Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: taylorswjft    06/07/2013    0 recensioni
Justin e Jason sono due completi sconosciuti.
Odiano al loro vita e farebbero di tutto per cambiarla.
Quando si incontrano scoprono un particolare che potrà cambiare per sempre le loro vite:sono praticamente identici, più di quanto lo siano Jason e sua sorella Helen.
Si scambiano le proprie vite decidendo di cambiare identità per quello che sembra un futuro migliore.
Ma perchè i due ragazzi sono uguali?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason McCann, Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Same.


JUSTIN.

Mi svegliai con un forte mal di testa nella mia stanza. Sbattei le palpebre varie volte prima di mettere a fuoco quello che avevo davanti: una bottiglia di vodka. Al mio fianco c'era Jennifer, che avevo conosciuto solo la sera prima e con la quale avevo fatto chissà cosa. Sospirai.
Non era la prima volta che mi ritrovavo in situazioni del genere, ma nel nostro quartiere cosa vuoi che ci sia da fare? Siamo forse il quartiere più povero di tutta stratford e qui gli unici divertimenti sono le feste, la droga e qualche rapina non troppo grave da farti finire in galera ma abbastanza da farti avere una denuncia.
Scossi la spalla nuda di Jennifer, infischiandomene di averla svegliata. Se mio padre l'avesse trovata li mi avrebbe riempito la testa dei soliti discorsi che comprendevano parole come “stai attento” “mettere incinta” “sbagliato”. Non voleva che facessi la sua stessa fine:padre a 19 anni.
-Uhm...Justin? Che c'è?-sussurrò sbadigliando.
-Devi andartene.-dissi in tono piatto alzandomi dal letto. Presi pantaloni e maglietta che stavano a qualche metro dal letto (insieme ai vestiti di lei) e li indossai.
-Ma come...?-mi chiese in tono allarmato mettendosi a sedere di scatto. Ogni volta era la solita storia: quando le cacciavo erano sorprese perchè credevano di asver passato qualcosa di magico con me. Improbabile.
-Alzati e torna a casa tua.-mi voltai verso di lei.-Questa notte non è mai esistita.-specificai e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Non ero cattivo, sia chiaro, ma quando me l'ero portata a letto ero ubriaco, non sapevo neanche se fosse vero o meno e poi se davvero vuoi troncare qualcosa devi farlo sul
nascere. Anche se tra me e Jennifer non è neanche mai nato nulla.

Tremolante scese dal letto, di rivestì e prima di uscire mi disse un roco:-Vaffanculo.-interrotto da un singhiozzo. Me lo meritavo, così non ribattei.
Mi fermai davanti alla finestra della mia stanza e la guardai uscire di casa e allontanarsi un minuto prima che mio padre rientrasse nel vialetto di casa. Sbattei un pugno contro il muro. Quel quartiere era una prigione: non potevo fare nulla di divertente, ma non potevo neanche stare a casa con mio padre che insisteva sul trovarmi un lavoro per aiutarlo a mantenerci la casa; non potevo neanche fare passaggiate perchè vedevo immediatamente qualcuno fare a pugni o drogarsi. E non potevo andare alle feste perchè non riuscivo a dire di no all'alcool.
Uscii dalla mia stanza e scesi di fretta le scale, deciso ad andare in città per cambiare un po aria.
-Ciao Justin.-mi salutò mio padre che entrava. Ricambiai il saluto con un cenno del capo e uscii dalla porta di casa, sbattendola definitivamente dietro di me.
Camminai per un po-se per camminare si intende accellerare il passo ad ogni minimo rumore molesto, il che li avveniva ogni minuto- e alla fine incontrai un segnale che diceva “Startford” e una freccia che puntava alla mia destra.
Girai e andai a sbattere contro qualcuno, per poi andare a finire contro il muro. L'urto mi fece sbattere con la guancia. Imprecai.
-Guarda dove v..-sbottai, ma mi fermai non appena vidi il ragazzo che si trovava davanti a me.
Non aveva ancora alzato la testa-evidentemente doveva vergognarsi- ma io già riuscivo ad identificare i lineamenti del suo volto. O per meglio dire del
mio volto.
Quando anche lui alzò il capo per osservarmi la sua bocca si aprì per lo stesso stupore che stavo percependo io.
-Ma sei uguale a me!-esclamammo in coro, spalancando gli occhi.
Il ragazzo che avevo di fronte aveva i miei stessi lineamenti: la bocca carnosa e il neo li vicino, gli occhi color caramello e le stesse sopraciglia folte. L'unica csa che ci distingueva erano i capelli: io li tenevo alti grazie al gel, lui invece li lasciava cadere sulla fronte che, per questo, non si vedeva.
-Tu sei me!-esclamò lui, incredulo.
-No, tu sei me.-ribattei, passandomi una mano tra i capelli.
Se continuavamo così non saremmo andati da nessuna parte.
-Dobbiamo calmarci.-annunciai a lui annuì, d'accordo con me.

 

 

 

JASON.

Un'ora dopo esserci incontrati io e Justin-così avevo scoperto che si chiamasse- eravamo ancora in quel vicolo, dove non passava mai nessuno. A parte noi.
A quanto avevamo stabilito eravamo due scherzi della natura, anti uguali per chissa quale combinazione genetica. Era questa l'unica risposta, dato che oltre la faccia, non avevamo neanche un parente in comune.
-Come mai ti trovi qui? A giudicare dai tuoi vestiti non sei di queste parti.-mi chiese Justin scannerizzandomi da capo a piedi. Indossavo dei jeans, una polo e delle comunissime nike, non mi sembrava di essere vestito chissà come. Ma forse in quel quartiere essere vestiti come lo ero io quel giorno era già tanto. Justin indossava dei pantaloni un po strappati sulle ginocchia, una maglietta nera sbaidita e delle scarpe di cui non sapevo riconoscere la marca.
-Già, sono di Stratford. Centrale.-precisai e lui annuì.- Mmh, non volevo più stare a casa e ho fatto un giro. E tu? Perchè venivi in città?-
In realtà la verità era che a casa non volevo più starci. Ero stanco di avere tutto e niente. I miei genitori permetevvano a me e a mia sorella Helen di avere qualsiasi cosa ma non il loro amore. Presumo che fossimo stati un errore nella loro vita.
Helen era la mia gemella anche se di uguale non avevamo nulla: io i capelli biondi, lei rossi; io gli occhi marroni, lei azzurri; io alto, lei bassina io abbronzato e lei candida come la neve. La genetica gioca brutti scherzi, o almeno così ho sentito...e posso confermarlo. Beh, non riuscivo ad abitare neanche con lei che, arrabbiata perennemente con i nostri genitori, si rinchiudeva nel suo mondo e non mi lasciava entrare.
Sbuffai.
-Stavo scappando di casa, non so dove sare andato o per quanto sarei stato via. Probabilmente stasera sarei tornato, perchè mio padre mi ama troppo. Ma odio la mia casa. E la mia vita.-disse semplicemente come se stesse annunciando le previsioni del tempo.
Din, Din, Din, disse una voce dentro di me e immediatamente mi illuminai. Sempre se lui avesse accettato, ovviamente.
Lui aveva un padre che lo amava e io no.
Io avevo una vita agiata e lui no.
Cosa poteva andare storto?
-Justin....e se scambiassimo le nostre vite?-proposi.
Lui mi guardò un po' stupito, ma anche accigliato. Forse pensava che la mia idea fosse stata infantile, che fossi pazzo, che doveva scappare da me al più presto.
-Si.-disse poi, facendomi rimanere a bocca aperta.-Almeno per un po'.

  
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