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Autore: Aqua24    03/07/2013    3 recensioni
Sicuramente quel cambiamento radicale era solo un avvertimento per ciò che, in quell'istante, stavo udendo da dietro la porta del sottoscala.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un uomo normale.
Eravamo sposati da dieci anni, e per dieci anni si scordava sempre del nostro anniversario.
Beveva birra e fumava in casa, nonostante lo rimproverassi sempre per questo.
Non amava le romanticherie, eppure ogni tanto, quando mettevo il broncio, si presentava con un mazzo di rose e un cofanetto di cioccolatini.
Quelli fondenti, i miei preferiti.
 
Era un uomo normale.
Aveva molti amici, era amato da molte donne, ma guardava solo me.
 
Non avevamo figli.
Lui non ne voleva.
Io invece avrei desiderato una femmina, però mi adeguavo.
 
Circa una settimana fa, tutto cambiò all'improvviso.
Lui, lui cambiò.
Divenne distante, freddo, sempre sulle sue.
Le mani gli tremavano in continuazione.
 
Più e più volte gli chiedevo "Amore, qualcosa non va?"
E lui non rispondeva mai.
Non desiderava neanche più il sesso prima di dormire, o la sveltina prima del lavoro.
 
Non era più mio marito, era diventato un perfetto estraneo.
Questa cosa mi uccideva.
 
Sicuramente quel cambiamento radicale era solo un avvertimento per ciò che, in quell'istante, stavo udendo da dietro la porta del sottoscala.
Mi ero rifugiata lì sotto quando lui mi aveva detto "Ho sentito dei rumori in giardino, tu resta qui." e se ne era uscito tutto agitato.
 
Sentivo dei rumori orribili, gridi di atroce sofferenza.
Il rumore di ossa spezzate e di carne lacerata.
Il sangue fluiva sotto la porta fino a raggiungere i miei piedi.
 
Mi coprivo la bocca, soffocando un grido a mezza gola.
Chi era l'assassino che stava facendo tutto quell'orrore a mio marito?
A quell'uomo calmo, che non faceva male neanche alle mosche?
 
Mentre dall'altra stanza si sentivano i rumori delle sacche della spazzatura riempirsi e poi venire chiuse, impugnai saldamente quella che doveva essere un'accetta.
L'accetta che usava lui per tagliare la legna del camino.
Quel camino che tenevamo acceso nelle lunghe serate invernali fatte di coccole e film.
 
Sapevo di aver perso la lucidità quando spalancai la porta e incastrai l'accetta nello strato di pelle tra le spalle dell'assassino, che cadde a terra a peso morto.
 
Tremavo ed ansimavo, mentre il sangue ricopriva gran parte del pavimento dell'ingresso.
Con un piede, girai di forza l'assassino, quanto bastava per guardarlo in volto.
 
E lì raggelai.
I suoi occhi azzurri sembravano voler uscire dalle orbite da un momento all'altro.
Mi accasciai a terra, piangendo, tremando, sudando.
Il suo assassino.
L'assassino di mio marito.
 
Ero io.
  
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