…io…questo vestitino non ha maniche e allora…> < Aspettate qui!> concluse Roland uscendo dalla cucina di corsa. Seguì un attimo di silenzio in cui Miki e Richard si guardavano increduli. < Ma perché si arrabbia tanto? Non è mica colpa mia!> mugugnò Miki tentando di grattarsi via il piccolo tatuaggio che aveva sul braccio destro. < Credi che gli altri bambini ce l’hanno una cosa simile?> < Si! Ce l’ho anche io!> < Ah si? E dove?> < Ancora non lo so, ma lo abbiamo tutti! Prima o poi sapremo dov’è!> < Forse il nonno si arrabbia perché il mio si vede invece di quelli degli altri bambini> ipotizzò Miki < Già!> concluse Richard osservando la porta della cucina che si apriva mentre rientrava Roland con qualcosa in mano. < Ecco qui!> disse Roland affiancandosi a Miki e mostrandole ciò che aveva in mano. Stringeva fra le dita un foulard azzurro che profumava di naftalina. < Questo è il mio regalo per i tuoi 5 anni! Bada, è un oggetto molto importante questo! Basta che lo giri intorno al braccio, così e poi ci fai un bel nodo> disse legandoglielo al braccio in modo da coprire il tatuaggio. < Sai? Questo è anche un ricordo della nonna!> < La nonna?> esclamarono Miki e Richard contemporaneamente < Si! Lo portava al collo quando era giovane. Quindi Miki vedi di tenerlo da conto! Capito? E adesso promettimi che non te lo toglierai mai. Non devi farlo vedere mai a nessuno! Ti spiegherò il perché solo quando sarai un po’ più cresciuta, quando sarai una vera e propria donna! < Una donna? E quando sarò una donna?> chiese incuriosita < Quando…diventerai più matura e intelligente!> < A quanti anni? A quanti anni?> < Facciamo 18 ok?> < 18? Ma è fra tantissimo tempo! < Dovrai avere pazienza! Molta pazienza! Ma adesso promettimelo!> < Va...va bene!> rispose Miki non capendo bene perché il nonno le stesse chiedendo una simile promessa. < Grazie mille! E’ un regalo bellissimo!> aggiunse poi abbracciando affettuosamente il nonno. Roland strinse il suo corpicino a se assumendo un’espressione triste. < Bene! Adesso beviamo la mia famosa e insuperabile limonata!> < Si!> esultarono Miki e Richard. I tre sorseggiarono soddisfatti la bevanda dissetante. Miki finì prima di tutti e ne bevve un altro bicchiere. Passarono i minuti quando da fuori si sentirono le ruote di una macchina che passavano sulla ghiaia del parco. < Sono già arrivati!> esclamò Miki con un misto di felicità e tristezza, balzando giù dalla sedia e correndo fuori. Dall’ utilitaria grigia uscirono due figure. Erano un uomo e una donna vestiti sportivi. Miki appena li vide corse loro incontro e saltò in braccio all’uomo! < Papà!> disse sorridendo < Heilà! Siamo arrivati un po’ prima. Sei stata brava col nonno?> rispose l’uomo posandole una mano sui capelli scompigliandoglieli. < Ma certo! Che domande fai?> rispose Miki facendogli la linguaccia. Nel frattempo anche Roland e Richard erano usciti e riconobbero i loro visitatori. < Charles! Meggie! Allora siete voi!> esclamò Roland < Già! Siamo arrivati un po’ prima! Ciao Richard! Come va Rol?> disse Meggie abbracciandolo! < Papà! Ti vedo in forma! Queste due pesti non ti hanno fatto troppo stancare?> aggiunse Charles dando un’affettuosa pacca sulla schiena a Roland. < Ma certo che no! Sono stati due angioletti vero?> disse facendo l’occhiolino ai due bambini. < Certo!> risposero prontamente i due. Tutto il gruppo entrò dopo pochi minuti nella cucina e Roland offrì la limonata anche a Charles e Meggie. < Hem…i miei non vengono a prendermi oggi?> chiese Richard. Charles e Meggie si guardarono per pochi secondi piuttosto scoraggiati. < Non ti preoccupare! Loro erano…hem…impegnati e ci hanno chiesto se ti portavamo a casa noi.> rispose Meggie < Ah…va bene…> disse Richard piuttosto amareggiato < Beh? Cos’è quella faccia? Non sei contento di tornare a casa con la tua cuginetta? Per di più il giorno del suo compleanno? E’ un’occasione impedibile!> aggiunse Miki dandogli una forte pacca sulla schiena che tra un po’ lo fece cadere dalla sedia. < No, perché mi fai i dispetti!> < Ah si? Scappa se ci riesci allora!> e i due iniziarono a giocare a prendersi. < Vieni qui dove corri?> sbraitò Miki infuriata < Aiuto!!> piagnucolò Richard cercando di scappare dalle sue grinfie. Mentre i bambini si divertivano i tre adulti li osservavano con il sorriso sulle labbra. < Allora…”Gli altri Vandom” si sono rifiutati di venire?> chiese Roland a bassa voce < Già. Se la sono presa anche con loro figlio che ha solo sei anni!> rispose Charles scuotendo la testa. < Oh! Non è il caso di chiamarli così! Katia è sempre la mia sorellastra!> ribatté Meggie bevendo l’ultimo sorso di limonata. < Il nominativo di Altri Vandom gli calza a pennello!> replicò Roland seccamente. < A proposito papà, sei ancora della tua idea? Non vuoi proprio venire ad abitare con noi?> chiese Charles serio. Miki sentendo quelle parole smise di inseguire il cugino e balzò sulla sedia accanto al nonno gridando: < Si nonnino! Vieni ad abitare da noi! Vieni! Vieni!> < Mi farebbe veramente tanto piacere ma...non posso.> < Oh Rol! Cosa fai qui in questo castello enorme tutto solo?> insistè Meggie. < Ho fatto una promessa! Io rimango qui. D’altronde è il mio paese natale. Quindi non posso veramente!> concluse Roland < Natale? In piena estate?> domandò confusa Miki a Richard < Boh! Non ci ho capito niente!> rispose il cugino < Beh io ci ho provato! Comunque ricordati che sei sempre il benvenuto a casa nostra!> concluse Charles < Bene bambini! E’ ora di andare!> disse Meggie alzandosi dalla sedia. < Oh no! Ancora un altro po’!> si lamentarono Miki e Richard < Dai non fate i capricci! Ci rivedremo la prossima settimana va bene?> disse Roland spingendoli fuori dalla cucina. < Saremmo rimasti un po’ di più ma c’è traffico sull’autostrada!> disse Charles salendo in macchina e mettendosi la cintura. < Non ti preoccupare! Prima arrivate meglio è. State attenti quando viene il buio!> raccomandò Roland < Oh Rol! Ormai siamo grandi abbastanza per non avere più paura del buio!> concluse Meggie sorridendo < Ciao nonno! Ci vediamo fra una settimana!> sbraitò Miki dal sedile dietro dell’utilitaria. < Ciao Miki! Ancora buon compleanno! E ricordati della promessa!> le rispose Roland. Dopodiché la macchina partì e Roland rimase solo in piedi a salutare con la mano. La macchina fece retromarcia e dopo una curva attraversò pigramente la stradina del parco di Roland, fino a passare un cancello in ferro battuto e immettersi infine nella strada principale di Little Town. < Miki di che promessa parlava il nonno?> chiese Meggie < Uh? Segreto!> rispose Miki < In pratica lei deve…AAHH!!> iniziò a dire Richard ma Miki gli saltò addosso intimandogli di stare zitto. Poi la bambina si voltò e, mettendosi in ginocchio sul sedile, osservò dal finestrino sul retro il castello del nonno che man mano si faceva sempre più piccolo.
  
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