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Autore: Midnight_whisper    03/07/2013    0 recensioni
Una breve storia per spiegare un pensiero semplice ma penso condivisibile da chiunque. La storia tratta della speranza e di come questa renda tutto più interessante nella nostra vita e ci permetta di crearci dei nostri spazi, solo nostri.
Si tratta di un piccolo omaggio al mio mentore nella scrittura e ai fantastici arancini siciliani.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La speranza. La speranza è tutto quello di cui un uomo ha bisogno. Sperare. Finché avrete qualcosa in cui sperare, qualcosa da ottenere, sarete vivi. Vi siete mai chiesti come mai ogni cosa perde tutto il suo potere attrattivo nei nostri confronti nel momento in cui la otteniamo?
Il cercatore era un uomo come tanti altri. Ormai in pensione, si aggirava intorno alla settantina. La sua vita non aveva mai registrato eventi speciali o eclatanti eppure, fra tanti uomini, lui si godeva la vita meglio di chiunque altro. Come tanti settantenni felici aveva una famiglia. Aveva due figli, uno dei quali gli aveva dato un nipote dopo il suo matrimonio. Entrambi erano piuttosto presenti nella sua vita e non facevano mancare a lui né a sua moglie l’affetto filiale che ad ogni genitore dovrebbe essere dovuto.
Cosa c’è di particolare in tutto questo? D’accordo: avere una vita serena, in una famiglia che ti faccia sentire ben voluto è importante, ma quali misteriosi requisiti ha il nostro cercatore per poter essere il protagonista della nostra storia? Il cercatore, fondamentalmente, spera. Non smette mai di sperare.
 
Quarantacinque anni prima, all’età di venticinque anni, il cercatore stava compiendo una gita, una scampagnata con alcuni dei suoi più stretti amici. Si ritrovavano sperduti in qualche minuscolo paesino sulla costa orientale della Sicilia. Non sapevano come fossero arrivati in quel paesino, dato che si erano persi e non sapevano nemmeno come sarebbero potuti tornare indietro. Della loro gita non erano rimasti che i panini che tutti, in vista del pranzo, si erano portati da casa. Tutti. Tranne il cercatore.
Quella piazza la ricorda ancora, il cercatore. Era spoglia, piena di colori grigi, sbiaditi, dei non-colori. Ricorda benissimo la chiesa che si ergeva in tutta la sua diroccata monumentalità al centro della piazza e ricorda i rintocchi del campanile che segnavano l’una e mezza. Ricorda il caldo asfissiante che lo aveva colto mentre stava andando in cerca di un panificio e ricorda quel minuscolo locale, all’angolo della strada. Come scordare quel locale? Vi entrò. Non sapeva nemmeno lui per quale motivo, ma vi entrò. Forse qualcosa lo aveva chiamato dall’interno. O almeno, questo è quello che dice oggi il cercatore. Dietro al bancone, sporco in viso, un uomo col grembiule pieno di farina.
Il cercatore chiese un arancino.
Se lo ricorda ancora quell’arancino. È proprio a causa di quell’arancino se ricorda tutta quella gita, quella piazza, quella chiesa, quel locale. Non aveva mai mangiato niente di più buono. Era perfetto.
Fu così che qualche ora dopo, quando il gruppo di amici lasciò il paesino, il cercatore si ripromise che l’avrebbe mangiato ancora.
E tornò un anno e mezzo dopo in quel luogo, da solo questa volta. Ma questa volta quel locale non c’era più.
 
Da quarantacinque anni è ancora in cerca di quell’arancino. Di quella ricetta. Di quella perfezione. Ed è per questo che, nonostante la sua vita sia apparentemente normale, lui è in continua ricerca. E spera.
Lo prendono in giro i suoi parenti, ci ride sopra anche lui. Il tempo deve aver idealizzato quell’arancino mangiato in un momento di particolare fame e stanchezza, non c’è dubbio. E lui sorride e nonostante ciò non ci crede. E continua a cercare.
La sua vita è perfettamente normale ma, almeno una volta a mese, la sua famiglia lo perde. Se ne scorge appena l’ombra sfuggevole quando si mette lo zaino sulle spalle qualche giovedì mattina e si reca nei luoghi più lontani, con l’unico obbiettivo di riassaggiare quella delizia.
E la sua ricerca non è altro che un continuo fallimento. Il suo volto è colmo di disappunto ogni volta che rientra a casa. Glielo leggono negli occhi ormai, che non l’ha trovato. “Aveva troppo poco sugo”. “La carne era tritata male”. “Si sono scordati i piselli”. “Troppo fritto”. “Ingredienti scadenti”. Non lo trova mai quell’arancino perfetto e, anche se nessuno ha il coraggio di dirglielo in faccia, non lo troverà mai. Eppure continua a sperare.
 
Avvenne una domenica pomeriggio, mentre passeggiava lentamente con suo nipote. Avvenne che il cercatore entrò in un bar per comprare un gelato al bambino. E decise di assaggiarlo quell’arancino messo tutto solo, dietro il vetro trasparente. Non che ci credesse molto quel giorno, probabilmente ne sarebbe rimasto tanto deluso che avrebbe potuto buttarlo. Lui che tanto amava gli arancini, buttarne uno... Dove stava finendo il mondo?
E diede un morso. E lo riconobbe subito. Era lui. Era quella la ricetta che tanto aveva sognato, bramato, desiderato gustare un’altra volta. Era perfetto. L’equilibrio fra condimento e riso era bilanciato in maniera eccezionale e la crosta esterna era fritta proprio al punto giusto, senza essere troppo oleosa ma conservando la fragranza che l’arancino, in quanto arancino, non può che dimostrare alle papille gustative. Era lui. E lui non era mai stato tanto entusiasta. L’aveva trovato.
 
Sarebbe bello poter concludere questa storia così, con un apparente lieto fine. Ma io faccio cronaca, non invento storie. Ed è un mio dovere illustrare gli esiti di questa scoperta del cercatore.
Il cercatore è, oggi, un uomo normale. Ha una famiglia calorosa, due figli sposati e due nipoti, un maschio e una femmina, entrambi bellissimi e che adorano passare interi pomeriggio con lui. Diletta le sue giornate fra gli affetti familiari e i passatempi personali. Eppure, questa volta, è un uomo normale. Non è più il cercatore. Non ambisce più a nulla. Quella serenità trovata è l’unica cosa che gli interessa e gli basta che nessuno gliela tolga. La vita è tanto tranquilla e tanto rassicurante.
E tanto meno elettrizzante, quando non speri più. Quando non cerchi più.
  
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