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Autore: LadySparrow    01/07/2013    1 recensioni
John sorrise “Sì.” rispose, sentendosi incredibilmente sollevato nel sentire di nuovo la sua voce.
“Eravamo a Baskerville. Ricordi? Il caso del gigantesco mastino.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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John era seduto sulla poltrona, con il giornale fra le mani, intento a leggere le ultime notizie, mentre Sherlock, dalla parte opposta, continuava a fissarlo, cambiando di tanto in tanto l’inclinazione della testa con dei movimenti quasi impercettibili, ma rimanendo sempre con gli occhi fissi su di lui. Ad un tratto il dottore ripiegò il giornale a metà, lasciando libera la visuale del proprio volto e rivolgendo a Sherlock un’espressione interrogativa, seguita da una smorfia di insofferenza.
“Mi stai fissando.”
Sherlock alzò lievemente le sopracciglia e sgranò appena gli occhi “È evidente.”
John cercava di placare il nervosismo “Mi stai fissando da più di…” adocchiò velocemente l’orologio “ direi più o meno trenta minuti.” dichiarò, enfatizzando la voce sulle ultime due parole.
“E…” continuò Sherlock imperterrito.
“E…” proseguì John imitando il tono e l’espressione saccente dell’altro “gradirei saperne il motivo. Sempre se è possibile” aggiunse, prima di chinare nuovamente la testa sul giornale.
Ma l’altro non apriva bocca, bensì insisteva nel guardarlo.
Improvvisamente, John richiuse il giornale e, senza troppa accortezza, lo lasciò cadere sul pavimento. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, piegandosi in avanti “Allora Sherlock, che cosa vuoi fare? Vuoi giocare a chi ride per primo?”
Sherlock non rispose, si limitò ad alzare un sopracciglio.
“In cosa consisterebbe?” domandò.
John sollevò gli occhi al soffitto“Consiste nel guardarsi a vicenda negli occhi finché uno dei due scoppia a ridere. Perde chi ride per primo.”
Sherlock sbarrò gli occhi, atteggiando la bocca in una smorfia alquanto scettica. “E… cosa ti fa pensare che voglia fare questo gioco?”
“ Beh, dato che continui a fissarmi senza dare una spiegazione ragionevole …”
“Vuoi una spiegazione ragionevole, davvero?” lo interruppe il detective.
John si lasciò sfuggire un sospiro spazientito “… ho pensato che volessi divertirti”. concluse.
Un guizzo sfavillò in quegli occhi azzurri “ Infatti è così: mi sto divertendo nel fissarti.”
L’altro sorrise nervosamente “ Tu, ti stai divertendo nel…”  distolse un attimo lo sguardo dai suoi occhi, annuendo in modo concitato, per poi tornare a guardarlo con un’espressione tanto irritata, quanto, suo malgrado, lievemente divertita “ Va bene Sherlock ; sono contento che ti stia divertendo, ma, francamente, la situazione sta cominciando ad essere imbarazzante.”
Sherlock sollevò un sopracciglio con fare interrogativo “ Quindi?”
“ Inizio ad infastidirmi”.
“Dunque ti dà fastidio.” ribadì il detective con l’innocenza di un bambino.
“Sì, esatto.”
In quell’istante sentirono dei passi sulle scale; pochi attimi dopo entrò la Signora Hudson. “Che cosa è successo?” esclamò dopo una rapida occhiata. “Avete litigato, per caso?”
Sherlock si distese sul divano con totale noncuranza, staccando lo sguardo da John, stizzito.
 Il dottore si poggiò nuovamente sullo schienale della poltrona, ma senza distogliere lo sguardo “Scusa, fammi capire, ti sei offeso?” continuò. Sherlock iniziò a fissare un punto indistinto della stanza; alzò le spalle “Assolutamente, no.”
John annuì “Certo! È evidente!” approvò sarcasticamente.
Il detective risollevò le sopracciglia “Se è così evidente, allora perché me lo chiedi?”
John sbuffò sonoramente, cominciando a muoversi con nervosismo sulla poltrona “Senti Sherlock, non so che dirti… fissa qualche altra cosa!”
Nel frattempo la Signora Hudson era rimasta in piedi, nel centro della stanza, come incantata, ad osservarli.
“Signora Hudson?” la richiamò bruscamente il detective, facendola sobbalzare. “Deve fare qualcosa?”
“Oh, sì caro!” esclamò lei con tono di scusa, portandosi una mano alla fronte “Devo portare via le tazze da tè.” spiegò, sorridente.
Sherlock di rimando sfoggiò un sorriso meccanico, per poi riporre la sua attenzione su John. “E cosa dovrei fissare?”
L’altro allargò le braccia in segno di esasperazione “Qualsiasi cosa, Sherlock. Qualsiasi altra maledetta cosa.”
"Non ho voglia di guardare un'altra maledetta cosa." La sua espressione era tanto seria quanto, inesorabilmente, triste.
John ne rimase visibilmente colpito “Perché?”
“Perché non sarebbe di mio interesse.” I suoi occhi erano chiarissimi, quasi traslucidi; occhi freddissimi, dai quali però traspariva una luce vivida, seppure piccola e remota, carica di un’indicibile malinconia ed un timido barlume d’immensa gratitudine.
John non riusciva a parlare; continuava a guardarlo, pensando che mai in tutta la sua vita aveva visto uno sguardo di tale sopraffante profondità. Anche la signora Hudson si fermò, immobilizzando le braccia prima ancora di sollevare il vassoio delle tazze. Si voltò verso il dottore con un’espressione incredibilmente materna “Ha ragione!” annuì con veemenza “Perché dovremmo porre la nostra attenzione su qualcosa che non ci interessa? Un uomo osserva ciò che lo incuriosisce, ciò che lo attrae, oppure che desidera.”
Sollevò il vassoio ed inclinò lievemente la testa, per poi rivoltarsi. Aveva uno sguardo pensieroso, quasi perso nel vuoto.
Riprese a parlare “Alcune volte invece ci si trova a guardare una persona senza neppure rendersene conto.” Fece un largo sorriso, con aria sorniona “Mi ricordo, per esempio, che quando ero ragazza, prima di scrivere una lettera, guardavo sempre la mia migliore amica, quando era in casa con me. Non lo facevo per darle fastidio, anche se a lei alcune volte dava noia.” Lanciò un’occhiata d’intesa al detective, che, in risposta, socchiuse gli occhi con indifferenza.
La padrona di casa continuò a parlare senza curarsene “Mi spronava a scrivere. Mi aiutava a trovare le parole, anche se non parlava. Per me era un fatto molto positivo.” annuì con convinzione “In poche parole…”
“In poche parole,”si intromise improvvisamente Sherlock “trovare l’ispirazione semplicemente guardando un’altra persona ti incoraggia ad andare avanti, ad agire.” concluse, tornando a fissare un punto indefinito nella stanza “Non credete?”
La Signora Hudson lo guardò stupita “Esatto caro!” fece un largo sorriso“Sì, è esattamente quello che intendevo dire.”
Si diresse verso la porta“Comunque,” continuò cinguettando “l’importante è che voi non abbiate litigato, perché siete due così bravi ragazzi!”
Così, dopo essersi voltata sorridente verso entrambi, uscì dalla stanza, seguita dai loro sguardi.
“Trovare l’ispirazione semplicemente guardando un’altra persona ti incoraggia ad andare avanti, ad agire …” pensò John :quelle parole lo riportarono con la mente ad un episodio già vissuto.
Guardò Sherlock, e si rese conto che tutto il nervosismo, tutta la tensione che aveva dentro iniziava a svanire, tramutandosi lentamente in un leggero, ma tenero e consapevole senso di colpevolezza.
Decise di non raccogliere il giornale, lasciandolo da parte. Il detective era quasi completamente disteso sul divano. Sembrava annoiato: il suo sguardo era rivolto al soffitto, ma la sua espressione era vuota.
John si chinò verso di lui. “Sai,” iniziò, quasi in un sussurro “ prima, quando hai terminato la frase della signora Hudson, mi è venuta in mente una cosa…” si schiarì la voce, tentando di reprimere l’imbarazzo “una frase che tu mi dissi.”
Sherlock non si mosse di un millimetro e il suo volto non mostrò il minimo cambiamento; continuava a guardare il soffitto.
 John emise un lungo sospiro, pensando che mai avrebbe immaginato di poter provare una sensazione di tale impotenza di fronte al volgersi degli eventi. Continuò a parlare, pur sapendo che l’altro non si sarebbe voltato “Mi dissi che ero una persona speciale, fantastica…” respirò profondamente, sentendosi mancare l’aria “un portatore di luce.”
“Davvero?” chiese finalmente il detective, con la massima indifferenza, come se l’argomento non lo sfiorare affatto.
 L'altro sorrise “Sì.” rispose, sentendosi incredibilmente sollevato nel sentire di nuovo la sua voce. “Eravamo a Baskerville. Ricordi? Il caso del gigantesco mastino.”
“Certo che me lo ricordo.” rispose Sherlock. Si voltò verso di lui ed in quel momento il suo sguardo, inaccessibile agli altri, si mostrava chiaramente in tutta la sua malinconia, in una dichiarazione di sincero e profondo affetto.
John si rese conto che desiderava con tutto il cuore che Sherlock continuasse a guardarlo in quel modo e non poté fare altro che mantenere il contatto con i suoi occhi.
Rimasero così, in totale sintonia, per un lungo istante di straordinaria bellezza; finché John disse “Sherlock, quello che volevo dirti è che…” si interruppe, abbassando lo sguardo, e nell’istante in cui socchiuse le palpebre, intravide la figura di Sherlock chinarsi verso di lui, come per incitarlo a proseguire. Serrò gli occhi, prendendo un lungo respiro; alzò la testa e li riaprì “Quello che volevo dirti è: grazie, grazie Sherlock”.
L’altro non rispose, ma, dopo qualche attimo, tornò a distendersi comodamente.
In quel momento la stanza era satura, colma dei loro sentimenti, dei loro pensieri, delle loro parole non dette, ma sussurrate attraverso gli occhi. Sherlock sollevò appena il mento con aria assorta, ma serena “Sapevo che avresti capito.” disse e si voltò; gli occhi fissi in quelli dell’altro, mentre man mano, sulle labbra, affiorava un sorriso.


Sei mesi dopo, il silenzio era diventato la migliore arma di difesa. Sei mesi dopo, John Watson era seduto nello studio della sua analista, ricordando due occhi che, ormai, non vedeva più.
“John? Deve parlare.” Consigliava la dottoressa in modo pacato, ma deciso. “Mi dica: qual è la mancanza più grande che sente da quando il suo amico se ne è andato?”
John sollevò la testa, gli occhi stanchi e lucidissimi “L’essere guardato, realmente guardato.”rispose in un sussurro.
  
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