But Would
Anything Matter If You’re Already Dead?
Guardo la
folla intorno a me .
Certe volte
mi chiedo com’ è possibile che gli umani mi
appaiano così…strani.
In fondo,
una volta, ero anche io come loro.
E invece
ora cosa sono? Una creatura della notte. Una specie di mostro che per
avere una
vita è costretto a negarne una agli altri.
Scelgo con
cura le mie vittime, non uccido a caso.
Ormai ho
imparato a leggere nei volti degli umani. Scelgo come mie prede quelli
che
hanno esaurito la voglia di vivere, quelli che in un certo senso mi
chiedono di
dargli la morte. Io mi limito ad accontentarli.
Quella
sera era il crepuscolo e io passeggiavo fra la gente, troppo ceca e
troppo
stupida per far caso a una creatura strana come me.
Cercavo la
mia vittima, una persona che quella sera avrebbe potuto vedere le sue
preoccupazioni
svanire, nell’istante in cui i miei canini affilati avrebbero
lacerato la calda
pelle del suo collo.
A volte mi
sentivo bene dopo essermi cibato di una persona che soffriva molto.
Mi sentivo
come se l’avessi liberata dalla sua prigione di ansie e
timori. Ma poi mi
costringevo a pensare che uccidere era comunque sbagliato.
Non potevo
far altro, non c’erano vie d’uscita, era la
selezione naturale, il più forte si
ciba del più debole. Umani con animali. Vampiri con umani.
Trovai la
mia vittima in un vicolo buoi e senza uscita, era seduta a terra, con
il mento
appoggiato sul petto ed era scosso dai singhiozzi.
Gli chiesi
che cosa gli fosse successo e lui mi raccontò la sua breve
storia:
“Mia
moglie è morta la settimana scorsa, mi è stato
negato l’affidamento della mia
unica figlia. I miei amici non sanno fare altro che prendermi in giro e
ricordarmi che razza di essere inutile sono, non so neanche prendermi
cura
della mia famiglia. Ho iniziato a bere. Ho speso tutti i soldi che mi
erano
rimasti in alcolici, sperando che mi aiutassero a dimenticare, ma ho
solo
peggiorato la situazione…”
“Frank,
tu
vuoi morire?” Gli domandai.
“C-come
sai il mio nome?” Fu la sua risposta.
Come
poteva sapere che riuscivo a leggergli nel pensiero. Avevo ascoltato la
sua
storia già prima che me ne parasse. L’avevo
ascoltata nei suoi pensieri. Sapevo
anche ciò che non mi aveva detto, le altre sventure che gli
erano capitate e
che lo avevano indotto ad odiare la vita.
“Non
è
importante, ora rispondi alla mia domanda. Vuoi morire?” Lo
ripetei con tono
duro, facendo preludere che non avrei accettato il silenzio come
risposta.
“S-si.”
Sussurrò lui, prima di scoppiare di nuovo in lacrime.
Era stato
un sussurro quasi impercettibile, ma il mio udito di vampiro lo aveva
captato
comunque.
“Posso
darti quello che vuoi.” Affermai.
“Cosa?”
L’uomo
seduto a terra, Frank, mi stava osservando con occhi attenti.
“Posso
darti la morte.”
Frank si
alzò in piedi e scrutò il mio viso.
“Tu
non
sei umano, vero?” Mi chiese.
Non vi fu
risposta a quella domanda, né mai ci sarebbe stata. Avrebbe
saputo capire da
solo la mia natura.
Lo portai
a casa mia.
Aveva
accettato di buon grado l’idea della morte, come ogni persona
depressa e
scontenta della vita avrebbe fatto.
I suoi
occhi erano luccicanti e sereni, si chiedevano se avrebbe provato
dolore.
“Si,
molto
dolore.” Risposi alla domanda che si era posto solo
mentalemente.
“Bene.”
Pensò.
A quel
punto mi sedetti sul letto e lo feci stendere vicino a me. Mi
inginocchiai sul
suo ventre e chinai il capo verso il suo collo.
Le labbra
di Frank erano poco lontano dal mio orecchio, potevo sentire il suo
respiro,
che si sarebbe estinto da lì a qualche minuto.
Frank
parlò,
anzi sussurrò un’unica parola, o una parola unica,
come preferite.
“Grazie.”
Quella
parola mi fece lo stesso effetto di un paletto conficcato nel cuore o
della
luce del giorno che bruciava la mia pelle fino a renderla polvere.
Preso da
un eccesso di foga scostai le labbra dal suo collo e le appoggiai sulle
sue,
calde e bagnate.
Mi aveva
detto grazie. Io lo avrei ucciso e lui mi ringraziava.
Perché
le
persone vogliono morire? Non
l’ho mai
capito.
Quell’uomo
mi appariva diverso dagli altri, lui voleva davvero la morte,
l‘ avrebbe accolta
a braccia aperte, come una vecchia amica. Invece, tutti quelli che
avevo ucciso
prima di lui avevano cercato di opporre resistenza, alla fine.
Lui era
diverso. Non lo avrebbe fatto.
E’
per
questo che decisi di fargli un ultimo piacere, prima di zittire per
sempre il
battito del suo cuore.
Feci
l’amore
con lui. Lo feci velocemente e con foga, senza curarmi del dolore che
gli
provocai.
Sapevo che
gli sarebbe piaciuto morire così, sudato e ansimante, steso
sotto il corpo
freddo di un vampiro, con i suoi denti piantati nella gola, che piano
piano
prosciugavano il suo corpo da ogni piccola, misera goccia di sangue e
da ogni
piccola, misera traccia di vita.
Bene,
ve l’ho detto
che in questo periodo le idee per le fan fiction mi vengono in mente a
milioni,
solo all’ora sbagliata.
Infatti,
questo “capolavoro” è stato scritto
dalle 00.32 alle 01.30 di questa notte.
Ho
sempre detto che amo la notte, e le fanfi si scrivono meglio di notte,
c’è più
ispirazione, nel mio caso anche più perversione.
In
teoria era stata concepita come song fic, e come canzone avevo scelto
Early
Sunsets Over Monroeville.
Poi
mi sono accorta che c’entrava troppo poco con la storia,
anche se qualche
riferimento c’è.
Per
esempio quando Frank dice Grazie (And shoul I be shocked now, by the last
thing you said?) e alla fine, quando Gerard, che, se non lo
avete capito è
il vampire, lo morde mentre sono ancora nel letto (But does anyone notice,
there’s
a corpse in this bed?).
Dopo
avervi raccontato la storia che c’è dietro la
fanfi, cosa che tanto non vi
interessava, ma ho scritto lo stesso, lascio a voi il compito di
commentare,
anche perché se non lo faceste voi chi lo farebbe? Io?
Vabbè,
lasciatemi perdere, oggi parlo troppo…
Che
la forza sia con voi.
Ju.