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Autore: eian    05/07/2013    4 recensioni
Un virus che colpisce i telepati, mortale per i vulcaniani, si sta diffondendo sul pianeta Cetacea e rischia di propagarsi per l'intero quadrante, con effetti devastanti. L'Enterprise del capitano Kirk deve indagare sulla possibile origine sintetica del virus e il suo legame con una sperduta località su Vulcano.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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E' molto difficile per me tornare dopo tanto tempo e con tutti questi nuovi talenti in giro, per cui siate gentili!

"Così Spock di Vulcano si trovava lì, venendo meno a parte dei suoi doveri in plancia, la fronte appoggiata al freddo vetro della camera di isolamento, ad addolorarsi per il suo amico e preoccuparsi per il suo compagno.
Per dirlo con un detto terrestre, quegli umani gli avevano rubato l'anima, la sua anima vulcaniana. "


16. Sogni frattali

 
Nel laboratorio Numero Due T'Mar depose la provetta sulla piastra e sfilò le mani dal campo di forza, che si modellava sulla pelle come guanti chirurgici.
Mentre cercava un discriminatore fasico l'intercom trillò.
- T'Mar - rispose.
- Tenente, una chiamata per lei dalla superficie - riferì Uhura - la dottoressa Phlox -
- Me la passi pure, grazie -
Il volto della Bantu fu sostituito da quello della denobulana.
- Tenente, ho finito quella comparazione che mi aveva chiesto - la voce era stanca e tesa; anche se i denobulani avevano necessità di dormire solo pochi giorni all'anno, risentivano comunque dello stress - le confermo la sua ipotesi, credo che abbiamo finalmente capito il meccanismo del prione - nella stanchezza si inserì una punta di sollievo - ora potremo iniziare a prevenire il contagio in alcune fasce di popolazione, ma per la cura...- scosse il capo, sconsolata.
- Lo so, ci vorrà ancora del tempo, ma almeno questo è un passo avanti - cercò di essere incoraggiante, ma la tensione iniziava a procurarle l'emicrania e si massaggiò le tempie.
- T'Mar...- durante le lunghe ore di lavoro insieme si era creata una certa confidenza - hai un aspetto orribile, dovresti riposare un po' -
La risiana guardò la collega, mentre la disperazione filtrava per un attimo nel suo sguardo - vorrei poter seguire il tuo consiglio - rispose.
- Non credo che crollando dalla stanchezza otterrai qualcosa - la sgridò la denobulana nel Tono Universale di Rimprovero comune a tutti medici della Galassia.
- Credimi, lo vorrei, ma davvero non posso -
Il medico la guardò, intuendo che si trattava di qualcosa di diverso dalla pura testardaggine.
- Hai voglia di parlarne? - chiese gentilmente.
T'Mar fece per rifiutare, poi con un sospiro si abbandonò sullo schienale della sedia.
- Si tratta di Leonard - confessò.
- Il dottor McCoy? Le sue condizioni sono peggiorate? - chiese la denobulana preoccupata.
- No, sono stabili. Ma io e lui abbiamo un Legame -
Udì quasi la collega trattenere il respiro, cogliendo in un istante tutte le implicazioni.
T'Mar spiegò la situazione, sentendo un senso di sollievo nel condividerla con qualcuno.
- Mi spiace - disse gentilmente Almira al termine della spiegazione - è una questione delicata, dolorosa oltre che pericolosa per te - la guardò intensamente - spero che riusciate a trovare una soluzione per tempo, ma in caso contrario... Dovrai davvero considerare l'opzione di spezzare il legame -
T'Mar sospirò.
- Lo so, ma non sono ancora pronta - si massaggiò le tempie - è un dolore immenso, un vuoto assolutamente incolmabile, nessuna logica ti sostiene - sorrise ironicamente - comunque grazie, mi ha fatto bene parlarne -
Il sorriso di risposta della denobulana arrivò letteralmente da un orecchio all'altro, emanando un calore superiore alla media.
- Lieta di portare avanti la tradizionale collaborazione di famiglia con il personale delle Enterprise -
T'Mar inarcò lievemente un sopracciglio con aria divertita, molto vulcaniana, e chiuse la chiamata.
Nelle ore successive qualcosa in quella conversazione continuò a ronzarle in mente.
 
*****
 
Spock stava osservando il dottor McCoy.
Sulla plancia aveva sentito l'improvvisa urgenza di rivedere il suo amico -  il termine corretto era impulso, dovette ammettere suo malgrado - e per una volta aveva deciso di seguirlo.
Il dottore era seduto sulla branda, appoggiato al muro e con la testa sulle ginocchia; sembrava riposare, almeno era tranquillo.
Il vulcaniano aveva smesso da tempo di negare con se stesso i sentimenti che provava, e in quel momento provava compassione, e paura. 
Era spaventato all'idea di perdere il suo amico, la sua famiglia.
Questo tipo di dolore, così forte e condizionante, era esattamente quello che i Vulcaniani cercavano di evitare attraverso la soppressione delle emozioni, e in quel momento Spock avrebbe voluto essere come tutti gli altri della sua razza.
Ma questo avrebbe comportato anche la soppressione dell'affetto per il burbero amico, del piacere che provava in sua compagnia, e lui non era mai stato capace di rinunciarvi, fin da quando quel filo sottile si era teso tra loro anni prima.
Così Spock di Vulcano si trovava lì, venendo meno a parte dei suoi doveri in plancia, la fronte appoggiata al freddo vetro della camera di isolamento, ad addolorarsi per il suo amico e preoccuparsi per il suo compagno.
Per dirlo con un detto terrestre, quegli umani gli avevano rubato l'anima, la sua anima vulcaniana. 
Ripensò alla recente licenza insieme e a quanto McCoy l’avesse fatto spaventare quando aveva subito l’attacco della medusa-fuoco. La solitudine che aveva percepito in lui era grande come l’oceano di Cetacea, per usare una perifrasi terrestre.
Nonostante il proprio legame con il capitano, con la sua spiccata tendenza ad infilarsi in situazioni incresciose, era sempre stato il dottore a farlo preoccupare maggiormente; sembrava così fragile, troppo per sopportare quello che in realtà Spock gli aveva visto sopportare; la sua forza veniva da dentro, dal suo spirito indomito, dalla sua feroce compassione per ogni essere vivente. 
Compreso lui, Spock, che il buon dottore aveva raccolto sotto la sua ala protettrice spingendolo a superare la dicotomia della sua anima.
"Leonard..." Chiamò involontariamente la sua mente per l'ennesima volta. 
All'improvviso il dottore aprì gli occhi e lo fissò con sguardo limpido.
Spock allontanò la fronte dal vetro e si affrettò ad accendere l’interfono.
- Spock...- chiamò McCoy, riconoscendolo, ma la voce uscì debole e spezzata dal troppo gridare. Cercò di schiarirsela, ma cominciò a tossire.
- Spock a tenente Layris, recarsi in camera di contenimento, immediatamente. Chiudo- ordinò Spock nel comunicatore prima di rivolgersi nuovamente al dottore.
- Leonard - chiamò con insolita dolcezza - come stai? -
- Mi sembra di essere sprofondato nei peggiori incubi della mia vita - rispose acido il dottore.
Spock quasi sorrise.
- Che diavolo mi sta succedendo? - chiese.
- Sei stato contagiato - 
- Che cosa? Ma io non sono un telepate!-
- Il tuo legame con T'Mar ti ha reso vulnerabile al contagio, che avviene tramite onde theta a bassa frequenza tipiche dei contatti mentali. Abbiamo dovuto erigere un campo di forza attorno alla stanza -
- T'Mar... Non la sento più... Al suo posto c'è un vuoto orribile... - guardò il vulcaniano con una muta domanda negli occhi.
- Sta schermando la propria mente per evitare di essere contagiata -
- E' in pericolo! Devo fare qualcosa...- si alzò troppo velocemente e piombò a terra.
- Leonard, devi stare calmo. Hai bisogno di assistenza? - chiese il vulcaniano, avviandosi impulsivamente verso le tute anticontaminazione.
- No, e non provare ad entrare in questa stanza! - esclamò il dottore, massaggiandosi un gomito - tu sei un telepate, dannazione, il rischio per te è altissimo! Anzi, non dovrei nemmeno essere su questa nave! - 
Spock si fermò ma non rispose, sapendo che in realtà l'amico aveva ragione.
- Immagino che Jim non abbia voluto saperne di lasciarmi sul pianeta...-
Commentò acido il dottore.
- Il capitano è ancora irreperibile, non è stato lui ad ordinare di riportarti sulla nave -
McCoy smise di massaggiarsi il gomito e lo fissò, cogliendo al volo il significato.
- Spock... Spiegami la logica di questo gesto - chiese con calma.
- Quando ti abbiamo riportato sulla nave non eravamo sicuri che fossi stato contagiato e il tuo comportamento illogico e autolesionista imponeva un intervento immediato - rispose imperturbabile il primo ufficiale.
- Ma avevate sicuramente più di un sospetto in merito! - McCoy non si lasciò incantare.
Spock non replicò.
Il dottore lo scrutò qualche istante poi improvvisamente sorrise, quel suo sorriso che gli accendeva gli occhi azzurri di acuta ironia.
- Beh, che io sia dannato se mi lamenterò di essere qui tra i miei amici anziché su quella enorme pozzanghera di pianeta! -
Spock inarcò un sopracciglio.
- La massa d'acqua sul pianeta Cetacea è pari a quattro-punto-tre volte quella dell'oceano Pacifico sulla Terra, definirla pozzanghera è decisamente...-
Fu interrotto dall'ingresso di T'Mar, che si avvicinò alla finestra.
- Len... - chiamò, appoggiando una mano sul vetro.
Spock vide l'amico ricambiare il gesto con una intensa sensazione di deja vu - che teoricamente i vulcaniani non avrebbero dovuto provare - e si apprestò a lasciarli soli, sollevato che il dottore avesse trovato sollievo all’immensa solitudine che aveva percepito in lui.
 
Sul ponte riprese il lavoro di ricerca sul virus dalla sua postazione scientifica.
- Comandante - esclamò Uhura ad un tratto - sono riuscita ad isolare i segni vitali del capitano. Sono separati dal suo comunicatore e sembrano essere in movimento all'esterno dell'edificio della piantagione di alghe miwari -
- Riusciamo ad agganciarlo con il teletrasporto? - chiese alzando gli occhi dal visore.
- La massa d'acqua smorza il segnale... Il signor Scott sta cercando di potenziare il campo di confinamento - rispose l'ufficiale.
Spock si diresse alla poltrona di comando e aprì un canale con la sala teletrasporto.
- Signor Scott? - chiese.
- Un attimo signore, sto cercando di isolare la traccia di DNA umano e usarla come onda portante... - La voce dell'ingegnere arrivò con un forte accento scozzese, indice della concentrazione necessaria al compito.
Dopo un lunghissimo istante si sentì una sonora imprecazione.
- Mi spiace, signore, l'ho perso - 
Sul ponte Uhura si volse verso il Vulcaniano.
- Confermo, i sensori lo identificano ma un campo di energia impedisce il teletrasporto -
- Comandante, una traccia di propulsione a curvatura si sovrappone alle coordinate del capitano - segnalò Chekov.
- Sullo schermo - ordinò Spock.
Sul monitor apparve un'immagine tridimensionale della zona della coltivazione di alghe miwari; alle pendici del canalone una traccia rossa si sovrappose al segnalino verde lampeggiante che indicava la posizione del capitano, poi entrambi cominciarono a muoversi verso la superficie.
- Hanno superato lo schermo planetario! - esclamò Sulu.
- Signor Scott, qual'è la situazione dei motori?- chiese Spock con voce assolutamente controllata.
- Abbiamo solo i motori ad impulso, i motori a curvatura sono quasi in linea ma dobbiamo riavviare completamente la procedura di accensione e check up -
- Quanto tempo le occorre? - chiese il vulcaniano.
- Quattro ore, almeno -
- Signore, ho individuato il vascello su cui si trova il capitano. È un piccolo ricognitore, veloce almeno quanto l'Enterprise... E sta per lasciare l'orbita - informò Chekov.
- lo contatti –
Uhura tentò.
- spiacente Signore, le loro comunicazioni sono disattivate -
- signor Scott? Ha sentito? - 
- sì comandante -
- Come avrà capito abbiamo una certa urgenza. Può proporre una soluzione?-
- Ecco, ci sarebbe una possibilità...-
Spock rimase in silenzio, in attesa.
Scott , quando si rese conto che il vulcaniano non avrebbe stuzzicato il suo ego come era solito fare il capitano, si affrettò a proseguire
- Potremmo forzare la procedura effettuando manualmente la calibrazione materia-antimateria -
Spock inarcò un sopracciglio.
- I  rischi di tale procedura sono elevati, tuttavia se ritiene di esserne in grado la prego di cominciare immediatamente-
- Certo che sono in grado, anche se queste bellezze verrebbero un po' strapazzate! - replicò l'ingegnere in tono offeso - il problema è che non è consentito... Dopo l'ultima bravata del capitano è stato inserito un blocco apposito nel computer! Sembra che al Comando abbiano previsto un tentativo del genere da parte del capitano e si siano premurati di conseguenza -
Spock stava verificando sul computer quanto affermato dall'ingegnere capo.
Trovò il programma di blocco negli schemi del computer: a quanto pareva, neppure lo stesso comando di Flotta avrebbe potuto revocarlo, ma riconobbe qualcosa di familiare.
- Continui nel ripristino dei motori, signor Scott, ma si tenga pronto ad effettuare la procedura manuale. Chiudo-
Aprì un altro canale.
- Spock al guardiamarina Ramanujian. Rapporto immediato -
 
Kirk si era svegliato con il familiare mal di testa da phaser.
Si mosse lentamente, avendo imparato molto tempo addietro quanto questo fosse preferibile al violento attacco di nausea in caso di spostamenti troppo rapidi.
Si mise seduto, guardandosi attorno mentre il mal di testa svaniva velocemente.
Si trovava su una piccola nave dal design piuttosto avanzato, sicuramente non di origine terrestre, ed era intrappolato da un campo di energia, che tremolava leggermente di fronte a lui.
La postazione di fronte al monitor era occupata: due antenne delicatamente azzurre spuntavano dallo schienale.
Si rimise in piedi, tastandosi discretamente le tasche dell’anonima divisa da missione alla vana ricerca del comunicatore.
La poltroncina ruotò nella sua direzione e potè vedere l’alieno in volto.
Andoriano, certamente, ma aveva il colorito più chiaro che avesse mai visto; un andoriano pallido? Non sapeva che esistessero.
Per il resto i lineamenti erano tipici della sua razza ma particolarmente attraenti anche per gli standard terrestri; quarantacinque anni, come minimo, e un’ aria di tranquilla sicurezza.
I più pericolosi.
L’alieno lo scrutò come se gli leggesse nella mente.
Questo era improbabile, ma la sensazione rimase.
Poi l’alieno sorrise.
- Ben svegliato, umano – disse – ora… chi diavolo è lei? -
 
Rama, come lo chiamavano i colleghi, era seduto di fronte al suo schermo olografico multiprocessor.
Era stato convocato dal comandante Spock circa venti minuti prima durante il suo turno di riposo, strappato al sonno durante un meraviglioso sogno di frattali a matrice complessa.
I sogni su base matematica erano i suoi preferiti.
Di origine terrestre, indiano per la precisione, Rama era una specie di programmatore vivente, le sue capacità sfidavano anche quello del signor Spock, notoriamente uno dei migliori della Flotta.
Fin dal diciannovesimo secolo terrestre la sua famiglia sfornava periodicamente dei geni della matematica, a volte pura, come l’antenato Srinivasa Aiyangar Ramanujan, a cui si doveva peraltro la cosiddetta Funzione Theta di Ramanujian, a volte applicata alla programmazione, come nel suo caso.
Dopo secoli si era scoperto che nella sua famiglia un gene alterato provocava una particolare capacità connettiva del lobo parietale sinistro del cervello, permettendo ai portatori di questo gene recessivo di vedere la matematica come una sorta di immagine visiva.
Da lì anche la strana conseguenza di sognare la matematica.
Rama stava lavorando sul blocco applicato dal computer, un blocco studiato da lui stesso per essere inviolabile.
L’ironia della sorte aveva voluto che quando il Comando aveva voluto creare il blocco si era rivolto al migliore elemento, cioè lui, senza informarlo dello scopo di tale ricerca e poi, complice la solita burocrazia, non si erano preoccupati di verificare che lo stesso elemento era stato assegnato all’Enterprise e ad i suoi computer.
Il comandante Spock, da genio dell’informatica quale era lui stesso, aveva riconosciuto immediatamente la firma del giovane matematico sullo schema del blocco e lo aveva contattato.
Ora Rama doveva creare un algoritmo di programmazione che aggirasse il punto focale del blocco, perché si era rivelato veramente inattaccabile in modo  diretto.
La sua personale postazione era stata riadattata da lui stesso alle sue necessità “visive” della matematica, con schermi che proiettavano in 3D funzioni matematiche complesse nel campo della geometria non euclidea.
A volte le immagini erano prive di un ordine, del tutto casuali, e questo era di solito un segnale di errore; altre volte erano ordinate ad un tale microlivello che dovevano essere ingrandite a livello atomico per notarne lo schema.
Erano queste funzioni micro-ordinate la sua specialità, per le quali aveva un intuito assolutamente unico.
Lavorava con una mano tra le immagini sovrapposte, l’altra impegnata da una normale tazza di caffè nero, a volte rimanendo semplicemente fermo a guardare un frammento di ologramma mentre la sua strepitosa mente vi cercava l’ordine intrinseco.
L’intercom trillò.
Signor Ramanujian, potrebbe aggiornarmi per favore? – chiese la vece priva di ogni impazienza di Spcock.
- Sì signore, ho appena intravisto una possibilità, ho bisogno di altri dieci minuti per darle conferma –
- Resto in attesa. Chiudo –
Rama, assorto, posò la tazza sul ripiano e da quel momento le sue mani iniziarono a volare tra le immagini sospese con velocità sorprendente.
Che lui sapesse, nessuno lavorava in quel modo con la matematica.
Otto minuti dopo ricontattò il primo ufficiale.
- Signore, ho trovato il modo. Devo creare un diversivo per il sistema durante la processazione delle stringhe di blocco. Potrebbe aiutarmi in questa fase? –
- Affermativo guardiamarina, mi raggiunga in plancia, lavoreremo alla mia postazione –
Per gli ufficiali di plancia era davvero incredibile assistere a quei due al lavoro insieme sullo schermo olografico della postazione di Spock; ovviamente nessuno, nemmeno la formidabile mente di Chekov, riusciva minimamente a capire di cosa stessero parlando.
Ad un certo punto Spock annuì ed inserì un comando.
- Affermativo – rispose semplicemente la voce armoniosa del computer.
- Signor Scott – chiamò sull’interfono – può iniziare la procedura di accensione manuale. Velocità massima possibile –
- Sì signore – rispose l’ingegnere con voce stupita ma non troppo – ma balleremo un po’, la regolazione manuale non riesce a compensare gli squilibri –
- Signore – si intromise Rama – posso provare con un algoritmo autoequilibrante, che si adatti alle variazioni ncessarie –
- Proceda – rispose il vulcaniano, poi aprì nuovamente le comunicazioni interne – a tutto il personale, prepararsi ad una navigazione non lineare, livello quattro –
Dopo circa un minuto Sulu potè passare a velocità di curvatura, con uno scossone che scrollò la nave come un orso appena risvegliato.
  
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