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Autore: jennydolsheXD    02/07/2013    0 recensioni
Jen, una ragazza del sud dell'inghilterra, entra in un campo scuola in scozia e ci trascorrerà tutta l'estate. E qui che farà nuove amicizie. Ma la casa dove alloggiano non è una vera e propria casa. C'è un mistero che l'avvolge e siamo sicuri che i ricordi e il passato di Jen sia tutto rose e fiori?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Grazie-                                                                                                                                                                                              
 Pagai il taxi e mi voltai per osservare la mia nuova casa per i prossimi tre mesi. Mio padre mi aveva spedita in uno campo-scuola estivo per giovani geni anche se avere sei in tutte le materie non era certo da grandi geni. Erano le sei del mattino e dubitavo che qualcuno fosse sveglio a quell’ora. La casa era grande, molto probabilmente a tre piani, di stile vittoriano con una torretta a ovest e un grosso cancello a est. Da dietro la casa di intravedevano grandi alberi sempreverdi con affianco una collinetta da dove scorreva un fiume. Era costituita da parecchi tetti a spioventi marroni con tante piccole finestrelle posizionata qua e là. Il vialetto era contornato di tulipani e viole. Amavo i tulipani. Il loro colore, il loro profumo. Una vecchia leggenda popolare raccontava che il tulipano fosse nato dal sangue di una ragazza suicida morta per amore. Mia nonna mi diceva che il tulipano rappresentava la purezza dei sentimenti di una persona e che dovesse essere donata alla persona amata. Inoltre, quando ero piccola, mi raccontava di una donna che mi assomigliava che si impiccò con un tulipano in mano perché il suo amore non poteva realizzarsi a causa del diverso rango. Perciò mi raccomandava di essere amica dei tulipani, di custodirli e proteggerli perché mi avrebbero portato fortuna. Inoltre mi diceva che ero nata per compiere grandi gesti. Non ho mai capito cosa volessero significare le sue parole ma fino ad allora o sempre seguito le sue raccomandazioni. Percorsi il vialetto sfiorando con la punta delle dita i fiori e facendo inondare le mie narici di quel profumo paradisiaco. Arrivai alla casa, toccai con il palmo della mano una parte del muro e sentii la superficie ruvida dei mattoni in granito. Avevo ragione. Era davvero enorme. Sembrava un castello di qualche duce o marchese. Mi sentivo spaesata e piccola. Avevo dimenticato le valigie sull’orlo del marciapiede ma le ignorai completamente ritornando a contemplare l’abitazione. Si aprì una finestra con l’orlo delle ante in oro e decorate da ricche vetrate. Mi voltai e dalla finestra uscì una massa di capelli castani davanti che se ne volavano all’indietro a causa del vento frizzantino di prima mattina. Verso la nuca i capelli formavano un fulmine. Lo sconosciuto prese una boccata d’aria  fresca allargando le braccia e stiracchiandosi.                                                                                                                        
    – Scusa?-                                                                                                                                                                                               
Gli dissi toccandogli il braccio leggermente mentre scansavo l’anta. Lui sussultò andando a sbattere la testa alla tapparella semi aperta. Infine posò le mani sulla parte dolorante facendo una smorfia di dolore.                                    
– Ohi, ohi, ohi che botta! Porca maremma zucchina laziale! E tu chi sei? Non sai che è maleducazione sostare dietro le persone?-                                                                                                                                                                    
Continuò a sfregarsi con la mano la parte dolorante. Mi avvicinai a lui per accertarmi che non si fosse fatto realmente male ma si scansò andando a sbattere di nuovo la testa sulla tapparella.                                                          
– Scusa. Ti sei fatto male?-                                                                                                                                                                 
 - No cosa dici! Mi piace così tanto andare a sbattere la testa di prima mattina che oramai è diventata un’abitudine. Certo che mi sono fatto male! E non ti avvicinare a me o oggi mi procuro anche un terzo bernoccolo. Ohi, ohi, ohi!-                                                                                  
Io ero davvero preoccupata e poi se l’era presa troppo sul personale. Come se avessi voluto farlo a posta. Ma dovevo controbattere. Non gliel’avrei data vinta anche se nel torto c’ero io.                                                                                                             
– Come se io mi fossi già programmata di farti del male oggi. Non avevo niente da fare nel taxi che ho pensato: quasi quasi quando arrivo faccio del male al primo ragazzo che sosta davanti a me appena sveglio. E poi il maleducato sei tu che dai le spalle alle persone-                                                            
Inarcai il sopracciglio e incrociai le braccia. Cosa che facevo spesso quando sapevo di essere in difetto. Intanto che lui rifletteva sulla risposta ne approfittai per osservare meglio il ragazzo davanti a me. Era di carnagione chiara, abbronzato sul petto nudo. Aveva due bellissimi occhi verdi e labbra carnose. Finalmente aprì bocca ed ero curiosa di ciò che avrebbe detto.                                                                                              
  – Non solo procuri due bernoccoli ad un ragazzo d'altronde bellissimo e che non ti ha fatto niente, ti senti anche nella parte della ragione? Mi dispiace mia regina non sapevo saresti arrivata questa mattina. Altrimenti ti avrei accolta con il tappeto rosso ed un enorme cartellone con su scritto “benvenuta! Non sostare dietro le persone appena sveglie-                                                                                                                                   
  Fece un sorrisino beffardo e si affacciò alla mensola fingendo di avere tra le mani un cartellone immaginario. Dopo di che prese una sigaretta e la portò alla bocca. L’accese, aspirò e dopo qualche minuto espirò chiudendo gli occhi e facendo piccoli cerchi con il fumo. Li riaprì e qualcosa attirò la sua attenzione.                
  – Se non vuoi perdere abiti , soldi e tutto ciò che hai dentro le tue valigie ti consiglio di entrarle. Guarda!-                     
  Indicò un qualcosa sull’orlo del marciapiede. Era un uomo dalla lunga barba rossa che frugava disperatamente nelle mie valigie. Si poteva notare dal suo abbigliamento che era un poveraccio. Indossava una giacca verde pistacchio sporca trovata in qualche pattumiera o forse rubata da qualche valigia, una canottiera bianca bucata, delle ciabatte dalla suola scuoiata e dei mutandoni a palline rosse che lo rendevano buffo ad occhi estranei.                                                                                                                                                      
  – Ehi tu!-                                                                                                                                                                                                
  Lo chiamai. Appena mi vide richiuse le valigie afferrando al volo una maglietta bianca e scappò via dimenticando una ciabatta vicino alla valigia. Sospirai. Una cosa che odiavo delle persone era che rovistassero nelle mie cose senza permesso anche se notando la situazione dell’uomo non si potevano biasimare le sue azioni. Guardai il ragazzo, poi nuovamente le valigie. Il solo pensiero di dover trasportare quei macigni fino alla casa mi era venuto l’affanno. Chissà chi mi aveva dato la brillante idea di portare tutto ciò che sarebbe potuto essermi stato utile anche se la maggior parte delle cose ne era tutt’altro. Posai il mio sguardo sul ragazzo pensando che forse lui avrebbe potuto darmi una mano. Per l’ennesima volta lui espirò, guardando l’orizzonte incurante della mia presenza. Il fumo mi passò sotto al naso disgustandomi dell’odore. Feci una smorfia attirando così l’attenzione del ragazzo.                                                                                     
  – Ne vuoi una?-                                                                                                                                                                                     
Mi offri il pacchetto portando la sigaretta alla bocca con l’altra mano. Lo guardai male, vidi le sigarette dopo di che distolsi lo sguardo da lui.                                                                                                                                                                                          
 – Cosa ti fa pensare che voglia una sigaretta?-                                                                                                                                
- Scusa volevo essere cortese-                                                                                                                                                           
- Vuoi essere cortese? Allora non è che mi dai una mano con te valigie?-                                                                                  
Gli sorrisi ma lui incrociò le braccia e roteo gli occhi, poi li sgrano non appena viste le valigie. Sicuramente aveva pensato la mia stessa cosa. Troppo pesanti. Comunque se si voleva dimostrare un vero gentleman quale cercava di essere doveva aiutarmi. Ricambiò il mio sorriso e da lì capii che non mi avrebbe aiutato.                         
– Quello non vuol dire essere cortesi. È una richiesta più simpatica per chiedere ad un ragazzo se vuole farli da maggiordomo a trasportare delle valigie che a quanto immagino e vedo saranno pesantissime. Ohi, ohi, ohi! Sento già i dolori alla schiena-                                                                
Si massaggiò il fondo schiena e aspirò con la mano libera. Avevo avuto una buona impressione su di lui. Troppo buona. Era antipatico e niente affatto cortese. Il ragazzo cortese dà una mano ad una ragazza in tutto. Lui lo aveva fatto? No. Avevamo due concetti diversi della cortesia a quanto pare. Almeno con uno non avrei dovuto fingere di essere una ragazza gentile. Mi diressi sbuffando verso le valigie.                                                 
 – Aspetta-                                                                                                                                                                                          
Mi voltai verso il ragazzo. Espirò per l’ultima volta poi butto la cicca fuori la finestra. Mi aveva chiesto di aspettarlo? Cosa gli era preso ora?                                                                                                                                                
 -  Vengo ad aiutarti. Scusa sono stato poco cortese e poi non lascerei mai una bellissima ragazza portare del macigni. Aspetta! Arrivo subito!-                                          
Si allontanò dalla finestra lasciandomi incredula all’inizio del vialetto dei tulipani. Mi veniva da aiutare? Ma se pochi minuti fa mi ha detto di non trattarlo come un maggiordomo. Bellissima ragazza? Sicuri che non avesse sognato? Oppure le botte prese alla testa era più gravi di quanto sembrassero? Mi voltai in tutte le direzioni per accertarmi che non si fosse sbagliato e avesse visto  qualcun altro. Nessuno. Forse ero io che avevo poca autostima nei miei confronti? Una cosa era certa. Lui era lunatico. Andai verso la porta aspettando che uscisse quel misterioso ragazzo dai bellissimi occhi verdi.  


Francesco         Jen

Spazio autore: Piaciuto il primo capitolo? che ne pensate? Jen e Francesco andranno mai d'accordo? E Francesco avrà preso una sbandata per la nostra Jen?
  
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