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Autore: Umiko_chan    02/07/2013    7 recensioni
Avrebbe aspettato che Percy tornasse, con il mare che le sfiorava le caviglie e il cuore colmo d’amore e speranza, perché ad Annabeth non serviva un Oracolo per sapere che il suo Testa d’Alghe sarebbe tornato presto ad abbracciarla. Ne era più che certa.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All I want is my Seaweed Brain back!

 

 
Probabilmente i suoi compagni la stavano cercando, visto che ormai era passato un bel po’ di tempo da quando era uscita di fretta dalla Casa Sei, borbottando due parole appena sul motivo di quella fuga. Ma non se ne preoccupò, sicura del fatto che non sarebbero riusciti a trovarla, per quanto potessero impegnarsi nelle ricerche. Nessuno avrebbe potuto farlo: Annabeth sapeva come non farsi scovare, se non voleva che succedesse.
Aveva scoperto quel posto sulla spiaggia poco tempo prima: in realtà era stato Percy a mostrarglielo per la prima volta, e lei ne aveva fatto il suo rifugio, lontano da sguardi indiscreti e orecchie indesiderate. Situato sul confine del Campo Mezzosangue, era un’insolita struttura naturale, come un piccolo castello roccioso, al limite della spiaggia sabbiosa che correva lungo la costa settentrionale. C’era una splendida vista sull’oceano sconfinato, che si tingeva de toni caldi del sole trainato dalla lussuosa Maserati Spyder decappottabile rossa di Apollo. Ma lo spettacolo più bello, quello che Annabeth e Percy si sedevano ad ammirare ogni sera, era quando, al crepuscolo, le pareti della piccola grotta s’illuminava dei colori dell’aurora, il blu e il verde del mare e l’arancio del tramonto che, pian piano, spariva oltre la linea dell’orizzonte.
Era un luogo in cui Annabeth si sentiva a suo agio, come quando era circondata dai suoi libri di architettura e mitologia: un luogo di cui solo loro erano a conoscenza, solo suo e di Percy.  E da quando Percy se n’era andato, era diventato il suo punto di riferimento, la sua tana, la casa sull’albero che suo padre le aveva promesso le avrebbe costruito, ma che era rimasta un semplice progetto nella sua mente, un sogno inconcreto e frustrante.
Se ne stava lì, seduta su quel tappeto ruvido di sabbia dorata, con i granelli che, insidiosi, le solleticavano le cosce nude e i palmi delle mani. Le onde salate e fresche andavano e venivano, e la schiuma bianca e spumosa le accarezzavano i polpacci. Sentiva l’odore della salsedine invaderle le narici: lo stesso odore dei capelli corvini e setosi di Percy, pensò. Lo stesso sapore delle sue labbra, morbide e calde.
Non si accorse di quella lacrima, solitaria, fuggente e ribelle che solcò la guancia nivea; cadde, trasportata via dalla corrente e, forse, sarebbe potuta arrivare fino a lui.
Chissà dov’era, con chi era, se stava bene. Chissà se anche lui aveva perso la memoria come Jason, se si ricordava di lei; chissà se ogni tanto sentiva la sua mancanza almeno quanto Annabeth non sentisse la sua. La prima volta che si erano incontrati, quando l’aveva curato dopo la sua prima vera lotta contro il Minotauro, poco prima della loro impresa alla disperata ricerca della Folgore rubata a Zeus; quando gli aveva salvato la pelle da quel lestrigone, per poi imbarcarsi con Clarisse alla volta dell’isola di Polifemo, con la visita non troppo piacevole - soprattutto per Percy, che si era ritrovato ad essere un porcellino d’India - alla SPA di Circe, o l’avventura con le sirene nell’insidioso Mare dei Mostri. E poi, ancora, il loro ballo alla Westover Hall, per tenere d’occhio i fratelli di Angelo; il bacio portafortuna alle fucine di Efesto durante la traversata dell’intricato Labirinto di Dedalo, e le mille emozioni dello scontro finale con Crono, la rinuncia all’immortalità di Percy e il “miglior bacio subacqueo di tutti i tempi” che il suo dolcissimo Testa d’Alghe le aveva regalato. Chissà se Percy ricordava tutto questo, ovunque fosse.
Le sembrò che il mare si gonfiasse in modo strano, come volesse rassicurarla. Sorrise all’idea, seppure i suoi occhi fossero ancora colmi di malinconia.
Poi, le pareva che Grover la chiamasse: pensò fosse meglio rientrare, visto che ormai non mancava molto al ché la cena fosse servita. Magari avrebbe fatto una piccola offerta a Poseidone, quella sera, tingendo le magiche fiamme del falò di turchese, che a sua madre piacesse o no.
Avrebbe aspettato che Percy tornasse, con il mare che le sfiorava le caviglie e il cuore colmo d’amore e speranza, perché ad Annabeth non serviva un Oracolo per sapere che il suo Testa d’Alghe sarebbe tornato presto ad abbracciarla. Ne era più che certa.

 

 

 

   
 
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