Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: AlfiaH    04/07/2013    6 recensioni
Raccolta di 51 drabble dedicate ad Alfred e Arthur. Scene tratte dal manga, scene tratte dall'anime, scene inventate, episodi storici, di tutto e di più!
UsUK/ Comparsa di Francis, Peter, Wy e Seychelles in alcune parti.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Lime, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Okay, scrivere questa cosa è stato un lavoraccio ma alla fine ce l'ho fatta!
Ne dubitavate? Hohohohohn. Okay, la pianto.
Beh, oggi è il compleanno di Alfred, ma nel mio caso è anche il suo anniversario di nozze con Inghilterra!
Ahn, la roleplay <33
Perciò la dedico anche ad Arthur! O chi ne fa le veci LOL
 Spero vi piaccia! Alla fine troverete delle note storiche, per chi vuole avere dei chiarimenti.
E niente! Buon anniversario/compleanno cucciolibenhrigvughfu *sclera*
...Mi schioppo, vah.



51 Times UsUk.

 


1.      Not alone

Il piccolo America poggiò una manina sulla spalla di Inghilterra, guardandolo con gli occhi lucidi. Vedere quell’uomo così triste gli aveva spezzato il cuore.
“S-Stai bene? Non piangere…”
“Mi dispiace, non ho nulla da offrirti…”
“Non importa, voglio venire con te!”
Arthur spalancò gli occhi per poi accigliarsi, confuso. Lanciò una rapida occhiata verso Francis che  intanto si mordeva le mani.
“C-Cosa? Davvero?...”
“Mhm! Posso chiamarti “fratellone”?”
Il più grande si alzò e ricambiò il sorriso sincero e affettuoso che gli stava rivolgendo quel piccoletto appena conosciuto. Ci pensò.
“Inghilterra. Inghilterra andrà bene.”
“D’accordo Inghilterra! Adesso nessuno dei due sarà più solo!”
 


 

2.       You’re my special child

“America! Vieni qui, non correre!”
“Dai, dai, sei troppo lento! Vieni, siamo quasi arrivati!”
Il bambino tornò indietro per prendere la mano del suo tutore e trascinarlo tra il verde.
Era sicuro che quello spettacolo gli sarebbe piaciuto.
“Guarda! Guarda quanti fiori! Sono tutti per te, England!”
L’inglese sorrise dolcemente. Quant’era tenera la sua colonia.
“Ma non puoi regalarmi dei fiori piantati nel terreno!”
“Allora li coglierò tutti e te li regalerò! Uno alla volta!”
“Sei davvero speciale, America.”
 




3.       If you are with me, I won’t be scared.
 
“England… P-Posso dormire con te?...”
Il piccolo America scosse piano l’uomo steso sotto le coperte, senza ricevere alcuna risposta. Probabilmente stava dormendo. Corse dall’altro lato del letto e ci saltò sopra, gattonando lentamente verso il suo petto, caldo, accogliente. Si accoccolò tra le sue braccia e ci poggiò sopra la testa. Sorrise.
Adesso poteva sentirsi al sicuro.
 


 
4.       So important

“Inghilterra! Inghilterra! Sei tornato!”
Il ragazzino dagli occhi azzurri abbracciò stretto il corsaro appena questi scese dalla nave, mettendo i piedi a terra.
“Anche tu mi sei mancato, America…”
“Tu di più!”
L’inglese addolcì lo sguardo e accarezzò piano la sua piccola colonia, compiaciuto e rattristito allo stesso tempo. Cresceva davvero in fretta. America gli strinse forte la mano e lo tirò, rischiando di farlo cadere.
“Andiamo! Passeremo la giornata assieme, vero?”
Quegli occhi luccicanti, quello sguardo supplicante, quel modo così semplice di chiedere le cose, quelle richieste sincere gli intenerivano l’anima. Per la prima volta si sentiva importante per qualcuno.
“Tutto il tempo che vorrai.”


 

5.       I want you are happy
 
“Davvero? Sono per me? Woah! Sono fantastici, Inghilterra!”
Gli occhi luccicanti dell’americano vagavano da un soldatino all’altro, entusiasti, frenetici e il suo entusiasmo riempì Arthur di orgoglio e felicità.
“Certo. Sono contento che ti piacciano.”
L’inglese sorrise con dolcezza mentre andava a sedersi accanto al ragazzino.
“Ma hanno tutte le facce diverse! E’ fantastico!”
“Sono fatti su misura per te, America.”
“M-Ma… Ti sei fatto male al braccio, Inghilterra?”
Il solo pensiero lo fece arrossire. Aveva lavorato davvero tanto per quel regalo, per la sua piccola colonia.
“Tranquillo, non è niente. L’importante è che tu sia felice.”


 
6.       I don’t want to be you
 
L’americano si guardò nuovamente allo specchio, davvero poco convinto del suo nuovo abbigliamento.
“England, sei sicuro che debba indossarli?”
L’inglese gli si avvicinò e guardò soddisfatto il suo riflesso, mentre un piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra. Sembrava davvero un gentiluomo.
“Sei incantevole vestito in questo modo.”
“Ma i miei vecchi vestiti mi piacevano!”
La colonia si lagnò ma Arthur scosse piano la testa in segno di disapprovazione.
“Vederti conciato in quel modo sciatto mi faceva davvero soffrire, America.”
“Ma…”
“Sembri davvero un galantuomo.”
“Ti sbagli. Sembro te, Inghilterra.”
 

 



7.       I’m not yours
 
“Inghilterra, devo parlarti…”
“Non ora, sono impegnato.”
L’inglese rispose quasi freddamente mentre sistemava delle carte sulla scrivania. Le cose non andavano affatto bene, la Guerra Europea era stata dura, ma non avrebbe mai permesso alla preziosa colonia di immischiarsene, di sporcarsi le mani.
“Ti prego, è importante…”
“Anche le cose che ho da fare sono importanti.” Rispose Inghilterra distogliendo lo sguardo. Già sapeva.
“Ho deciso di diventare una nazione indipendente.”
Il silenzio cadde nella stanza con un tonfo assordante. Arthur non volle neanche soppesare quelle parole.
“Tu hai deciso?”
“Il mio popolo soffre, muore di fame, non posso ignorarlo!”
Il più grande strinse dei fogli tra le mani e digrignò i denti, sibilando appena.
“Non se ne parla.”
“Cosa?! Perché?!”
“Sei ancora un moccioso.”
“Sono una nazione!
“Sei la cosa più preziosa che ho. Non posso lasciarti andare via!”
“No, Inghilterra. Tu non mi hai.”


 
8.       Boston Tea Party
 
L’inglese guardava fuori dalla finestra, una mano stretta sulla tenda, l’altra lasciata andare sul fianco.
Un velo di tristezza a coprirne lo sguardo.
“Mi dispiace, England…”
“Sta zitto. Sto cercando di riflettere.”
Le sue parole erano fredde, vuote, amareggiate.
“Non potevo tradire i miei compagni, cerca di capire…”
“Quindi hai pensato bene di tradire me.”
“No! I-Io… Era un segreto, avresti fatto loro del male e…”
La voce di America vibrò incerta. Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia. Aveva sbagliato?
“Già. Probabilmente avrei dovuto aspettarmelo.”
Inghilterra uscì dalla stanza mentre i Sons Of Liberty davano il via alle danze.


 
9.       Go to Hell!

“America! America, dannazione, torna subito qui!”
“NO!”
“Non farmelo ripetere!”
“Tasse, tasse, tasse! Sono stufo del tuo modo di fare!”
“Non fare il bambino!”
L’americano si voltò di scatto, lo sguardo acceso, furioso. Non l’aveva mai visto in quello stato.
“Tu non accetti il mio aiuto anche se è palese che il tuo metodo NON FUNZIONI! E io sarei il bambino?!”
“Sta zitto! Non accetto consigli da una stupida colonia!”
I suoi occhi si ghiacciarono, sgranandosi appena, le sue labbra tremarono, sentì il petto gonfiarsi. Inghilterra si morse la lingua poggiandosi alla parete del corridoio. Non doveva.
“I-Io non volevo…”
“Va al diavolo, Inghilterra.”
La porta sbattè forte lasciando in quella casa un cuore frantumato.
 



10.   The Day of Equality.
 
La pioggia incessante aveva reso fangoso il terreno che si sbriciolava ad ogni goccia.
Cadeva su tutto, sulle armi, sugli eserciti, sui soldati, sugli uomini.
Che combattessero per la libertà o per amore, li rendeva uguali.
“Arrenditi, Inghilterra. Non sono più un bambino e nemmeno il tuo fratellino! Da oggi mi dichiaro indipendente!”
“MAI!”
Arthur gli puntò contro il moschetto dopo aver fatto volare via il suo. Sentiva la vita scivolargli dalle dita, il mondo andare in mille pezzi. Le gambe gli cedettero, cadde. Nel fango, tra le lacrime, sotto quella pioggia.
Il cuore a pezzi.
“Eri così grande…”
Adesso si, erano uguali.
 
 



11.   Too late.
 
Caro America,
dato che non vuoi ascoltarmi, ho pensato di scriverti questa lettera. Spero avrai almeno la decenza di aprirla e leggerla accuratamente. Quello che voglio proporti è solo una tregua. Una richiesta di pace. Non voglio più combattere, non contro di te. Sai, se i miei superiori dovessero leggerla, finirei nei guai. Sto davvero rischiando tanto. Ma se non ti arrendi, non posso farlo nemmeno io, se insisti, dovrai passare sul mio cadavere. Non voglio puntarti un fucile contro. Tu puoi mettere fine a tutto questo.
Ti prego, America. Non andartene, non spezzarmi il cuore.
Non voglio perderti.

Inghilterra.

Alfred strinse forte quel pezzo di carta tra le dita, un gemito strozzato varcò la soglia delle sue labbra.
Era troppo tardi.
 




12.   Too cold.
 
L’acqua rifletteva intatta l’immagine della luna che solo raramente sembrava incresparsi per ordine di qualche  onda che osava sollevarsi leggermente più delle altre. Il mare si era calmato ed era quasi idilliaco starne ad ascoltare i sospiri. La notte però era scesa, buia, fredda, ed entrambi i naufraghi si chiedevano quando sarebbero tornati a casa.
“ Hey America… Questo posto è davvero caldo di giorno e troppo freddo di notte…”
“Lo sai, odio darti ragione, ma sono d’accordo con te!”
 “Freddo…”
“Eeeh?! Non farò niente per scaldarti!” Sbraitò l’americano, imbarazzato.
Inghilterra arrossì violentemente, voltandosi dall’altra parte.
“Certo che non farai nulla, idiota!”
Quella notte era appena diventata ancora più fredda.
 



 
13.   First Follower
 
“Oh, c’mon, England! Datti una mossa! Esci di lì!”
“S-Sta zitto! Q-Questo costume è indecente!”
“Dovresti sentirti fiero di aver vinto questo premio!”
America si poggiò al muro sistemandosi la maschera nera sulla testa. Ebbe quasi un infarto quando vide l’inglese uscire dal camerino, col volto color porpora e il corpo avvolto dal costume giallo e rosso. Boccheggiò e deglutì a vuoto. Si sentì un depravato.
“N-Non guardarmi come fossi un gelato gigante, idiota!”
“Sei… Insomma, il costume di Robin ti dona! Anche il ruolo ti sta bene!”
“Tu invece come Batman fai schifo. Lui è un tipo silenzioso.”
“Eh? Non avevi detto di non aver mai visto il film?”
Arthur ignorò la domanda e si diresse verso il palco.
Infondo non poteva mica dirgli di essere il suo fan numero uno.
 


 
14.   Happy Valentine Day!
 
Arthur si avvicinò all’americano, la barretta di cioccolato stretta in una mano e il viso arrossato. Vedere che teneva tra le braccia un secchio di dolciumi non lo mise di buon umore e tutti i suoi buoni propositi sparirono lasciando posto ad una profonda irritazione.
“Vedo che ti sei dato da fare quest’anno.”
“Ho parecchie fans.” Alfred sorrise e fece spallucce, beandosi dell’espressione contrariata dell’altro. “Sei geloso?” Continuò, divertito.
“C-Certo che no! Perché dovrei? Sei un bel ragazzo, è normale che tu abbia tutte queste ammiratrici…”
“I loro regali non mi interessano.”
“Tsk, sei sempre stato un ingrato.”
“Il tuo però mi ha riempito il cuore.”
 



15.   Go home, England. You’re drunk.
 
Arthur non reggeva l’alcol e questo era un dato di fatto. Per questo America rimase leggermente sorpreso quando l’inglese, con molta cortesia, lo invitò a bere un bicchiere insieme.
“Ahhhhhhrrrggg… S-Stupido America! Stupido Lafayette! Nhh…” Inghilterra singhiozzò poggiando la testa sul bancone, sotto lo sguardo divertito dell’americano.
“Hey, England! Non dirmi che sei già sbronzo! Hahahah!” Lo richiamò Alfred, buttando giù un altro Whisky.
“Shhh! Sta zitto… Non capisci niente! Sei uno stupido, stupido, stupido, stupido, uno stupido idiota! Non saresti niente senza di me! Idiota!” Rispose l’inglese in malo modo, scoppiando in un pianto isterico.
“Ehh? Ancora con questa storia?”
Arthur tirò su col naso prima di essere caricato in spalla.
“I-Io… Pensavo… N-Noi… Contro Francia… Insieme…”
“D’accordo, ti porto a casa.”
 



 
16.   Stop you.*
 
The Battle of France is over. I expect the Battle of Britain is about to begin...
Inghilterra colpì ancora la nazione tedesca mentre i loro schieramenti si davano battaglia nei cieli. Essa però rise, pulendosi il labbro spaccato col dorso della mano. Un altro aereo era esploso.
“Cosa c’è, Germany? Pensare alla tua imminente sconfitta ti fa ridere?”
“Tu non perdi mai il tuo sarcasmo, mh?” Ludwig si avvicinò di nuovo lanciando in terra il brandello di stoffa che era riuscito a strappare. “Peccato che tu sia disarmato.” Gli sparò ancora, forandogli una gamba. Le urla lancinanti vennero coperte dai motori.
“Arrenditi, England.”
“MAI!”
La canna di una pistola si poggiò sulla nuca di Germania, sentì la sicura scattare a pochi centimetri dall’orecchio. Una voce.
“Un altro passo e sei morto.”
E le aquile varcarono i cieli.
 



17.   Revenge
 
 “England! England! Ho saputo che stai male!” America sbraitò, spalancando la porta della camera da letto. L’inglese, steso a pancia in su, non fece neppure in tempo a voltarsi che si ritrovò l’altro al suo capezzale. Respirava a fatica, il corpo ustionato era scosso da brividi, il volto in fiamme. Quell’ultimo attacco era stato violento degli altri. I suoni gli giungevano ovattati, le immagini sfocate. Eppure America sembrava davvero in lacrime.
“America…” sussurrò appena, sperando che l’altra nazione lo sentisse. Sentiva lo strano bisogno di rassicurarlo.
“Sono qui! Adesso sono qui… Sarei dovuto arrivare prima… Mi dispiace…” L’americano sfiorò il suo braccio e lo percorse fino ad incrociare le dita con le sue, ghiacchiate, quasi senza vita.
“Non è colpa tua… Io non ti odio… I-Io…”
“Shh, riposati. Torno tra un po’.”
“D-Dove vai?...” Sussurrò Arthur, cercando di stringere la presa quando lo vide estrarre una pistola.
“Da Germania.”


 
18.   In my way.
 
“Francia è nei guai, non può più combattere, dobbiamo aiutarlo!” Sentenziò America per l’ennesima volta, sbattendo con forza le mani sul grande tavolo ovale.
“Quel bastardo se lo merita dopo avermi abbandonato sul campo di battaglia.” Inghilterra lanciò uno sguardo fugace agli alleati, trovandoli d’accordo con le sue parole. “Inoltre posso benissimo cavarmela da solo sul fronte italiano.”
“Con un braccio rotto, aru? Nelle condizioni in cui ti trovi, ci farai solo perdere, aru!” Rispose Cina alzandosi in piedi.
“Andrò io con lui!” Urlò l’americano con la chiara intenzione di mettere fine al discorso. Il suo tono  non ammetteva repliche.
 “What?! Non se ne parla! Ho detto che posso farcela da solo! Non voglio il tuo aiuto!”
“Perché? Non sono più una stupida colonia, mi pare.”
Inghilterra sgranò gli occhi.
 “Stavolta si fa come dico io. Stavolta riuscirò a proteggerti, England.”
 



19.   Afraid to lose you.
 
Arthur sbuffò sonoramente notando che la giovane nazione non stava facendo altro che ignorare la sua spiegazione.
“Se dobbiamo combattere insieme, cerca almeno di collaborare, idiota.” Lo richiamò per l’ennesima volta picchiettando la bacchetta sulla lavagna.
“Scendi in campo e spara, non mi sembra così difficile!” Protestò l’americano stiracchiandosi.
“Questa non è una strategia! Perché non fingi di pensare ogni tanto?”
“Come stai?”
“C-Che ti importa? Sto bene.” Esitò l’inglese prima di rispondere a quell’inaspettata domanda. Si stava preoccupando per lui?
“Ho avuto paura di perderti.”
“Io… Niente, sono felice che tu stia bene!”
 



30.   When you grow up (Fem!Verse)
 
La ragazzina americana se ne stava seduta sul letto, le gambe tenute strette, gli occhi bassi velati da qualche lacrima. Si sentiva in trappola. Non avrebbe mai voluto rivelare un segreto tanto grave alla persona che più amava al mondo. Avrebbe sofferto troppo.
“Coraggio, Emily. Piantala di piangere e dimmi perché non vuoi parlarmi! Pensavo che io e te fossimo amiche!” L’altra biondina esordì portandosi le mani sui fianchi, tentando di nascondere la preoccupazione.
“I-Io… Scusami Rose… Non potrò mantenere la mia promessa, non potrò essere il tuo eroe…”
 “Che stai dicendo? Che significa?... N-Non dire queste cose!” L’inglese si allarmò ancora di più quando la più piccola la strinse, singhiozzando sulla sua spalla.
“La verità è che sto morendo! Morirò dissanguata e ti lascerò sola! Mi dispiace tanto…”
“Dissanguata?” Chiese Rose, inarcando un sopracciglio. “Emily… Per caso questa settimana ti sei sentita più stanca del solito?”
“Si…” L’altra annuì appena. “Ho un gran mal di pancia… Sono i sintomi… Sto per morire…”
L’inglese scoppiò in una fragorosa risata.
“Stai solo diventando grande.”
 



21.   April fools!
 
“COSA CAVOLO E’ SUCCESSO?!”
Tutte le nazioni gridarono quasi allo stesso tempo ritrovandosi ad indossare quei vestiti imbarazzanti.
Qualcuno aveva minacciato di mettere in giro delle foto.
Arthur giurò a se stesso che lo avrebbe trovato e lo avrebbe ammazzato, ma intanto preferiva sfogarsi su Francia.
“England! France! Anche voi avete ricevuto questi vestiti?...” America esordì visibilmente imbarazzato, mettendo fine alle liti dei due. Quando il suo sguardo si posò su Arthur, quasi si strozzò con la saliva. Quel vestito da infermiera non copriva nemmeno metà coscia.
“E’ ridicolo…” Continuò guardandoli annuire. Francia invece sembrava perfettamente a suo agio.
“Dai America, infondo q-questo “vestito” t-ti sta bene…”
“Anche tu sei sexy in minigonna!”
Arrossirono.
“Sesso, sesso, sesso”
I loro pensieri non erano mai stati così simili.
 



22.Happy Birthday, America.

America correva da un invitato all’altro, felice come non mai. Il 4 Luglio era la sua ricorrenza preferita.
“Hey…”
“Ah… Sei venuto.” Cercò di nascondere un sorriso. “Stavo giusto per tagliare la torta, se ne vuoi una fetta…”
“God, questo è il peggior giorno della mia vita. Ogni anno quando sta per arrivare mi sento male. Ho gli incubi, non riesco a mangiare, non riesco a lavorare…”
“Anche per me, England. Ogni volta che arriva questo giorno, vedo i tuoi occhi cambiare.”
Inghilterra sospirò, poggiato dall’altro lato del muretto. Per un attimo quelle parole lo fecero arrossire.
“Ripenso a quanto eri un perdente e mi sento sempre magnificamente! Hahaha!”
“Ah…”
Le sue speranze andarono in frantumi.
“Hahahah! Scherzavo!”
“COSA?! COME PUOI FARMI QUESTO GENERE DI SCHERZI PROPRIO OGGI?! VUOI FARMI VENIRE UN INFARTO?!”
“Hahahaha! Ma dai, non pensavo te la saresti presa così tanto!”
“Tsk. Comunque tieni, è per te.”
“Un…Regalo? Davvero?”
L’inglese si voltò e fece per andare via.
“B-Beh… Dopotutto è il tuo compleanno.”
 



23.   Die Togheter.
 
Vedendo Seychelles correre nella sua direzione, Inghilterra si era già preparato qualche frecciatina da lanciarle, magari sui suoi capelli o sul suo vestito. Per questo ebbe quasi un infarto quando gli disse che qualcuno stava annegando. Qualcuno di importante.
“America! America! Non arrenderti! Afferra la mia mano!” Urlò lanciandosi in acqua. Doveva salvarlo.
“England! Aiut-…” Alfred si aggrappò alla sua spalla ed entrambi rischiarono di essere trascinati via dalla corrente. Se Seychelles non li avesse tirati su, sarebbero stati inghiottiti dall’acqua, insieme.
Ma a nessuno dei due sarebbe dispiaciuto.
 



24.   Memories.
 
Caro Inghilterra,
ho letto la tua lettera qualche giorno fa ma trovo il coraggio di risponderti solo adesso. Non voglio vederti soffrire, sei la persona a cui tengo di più al mondo. Per me sei speciale. Ma è troppo tardi, ti ho spezzato il cuore. Immagino che tu non voglia più vedermi e lo capisco. Spero che un giorno potrai perdonarmi. Tornerò da te quando sarò in grado di proteggerti. Se vorrai ancora. Fino ad allora…
Sappi che i miei sentimenti per te non sono cambiati.

America.

Alfred ripose di nuovo quel foglio ingiallito accanto al moschetto impolverato.
 



25.   Merry Christmas!
 
“We wish you a Merry Christmas!
We wish you a Merry Christmas!
And happy new year!”
A canzone finita tutto il mondo lì presente scoppiò in un sentito e sonoro applauso. America, sicuro che quell’anno avrebbe pagato Giappone, aveva fatto le cose in grande.
“Hey England! Piaciuto lo spettacolo? Sono o non sono il miglior organizzatore di eventi forever in the world? Hahahahaha!”
“Davvero di gran classe.” Mentì il francese, alzando in alto il calice di vino.
“Oh, sta zitto. Tutto ciò è ridicolo. Non si può nemmeno definire “spettacolo””. Sputò fuori Arthur con acidità, tentando di allontanarsi senza riuscirci.
“Hey, non scappare! C’è il vischio! Sai che significa?” Il sorriso di Alfred si allargò.
 “Cosa?! NO! Prima non c’er-…”
“Baiser…” Ammiccò Francis, facendo scontrare le loro labbra.
 



26.   Happy Hallowe-...  Maybe not.
 
“H-Hey England…”
“Che vuoi?”
Arthur in realtà lo sapeva. Succedeva ogni volta che America organizzava una festa per Halloween e infondo, infondo ci andava anche per questo.
“Puoi rimanere a dormire con me, stanotte?” Gli chiese Alfred con tono pietoso, bloccandolo davanti alla porta. “Per favore…” Aggiunse vedendo lo sguardo fintamente scettico dell’altro.
“In realtà avrei da fare, ma se proprio insisti…”
“Yatta! Allora ti aspetto a letto! Non addormentarti prima di me!”
Quando America corse via, Inghilterra guardò fuori. Ancora non pioveva.
“Scatena un temporale…” Sussurrò allo strano esserino fatato sulla sua spalla.
Quella notte Arthur non tentò nemmeno di liberarsi dalla stretta soffocante di un America in preda al terrore.

 



27.   No way!
 
Arthur suonò al campanello tre o quattro volte prima che l’americano si decidesse ad aprire. Appena saputo del crollo di Wall Street si era precipitato a casa sua, d’impulso. Era davvero preoccupato.
“Allora, mi dici perché sei venuto?” America aprì la conversazione sedendosi sulla poltrona di fronte a lui.
“Io ho saputo di New York e…”
“Va tutto bene.”
Inghilterra abbassò lo sguardo stringendo tra le mani la stoffa dei pantaloni.
“Sei…Sei sicuro?” Tentò di nuovo.
“Attualmente sto tentando di socializzare con le balene!” Alfred sorrise e per un attimo l’inglese si sentì più tranquillo. Era sempre lui.
“B-Beh… S-Se vuoi posso diventare tuo a-amico…” Rispose, arrossendo. America ci pensò su.
“Neanche per sogno! Non voglio la tua pietà!”
“Eh?! E che diavolo c’entra?! Sto solo cercando di essere gentile! Sei davvero un idiota! Non capisci nulla!” Sbraitò indignato Inghilterra e si avviò verso la porta.
“Mi riprenderò, vedrai!”
“Tsk, lo spero per te!”
Uscì e si lasciò indietro quella casa, ancora speranzoso.
 



28.   Unexpected kiss.
 
Inghilterra si sedette sfinito sulla panchina di metallo. La testa ancora gli girava.
“Facciamo un altro giro sulle montagne russe? Ohhh, la casa stregata! Andiamo! Andiamo!”
Ora che guardava l’essere saltellante davanti a lui, si chiedeva perché avesse accettato quello stupido appuntamento. Non riusciva davvero a spiegarselo.
“Siediti cinque minuti, ragazzino… Non ho più dodici anni!” Provò a lamentarsi l’inglese mentre Alfred si lasciava cadere accanto a lui.  L’americano si dondolò appena, guardando il cielo chiaro.
“Sai, secondo me saremmo una bella coppia!”
Quando Arthur si voltò per ribattere qualcosa, sgranò gli occhi, trovando le labbra dell’altro perfettamente incastrate tra le sue. Rosso come un pomodoro, si tirò indietro, gli diede uno schiaffo. Lui semplicemente rise.
 



29.   Egoist.
 
“Arthur, Arthur, non fare così, era solo un gioco!”
Alfred bussò di nuovo alla sua porta chiusa a chiave. Si sentiva un idiota.
“Va via!” Rispose rabbiosamente l’inglese, poggiato dall’altro lato della porta, le braccia incrociate.
“Non volevo ridere di te! P-Pensavo che nemmeno tu avessi preso la cosa sul serio!”
“Tu non prendi mai niente sul serio…” Sussurrò piano, scivolando giù e poggiando la fronte sulle ginocchia.
“Non la prendi così male quando è Francis a baciarti!”
“Tu non capisci! Pensi che sia tutto un gioco! Di poter fare quello che ti pare e piace con i sentimenti delle persone! Sei solo un dannato egoista!”
Nessuna risposta.
Quando Arthur aprì la porta, Alfred non c’era più.
 



30.   Wickedness (2P!Verse)
 
“Perché sei sempre così triste, America?”
Il moro boccheggiò e arrossì quando vide l’inglese salirgli a cavalcioni sullo stomaco, le gambe coperte da sottili calze a rete, un perizoma scuro.
“L-Lasciami andare, Oliver! Non è divertente!” Provò, tentando di liberarsi dalle corde.
Il biondo non lo ascoltò e sfregò ancora una volta il sedere sul suo inguine, sentendolo indurirsi e ingrossarsi contro la stoffa dei jeans.
“Smettila!”
“Perché non sorridi mai, America? Perché non vuoi fare l’amore con me? N-Non ti piaccio? P-Perché non riesco a renderti felice? N-Non mi ami?” Oliver poggiò le mani sul suo petto e singhiozzò, lasciando che qualche lacrima gli inumidisse gli occhi blu.
“Che cazzo stai dicendo?! Io ti amo, dannazione! E lo abbiamo fatto due minuti fa! Smettila di piangere per ogni cazzata!”
“M-Ma ogni minuto a me sembra un’eternità!”
L’inglese piagnucolò ancora.
 



31.   Just say “I love you”.
 
Dopo quell’ultima discussione Arthur non vide Alfred per mesi. Le uniche notizie che aveva di lui poteva leggerle esclusivamente sui giornali. Da un po’ di tempo a quella parte ne comprava a dozzine. Per questo rimase spiazzato quando, aprendo la porta di casa, si ritrovò l’americano sotto la pioggia. Ora uno era seduto con in testa un asciugamano e l’altro in piedi dietro di lui ad asciugargli i capelli. Nessuno osava aprire bocca.
“Avevi ragione.” Fu America a rompere il silenzio.
“Mh?” Chiese l’inglese continuando a strofinare l’indumento sulla sua testa.
“Sono un egoista.”
Alfred si alzò in piedi, arrivando a guardarlo negli occhi, divisi dal divano. Arthur sostenne il suo sguardo con fierezza, le braccia incrociate.
“Sei qui per chiedermi scusa?”
“Sono qui per dirti che ti amo.”
 



32.   First time.
 
Inghilterra si lasciò stringere dalle braccia dell’americano che sembrava non volerlo più lasciare andare, la pelle sfregava con la sua, le mani intrecciate, i battiti a mille. C’erano entrambi ed era perfetto. Alfred si abbassò di nuovo a baciarlo, lentamente, senza fretta, con la paura che tutto potesse sparire da un momento all’altro. Arthur gli accarezzò delicatamente una guancia col dorso della mano e sorrise. Ad Alfred mancò il respiro.
“Sei bello quando sorridi…” Sussurrò mezza voce, baciandolo ancora.
“Suona tanto come una frase fatta…” Rispose l’inglese stringendo la presa sulla sua mano. L’americano la portò alla bocca e la baciò con dolcezza. “Sei…Sicuro? D-Di quello che stiamo facendo, intendo…” Continuò, cercando i suoi occhi.
“Arthur, tu mi ami?...”
“B-Beh… P-Perché me lo chiedi?”
“Rispondi.”
“Sì…Sì, ti amo.”
Alfred sorrise.
“Allora sono sicuro.”
 



33.   Airlift.*
La nazione statunitense guardò fuori dalla grande finestra, un sorriso, più dolce del solito arrogante e smisurato, a dipingergli le labbra.
“Voglio creare un ponte.” Esordì, voltandosi verso l’inglese al suo fianco che lo guardò con aria interrogativa.
“Un ponte? In che senso?”
“Con gli aerei. Manderemo delle provviste alle persone intrappolate nella Germania Ovest. Useremo i paracadute.”
Arthur gli poggiò una mano sulla spalla, lo sguardo addolcito.
“Puoi contare sulla RAF, lo sai. Anche l’idea del ponte mi piace. E’ un atto simbolico.”
“Un ponte è una buona idea. Ci sono già troppi muri a Berlino.”
 



34.   Abstinence.
 
Alfred accese il portatile e attivò la webcam, aspettando che il suo presunto fidanzato facesse lo stesso. Avere la persona amata così lontano era frustrante.
“Arthur! Ci sei? Dai, non è difficile!”
“Tch, sta zitto! Queste stupide diavolerie giovanili!” L’inglese si tirò a sedere sulla sedia con un’aria imbronciata che fece sorridere l’altro.
“Queste “diavolerie giovanili” ci permettono di vederci!”
“Tsk, come se io sentissi il bisogno di vederti.”
“Io sento il bisogno di vederti.” Replicò il più giovane addolcendo la voce. “E di baciarti, di toccarti, di stringerti…” Continuò mentre le loro mani finivano inevitabilmente sul cavallo dei pantaloni.
 



35.   Teach me to love. (Devil/Angel!Verse)
“Dove corri, angioletto?”
Il demone alato afferrò l’angelo per il polso, ricevendo in cambio solo uno schiaffo e un’occhiata carica d’odio.
“Non toccarmi.” Sibilò a denti stretti, mentre l’altro si massaggiava la guancia offesa.
“Per quanto ancora vuoi continuare a fare il difficile?”
“Finchè tu continuerai a tentarmi.”
Arthur tentò di passare ma l’altro gli si parò davanti ancora una volta, imperterrito, lo sguardo ghiacciato.
“Insegnami ad amare.”
“L’amore è un sentimento troppo nobile per uno come te.”
“Se sono capaci gli uomini, posso benissimo riuscirci anch’io. Prova a spiegarmelo… Per favore.”
“B-Beh, amare una persona significa volere unicamente il suo bene, desiderare di proteggerla, di essere gli unici a poterla rendere felice, amare qualcuno significa stargli accanto nonostante tutto…”
“Nonostante tutto…” Ripetè il demone, assorto.
“Già. Non credo che tu possa capire.”
“Angelo…”
“Non ho tempo da perdere! Che vuoi ancora?”
“Penso di amarti.”
 



36.   I can’t swim, idiot!
 
Inghilterra si sdraiò sulla sua amata sedia a sdraio, crema solare, occhiali da sole, rivista – poco raccomandabile – tra le mani e il caldo, il sudore e l’estate venivano combattuti al meglio.
Alfred però era di tutt’altro avviso.
Si era prodigato tanto per trascinare lo scorbutico fidanzato al mare e non lo avrebbe mai lasciato appassire sulla spiaggia. Non sarebbe stato eroico. Ben presto infatti l’inglese si sentì vigliaccamente sottratto dalla sua occupazione.
“Alfred, Alfred, mettimi subito giù! E’ un ordine!” Scalciò, tentando di scendere dalle sue braccia.
“Oh, andiamo! Non avrai paura di un metro d’acqua! Hahahaha!”
“C-Certo che no! Solo che non voglio fare il bagn-…”
Quel pomeriggio d’estate Arthur giurò a se stesso che non avrebbe più messo piede a Miami.
 



37.   Lovers&Allies
 
La nazione britannica fece fare un paio di giri al cucchiaino prima di sorseggiare il suo thè e riporre di nuovo la tazzina sul tavolino da salotto. Era circa la decima volta che lo faceva e ormai quel silenzio cominciava a diventare irritante persino per lui che ne era un discreto amante.
“Perché hai voluto che venissi qui, se avevi da fare?” Chiese infine all’americano seduto alla scrivania, qualche metro indietro rispetto al divano. Sentì un lungo sospiro.
“E’ possibile che debba andare in Corea per un po’.”
Ancora silenzio.
“Per quanto?”
Ancora un sospiro.
“Non lo so.”
Arthur sentì le labbra di America poggiarsi tra i suoi capelli.
“Vengo con te.”
 



38.   Only a Game!
 
“Alfred, dannazione! Apri queste stupide gambe!”
“Cavolo, non lì! Mi fai male!”
“Tu e io tuoi stupidi giochetti!” Sbottò di nuovo Arthur, visibilmente irritato da quella situazione.
“Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto! E’ colpa tua che sbagli a mettere le mani!” Si giustificò l’americano, guardando male il compagno.
“Sei tu che non sei capace di rimanere in piedi per due minuti!”
“Tu non fai altro che pestarmeli, è ovvio!”
Il piccolo Peter sbattè le palpebre e si voltò verso la sua amica Wy, lasciando che il gelato gocciolasse sul pavimento.
“Credi… Credi che dovremmo insegnarglielo?” Domandò incerto, guardando la piccola incrociare le braccia.
“Mpf, mai disturbare un inglese e un americano che discutono sul Twister.”
 



39.   Explosion… Of taste?
 
Arthur guardò per l’ultima volta la tavola apparecchiata con aria soddisfatta. Tovaglioli di seta, bicchieri di cristallo, le posate nella giusta disposizioni, le candele a fare da una luce. America sarebbe rimasto a bocca aperta, ne era sicuro.
Mancava solo la cena.
Passò le dita sulla stoffa del grembiule con orgoglio e si diresse in cucina.
“Arthur! Arthur! Sei in casa? Dannazione, ho sentito un’esplosion-…”
In quel momento la porta si aprì per poi richiudersi così velocemente che neanche l’aria riucì ad entrare in casa.
“Mangiamo fuori.”
 



40.   Shall we dance? (Cardverse)
 
La regina se ne stava seduta sul suo trono, avvolta dal prezioso mantello di velluto indaco, le gambe accavallate, l’aria annoiata, e di tanto in tanto si sforzava di ricambiare i sorrisi che conti e dame le rivolgevano. Odiava i balli di gala. Per quanto si ritenesse un gentleman di alta classe, il dover spargere sorrisi e il dover apparire gentili e cordiali non era certo il suo forte, a differenza del re che sembrava perfettamente a suo agio. Specie vicino al buffet.
“Cosa c’è? Non si sta divertendo, maestà?”
“Potresti anche evitare di ingozzarti in pubblico, mi stai facendo fare una pessima figura.” Rispose acida la regina.
“Oh, andiamo, scendi da quel trono, divertiti!” Improvvisò Alfred, inchinandosi teatralmente mentre i musicisti cominciavano un altro valzer. “Mi concedereste questo ballo, mia regina?”
Arthur arrossì appena poggiando la mano su quella tesa dell’altro e alzandosi con fare elegante.
La vera festa era appena cominciata.
 



41.   Don’t touch my boyfriend!
 
L’aria nella sala si era fatta pesante, quel meeting sembrava non avere fine. Ormai era tardi, probabilmente sarebbero stati costretti a continuare il giorno dopo e a passare un’altra notte in Canada. Di cui, tra l’altro, ancora nessuno aveva visto l’ombra. Non che non fosse lì.
“D’accordo ragazzi, ci vediamo domani. Siate tutti puntuali!” Raccomandò Germania prima che le altre nazioni si sperdessero per i corridoi.
“Hey Angleterre…” Quella voce giunse ad Arthur come una pugnalata. “Dovremo passare la notte nello stesso albergo, non sei felice?”
“E per quale arcano motivo, di grazia?”
“Potrei venire a farti una visitina.” Ammiccò il francese allungando una mano verso il suo sedere. Inghilterra lanciò un’occhiata alla sua destra, lasciandosi sfuggire un ghigno.
“Toccami e non sarò responsabile per la tua inutile vita.”
Senza sapere come, Francia si ritrovò spalmato contro il muro con un “Don’t touch my boyfriend” a rimbombargli nelle orecchie.
 



42.   Because you are you.
 
“Alfred… Alfred, tu mi ami?”
“Mhm? Che domande! Certo che ti amo!”
“E…Perché?”
Perché? Perché riesci a mettere in dubbio ogni mia parola, perché hai quel modo adorabile di imbronciarti per qualsiasi cosa, perché tenti sempre di nascondere i tuoi sentimenti, perché riesco a trovarli, nonostante tutto. Perché forse sai che mi piacciono le cacce al tesoro. Perché quando sorridi sento il cuore correre via e quando non lo fai mi sento un eroe perché so che riuscirò a strappartene uno. Perché, nonostante tu non sia in grado di avvicinarti alla cucina senza farla saltare in aria, ci provi comunque. Perché quando vai via non posso fare altro che aspettare il tuo ritorno. Perché non ti ho mai chiesto nulla e mi hai sempre dato tutto. Perché sei sempre stato il mio angelo custode.
“Beh, perché tu sei Arthur!”
 



43.   Happy Birthday, England!
 
“Happy birthday to you! Happy birthday to you!” Cominciò Alfred, stringendo il compagno fino a soffocarlo.
“Ti prego, non cominciare! Odio questa canzone!”
“Ma Art, non si compiono gli anni tutti i giorni!” L’americano si staccò dopo un lungo bacio, sciogliendo finalmente l’abbraccio.
“Per fortuna.” Borbottò l’inglese, irritato. “Odio i compleanni.”
“Questo ti piacerà! Ti ho fatto una sorpresa!”
“Odio le sorprese.”
Quando il più giovane spalancò la porta, Arthur rimase a bocca aperta. Rose, candele, champagne e un dolce aroma di cioccolato. Ma soprattutto, cosa più importante, c’era un letto. Sentì la schiena aderire al petto dell’altro che aveva preso ad armeggiare con i bottoni della camicia.
“Questo… E’ un’idea di Francis, non è vero?”
Sentì le sue labbra sul collo e inclinò leggermente la testa.
“Non ti piace?”
“Credo che comincerò ad apprezzare i compleanni.”
 



44.   If I should die.
 
Quella sera di Luglio l’aria era piuttosto afosa in Central Park e Alfred non potè fare a meno di chiedersi se sulla luna facesse caldo allo stesso modo. Probabilmente no. Camminavano mano nella mano lungo uno di quei laghi artificiali che amava tanto. Era un appuntamento normale, quel posto doveva averne visti tanti. Eppure gli parve incredibilmente bello.
“Mi mancherai.” L’inglese lo ridestò dai suoi pensieri.
“Eh? Ma starò via solo qualche giorno!”
“Non è questo. Lo sai, le tue stupide invenzioni non funzionano mai come dovrebbero…”
L’americano si arrestò all’improvviso e si girò, guardandolo con un largo sorriso e stampandogli un bacio sulla fronte.
“Se preoccupato per me?”
“C-Certo che no!”
« If I should die, think only this of me:
That there's some corner of a foreign field
That is forever England »*

“Tsk, tanto verrei a recuperarti fin sopra la Luna.”
 



45.   Yes, we can!
 
Il cuore di America entrò in stallo per un attimo prima che il mondo dinanzi a sé crollasse rovinosamente.
Quando aprì gli occhi Inghilterra era seduto accanto al suo letto, gli teneva la mano. Guardò fuori: il caos.
“Hey, come ti senti?” Domandò piano l’inglese. Alfred sembrò pensarci un attimo, chiuse gli occhi.
“Debole…”
“Ti fa male qualcosa? Vuoi che chiami un’infermiera?”
“Io… Non sono riuscito ad evitarlo… Che razza di eroe sono?” L’americano sussurrò, incatenando lo sguardo al suo. Arthur sospirò.
“Non è da te abbatterti in questo modo. Non potevi saperlo. Sono sicuro che le ricostruirai più belle di prima!”
“Tu… Però sta qui, aiutami.”
“V-Vuoi davvero il mio aiuto?”
“Magari tu puoi ricostruire una torre e io l’altra… Insieme.”
 
 



46.   British Superman?
 
“Non posso credere di essere venuto sul serio.”
“Io non posso credere che tu non l’abbia ancora visto!” Ribattè America rispondendo all’ennesima lamentela dell’inglese. “Questo è il miglior film dell’ultimo secolo!” Continuò entusiasta.
“Chissà perché questa l’ho già sentita…” Arthur sbadigliò di nuovo lasciando che l’altro lo trascinasse nella sala A.
“L’uomo d’acciaio…? Really? Che titolo idiota.”
“Shh, comincia! Lo sai? L’attore protagonista è britannico!”
“Un… Superman inglese? Sul serio?” Domandò scettico Inghilterra intanto che si spegnevano le luci. “E perché mai? Dov’è la fregatura?”
“Volevo fare una cosa carina per te! Devi avere più fiducia nelle mie buone intenzioni!”
L’inglese sbuffò, voltandosi verso lo schermo luminoso. Quella sera avrebbe avuto ben altro da guardare.
Dopotutto aveva visto quel film già tre volte.
 



47.   Too sexy!
 
Arthur si guardò ancora una volta allo specchio, sistemandosi gli occhialini sulla testa. Il bomber marrone gli arrivava appena al disopra delle cosce, completamente nude. La adorava. La adorava in ogni suo minimo dettaglio, adorava metterla, adorava quando era lui a farlo, adorava sentirla sulla pelle, la adorava perché profumava di Alfred. Arrossì al solo pensiero. Chissà che faccia avrebbe fatto l’americano se l’avesse visto in quello stato.
“Arthur…”
L’inglese si girò di scatto, tentando di articolare qualche frase sensata. Da quando i suoi pensieri diventavano realtà?
“N-NON E’ COME PENSI!”
“Oh, ti giuro che non è assolutamente mia intenzione perdere tempo a pensarci.”
“Cos… S-Sta lontano da me, pervertito! Non sul pavimento appena pulito!”
La prossima volta avrebbe evitato di farsi domande.
 



48.   Our song.
 

I see you standing here 
But you're so far away 
Starving for your attention 
You don't even know my name 


Arthur chiuse lentamente gli occhi, permettendo alla musica di invadere tutti e cinque i suoi sensi.
Amava quella canzone.
La amava perché parlava di loro.

You're going through so much 
But I know that I could be the one to hold you 


“Hey, che ascolti?”
Alfred si stese sul letto al suo fianco, prendendo una delle cuffie e portandola all’orecchio.
“Niente, una vecchia canzone.”
“La ascolto sempre anch’io.”
 

 

Every single day 
I find it hard to say 
I could be yours alone 
You will see someday 
That all along the way 
I was yours to hold 
I was yours to hold 
I see you walking by 
Your hair always hiding your face 
I wonder why you've been hurting 
I wish I had some way to say 



L’inglese e l’americano si strinsero l’uno all’altro.
Si sarebbero sempre sostenuti a vicenda.
 



49.   Marry me! In London Eye.
 
America guardava incantato il sole tramontare su Londra, gli occhi gli brillavano e riempirono Arthur di orgoglio. E dire che per un attimo aveva pensato che quello non fosse il posto adatto.
“Dobbiamo venire alla London Eye più spesso! E’…E’ fantastico!”
“L-Lo so. Modestia a parte, è la ruota panoramica più bella del pianeta. Comunque… V-Volevo chiederti u-una cosa d-da un po’…”
“Davvero? Anch’io!” L’americano si voltò finalmente verso il fidanzato, regalandogli uno splendido sorriso sorpreso. “Devi dirmi una cosa lunga?”
“I-Io… B-Beh, s-si, più o meno… C-Comincia tu.”
La nazione statunitense frugò veloce nella tasca della giacca, estrasse una scatolina dorata e gli si inginocchiò davanti come il più nobile dei cavalieri, le sfumature del tramonto a colorargli il volto.
Arthur smise di respirare.
“Arthur Kirkland… Io sono profondamente e sinceramente innamorato di te. Per questo… Vorresti sposarmi?”
“…”
“Arthur…? Non devi rispondermi subit-…”
“Cazzo, si! Si!” L’inglese si passò una mano tra i capelli e si lanciò letteralmente addosso al più giovane, facendo pericolosamente oscillare la cabina. Risero, si abbracciarono, si baciarono, felici. Non si sarebbero più lasciati.
“E tu? Cosa volevi chiedermi?”
Arthur strinse la scatola nella fodera della giacca.
“Niente, Alfred. Niente di così importante.”
 



50.   Yes, I want it. Forever.
 
Arthur fremeva all’altare, non faceva altro che guardare l’orologio da taschino. Era agitato. Terribilmente. Quell’idiota non poteva arrivare in ritardo anche al loro matrimonio. Lo avrebbe ammazzato. Prima lo avrebbe sposato e poi l’avrebbe ammazzato. Era un’ottima idea. Finalmente le porte della chiesa si aprirono, gli invitati si alzarono, l’inglese emise un sospiro di sollievo. Era arrivato. Tutto vestito di bianco, come il suo sposo, sembrava davvero uno di quei principi delle fiabe.
La cerimonia non fu troppo lunga ma, nonostante non fosse ancora giunta alla fine, Alfred già si asciugava qualche lacrima di commozione. Non lo aveva mai visto così felice. Non in quel giorno particolare.
“Vuoi tu, Alfred Foster Jones, prendere Arthur Kirkland come tuo legittimo sposo e amarlo e onorarlo finchè morte non vi separi?”
Mani nelle mani, si guardarono negli occhi, l’americano sorrise.
Si, lo voglio. Per sempre.”
“Vuoi tu, Arthur Kirkland, prendere Alfred Foster Jones come tuo legittimo sposo e amarlo e onorarlo finchè morte non vi separi?”
“Si, lo voglio. Per sempre.”
I cuori a mille, lacrime felici.
“Per il potere conferitomi dalla Chiesa, vi dichiaro marito e marito! Ora gli sposi possono baciarsi!”
Il giorno che li aveva divisi, ora li aveva uniti per l’eternità.
“Questo è il più bel regalo di compleanno che potessi farmi, amore mio.”
Tra gli applausi, i fiori, la gioia, gli sposi si baciarono, sicuri che il loro amore sarebbe durato per sempre.
 



 
51.   Happy Anniversary! EXTRA.
 
“Cosa stai facendo?” Domandò Alfred poggiando la testa sulle gambe dell’inglese che tentava inutilmente di finire il suo libro.
“Una cosa che si chiama “leggere”. Prendi appunti, magari potresti riuscirci anche tu.” Rispose acido Arthur, spostandosi.
“Hey, sei arrabbiato per caso?”
“Oh, mi chiedi se sono arrabbiato! E’ OVVIO che sia arrabbiato! Stamattina sei sparito senza neanche salutarmi! Non che me ne importi qualcosa, m-ma…”
L’americano si tirò a sedere cercando di trattenere una risata e inarcò un sopracciglio. “Ma?” Continuò.
“Ma oggi è il 4 Luglio e tu pensi solo al tuo stupido compleanno.”
“Hey, questo non è vero!” Urlò fintamente indignato Alfred, gattonando sulla lunga panchina in giardino e avvicinando il viso al suo. “Guarda in alto.”
Arthur protestò per un attimo prima di essere letteralmente costretto a sollevare gli occhi verso il cielo. Sentì una morsa all’altezza del petto, un sorriso farsi largo tra lo scetticismo. Aveva imparato ad amare le sorprese.
“T-Tu… Sei uno stupido idiota.”
“Come avrei potuto dimenticare il giorno in cui sei diventato il mio cinquantunesimo stato? Hahahaha!

                     "Buon anniversario, mio amato angelo custode."

 

 
 






NOTE.
16. durante la WWII I tedeschi ingaggiarono con gli inglesi un’incredibile battaglia aerea. Alla RAF, Royal Aireplane Force, aeronautica inglese, si unirono anche 7 – se non ricordo male – squadroni di volontari americani chiamati “The Eagles” – che nome vi aspettavate? Sono americani *facepalm* -
33.Nel 1948 gli USA crearono un ponte aereo per spedire delle provviste agli abitanti di Germania Ovest, intrappolati dal famoso muro di Berlino. Con tanto di caramelle con mini-paracadute. Al progetto aderirono sia l’Inghilterra che la Francia, ma alla fine furono solo gli inglesi a partecipare alla cosa.
37. L’Inghilterra ha partecipato alla guerra di Corea del 1950/1953 al fianco degli USA.
44. Quando gli astronauti dell’Apollo 11 partirono per lo spazio, venne compilato un discorso da leggere nel caso non fossero più tornati. La parte finale di questo discorso venne tratta da una poesia di Rupert Brooke, poeta inglese, e la parola finale di questo pezzo che terminava con “England” venne sostituita con la parola “Umanità”. In pratica ho riportato la versione “originale”.
Grazie Wikipedia.
 

 

  
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