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Autore: Jessica Fletcher    02/07/2013    1 recensioni
Qualcuno è in cerca di vendetta e il suo obbiettivo sono Ryan, Natalia e la loro figliola adottiva Olivia.
Questo porterà a separazioni dolorose e a momenti pieni di angoscia e problemi.....
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ryan Wolfe, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ryan e Natalia'
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e non avrà paura

Wolfe in trappola


Il miracolo dell'amore.


I giorni seguenti furono per Ryan talmente irreali da sembrare quasi un sogno. Continuava con la solita vita di sempre, con il solito lavoro di sempre. Fortunatamente non c'erano casi molto complicati da risolvere ....a dire il vero c'erano proprio pochi casi da risolvere e l'attività lavorativa si limitava alle procedure di routine, il più delle volte ad analisi da compiere per prove da portare in tribunale o per cercare di fare luce su vecchi casi mai risolti.
Ma lui si sentiva come sospeso, come in bilico fra quella normalità e la snervante attesa di quello che sarebbe accaduto, di cosa sarebbe accaduto, di come sarebbe accaduto; perché qualcosa doveva accadere, la lettera di Sarnoff non lasciava spazio a dubbio alcuno. E se da un lato Ryan era contento di avere mandato sua moglie e sua figlia lontane da ogni pericolo (così, almeno, sperava); dall'altra parte si sentiva solo, stramaledettamente solo. E poco serviva che i colleghi lo invitassero, a volte, a cena o a bere qualcosa, poco importava sapere che, notte e giorno, c'era sempre qualcuno: Walter, o Eric, o Frank o addirittura Horatio, che lo teneva d'occhio da lontano pronto ad intervenire. A lui mancava il calore e l'amore di sua moglie, gli mancava avere qualcuno che lo capisse al volo e lo tirasse su di morale nei momenti più bui; gli mancavano le risate, i giochi e le coccole di sua figlia e quel modo tutto speciale che hanno i bambini di farti dimenticare ogni preoccupazione. E certe volte si domandava come aveva fatto, prima, a cavarsela da solo, si rendeva conto che non riusciva più a farcela; desiderava, ogni giorno di più, che la resa dei conti arrivasse, finalmente, almeno sarebbe finito tutto in un modo e nell'altro.
E al tempo stesso aveva paura, non tanto della morte in se e per se, quanto del modo in cui sarebbe potuta arrivare e pregava in cuor suo che, se davvero era giunta la sua ora, almeno potesse essere il meno doloroso possibile.

Il volo per Puerto Rico era stato tranquillo, senza alcun problema. Erano arrivate che faceva già piuttosto tardi per cui Natalia, sua sorella Anjia e la sua figlia adottiva Olivia, si erano cercate un bel posticino in cui cenare e avevano poi preso possesso della casa di Eric che era molto, molto carina.
 "Anche se è arredata in modo molto maschile" aveva sentenziato Anjia osservando con attenzione mobili e suppellettili; Natalia aveva soffocato un risolino, conosceva molto bene Eric e la casa aveva un qualcosa che rispecchiava pienamente la personalità del suo proprietario.
Proprio quella sera, nel mettere Olivia a letto, Natalia accusò uno strano malessere, una specie di nausea; diede colpa alla cena (vuoi vedere che il pesce non era fresco e mi sono intossicata), cercò di mandare giù qualcosa di alcolico per vedere di alleviare il malessere e di dormire meglio e si coricò, sicura che l'indomani non avrebbe avuto più niente.
Ma si sbagliava; quello strano malessere era sempre presente e sembrava, piuttosto peggiorare anziché risolversi.
Una mattina mentre era in spiaggia intenta a giocare con Olivia, le venne un forte capogiro. Si fermò e dovette sedersi sulla sabbia;
"Mamma?" chiese Olivia "perché ti sei seduta"
"Piccolina, la mamma non so sente tanto bene. Vai a cercare zia Anjia e falla venire qui e....." questa volta il capogiro si ripresentò più forte e la nausea diede luogo a un conato quasi di vomito "....e dille di portarmi da un medico o in ospedale"
Olivia non rispose, era spaventatissima e non sapeva dove andare, cosa fare, rimaneva come pietrificata a guardare la sua mamma che stava male. Fortunatamente, proprio in quel momento, Anjia ritornò dalla sua passeggiata sulla battigia. Si fermò, capì che sua sorella non stava bene e che sua nipote era molto confusa, prese il telefonino e chiamò immediatamente il pronto soccorso.

Gli avevano fissato, con dello scotch, una ricetrasmittente proprio al centro del torace, vicino al cuore;
"Questa, però, è solo una specie di specchietto per le allodole" aveva sentenziato Horatio mentre Ryan guardava l'apparecchio fissato sulla sua pelle "di sicuro la troveranno immediatamente, perché si aspettano di trovarla. Questa e il cellulare sono le prima cose che si preoccuperanno di fare sparire. Ma non hanno pensato a questo" e Horatio tirò fuori un piccolissimo oggetto grande ancor meno di un bottone da polsino "questa è una trasmittente miniaturizzata. Te la posizioneremo nel premolare a perno che hai nell'arcata inferiore, quello che sostituisce uno dei due denti che hai perso....diciamo in servizio.....tranquillo, figliolo, non sentirai alcun male, ti portiamo da un bravo dentista che ti farà l'anestesia e tutto il resto".
(Sta bene, pensò Ryan, solo che quando l'ho perso, il dente, mica ce l'avevo l'anestesia. )

Una volta debitamente incapsulato, si accorse che se lo sentiva bene, il nuovo dente, non gli dava alcun fastidio, come se fosse da sempre parte di se.  Certe volte non gli sembrava nemmeno di averlo, a meno che la vicinanza ad un campo magnetico o a una forte fonte di energia elettrica  non mandasse l'apparecchio in tilt; allora cominciava a fischiare in modo veramente insopportabile. Ma erano casi veramente rari.

E poi venne il fatidico giorno.
 Ryan stava raccogliendo delle prove all'esterno di un edificio, mentre Eric era andato a cercare di carpire qualche notizia dalle persone che abitavano nel vicinato, quando sentì distintamente un qualcosa di duro e freddo premergli sulla parte posteriore del collo;
"Okay, signor Wolfe" la voce che parlava aveva un forte accento slavo "ti conviene non stare a fare tanto il furbo, hai un coltello puntato sulla tua nuca...ora ci mettiamo a camminare lentamente, molto lentamente....attento che se ti muovi sei morto"
Ryan, per un attimo, considerò l'idea di cercare di scappare (tanto sono morto lo stesso) ma quello spirito di  conservazione innato in ognuno di noi glielo impediva. Non poteva fare altro che sperare che Eric fosse negli immediati paraggi e potesse accorrere in suo aiuto, ma non riusciva a vederlo.....peraltro non si poteva nemmeno voltare a cercarlo, né mettersi ad urlare con quel coltello che gli premeva sulla pelle. Fu così che si lasciò condurre fino ad un Van parcheggiato poco lontano e chiudere nell'ampio cassone.
Eric, di ritorno da suo giro di interviste, fece appena in tempo a vedere che lo spingevano dentro al veicolo e che lo portavano via. Giusto il tempo di salire sulla sua Hummer, mettere in moto e lanciarsi all'inseguimento e il Van si vedeva appena. Era già lontano.

"Horatio" esclamò un concitato Eric al telefonino, ci siamo: lo hanno presto. Sono all'inseguimento, sembrano dirigersi fuori città, verso gli Everglades.....riuscite a rintracciarlo? Riuscite a rintracciare me?"
"Sì, Eric, stiamo cercando la connessione. Purtroppo non riusciamo a rintracciare Wolfe. Continua l'inseguimento ma non intervenire da solo, ok? quella è gente spietata"
"Va bene!" rispose Eric. Ma non era tanto convinto. (E se lo uccidono?, pensava, dovrei vederlo ammazzare senza fare niente?). Non aveva, però, tempo per rfletterci sopra, doveva stare attento alla strada e seguire quel maledettissimo Van.

Come previsto da Eric, si fermarono nelle paludi degli Everglades; il cubano parcheggiò l'autovettura  in un luogo poco visibile e si mise in attesa, senza comunque staccare gli occhi dal furgone.
L'autista scese dal posto di guida, aprì il portellone posteriore e due uomini, uno dei quali era Ivan Sarnoff, portarono fuori Ryan.
Wolfe aveva la camicia aperta sul petto (allora gli hanno trovato la trasmittente, come previsto) e la stessa era strappata in più punti, guardandolo Eric si rese conto che barcollava e quasi incespicava sui piedi. Lo avevano malmenato, questo era chiaro, Ryan non era uno che se ne stava tranquillo, aveva quella maledetta mania di provocare e sfottere e i russi di sicuro non dovevano avere preso in grande simpatia il suo modo di fare.

Gli avevano legato i polsi con del fil di ferro e lo avevano fatto inginocchiare a terra;
"Bene, signor Wolfe" era Ivan Sarnoff a parlare "la tua ora è giunta. Se vuoi puoi pregare.....immagino che ti dispiacerà lasciare quello schianto di moglie che ti sei trovato....che ci troverà in te, poi...mah...L'hai fatta andare via, eh? Lei e la bambina.....ma vedrai che riuscirò a trovarle, prima o poi, e allora sì che ci sarà da divertirsi.....eh....ci sarà da divertirsi un mondo." e il russo sghignazzò allusivamente;
"Brutto bastardo! Le devi lasciare stare!" Ryan gli sputò addosso e fece quasi per alzarsi e lanciarsi contro Sarnoff, ma due mani forti lo spinsero nuovamente sul terreno, buttandolo a terra mentre alcuni calci ben assestati lo colpivano direttamente sulle costole. Gemette dal dolore per le botte e gemette una seconda volta quando una presa fortissima per i capelli lo riportò in ginocchio. Lo scagnozzo di Sarnoff  sfilò dalla tasca una Glock (noto tipo di pistola n dr) e gliela puntò verso la tempia.
"Addio, signor Wolfe."

"BANG!"

Lo sparo risuonò inesorabile e l'uomo che aveva Ryan sotto tiro cadde a terra, Wolfe si lasciò cadere anche lui, per proteggersi. Riuscì a rendersi conto che Eric era alle sue spalle e che lo sparo che aveva ucciso il russo proveniva dalla sua pistola. Intuendo quello che sarebbe accaduto immediatamente dopo, gridò: "Eric, attento!";
 ma il cubano si era già sdraiato a terra per schivare il proiettile indirizzato a lui e continuava a sparare.
Quasi contemporaneamente si sentirono altri spari; Ryan si ritrovava a terra, steso su di un fianco, con le mani legate dietro alla schiena, in una posizione scomoda e insicura.  Non riusciva a rannicchiarsi a dovere, non poteva usare le braccia e le mani per proteggersi la testa; più cercava di liberarle e più  il filo di ferro si stringeva intorno ai suoi polsi al punto che aveva iniziato a penetrare nella pelle e gli bloccava la circolazione. L'unica cosa in cui sperava  era di avere la fortuna di non essere colpito da alcun proiettile.
"Eric, Eric! cosa succede?" gridò Wolfe ma non ebbe alcuna risposta.
Poi la sparatoria cessò.
I tre russi giacevano a terra morti.


"Eric, ragazzo mio, stai bene?" Horatio si era chinato sul cubano per accertarsi delle sue condizioni; fortunatamente erano riusciti ad arrivare in tempo altrimenti sia Eric, sia Ryan sarebbero stati ammazzati;
"Sì, Horatio, sto bene....tutto a posto. Certo che ce ne avete messo di tempo! " chiese Delko;
"Scusa Eric, ma la ricetrasmittente non mandava il segnale";
"Quella nel dente? non dirlo a Wolfe o diventa matto! " fece per ridere ma cambiò immediatamente espressione, il suo viso si fece serio mentre chiedeva: "Wolfe....come sta? E' ferito?"
"Non lo so....ci sono Frank e Walter con lui".

"Ryan, Ryan, rispondi....dai Ryan!" Walter si era seduto a terra  per poter controllare meglio le condizioni del collega. Aveva il viso ed il corpo ricoperti di lividi ed ecchimosi, ma non sembrava avere ferite gravi;
"....Walter....." la risposta arrivò dopo qualche minuto e quasi sottovoce;
"Ryan, figliolo....sei ferito?" questa volta era stato Frank a parlare;
"Non credo, però non mi sento le mani." Wolfe aveva recuperato un minimo di voce "Ti prego Frank: liberami i polsi";
"Oh, merda!" fu l'osservazione del maturo agente alla vista dei polsi di Ryan serrati nel fil di ferro, che ormai gli aveva bloccato la circolazione, tanto che le mani erano diventate cianotiche,
"Walter, aiutami a liberargli i polsi!".
Piano piano, con delicatezza, riuscirono sciogliere i lacci, ci volle del tempo dato che, realmente, erano entrati nella pelle, arrivando anche a tagliarla in più punti, tanto che usciva il sangue e si vedevano alcune piaghe. Finalmente le mani di Ryan furono libere. Egli sussultò brevemente, notando i lividi e i segni sui propri polsi, ma si sentì anche  sollevato dal fatto che lentamente cominciava a riacquistare sensibilità nelle mani.
Walter lo aiutò ad alzarsi, sorreggendolo poi, nel frattempo erano arrivati anche Horatio ed Eric.
"Ryan, come stai?" chiese Delko "tutto bene?"
"Sì  Eric, sto bene.....almeno credo....devo ringraziarti, amico mio, hai rischiato la tua vita per me. Senza il tuo aiuto non so se ce l'avrei fatta."
"Non avrei mai potuto....mai, Ryan, lasciare che ti ammazzassero come un cane. Non ce l'avrei fatta a vederti morire davanti ai miei occhi"; il cubano pose la propria mano sulla spalla del collega e lo attirò a se per un abbraccio fraterno, sentì che stava tremando e lo rassicurò:"E' finita, Ryan, tranquillo, è finita"

"Sì, è finita, almeno lo spero......" disse poi  Ryan, e, cercando di recuperare un certo spirito, "certo che quando morirò.....voglio andare in Paradiso, perché all'inferno ci sono già stato oggi";
"Signor Wolfe" intervenne Horatio "vedo che la voglia di scherzare non ti manca......spero che sia un buon segno!" poi, più piano, con fare paterno "figliolo, scusaci se non siamo intervenuti prima."
"Non importa; siete arrivati al momento giusto..... grazie, grazie di tutto";
"Ed, ora, Signor Wolfe, devi andare a farti medicare i lividi e le abrasioni ai polsi, poi vieni nel mio ufficio"

Era già tarda sera quando Ryan entrò nell'ufficio di Horatio;
"Signor Wolfe" esordì il luogotenente in modo quasi distaccato, per poi cambiare subito atteggiamento e rivolgersi  più dolcemente al suo agente "Ryan, ragazzo mio, stai bene?" avuto un cenno affermativo come risposta, continuò: "Figliolo,  grazie a te e a quell'altro zuccone di Eric siamo riusciti a liberarci di Ivan Sarnoff e a mandarlo al demonio. Complimenti, hai fatto un ottimo lavoro"
"Allora, posso fare tornare Natalia e Olivia?" Ryan non vedeva l'ora di riabbracciare la sua famiglia;
"Sì, certo... ma ho un'altra proposta da farti....Ti do' due settimane di ferie e le raggiungi. Questa faccenda ti ha di sicuro provato e hai bisogno di un po' di riposo....te lo meriti"
Ryan guardò Horatio con gratitudine, quasi incredulo dell'offerta che gli era stata fatta, e gli disse:
"Grazie, Horatio, grazie veramente....però posso chiederti una cosa?"  l'altro rispose affermativamente con un cenno del capo;
"Non dire niente a Natalia, se la chiami...voglio farle una sorpresa ed essere io il primo a dirle che è tutto finito"
"Okay,  figliolo....e ora vai.....avrai da fare e dovrai sbrigarti se vuoi riuscire ad imbarcarti domani"

Natalia era in casa da sola, quel pomeriggio. Anjia e Olivia erano andate in spiaggia ma  lei aveva preferito rimanere tranquilla a casa. Se ne stava sdraiata sul divano, intenta a leggere un libro, quando sentì bussare alla porta; andò ad aprire e, lì davanti a lei, un po' pallido, col viso segnato ma sorridente, c'era suo marito.
"Oh" fu più un grido che un'esclamazione "Ryan! Ryan, Ryan, Ryan......"; continuava a ripeterne il nome all'infinito come un mantra mentre gli buttava le braccia al collo e gli occhi le si riempivano di lacrime;
"Va tutto bene.....Nat..... va tutto bene" ripeteva lui stringendosela forte al petto "tranquilla, va tutto bene...ssshhh non piangere, sono qui, qui da te......sto bene, sono salvo ....siamo salvi ....va tutto bene, va tutto bene, amore mio"
e la stringeva sempre più forte, mentre le baciava la fronte, i capelli, le guance umide di pianto.
Rimasero abbracciati a lungo e avrebbero potuto rimanere allacciati a quel modo per ore....per l'eternità, forse, se non fosse stato per una voce di bambina proveniente dalla strada;
"Papi! papi! sei qui! sei qui!!!" Olivia, di ritorno dalla spiaggia, aveva lasciato Anjia dietro di se e incominciato a correre verso Ryan. Questi, sentendola arrivare, si sciolse delicatamente dall'abbraccio di sua moglie per correre incontro a  sua figlia;
"Patatina, patatina mia!" la chiamò ridendo, ma aveva gli occhi umidi, mentre la prendeva in braccio, la sollevava come al solito e le dava un grosso bacio sulla guancia "la mia bimba! la mia bimba speciale.....come stai, patatina mia? Bene? sì ....si vede che stai bene", la guardò con estrema tenerezza;
"Il mio papi!" rispose la piccola "sono così felice che tu sia qui, papi.....tanto tanto felice. Mi sei mancato, mi sei mancato un sacco....ma ora sei qui, ora sei qui....." e la piccola appoggiò la testa sulla spalla del proprio padre ansiosa di ricevere baci e coccole ......che, peraltro, non tardarono ad arrivare.

Ryan non più ebbe modo di parlare da solo con Natalia fino a sera tarda quando entrambi stavano per andare a letto; lui era già disteso con la schiena appoggiata al cuscino, a petto nudo e sopra le lenzuola  mentre lei, in top e calzoncini, si stava coricando......lo guardò bene, notando i lividi sul corpo, oltre a quelli sul viso, e i polsi escoriati e bluastri, prese le mani di lui  nelle proprie e se le portò entrambe alle labbra per baciargli i lividi e le escoriazioni, poi gli si accoccolò vicino.
"E' stata dura?" gli chiese accarezzandogli il viso;
"No, non tanto" fu la risposta ma il viso di lui si era come oscurato;
"Non mentirmi.....te lo leggo negli occhi";
"Non riesco mai a fregarti, vero? E' stata dura, sì....e la cosa più difficile è stato non averti con me.....sei tu la mia forza, Natalia.....sei tu che mi dai il coraggio, sei tu la parte migliore di me. Quello che ho fatto l'ho fatto per te, per te  e per la nostra piccolina.....e, nonostante sia stato difficile, lo rifarei non una, ma cento volte";
"Vuoi parlarne?"
"Non ora ....ora voglio solo abbracciarti", Ryan socchiuse gli occhi e la strinse forte a sè; avrebbe voluto fare l'amore....ma Natalia, percependo l'eccitazione di suo marito,  fece in modo di sciogliersi dall'abbraccio;
"No, Ryan, non lo possiamo fare.....non possiamo fare l'amore per almeno due mesi"
"E perché?" lui era estremamente stupito e meravigliato che sua moglie lo respingesse;
"Perché aspetto un bambino!" fu la risposta pronunciata sottovoce, quasi fiocamente ma con grande dolcezza;
"Un bambino?!!! ma com'è possibile?....tu non puoi avere bambini, Natalia"
"E' quello che ho detto al medico, qui in ospedale.....ma le analisi e gli esami parlano chiaro: sono incinta......lo so sembra assurdo.....ma è così....qui non se lo sanno spiegare, dicono che è stato un miracolo."
"Non ci credo, non è possibile......sarebbe troppo bello, troppo bello avere un altro bambino....non è possibile...non è vero!"
"Ma devi crederci, amore mio, è la verità. Daremo un fratellino a Olivia....fra otto mesi, se tutto va bene......spero solo che non ci siano problemi." Natalia si rabbuiò per un attimo "Vedi, la mia è una gravidanza di quelle a rischio, così mi hanno detto, date le mie condizioni. Tu mi dovrai aiutare.....devo stare a riposo, non affaticarmi, evitare le emozioni forti e non potremmo fare l'amore fino al compimento del terzo mese"
"Certo che ti aiuterò. Non mi pesa prendermi cura di te e non mi importa dei due mesi di astinenza: la cosa veramente importante è che state bene tu e il bambino" tacque per qualche secondo e poi continuò "vedrai che andrà tutto bene e nostro figlio nascerà senza problemi......sarò padre.....nuovamente padre....è bellissimo, davvero è un miracolo. Il miracolo dell'amore.....".
Ryan pose il proprio palmo aperto sul ventre di sua moglie accarezzandolo delicatamente; "il nostro bambino....." proseguì "....qui c'è il nostro bambino....dormi bene, piccolino, cresci in fretta. Il tuo papà non vede l'ora di abbracciarti" poi, rivolto verso Natalia, "Olivia lo sa già?";
"No....glielo diremo insieme. Tu ed io com'è giusto che sia......Ryan sai di che cosa ho avuto paura?"
"No, di cosa?"
"Di doverglielo dire da sola! Temevo che tu non ne uscissi vivo e non so, davvero non so che cosa avrei fatto senza di te....non so se ce l'avrei fatta a crescere i nostri figli da sola!" e Natalia versò alcune lacrime, sommessamente.
 Ryan la strinse a se' e le disse:
"Sssshhh, Nat, va tutto bene. Sono qui, qui con te....li cresceremo insieme i nostri bambini.....stai tranquilla, ora....ci sono io.....ci sono qua io a prendermi cura di te e dei bambini....non sei sola. Non sarai sola mai; resterò sempre con te.....Ti amo, Natalia....ti amo tanto....immensamente.....immensamente".
La tenne a lungo fra le sue braccia, accarezzandola e baciandola e felice di ricevere a sua volta baci, coccole e carezze. Poi la sentì rilassarsi sempre più e si accorse, dal suo respiro lento, che si era addormentata.

Steso sul letto con sua moglie fra le braccia e il miracolo di una nuova vita che stava per nascere, Ryan  si scoprì ancora incredulo del grande dono che aveva ricevuto. Già si riteneva felice e soddisfatto di avere una figlia adottiva che lo adorava letteralmente ma ora....un figlio, un altro bambino in arrivo.......e nonostante tutto. Era tutto troppo bello, troppo perfetto, non poteva crederci.
E invece era vero, reale; era una benedizione, un miracolo.
Il miracolo dell'amore.

The miracle of love 
Will take away your pain 
When the miracle of love 
Comes your way again. 



Lunghetto eh? ...scusate ma non volevo spezzarlo spero che non vi rompiate troppo a leggerlo.....allora cominciamo con le spiegazioni, la canzone "The miracle of love" è degli Eurythmics, è bellissima, vecchiotta e mi è venuta in mente mentre scrivevo il capitolo qui, se volete c'è il link  http://www.youtube.com/watch?v=s901V3GvELQ
Lo so, lo so che probabilmentela gravidanza di Natalia non regge dal punto di vista medico e che è una cosa manifestamente illogica che lei abbia un figlio....ma alla fine mi è uscita questa cosa e spero (ancora?) che non la troviate troppo assurda.

Mi scuso anche per il ritardo con cui l'ho postato ma è stato un po' difficile da mettere insieme e poi sono stata in vacanza per una settimana ed è stata vacanza da tutto, anche da internet.

Bene saluto tutti e soprattutto le due più grandi fan delle mie Wolvista ovvero Mick (il kiwi ormai è buono per farci la marmellata  :D ) e la mia nuova, affezionatissima, fan  SuperCsi.....
ma siete tutti benvenuti a leggere e recensire

A presto
Love
Jessie



  
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