Harry respirò profondamente per trovare dentro di sé
un coraggio che in realtà non possedeva. Respirò ancora, quindi si decisa a
bussare.
Non dovette attendere molto prima che un uomo
dall’aria seccata e dai capelli rosso fuoco aprisse la porta con in braccio un
bimbo che piangeva.
L’uomo aveva le iridi di un fantastico color
azzurro, occhi che si spalancarono sorpresi e intimoriti da quella improvvisa e
inaspettata visita.
Ronald
Weasley, lo riconobbe subito il moretto, vedendolo. Lo
conosceva, sì, ma prettamente come marito della Signora Granger. Non aveva alcun
sentore mentale o emozionale dell’amicizia che in passato li aveva legati. Lo sapeva
sì, ma non ne sentiva strascichi particolari.
- Ehm… - fece improvvisamente imbarazzato,
sentendo un inspiegabile senso di smarrimento - Cercavo... Hermione Granger. -
Impersonale,
pensò udendo la sua stessa voce. Forse troppo? Ma come altro avrebbe potuto affrontarlo
diversamente.
A quelle parole, le iridi prima sorprese e
segretamente emozionate dell’altro scemarono di intensità velandosi di sordo
dolore.
- Al momento non è in casa. - rispose infatti con
voce spenta. Il bimbo si era calmato, probabilmente incuriosito dal nuovo
arrivato, ma non appena notò quell’ondata di gelo riprese a piangere smuovendo
l’incontro.
Ron subito cercò di cullarlo, ma inutilmente visti
i suoi modi impacciati.
- Entra pure… - gli sussurrò in quella confusione,
spostandosi dalla porta e facendogli spazio - Dovrebbe tornare a momenti. -
concluse per poi rivolgersi al figlio con qualche impacciato tentativo di
calmarlo parlandogli.
Harry quindi fece qualche passo titubante,
entrando in quella casa apparentemente sconosciuta.
Era arredata piuttosto rusticamente, ma aveva il
suo fascino. Vagamente, si chiese quanto tempo aveva passato tra quei tavoli,
su quelle sedie, camminando su quel pavimento… in loro compagnia.
I suoi migliori
amici…
Amici che non riconosceva.
- Ti occupi tu di lui? - chiese guardandolo, stava
ancora tentando goffamente di calmare il bimbo che, evidentemente, doveva avere
qualche dentino pronto a spuntare.
- Sì, anche… per lo più è Herm che lo fa’, ma oggi
aveva un impegno. - spiegò.
- E’ solo che non sembri molto a tuo agio. -
replicò tranquillamente Harry, pervaso da un insolito senso di serenità.
Ron alzò gli occhi a fissarlo qualche secondo.
- Già… - fece serio - Solitamente me la cavo
meglio. Ma sai, sta mettendo i dentini e quindi è particolarmente irrequieto. -
continuò dando conferma al moretto delle sue supposizioni - …Vuoi provarci tu? -
L’altro aggrottò le ciglia - Come? -
Il rosso rifletté qualche secondo prima di
parlare, tuttavia era stato informato da Pansy del grado di conoscenza
acquisito dall’altro, quindi optò per esprimersi liberamente.
- Beh, hai sembra avuto un certo talento… anche
con Vincent. -
Vincent.
Com’era il bimbo appena nato?
Piangeva ogni notte? Chi si alzava per dargli il
biberon? Chi dei due riusciva a calmarlo e farlo ridere?
Come aveva preso il fatto di avere due padri
anziché una madre e un padre?
Si era posto di tanto in tanto queste domande,
giudicandole malgrado ciò controproducenti alla sua causa e mirate solo a
ricordargli costantemente l’abisso di ignoranza nel quale regnava. Eppure ora
si facevano di nuovo strada in lui, negandogli ogni possibilità di appello o eventualità
di fuga.
- Ero… bravo? - si ritrovò a chiedere mestamente.
- Molto. - rispose Ron, ponendo delicatamente il
bimbo in una culla con un sonaglino a forma di cervo accanto al divano.
Harry abbassò gli occhi, nuovamente rattristato
dal suo status. Lui voleva sapere… semplicemente.
Voleva ricordare disperatamente e con tutto se
stesso.
Certo, lo desiderava anche per agevolare un po’
tutti, come far sentire il marito più sicuro della loro relazione o il figlio
più protetto dalla ritrovata tranquillità familiare, ma…non era unicamente per
questo.
Sì, lo faceva per Draco e per Vincent. Tuttavia, forse
egoisticamente, ambiva a riavere la sua memoria soprattutto per se stesso.
Era una cosa solo sua.
Sentiva il peso di quella vita distrutta…
Era per questo che lo avevano allontanato,
probabilmente. Perché il soffrire, anelando qualcosa che non si può riottenere,
è doloroso e crudele.
Vivere secondo punti di vista differenti dal
proprio caricava altri di aspettative e sé stesso di speranza illusorie.
Sentirsi raccontare la propria vita e percepire il
peso di averla vissuta erano due cose differenti…
Rinunciare, tuttavia, era fuori discussione.
Anche quella visita, in verità, nascondeva il
segreto desiderio di sapere altro della sua esistenza osteggiata dal destino e celatagli
dalle circostanze sfavorevoli.
Harry provò ad avvicinarsi al piccolo per
scorgerlo meglio nel suo lettino.
- Ti assomiglia molto. - ammise pacato.
- Di carattere però è come la madre… - replicò Ron
sfoggiando un sorrisino intenerito dalla contemplazione di quella piccola
creatura. - E’ testardo proprio come lei… - rincarò.
- Cosa fa di tanto testardo? - chiese divertito
Harry.
- Rompe! - rispose l’altro fingendo di essere seccato,
ma chiaramente raddolcito dal semplice fatto che quel bimbo era il suo preziosissimo
figlio.
Chissà se anche lui aveva avuto quell’espressione
sul viso… era bella.
A spezzare quel piccolo quadretto, ci pensò il caminetto
da cui fuoriuscì uno sbuffo di fumo accompagnato da una nuvola di polvere color
smeraldo dai quali comparve in un soffio una malinconica Hermione.
- Ciao amore, com’è andata? - fece alla donna il
rosso, sorridendo.
Lei lo fissò qualche secondo, non notando il
ragazzo – Sono stata da Pansy dopo essere andata da
tua sorella! Ora ci si mette anche lei! - sbottò con malcelato fastidio - Tua
sorella deve essere una bomba a letto per essere riuscita a convincere quella
strega! –
Quando finalmente posò gli occhi sull’ospite la
donna trasalì.
- Ja-James… ciao! - balbettò imbarazzata.
- Harry -
la corresse tranquillamente.
- S-sì… - farfugliò ancora - Harry… - sussurrò,
come se fosse la prima volta - Come mai qui? -
- Vorrei parlare con lei. - rispose prontamente il
ragazzo, ferendo inconsapevolmente la giovane.
Lei…
Freddo, impersonale… da James.
- A che proposito? - rimbeccò subito, riacquistando
un contegno che in realtà, in quel momento, credeva di possedere.
- Di varie cose. - rispose il moro - Prima fra
tutte una di natura burocratica… come credo saprà, non vivo più nella casa che
mi ha gentilmente ceduto. -
- Ne sono consapevole. -
- Poi… - esitò, guardò Ron - Scusi la scortesia,
ma vorrei parlarle di cose importanti, possiamo… accomodarci o qualcosa di
simile? -
Difatti erano ancora tutti e tre in piedi,
visibilmente tesi. Hermione annuì velocemente, quindi gli indicò il divano con
un ceno della mano, mentre lei si sedeva sulla poltrona vicina.
- Prego. - fece, per poi accomodarsi di fronte a
lui. Ron prese la culla del figlio e con una scusa assurda lasciò la stanza.
- Scusi il disturbo. - fece ancora il moro.
- Figurati. -
Restarono qualche attimo in silenzio, il ragazzo probabilmente
stava facendo un resoconto mentale, in modo da esporre ciò che doveva in modo
chiaro.
- Come ho detto la prima cosa è l’appartamento… se
non le è di peso vorrei mantenerlo, sebbene ora io abbia un altro posto in cui
stare. -
- Certamente… purché continui a pagare la quota
mensile. -
- Ci mancherebbe. -
- Ne hai parlato con Draco? -
- Sì… è d’accordo. -
Hermione annuì pensierosa.
Si sentiva così strano ad averlo davanti a sé, in
quella casa. Sebbene in quegli anni lo avesse sempre vegliato costantemente
come e più di un angelo custode, ora era di fronte a lei, consapevole di chi
fosse, ma comunque lontano, freddo e molto a disagio.
Avrebbe voluto vederlo più tranquillo. Sarebbe
stato meno doloroso.
- Poi… - riprese Harry, tentennando vistosamente -
…la magia. -
Gli occhi nocciola della donna ebbero un fremito.
Il moro riprese - Vorrei… - esitò - riprendere la
mano, per così dire. - respirò profondamente - E so che lei è la migliore, sa non
vorrei tornare a scuola alla mia età. -
- Vuoi che ti insegni? - fece Hermione, sorpresa.
- Sì. - rispose - Non intendo approfittarne,
davvero. E’ solo un favore che le chiedo… -
La donna sembrò chiudersi in un silenzio
pensieroso.
- Se non vuole avere nulla anche fare con me... capirò.
- riprese il giovane sorprendendola - Però a me farebbe piacere, perché vorrei
anche poterla conoscere meglio… - continuò in un sussurro. – Lei… ma anche… suo
marito. -
Harry cercava un contatto, comprese all’improvviso
Hermione. La magia era solo una mera scusa, in quanto Draco stesso sarebbe
stato ben lieto di aiutarlo a riprendere la bacchetta tra le mani, oltre che
altrettanto preparato. Ma aveva scelto lei,
Per prima cosa la scuola, poi
Harry non poteva certo essere biasimato per questo
sentimento ed Hermione non sarebbe mai riuscita a negare nulla a quel ragazzo,
così diverso ma allo stesso tempo così simile a colui che era e sarebbe stato
sempre il suo migliore amico, sebbene non ne avesse memoria.
- Harry… - lo chiamò accennando un sorriso - Posso
mostrarti una cosa? -
L’altro tentennò, poi annuì curioso.
La donna quindi si alzò e svanì al piano di sopra,
tornando poi con un grosso tomo. Guardò l’amico, per un attimo in difficoltà, poi
chiese di potersi accomodare accanto a lui, cosa a cui Harry acconsentì senza
indugi.
Hermione contemplò per qualche secondo la
vicinanza del moretto, quindi si posò il libro sulle gambe e lo aprì.
Nella prima foto che si presentò davanti ai suoi
occhi, Harry non riconobbe nessuno dei presenti.
Li osservò tutti con estrema attenzione, ma la
foto stessa gli sembrava piuttosto vecchia per sembrare attinente alla sua
vita, tuttavia due persone gli saltarono subito all’occhio: un uomo dai capelli
arruffati come lui e degli spessi occhiali e la donna, dai folgoranti capelli
rossi e gli occhi di uno splendido verde smeraldo, che questi cingeva
dolcemente a sé.
- Li hai notati, eh? -
Il ragazzo non sembrava concepire perché era stato
attirato proprio loro tra tutti, però li sentiva familiari.
- Sono i tuoi genitori. - esclamò Herm in un
sussurro. Alzò piano gli occhi e lesse nello sguardo del ragazzo smarrimento. I
suoi genitori…
- Come… - gli mancò il fiato per un istante - Come
si chiamavano? -
Pansy gli aveva raccontato a grandi linee la sua
vita, ma non aveva fatto alcun accenno a loro due. Sapeva solo che erano stati
uccisi dallo stesso Mago Oscuro che aveva attentato più di una volta alla sua
vita fino a quando non era riuscito a sconfiggerlo una volta per tutte. Null’altro.
I suoi genitori…
- James Potter e Lily Evans… -
Le iridi smeraldine si dilatarono qualche secondo
per lo stupore. Scopriva per la prima volta che il suo “nome” era un surrogato tra
quelli di suo padre e sua madre.
Si chiuse quindi in un religioso silenzio.
Quel nome lo aveva scelto la Dottoressa dell’Ospedale
che lo aveva tenuto in cura e con la quale aveva stretto un dolce amicizia.
Gli pareva il suo nome fosse Ginevra, ma che i
suoi colleghi la chiamassero semplicemente Ginny.
Era una brava ragazza che lo aveva preso molto a
cuore, andando sempre a trovarlo nonostante i numerosi impegni e, soprattutto,
era stato l’unico volto amico quando ancora era racchiuso in quel limbo
d’angoscia.
Aggrottò le sopracciglia pensieroso, non
comprendendo fino a che punto la cosa potesse essere una coincidenza.
Ma pensandoci bene, no, non poteva esserlo quindi…
che quella dolce Dottoressa potesse conoscere la sua reale identità?
Chi era davvero?
La donna sembrò intuire dalla sua espressione
dubbiosa la domanda, l’enigma che si affacciava nella mente del moro, quindi
decise di aiutarlo a capire.
- Ginny è la sorella di Ron. - gli confessò
attirando la sua attenzione. - Ed era anche lei una tua amica.-
Nuovamente gli occhi smeraldo si puntarono su Hermione,
come se il contatto visivo aiutasse la sua mente ad associare fatti e parole.
- Quindi anche lei faceva parte di… - lasciò sfumare
la voce - Tutto questo? - concluse mesto.
- Ci dispiace. - intervenne subito la giovane - Ma
credimi, non c’era altra soluzione… -
Non
c’era altra soluzione.
Forse.
Probabilmente.
Sicuramente…
Gli occhi si tinsero qualche minuto di muta
rassegnazione, quindi si accinse a toccare piano la pagina su cui vi era saldamente
attaccata la foto dei suoi genitori.
Per spezzare la tensione nata, Hermione
decise bene di rendere noti ad Harry i volti delle altre persone presenti nella
foto: Sirius Black, Remus Lupin e così via…
Assieme ai volti e ai nomi associava momenti e
attimi di vita vissuta. Pian piano arrivò a raccontare tante piccole cose
attinenti all’infanzia dell’amico.
Non tutto, non era possibile raccontare in poche
ore una intera realtà, tuttavia piccoli e grandi particolari trovavano il loro
posto nel complicato puzzle, ancora pieno di buchi, che era la mente del
moretto.
Vide altre immagini, altre persone, altri momenti,
altri diversi se stessi di un tempo che fu.
Molte foto si muovevano mimando espressioni che
rendevano molto più vere le persone ritratte. Ciò nonostante, non riusciva ad
associarsi all’altro se stesso, l’altro Harry… quello vero.
Ascoltava in silenzio la voce di lei rievocare il
passato, sorridendo perfino al racconto di alcuni aneddoti divertenti. Scoprì
di essere stato abbastanza sprezzante delle regole in età scolare e di aver
superato più avventure lui in pochi anni che molti altri in una vita intera,
non ultima la sconfitta stessa del Mago Oscuro.
Eroe
era definito dalla gente. Amico da
Ron e Hermione. Papà da suo figlio.
Amore
da
suo marito…
Tante piccole parti
di lui..in quelle foto.
- E’ tardi - disse
d’un tratto - Draco mi starà aspettando… sai cucino io a casa. -
Hermione sorrise
dolcemente - Scusami se ti ho rubato tanto tempo. -
- Figurati - rincarò
Harry - Grazie a te di tutto il tempo che mi hai dedicato, piuttosto. -
Con grande sollievo,
la donna si accorse che la formalità del moretto era scemata tornando ad un
tono più intimo.
- Grazie ancora. - sospirò
il moretto nuovamente grato all’amica ritrovata, prima di tornare nella sua
confortevole casa.
Draco nel frattempo
tentava di fare una sorpresa al marito. Approfittando della sua uscita si era
messo ad armeggiare tra i fornelli pronto a cucinargli qualcosa di delizioso, o
perlomeno… un pensiero dolce!
Vincent lo fissava in
silenzio seduto al tavolo, con in mano un pennarello che da tempo aveva smesso
di muoversi febbrilmente sul foglio macchiato del medesimo colore.
- Papà… - lo chiamò
d’un tratto.
Draco s’irrigidì. In verità,
era la prima volta che era da solo in casa con il bimbo. Solitamente quando non
era a scuola in sua compagnia c’era sempre il moretto, tuttavia ora, per la
prima volta, era solo con lui.
Finché si manteneva
occupato era tranquillo, ma la vocina del figlio aveva attirato la sua
attenzione.
Prima di girarsi dette
uno sguardo veloce alle varie pentole e tegami, constatando il grado di cottura
delle pietanze in modo da non ritrovarsi poi cibi immangiabili.
Si pulì le mani su
una pezza in modo molto casalingo e quindi si avvicinò al tavolo.
- Cosa c’è? - chiese
gentilmente.
Gli occhi di Vincent si
tinsero di qualcosa di indecifrabile.
- Papà… - sussurrò.
- Si? -ripeté più
dolcemente.
Il piccolo abbassò
improvvisamente gli occhi, le mani iniziarono a giocherellare nervosamente con
la felpa.
Il biondo ne fu
intenerito, quindi, d’istinto portò una mano alla testa del figlio spettinandogli
i capelli già arruffati.
- Parla, dai… - lo esortò
cortesemente.
- Papà… - fece ancora
il bimbo - …Mi vuoi bene? - chiese quindi alzando gli occhi color speranza e
incrociandoli a quelli grigi del padre. Erano colmi di un’insicurezza infantile
che agli occhi di Harry teneva volutamente celata per non diventare anch’egli
un peso. Ma con Draco era diverso, aveva bisogno di una conferma, anche se per
una volta sola. Era necessario che avesse quella garanzia.
Il biondo restò per
un lungo attimo in silenzio, facendo temere al figlio che la risposta sarebbe
stata negativa, ma poco dopo Draco si inginocchiò piano per poi prenderlo tra
le sue braccia.
- Certo che ti voglio
bene, Vincent! - disse con voce spezzata - Ti voglio un bene infinito… ti prego,
perdonarmi… - arrancò - Non ti lascerò mai più! Te lo prometto! -
L’uomo iniziò a
piangere, senza volerlo… senza nemmeno rendersene conto.
Mentre avvertiva le
spalle piccole e fragili del bimbo tra le sue braccia implorava un perdono, per
ottenere il quale non aveva bisogno di lottare.
- Anch’io. - gli
soffiò piano il figlio all’orecchio. Poi, ricambiando l’abbraccio, pianse anche
lui… finalmente come un bambino.
Note:
Il prossimo capitolo
è l’ultimo, lo dico fin da ora!
Questa storia non è
stata delle più facili da scrivere, ma l’ho avuta molto vicina! *__* Spero vi
piaccia e vi adoro per averla seguita costantemente e avermi sostenuta in questo
viaggio. Ma forse questa nota sembra una Addio e è prematura, sarà più petico al prossimo capitolo!
Bhè..allora
al prossimo!