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Autore: Aluah    03/07/2013    7 recensioni
Avrebbe dovuto gioire della sua promozione.
E invece stava in piedi su un promontorio abbandonato dal mondo e dimenticato da Dio, dando le spalle al mare e alla nave ancorata a qualche decina di metri dalla riva. Non aveva voglia di rimettersi in viaggio per raggiungere le macerie del quartier generale e ricevere le nuove disposizioni.
Doveva prima fare una cosa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Smoker | Coppie: Ace/Smoker
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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ace x smo



Brucerà per sempre.



Fiori, ricordi, parole e saluti sussurrati a fior di labbra.
Era finito tutto: la guerra, la pace, un' era di pirati chiamata Barbabianca. Si erano spente leggende ed erano nati rancori troppo profondi per essere sopiti nel poco tempo trascorso dagli ultimi eventi.
Marineford era stata una svolta.
Avrebbe dovuto essere felice nonostante la distruzione del quartier generale; la feccia dei mari aveva perso il suo capostipite ed uno dei pirati con una taglia da mezzo miliardo di berry.
Newgate era morto.
Portgas l' aveva seguito.
Padre e figlio fino alla fine.
Sarebbe dovuto essere in qualche taverna a festeggiare con i suoi uomini, brindando alla nuova epoca che il Grande Blu avrebbe visto. Quella del Nuovo Mondo, dove ogni legge conosciuta andavi a farsi benedire assieme ai buoni propositi di lealtà e lotta contro la corruzione. Avrebbe dovuto sorridere nonostante i numerosi danni subiti: il campo base degli ufficiale e ammiragli sarebbe stato ricostruito a breve in un luogo più consono all' evolversi degli eventi, seguendo gli spostamenti delle ciurme di pirati più pericolose del mondo.
Avrebbe dovuto gioire della sua promozione.
E invece stava in piedi su un promontorio abbandonato dal mondo e dimenticato da Dio, dando le spalle al mare e alla nave ancorata a qualche decina di metri dalla riva. Non aveva voglia di rimettersi in viaggio per raggiungere le macerie del quartier generale e ricevere le nuove disposizioni.
Doveva prima fare una cosa.
Davanti a lui stavano il biondo e il rosso, gli ultimi che avevano visto lui, quelli che gli avevano dato l' ultimo saluto prima di seppellirlo. Guardavano al lapide di marmo bianco in religioso silenzio, un comportamento che non sarebbe mai potuto passare per quello di un pirata. Di tanto in tanto si lasciavano sfuggire qualche sospiro, liberando la tensione che li attanagliava, senza però riuscire ad eliminare anche la tristezza.
E lui, di quanti sospiri avrebbe avuto bisogno per scaricare i sensi di colpa che gravavano sulla sua coscienza?
Troppi, forse non sarebbero mai bastati.
D' un tratto si sentì osservato; due paia di occhi si erano spostati su di lui e lo scrutavano con attenzione e curiosità, in attesa sicuramente della sua prossima mossa. Se il contesto fosse stato diverso era certo che vi avrebbe letto anche dell' ironia, specialmente i quelli della Fenice. Ma in quel caso, di ironico c'era solo il fatto che lui fosse lì, a torturarsi come un ragazzino masochista senza un apparente motivo.
Cosa voleva dimostrare? Era un marine che stava omaggiando la morte di un avversario, un pirata, un uomo che avrebbe dovuto odiare.
E che invece aveva amato.
Il rosso diede un debole strattone alla camicia del biondo, dicendogli qualcosa che somigliava molto ad un " andiamo, ora è il suo turno ", ma sarebbe potuto tranquillamente essere un insulto a tutto ciò che lui era e rappresentava. Era un marine, ed poteva essere appena stato insultato da un pirata. La verità era che non gliene fregava poi più molto. Un giorno avrebbe spaccato i loro culi, avrebbe ripreso il suo posto e il suo grado arrivando anche più in là forse delle sue aspettative.
Ma non ora.
Si cacciò le mani in tasca, esalando l' ennesima boccata di fumo. Chissà se il catrame dei sigari avrebbe potuto nuocergli in qualche modo, corrodergli i polmoni e renderlo pian piano artefice della sua autodistruzione; era fatto di fumo dopotutto, e se davvero fosse successo sarebbe stato il paradosso più ridicolo a cui avrebbe assistito nell' arco di una vita.
Ma dopotutto lui stesso era un paradosso.
Arruolato in marina ma amante di un pirata. Uno per giunta che, se fosse stato ancora vivo, sarebbe potuto diventare una seria minaccia per gli equilibri del nuovo mondo dopo tutto quello che era successo a Marineford.
Scosse la testa, portando lo sguardo ai suoi piedi. L' erba carezzava i suoi anfibi marroni tirati a lucido, mossa dal vento che si era alzato da ponente e che faceva svolazzare anche il suo lungo cappotto grigio, alzandolo sufficientemente perché l' aria colpisse anche il suo petto nudo. Faceva freddo, era innegabile.
Iniziò a ridere senza un preciso motivo, sembrava isterico tanto era sguaiata la risata che riecheggiava nell' aria; i marine non piangevano, mai, e se ridere gli sarebbe servito ad arrestare le emozioni, lo avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni. Sarebbe sembrato un pazzo, se ne rendeva pienamente conto, ma per lo meno il suo orgoglio sarebbe rimasto intatto quel tanto che bastava per non farlo sembrare un sentimentalone senza palle.
Ben presto la sua sagoma sparì dal promontorio, sostituita da una lingua di fumo denso e grigio che si allungò nella penombra finché non giunse davanti alla lapide più piccola, quella dove stavano appoggiati un cappello color arancio e un pugnale riccamente decorato, sistemati con cura su una croce di legni intrecciati.
La contemplò un attimo, giusto quel secondo che necessitava per prendere coscienza che fosse davvero rimasto solo.
Ce lui non ci sarebbe più stato.
Che era un marine senza il suo bersaglio preferito.
Sorrise un' ultima volta, forse l' ultima della sua vita, prima di accovacciarsi e portarsi una mano alla bocca, prendendo tra le dita uno dei simboli che lo avevano sempre contraddistinto e di cui ora si voleva in parte privare. Ne teneva sempre due tra le labbra, stringendoli con i denti e fumandoli con ingordigia, sapendo che una volta finiti li avrebbe sostituiti con due copie identiche.
Si rigirò il sigaro tra il pollice e l' indice, sorridendo di sbieco mentre lo poggiava a terra e lasciava che si consumasse da sè.
Portgas amava accendere i suoi cubani.
Si divertiva.
Si rialzò, abbandonando sulla tomba quell' ultimo involucro di tabacco, lasciando che si consumasse da solo, come non aveva mai fatto.  Lo stava sfidando ancora una volta, l' ultima prima che lasciase quel pezzo di terra dimenticandosi della sua sofferenza del suo nome inciso su quella lapide, negandosi la verità.

Che lo spegnesse ora quel dannato sigaro, che gli dimostrasse che c'era ancora, che lo stava prendendo per il culo.
In cuor suo sperava di tornare lì cento giorni dopo e trovarlo ancora acceso.
Con un ultimo sospiro si allontanò, dando finalmente le spalle al capitolo più importante del suo passato. Non lo avrebbe mai chiuso, semplicemente l' avrebbe sigillato, mettendolo in quarantena cosicchè non bruciasse più.
Perchè il fuoco di Ace sarebbe sempre arso, vivo  o morto.








Angolo dell' autrice:
Io devo sperimentare in questo periodo! Punto.
Un giorno arriverò anche alle Law x Kidd con law schifosamente uke.
Questa è la mia prima storia dove Shonen- ai. Solitamente scrivo solo Zoro x nami, Franky x Robin e solo ultimamente ho meso in cantiere qualche yaoi Sasunaru, naruSasu, sporcellate tra maschietto e figliolo, ecco.
Se volete farmi sapere che ne pensate ne sarei felice!
Saluti,
Alu.
   
 
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