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Autore: Saecchan    18/01/2008    2 recensioni
E' una semplice oneshot, basata sulla storia di una ragazza come tante, vissuta tra le quattro mura del locale Roadie.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi ringrazio da morire se state per leggere questa one-shot! L'idea mi è venuta all'improvviso, non era neanche una idea ben precisa, avevo semplicemente voglia di scrivere XD ed è meglio così, almeno ho fatto qualcosa di 'costruttivo' (spero XD)
Questa one-shot non ha nè capo nè coda, è uscita stata semplicemente scritta =)
Ovviamente, ogni commento, critica, lettura, sputazza, sarà ben accetta
*_* Vi voglio bene, buona lettura :*


Acquamarine

Mi chiamo Aquamarine.
No, in realtà non è il mio vero nome, però tutti mi chiamano così. Quindi è diventato il mio nome.
Lavoro da sette anni in questo bar, come barista. Proprio sette anni fa, mio padre scappò con la donna delle pulizie e mia madre comprò insieme a una sua amica un locale, mettendo sù, appunto, questo bar.
Il Roadie.

Il Roadie è per me come una casa, è la mia famiglia, non esiste cliente che non conosco, che non ho servito, con cui non ho scherzato.
Che mia madre facesse la spogliarellista lo avevo già intuito quando avevo dieci anni, e sinceramente non ci avevo trovato nulla di male. Le mie compagne e le loro madri ogni volta mi guardavano con disprezzo, non lasciavano le figlie venire a casa mia, e tantomeno io da loro.
La cosa mi era parecchio strana, dato che per me non c'era alcun problema ad ammettere che mia madre facesse un lavoro del genere, perchè infondo doveva solo ballare e spogliarsi... non andare a letto con gli sconosciuti. Eppoi era molto presente, mi aiutava a fare i compiti, e se c'erano problemi mi portava al Roadie, in modo che anche quando lavorava mi teneva sott'occhio. Non avendo sorelle o fratelli, la mia famiglia, esclusa mia madre, erano Marco, lo spogliarellista italiano, Miko, la socia di mia madre, e Teruki, il figlio di Miko con due anni in più di me.
Con il passare del tempo mia madre era sempre occupata con il lavoro, quindi mi trovavo intere giornate a gironzolare per il locale, giocando nascosta dietro il bancone, o leggendo le varie sporcaccionate che scrivevano i pervertiti nei bagni. Era divertente.
A quattordici anni, riuscii finalmente a convincere mia madre di insegnarmi a preparare i cocktail. Lei era contraria alla mia crescita nel bar; me lo diceva spesso, non voleva che io stessi tutta la vita chiusa in un locale puzzolente e colmo di ubriachi, lei per me aveva risparmiato un sacco di soldi, voleva che andassi all'università, voleva che io prendessi legge. Ma a me non me ne fregava, volevo imparare a fare i cocktail.
A sedici anni riuscì ad allontanarmi dal locale, mi spedì per 2 settimane in italia, e con la scusa con me venne anche Marco, che fu davvero felice di tornare in patria. Mi presentò la sua famiglia, un po' di amici, e mi insegno qualcosa di italiano. L'italia è così affascinante in confronto al frenetico giappone...
Al mio ritorno, mia madre trovò l'ennesima scusa per non farmi mettere piede al Roadie, disse che dovevo "trovare qualcosa di alternativo, che facesse bene alla crescita" e mescolare brandy e limone tutto il giorno di sicuro non mi aiutava. Mi iscrisse di sua volontà a un corso di giocoleria, ma diedi quasi fuoco allo studio, quindi me ne andai dopo meno di due mesi. Poi venne la volta di tennis, piscina, pallavolo, fino a rassegnarsi e a lasciarmi di nuovo scorrazare felicemente per il Roadie.
Quel periodo ricordo che fu tremendo, non solo perchè mio padre aveva iniziato a farsi rivedere, ma anche perchè Teruki incominciava a darsi alla droga.

Non ho mai capito i miei sentimenti verso Teruki. Era un ragazzo "complicato", fin dall'infanzia viveva un dissidio interiore con se stesso e con la figura paterna. Ho sempre pensato di essere una ragazza sfortunata, di avere grossi problemi familiari, eppure, in confronto con Teruki i miei problemi erano solo sciocchezze.
Teruki non aveva il papà; era scappato dal giappone quando era piccolo, abbandonando la madre e lui. Seppi da mamma che lo trovarono morto circa cinque anni dopo.
Per questo, quando c'era Teruki in giro, evitavo sempre di parlare di famiglia, di genitori mancati (come fanno solitamente tutti i nostri coetanei) e di problemi simili. Infondo io un papà ce l'avevo, anche se lontano chilometri e chilometri.
Quando aveva tredici anni lo vedevo spesso fumare dopo la scuola. Sigarette, si intende. Poi col passare degli anni, iniziò a darci dentro... prima erba, poi fumo, acidi, trip e ancora LSD.
A sedici anni conobbe l'eroina.
Essendo a pieno contatto con un locale notturno e abbastanza di moda, non gli era difficile trovare uno spacciatore o circoli di droga; e per quanto Miko gli stesse alle calcagne, lui riusciva lo stesso a non farsi beccare.
Io l'ho sempre saputo, quello che faceva. Ma non ho mai detto nè accennato nulla alla madre.
Speravo che si rendesse conto da solo di tutto.
A ventidue anni morì di overdose.

In seguito alla morte precoce di Teruki, la socia di mia madre abbandonò il locale. Mia madre si trovò completamente sola a gestire qualcosa più grande di lei, e inoltre aveva me da tener d'occhio. Per non darle preoccupazioni mi allontanai dal Roadie, conobbi un ragazzo inglese, Siye, di cui mi innamorai perdutamente. Per due anni abitammo sotto lo stesso tetto. Con la scusa di venire sei mesi in giappone per studi, dormiva sempre a casa mia che era spesso vuota. Mia madre passava molto più tempo al Roadie che a casa.
Quando Siye dovette tornare in inghilterra ci lasciammo; non avevamo nessun rancore, siamo amici tutt'oggi, ma entrambi sapevamo che non saremmo andati da nessuna parte vivendo in emisferi diversi.
Ogni tanto mi manca, ma poi penso che è stato un bene che ci fossimo lasciati, altrimenti ora avremmo sofferto insieme.
Quattro mesi dopo la partenza di Siye, mia madre decise di affidare il locale a "qualcuno che se la regoli meglio", diceva così, ma io dentro di me sapevo che non ce l'avrebbe fatta. Non aveva alcuna esperienza lavorativa, oltre al tirocinio in un asilo, senza il Roadie non saremmo andati avanti, e non mi riferisco solo alla nostra situazione economica: quella ci andava ancora bene. Papà, anche se scappato, ci mandava ogni mese degli assegni con i soldi per la mia università, per le spese extra, e sapevo che infondo ci voleva bene, a me e alla mamma. Wppure lo vedevo di rado, due o tre volte all'anno, e circa due telefonate ogni tre mesi. Però non mi lamentavo, non mi importava molto, e credo fosse lo stesso per mamma e per lui.
Non mi fregò nulla, neanche quando da mamma venni a sapere che aspettava un figlio da quella donna, che non era neanche Midori, la nostra donna delle pulizie, ma bensì un'altra donna, Nobuko, mi pare si chiamasse.
La notte della notizia mia mamma pianse tutto il tempo.
Per sei mesi il Roadie prese una "pausa". Quando mia madre si sentì meglio, ed ebbe ancora voglia di mandare avanti tutto, riaprì il locale.
E ora, dopo un anno, sono qui, a scrivere su un pezzo di carta rovinato, sul bancone consumato che mi ha accompagnata nella crescita. Non so bene il perchè, mi andava e basta.
Forse le cose più belle lo sono perchè vengono senza motivo.
Ah, mi chiamano Acquamarine per colpa dei miei capelli, da piccola erano lunghissimi, e li desideravo tutti blu, proprio come la sirena Acquamarine.
  
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