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Autore: xlovedrew    04/07/2013    3 recensioni
«Smettila di sparare stronzate, Louis» lo bloccò scuotendo i ricci, abbracciò le gambe e vi posò la testa sopra. «Io non riuscirei "mai" ad odiarti nemmeno sotto tortura. Io-io non ci riuscirei proprio, è più forte di me. Io ti amo troppo, Boo. –Sospirò e lo guardò intensamente, come se volesse che lui leggesse il suo amore "struggente" negli occhi- E ti giuro, credevo in te. Credevo che tu mi amassi almeno la metà di come ti amo io, perché mi sarebbe bastato»
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OH MY LITTLE LARRY :)
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fans call them Larry Stylinson.'
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The end?


Quel pomeriggio casa Stylinson era ancora più incasinata del solito e chiunque avesse assistito a quella scenata, si sarebbe stupito nel vedere nessun oggetto volare. Ormai la discussione andava avanti da più di un’ora; era aggressiva, prepotente e soprattutto dolorosa. Harry aveva la voce stanca e smorzata, nonostante tra i due fosse quello che ce l’aveva più resistente.
«Sì Harry, hai ragione: me ne vergogno. Mi vergogno della nostra relazione, di me, di ciò che sono, un frocio di merda… Mi vergogno anche di te, Harry» sbraitò a voce alta e con le vene del collo che pulsavano, minacciando di scoppiare. «Quindi smettila. Smettila con questi sguardi in pubblico, con questa storia del coming out, perché sono stanco di tutte queste stronzate!» concluse con affanno.
Harry aveva già perso le forse da un bel po’ e le lacrime ormai uscivano copiose, ma quella frase. Quella frase lo distrusse, lo logorò come mai niente aveva fatto in tutta la sua vita e ormai era inutile combattere, se Louis pensava davvero questo. “Mi vergogno di te”. Eppure aveva sempre pensato che Louis fosse quello giusto, colui che avrebbe accettato anche i suoi difetti e invece, se ne vergognava addirittura.
E quando vide le lacrime di Harry cessare, le nocche divenire bianche, le gambe del ragazzo tremare e il respiro rallentare, Louis capì di essere stato un totale ed emerito stronzo. Così anche le sue guance iniziarono a bagnarsi di sensi di colpa e paura.
«S-Scusa…» sussurrò.
«Se è ciò che pensi, allora Louis c’è davvero  poco da fare. Non credo ci sia molto da dire, se non che è finita» dopo quelle parole l’atmosfera divenne più affilata di una lama e l’aria talmente pensante da essere difficile da respirare.
«H-Harry… No, Harry non…» tentò Louis avvicinandosi, piangendo come un povero innamorato disperato.
«Io.. Credo… Io credo di aver bisogno di stare un po’ solo» ormai Harry respirava davvero a fatica. Dopo queste parole, uscì di scena. Salì i gradini a due a due velocemente. Aveva bisogno di stare da solo e piangere. Piangere fino a sentire gli occhi vuoti e il corpo privo d’acqua. Sentiva il mondo vorticargli intorno e la speranza di un futuro con il suo Louis sparire. Ma lui se lo aspettava: prima o poi sarebbe finita. Tante volte avevano tentennato, altre erano crollati, ma quella volta era diverso, quella volta era davvero la fine.
Appena in camera, chiuse velocemente la porta e si precipitò in bagno per rimettere. Vomitò tutto, Louis, la loro storia, le bugie, le cazzate, le liti, le sue parole, tutto il dolore che ha provato per colpa sua.
Era sicuramente la fine.

Louis era rimasto scombussolato in soggiorno e piano aveva indietreggiato verso il divano, dove si era accasciato stanco. Aveva una faccia sconvolta e non sentiva più i battiti del suo cuore. Le uniche cose percettibili erano le lacrime che uscivano disperate, il resto non esisteva. Si sentiva circondato dal buio e girava, girava, girava fino a sentire la testa pensante e dolorante.  Si strinse una mano tra i capelli e con l’altra strinse la carne all’altezza del cuore, come a volerlo sostenere, per non far cadere anche lui.
Che aveva fatto?
Era colpa sua.
Nulla si sarebbe più aggiustato: era la fine.
Lui meritava quel dolore, quelle lacrime. Perché lui era uno stronzo, un bastardo, un senza cuore ed un perfetto idiota. Se lasci andare Harry Styles, l’unica parola che ti definisce è idiota. Adesso Harry non gli avrebbe più rivolto la parola, ora lo avrebbe schifato e ancor peggio avrebbe sofferto. Harry non lo meritava, lui era troppo buono.
Le lacrime aumentavano in maniera direttamente proporzionale al dolore. Così, prese il telefono e digitò il numero.
«El.. . El ti prego, ti prego. Vieni a casa. Ti prego.. .» balbettò appena una voce femminile rispose.
«Lou, calmati. Adesso arrivo, ma tu cerca di calmarti, okay?» rispose Eleanor dall’altro capo.
«Io-io non posso. Io sono un coglione! Ti prego, vieni» continuò a piagnucolare.
«Arrivo tesoro» e la comunicazione si interruppe, lasciando nuovamente la casa silenziosa, solo con il rumore rimbombante dei singhiozzi e dei  cuori che si sgretolavano.
Non passò più di mezz’ora che Eleanor suonò il citofono e appena venne accolta da un Louis devastato, si precipitò ad abbracciarlo. Louis accolse volentieri la sua spalle e ci pianse su per più di un’ora, mentre Eleanor lo rassicurava sul divano, entrambi in silenzio.
Solo quando Louis sentì gli occhi troppo stanchi per continuare a piangere, si decise ad allontanarsi da lei e a darle spiegazioni.
«La verità è che sono uno stronzo che non lo merita» iniziò il ragazzo con le mani tra i capelli.
«Louis, mi dici che è successo?!» chiese quasi spazientita Eleanor.
E Louis lo guardò con quell’espressione che implorava aiuto, che diceva che il crollo era vicino e, dopo aver tirato un sospiro, parlò. Gli raccontò tutto per filo e per segno, fermandosi ogni tanto quando sentiva il cuore farsi troppo pesante.
A fine racconto la ragazzo lo guardò preoccupata e sospirò: «Sei stato un vero stronzo, sì».
«Non mi sei d’aiuto, così» la guardò male.
«È la verità, ma lasciami finire, Tomlinson. Sei stato uno stronzo, davvero, davvero stronzo… Ma lui è Harry. Lui ti perdonerà sempre e comunque. Lui ti ama troppo, anzi,  credo che il suo… il vostro, sia più di un semplice amore. È qualcosa di grande e positivo. Tu non te ne sei mai reso conto, prima eri troppo piccolo ed ora troppo abituato, ma Harry ti guarda con occhi indescrivibili e ogni volta che lo fa, viene salvato. –Si bloccò un attimo per vedere se la stesse seguendo- Lui non vive senza te, ma devi dargli tempo per… calmarsi. E poi, credo che dovresti cucinargli il suo piatto preferito, da bravo fidanzato, andare di sopra e parlarci. Forse non vi rimettere, ma dovete chiarire Louis. Non lasciare che la sua rabbia si trasformi in indifferenza o l’hai davvero perso».
Louis rimase un po’ in silenzio, guardandosi le punte bianche delle scarpe e riflettendo su quelle parole. Eleanor era sempre stata brava a dargli consigli , che non fallivano rigorosamente mai. Aveva seguito interessata la loro storia da vicino e non era raro che sgridasse Louis.
«Harry ama il pollo…» bisbigliò con un sorriso e delle guancie lievemente rosse.
«Allora alza il culo, fila in cucina e prepara il miglior pollo che Harry abbia mai assaggiato. Ah, già che ci sei preparami un sandwich» disse scherzosa.
«Non sei simpatica, sai?» fece con tono ironico, roteando gli occhi.
«Nemmeno tu, ma le tue fans hanno riso per non so quante settimane per questa pessima battuta» rispose.
«Le mie battute non sono mai» ribatté offeso.
«Certo, tu sei così simpatico Tomlinson» lo canzonò.  «Hai bisogno di una mano in cucina?»
«Vuoi forse farla esplodere?» domandò alzandosi.
«Ripeto: non sei simpatico. Quindi, ti lascio alla tua buona cucina. Fammi sapere, okay?» e dopo averlo abbracciato, uscì.
Louis si intrufolò in cucina, mise un grembiule davvero poco virile e si diede da fare con il cibo. Non ne sarebbe valsa la pena, ne era sicuro. Harry non avrebbe di certo mangiato e in più era anche leggermente presto per la cena, ma voleva un motivo per entrare in quella maledetta camere e riprendersi il suo ragazzo. Così, la cucina si riempì di un’invitante odore di pollo al forno e aromi e Louis sorrise tra sé e sé sentendosi un idiota. Poteva semplicemente salire sopra, chiedergli scusa e farci l’amore finché aveva fiato. Avrebbe funzionato, perché Eleanor aveva ragione: Harry lo avrebbe perdonato anche dopo la peggior cazzata della sua vita, ma Louis voleva doveva meritarsi il suo perdono, anche se questo avrebbe implicato la sofferenza.  Per Louis però il dolore era irrilevante, ciò che davvero importava era la sua storia con Harry e la felicità di quest’ultimo. Voleva tornare con il suo Harry, ma ancor più importante, desiderava rivedere Harry felice, spensierato, rilassato.
Tagliò la parte preferita di Harry e la posò in un piatto, circondò il cibo con spezie e contorni, riempì un bicchiere di vino e portò il tutto al piano superiore. Intanto preparava una piccola introduzione, cercando il tono giusto, perché anche quello avrebbe influenzato molto. Non doveva essere duro, ma nemmeno troppo debole; doveva avare la giusta cadenza e soprattutto le parole esatte.
Bussò alla porta, con insicurezza, il pugno e le gambe che tremavano e la mano sinistra che minacciava di far riversare tutto il lavoro in cucina per terra. Non si aspettava di certo una risposta “Avanti Louis, entra pure. Sei il benvenuto, anche se mi hai trattato di merda”, così aprì senza premesso. Non conosceva bene quella stanza, visto che entrambi usavano praticamente solo quella di Louis, però sapeva dove erano posizionati gli oggetti. Quindi non gli risultò difficile trovare la scrivania vicino alla porta e posarci sopra il vassoio, nonostante il buio. Era incredibile di come la usassero poco, ma il profumo di Harry la governasse.
La stanza era quasi completamente priva di luce, a parte quei pochi timidi raggi del tramonto che perforavano le tapparelle abbassate. Vide una rialzatura sul letto e si avvicinò. Si sedette, facendo lievemente rialzare il letto dalla parte opposta alla sua, dove Harry stava… Piangendo? Sentiva i singhiozzi trattenuti tra le leggere fodere del cuscino che abbracciava e gli occhi smeraldo luccicare al buio.
«Ti ho portato la cena, pollo. L’ho cucinato come piace a te» lo informò accarezzandogli la schiena da sotto il leggero lenzuolo. Harry si allontanò, ma con scarsi risultati, essendo il letto davvero piccolo.
«Va’ via… Ti prego» non era un comando detto con atteggiamento prepotente, era una richiesta bassa e disperata. Lo aveva ridotto uno straccio ed Harry non voleva esser visto in quello stato. Voleva che lui lo vedesse forte, anche se non lo era e Louis lo sapeva. Entrambi lo sapevano che Harry era fragile come una sottilissima lamina di vetro.
«Voglio solo parlare, piccolo» disse accarezzandogli i capelli, tentando di rilassarlo, ma ottenendo l’effetto contrario: Harry s’irrgidì.
«Louis… -Si bloccò un attimo, perché era davvero difficile parlare in quello stato- Louis per favore, lasciami in pace» lo supplicò ancora. Ma Louis era testardo, doveva riprenderselo. Non capiva che Harry voleva restare da solo, solo per pensare e rimuginare, che forse la lontananza avrebbe anche fatto bene ai due, soprattutto al più piccolo.
«Lo so che sei incazzato con me, Harry. Lo so e me lo merito, mi merito il tuo odio. Io… Mi dispiace così tanto, Harry –e anche Louis stava iniziando a singhiozzare, a trattenere le lacrime e cercare di non scoppiare a piangere- Non le pensavo davvero quelle cose e…» ma non finì la frase, vedendo Harry alzare il busto e puntare gli occhi su di lui. Erano rossi, gonfi e stanchi. Esprimevano debolezza, dolore e due piccole linee di delusione e rabbia.
«Smettila di sparare stronzate, Louis» lo bloccò scuotendo i ricci, abbracciò le gambe e vi posò la testa sopra. «Io non riuscirei mai ad odiarti nemmeno sotto tortura. Io-io non ci riuscirei proprio, è più forte di me. Io ti amo troppo, Boo. –Sospirò e lo guardò intensamente, come se volesse che lui leggesse il suo amore struggente negli occhi- E ti giuro, credevo in te. Credevo che tu mi amassi almeno la metà di come ti amo io, perché mi sarebbe bastato» fissò di nuovo il basso, appena sentì le lacrime tornare a galla.
«Io ti amo, Harry. Non puoi davvero dubitare di questo!» esclamò Louis con tono offeso ed indignato, ma Harry  scosse il capo.
«So che mi ami Louis, ma non abbastanza da accettarmi totalmente e ti capisco, anch’io mi vergogno di come sono. Con tutti i miei difetti, le mie fissazioni, le paranoie, il mio strano fisico, è difficile amarmi, lo so Louis. Eppure credevo che tu saresti stato quello giusto, colui che mi avrebbe accettato e mi dispiace di averti messo in imbarazzo, mi dispiace che tu ti vergogni di me, mi dispiace tanto di essere così, Louis» finì e scoppiò a piangere, nonostante avesse lottato con tutte le sue forze per non farlo davanti a Louis, alla fine aveva ceduto. Era stanco, stanco di tutto.
«No, Harry…»
«Louis, esci. Per favore» ordinò con tono che non accettava repliche. Louis doveva uscire, uscire da quella porta e dalla sua vita. Perché Harry amava Louis, lo amava a tal punto di essere stanco del suo amore. Era ferito, anzi, era distrutto. Così stanco, così senza forze. Non aveva voglia di continuare a combattere, di vederlo ancora, perché non ne valeva la pena. Perché ci ha messo tre anni, per capire che Louis non lo amerà mai come lui lo ama. Eppure appena la porta si chiuse, con un singhiozzo di Louis, il cuore di Harry sentì un vuoto enorme al suo interno e da questo vuoto proveniva una voce, che implorava il ragazzo di non lasciarlo andare, di non lasciarlo solo. Dopo tutte le stronzate, dopo tutte le sofferenze, lui non poteva vivere senza Louis. Ma la parte razionale di Harry lo voleva fuori, non voleva più vederlo. E che andasse al diavolo, una volta per tutte.
Non andare via Louis, non lasciarlo solo Louis. Il tuo Harry ha bisogno di te, Louis. Non smettere di combattere per lui, Louis.
Louis, Louis… Resta.


Erano passate tre settimane e ormai sia per Louis, sia per Harry, restare sotto lo stesso tetto era difficile, soprattutto perché si evitavano. O meglio, Harry faceva di tutto per evitare Louis e quest’ultimo faceva di tutto per dargli i suoi spazi e il tempo che necessitava –a volte sembrando anche uno a cui non frega più, secondo Harry- ma era terribilmente difficile. Lo era quando aveva bisogno del suo corpo caldo che lo stringesse la notte, quando guardava un film che aveva già visto e non c’era nessuno che ascoltava. Ma era soprattutto preoccupante durante i pasti, quando Harry puntualmente non si presentava e Louis premuroso e cauto gli lasciava qualcosa dietro la porta, poi bussava e ripeteva sempre la solita frase «Ti lascio qui il vassoio. Mangia per favore» lo pregava e non sentendo risposta, ritornava in camera sua o in salotto sopirando.
Harry invece se ne stava accucciato in camera sua, con il cellulare tra le mani e scorreva la timeline di twitter, ascoltava qualche canzone da Youtube -rigorosamente depressa- e cercava qualche sua news su Google. Solo per vederlo felice con le mani intrecciate alla sua ragazza e piangere ancora un po’, per liberarsi dal dolore. Il dolore era l’unica cosa che ormai lo legava a Louis –dopo l’amore-, quindi più dolore provava più rimaneva stretto a lui. Era un masochista, lunatico e forse anche incoerente. Non voleva mollarlo, non sentiva ragione dal suo cervello, ma voleva seguirlo. Voleva lasciarsi tutta quella merda alle spalle e ricominciare da zero. Ma era difficile se ogni giorno, per tre volte, sentiva la sua voce che gli chiedeva di mangiare, se sentiva le piccole conversazioni con gli altri o addirittura con la madre, sulle sue condizioni. «Non sta bene, Zayn» «Non è ancora uscito, El» «Non so che fare, mamma» e «Sono nel più totale panico, Anne. Non mangia, non esce e non so nemmeno se è ancora vivo» lo sentì piangere un giorno ed era per questo motivo che la mamma lo aveva chiamato con affanno e voce ansiosa.
«Sono ancora vivo, mamma…» le confermò, anche se in quel momento voleva solo piangere e urlare al telefono, dirle tutto ciò che c’era da dire sul quello stronzo del ragazzo e su quanto lo amasse ancora.
«Allora diglielo anche a Louis. Harry, lo stai uccidendo pian piano. Lui non ce la fa più» ma Harry rimase in silenzio e si autocompativa. Era uno stupido e faceva soffrire la persona che ama.
«Senti, non so che diavolo sia successo tra di voi, ma per favore, parlagli. Harry, quel ragazzo è distrutto e…»
«Non sono pronto, mamma. Non lo sono» la interruppe velocemente. Perché doveva parlare di quel ragazzo? Perché pensava che fosse lui l’unico ad essere distrutto?
«Harry…» lo richiamò.
«No, non devi intromettere, mamma. Okay? È una cosa tra noi, nessuno s’intrometta» riattaccò.
Quello fu l’ultimo contatto avuto con una persona. Usciva dalla stanza solo quando sentiva la serratura della camera di Louis scattare –segno che si era chiuso dentro- o quando andava via e di solito, puntualmente trovava tra le news di google foto nuove di lui ed Eleanor.  
E fu proprio per questo che quel giorno scese giù affamato.
Pochi secondi prima aveva sentito la porta chiudersi, così si era fiondato di sotto, perché aveva disperatamente bisogno di un panino o di qualunque cosa commestibile, anche un cartone andava bene. A volte si malediva per non mangiare ciò che Louis gli portava gentilmente, ma poi il solo pensiero di Louis che cucina premuroso per lui, lo scaraventava in un abisso di dolori e ricordi.
Arrivò a fine scale e alzò lo sguardo, il cuore gli si raggelò e non lo sentì più pulsare, appena vide delle valigie ai piedi di Louis. Non avrebbe mai pensato che Louis lo avrebbe davvero lasciato, mai pensato ad una casa senza lui, non ci aveva mai pensato, perché gli sembrava impossibile, perché non era possibile che sarebbero davvero arrivati a quel punto.
Ma Louis era rotto, in mille e piccoli pezzettini che urlavano Harry! Harry! Non ne poteva più di averlo ad una stanza di distanza e non poterlo abbracciare. Non era possibile stare sotto lo stesso tetto e non rivolgersi nemmeno uno sguardo di odio. Così quel giorno si era piombato in camera sua, piangendo come mai aveva pianto in vita sua e, tra imprecazioni e singhiozzi, aveva preparato due valigie e un borsone, aveva chiamato Liam e s’era fatto venire a prendere. Si era appena richiuso la porta alle spalle, quando si accorse di aver dimenticato il cellulare sul comodino dell’ingresso, così era rientrato. Ma non avrebbe mai immaginato di incontrare Harry.
E Dio, se gli era mancato. I suoi occhi, le sue labbra, il suo naso, i suoi ricci e… gli era mancato così tanto, così disperatamente. E gli veniva da piangere per quanto era bello e per quanto non era suo. E quando cazzo era bello? Aveva gli stessi occhi di un naufrago alla vista di una barca di salvataggio. Perché era Harry quello che salvava Louis.
Si sentì male quando gli occhi del più piccolo si posarono sulle valigie e giurò di non averli mai visti così lucidi come in quel momento.  
«Hai bisogno del tuo tempo, lo capisco. Quando sei pronto, il mio numero ce l’hai» aveva spiegato concludendo con un dolce sorriso. Ma Harry lo aveva scansato fino ad arrivare oltre il divano.
«Non capisco perché tu mi stia dando delle spiegazioni. Non sei più il mio ragazzo, non sei più niente. Va’ via, è meglio per tutti. Va’ dalla sua ragazza perfetta, siete una coppia così bella, alla luce del sole. Lasciami solo Louis, è l’unica cosa che sei in grado di fare!» urlò furioso. Perché sì, era davvero arrabbiato. Perché Louis se ne stava andando, mentre l’unica cosa di cui aveva bisogno era la sua presenza. Perché il suo ragazzo lo stava lasciando e lui non stava facendo niente.
Non andartene, ti prego. Non lasciarmi solo, Louis. Io ti amo. Ti prego, Louis…
«Mi dispiace aver rovinato tutto, Harry. Ti amo» disse prima di uscire e andare via.
Harry allora si era buttato sulla porta, iniziando a tirare calci, pugni e parolacce. «Idiota, stupido, inutile, coglione, cieco, stronzo, perfetto Louis Tomlinson» e indebolito si era accasciato ai piedi della porta, con la testa tra le mani, supplicava Louis di tornare, perché «Senza di te, io-io… io non ce la posso fare. Senza di te è inutile per fino vivere, Louis. Senza di te fa tutto schifo, tutto!»
Quei pensieri però volarono via, senza che nessuno li ascoltasse o prestasse loro attenzione, sparivano come il profumo di Louis spariva dalla memoria di Harry.
Corse in camera, deciso a non uscirne più. Nemmeno per mangiare o bere, anche a costo di marcirci lì dentro. La prima cosa che “vide”, anche se era davvero buia, fu la chitarra e un paio di foglio che la fiancheggiavano. Ed iniziò a scrivere parole su parole, strofe su strofe, a cancellare e riscrivere e poi cancellare una seconda volta.
Perché mi hai lasciato, Louis?
Non eravamo perfetti?
Io e te. Il verde e il blu. Il prato e il cielo.
Eravamo così perfetti, amore mio.
Non dovevamo rovinare tutta questa perfezione.
Louis torna, ti prego.
Perché sono stanco di esser solo.
Sono stanco di non vederti la mattina al primo risveglio.
Sono stanco di non trovare il tuo corpo profumato da coccolare.
Sono stanco, Louis. Davvero, davvero stanco.

Sì, quella era decisamente la fine.


Louis chiamò velocemente Zayn, perché sapeva che era l’unico che poteva smuovere Harry.
Erano solo due giorni che era andato via, ora stava da Eleanor. Non voleva parlare con nessuno, infatti le conversazioni con lei erano davvero brevi e l’argomento era –ovviamente- Harry  Styles. In realtà non sapeva perché era lì, poteva andare da uno dei ragazzi, anche un hotel andava bene, infondo i soldi non gli mancavano, ma Eleanor era la scelta giusta e non sapeva nemmeno il motivo.
Comunque, aveva chiamato Zayn preoccupato. Primo motivo, perché non aveva notizie di Harry da quarantotto ore e non sapeva nemmeno se bevesse; secondo, avevano una noiosissima intervista ed era sempre lui, che si preoccupava di portarlo; terzo, era così schifosamente preoccupato che aveva gli attacchi di panico la notte.
«Louis, se non ti calmi dovrò darti una dose di tranquillanti e non ti mando nemmeno a quella cazzo di intervista!» lo sgridò con tono autorevole Eleanor.
«Tu non capisci. Potrebbe essere morto!»
«Come sei drammatico, Louis. Vedrai che è vivo e verrà all’intervista. Smettila» e non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase,che il telefono di Louis squillò. Finalmente Zayn gli dava notizie positive su Harry.
«Hai visto?» gongolò la ragazza con tono saccente.
«E ora che mi metto?» domandò Louis in panico e la ragazza sbuffò divertita.

Louis si sentì scoppiare il cuore appena vide Harry. Quanto era bello? 
Ad Harry mancò il fiato appena gli occhi si scontrarono. Quanto gli era mancato? 
E quanto cazzo era lunga quell'intervista? 
«Louis! -lo richiamò alla realtà l'intervistatore, al quale il ragazzo sorrise- Allora, si è parlato molto della tua relazione. Lei come sta?» sembrava che l'intervistatore volesse peggiorare le cose tra lui ed Harry. 
«Eleanor sta benissimo» sorrise in modo falmente falso, che se ne sarebbe accorto anche un bambino. 
«Ho saputo che siete andati a vivere insieme. Le foto di te che entri in casa sua con i borsoni, sono ovunque nel web» Harry non lo sapeva, non se lo immaginava nemmeno. Erano andati a vivere insieme? Era davvero così facile dimenticarsi di lui? 
E Louis sorrise malinconico, pensando "Sono gay, è davvero così difficile accorgersene?".
«Non esattamente. C'erano alcuni problemi con la vecchia casa e mi serviva un posto dove stare» spiegò, parlando più ad Harry che all'intevistatore stesso. 
«Beh, lasciami dire che siete una bellissima coppia. Ma andando avanti. Ho letto che farete anche un nuovo tour» e portò avanti l'intervista per un tempo che ai due sembrò infinito. 

«Dovevi vederlo, El. Era bellissimo, cavolo. Era così bello e così triste» disse con un cuscino tra le mani e le lacrime che scivolavano con naturalezza. 
«Sei sicuro di aver fatto la cosa giusta, andandotene?» Louis non se lo era mai chiesto, perché pensava di aver fatto il bene di Harry. Ma era davvero così sicuro di credere il giusto? 
«Che importa? Oggi non mi ha nemmeno guardato! Io- io... Ho paura che si voglia dimenticare di me e che...» e scoppiò nuovamente in un pianto stuggente, come l'amore per Harry. 
«Sssh» sussurrò Eleanor accogliendolo tra le sue braccia. 
«Ho bisogno di lui. Solo  di lui. Che faccio senza lui?» pianse sul suo petto, bagnandole tutta la maglietta, chissà quanto l'aveva pagata. 
«Tornerà Louis, tornerà... Te lo prometto» il tono con cui lo diceva era così sicuro che Louis ci casco, ma la realtà è che la ragazza non ne era più così tanto convinta. 
Che fosse davvero la fine? Aveva visto quell'amore crescere ogni giorno di più a vista d'occhio, era davvero venuta l'ora di vederne la conclusione? 
«Tornerà» ripetè in un bisbiglio il ragazzo. 

Louis cercava disperatamente quel cd, ne aveva bisogno in quel momento, per rilassarti. Glielo aveva regalato Harry, al loro secondo anniversario. Era speciale e lo metteva quando era giù di morale. Funzionava davvero. 
Eppure era nella seconda tasca del suo borsone, ne era convinto. Era convinto di averlo preso da... Dallo scaffale più alto della libreria in camera di Harry. Quello a cui non arrivava e aveva bisogno di lui.
Lo aveva lasciato a casa, ma ne aveva bisogno. 
Così si lavò e si vestì, prese le chiavi, avvisò Eleanor e andò verso casa. Pregò di rivedere Harry, sperava di rivederei suoi occhi: gli mancava così tanto, anche se lo aveva visto poche ore prima. Tremava all'idea di risentire il suo profumo, esultava al solo pensiero di rivederlo e si guardava ad ogni finistrino per vedere se era abbastanza apposto per incontrare il suo Harry. 
Arrivò difronte al portone ed era davvero indeciso se entrare o meno. Non voleva far arrabbiare Harry, non lo voleva ferire nuovamente. Di dolore ne aveva già povocato abbastanza. Eppure, lui aveva bisogno di quel cd, di risentirsi a casa, di sentire il profumo familiare del soggiorno. Aprì la porta d'ingresso e, come al suo solito, lasciò le chiavi sul comodino. Salì le scale ed arrivò davanti alla porta. 
"Dimmi che ci sei, dimmi che ci sei"
Ma entrando tutto ciò che vide era un letto disfatto con sopra dei fogli e una chitarra, una finestra spalancata, l'armadio aperto e tante cartacce sparse e ne rimase deluso, ma non del tutto. Perché profumava così tanto di lui, quasi ne poteva sentire la presenza.
Ispirò forte e «Oh Dio, quanto mi manchi, amore» sussurrò. 
Andò verso la libreria e sfogliò con il dito tutti i titoli. Sorrise malinconico. 
Harry voleva a tutti costi una libreria piena di libri, eppure non ne aveva letto nemmeno uno. 
Prese il cd e lo accarezzò. Era in assoluto il regalo più bello di sempre, aveva raccolto le canzoni che parlavano del loro amore, che riuscivano a descriverlo alla perfezione ed ogni volta che lo ascoltava si commuoveva sempre. Ogni volta trovava Harry pronto con un pacco di fazzoletti e le braccia che non aspettavano altro, se non di coccolarlo. 
Stava uscendo, ma quei fogli visti inizialmente, sembravano chiamarlo. Così, li prese e lesse. 
Era una canzone, una canzone d'amore. Una canzone d'amore triste, di un amore che sembrava stesse per finire. Parlava del loro amore. 
"Seems like these days I watch you from afar.
Just trying to make you understand, 
I'll keep my eyes heart arm wide open."
«Non lascirami andare» lesse sottovoce. 
Era una canzone per lui, parlava della loro storia. Lì c'era tutto il dolore di Harry e questo spaventava Louis, perché era davvero tanto dolore. Tutto quello che voleva dirgli, ma Louis era così lontano e sordo da non riuscire proprio ad accorgersene. 
«Non ti lascio andare, piccolo mio».
Intanto la porta d'ingresso si aprì e quando Harry notò le chiavi di Louis -con il ciondolo che aveva vinto lui stesso ad una fiera- si sentì stranamente completo. Era tornato a casa e lui era pronto a perdonarlo. Salì velocemente le scale e lo trovò di spalle, con il capo chino e il rumore dei singhiozzi. 
«Che ci fai qui?» domandò spaventandolo. 
Il più grande si girò ed Harry non lo aveva mai visto piangere in quel modo. La faccia era tutta contorta in una smorfia di dolore, era rossa, come i suoi occhi gonfi e le labbra strette tra i denti.
Allora fece la prima cosa giusta del mese, lasciò cadere i fogli e si buttò tra le braccia del riccio. Lo abbaccioò forte, aggrappandosi al suo collo e affondando il naso nell'incavo del collo. E singhiozzava forte, come se stesse urlando l'amore che provava e il dispiacere che provava. Lo strinse forte, per non lasciarselo sfuggire una seconda volta, perché quei giorni gli era bastati. 
«Non ti lascio, amore. Non ti lascio andare. Mi dispiace, mi dispiace di tutto. Non ti lascio» continuava a ripetere. 
Harry ricambiò l'abbraccio, accogliendo il suo corpo piccolo, accoglinedo nuovamente il suo profumo, il suo calore. 
«Mi sei mancato così tanto, Boo. Mi sei mancato tantissimo» e sorrise tra i suoi capelli.
Louis gli prese il volto tra le mani e lo baciò lentamente, con amore, passione e desiderio. Accarezzando la sua lingua con una dolcezza disarmante, riassaporandone il sapore. 
e «Ti amo -bacio- ti amo -lo spinse verso il letto, buttando giù la chitarra- ti amo così tanto» disse mentre si svestivano a vicenda. A torso nudo, con le gambe intrecciate ed Louis che si spingeva dentro Harry, portando la testa all'indietro e godendosi tutto il corpo del piccolo. 
Non riuscivano a non pensare a quanto sia stato brutto essere lontani, a quanto siano state terribili quelle settimane. Ci pensavano mentre le spinte aumentavano, le mani si abbassavano verso il basso ventre di Harry, mentre venivano insieme. 
«Harry, me la canti?» domandò teneramente Louis, mentre era appoggiato al petto nudo dell'altro. 
«Non è ancora finita e non è nemmeno un gran che e...» ma prima che possa sparare altre cazzate, Louis baciò Harry sorridente. 
«Per favore» soffiò a fior di labbra. 
Harry si sistemò meglio sul letto e prese la chitarra. L'accordò, controllò che le dita fossero sull'accordo giusto, si schiarì la voce. 
La stanza si riempì della dolce melodia e della voce graffiante di Harry, che cantava con gli occhi chiusi e tutto l'amore che aveva nell'anima. 
Louis si commosse e sapeva che aveva il ragazzo migliore del mondo e che un giorno sarebbe stato suo marito, il padre della bambina -sì, voleva una bella femminuccia che assomigliasse il più possibile ad Harry- che avrebbero adottato e, ovviamente, l'unico amore della sua vita. 
No, quella decisamente non era la fine. Non poteva esserlo, perché la loro fine non esisteva. Niente avrebbe rotto quel legamente, nemmeno loro stessi. 

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Wow, un'altra ff ispirata a "Don't let me go".... che palle!
Allora, allora, lo faccio rosa-gay. 
Sono sicura che Tomlinson apprezzerà.
E' mezza notte e ho ci lavoro da due giorni. 
Sono tredici pagine, non mi va per niente di rileggere, quindi scusate gli errori.
Ho fatto il banner in tre minuti, quindi... so che è una merda. Srry.
Mi piacciono le Angst che finiscono bene. AHAHAHAHA ma non ne trovo mai. :(  
Quindi me la sono scritta da sola e devo dire che nella mia testa, era più carina. ahah
Ho messo Eleanor...... Della serie "Creamo una storia che stia sul cazzo alle shippers" lol.
Non potete continuare ad odiare Eleanor dopo questa OS, dai. ahahaahah
Non so più che dire... Mh.. me la lasciate una piccola recensione? :) Graaazie.
Bye Bye, piccole larry shippers. 
Ricordate: Louis always tops. 
No, dai.. voglio concludere in modo  tenero, quindi: 
ricordate che il loro è l'amore più bello, che si amano davvero e che sono la cazzata più romantica del mondo. 
   
 
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