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Autore: Giusiliadance    06/07/2013    0 recensioni
Quella che state per leggere è tratta da una storia vera. Una ragazza,Sue Smith, racconta la sua storia che vi lascerà senza parole. Costretta a trasferirsi frequentemente a causa dei problemi psichici della madre non riuscirà mai a costruire dei rapporti di amicizia; finchè un giorno ...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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il 20 settembre, per essere precisi erano le 5.00 del mattino e mentre la città era avvolta ancora nel sonno io,mia madre Elison e mio padre Liuk stavamo abbandonando la favolosa città di Boston; forse per sempre. Ho trascorso solamente un anno qui, a causa dei problemi psichici di mia madre che ci spingevano a 20 settembre. Per una persona qualunque il 20 settembre è un giorno qualsiasi, ma per me era il decimo trasferimento. Scusate…mi presento,sono Sue Smith ...e questa è la mia storia. Dunque...ricapitolando…era cambiare ospedale frequentemente, ma ho molti ricordi che lasceranno un segno indelebile nel mio cuore. La sua malattia è una malattia rara; fin ora nessun ospedale è riuscito a comprendere di cosa si tratti. I medici ci hanno detto sempre le stesse cose: che parte dal cervello e si propaga lungo la colonna vertebrale, nient’altro. Molto spesso mia madre ha degli attacchi improvvisi che la spingono a fare cose mostruose. Sente delle forti scosse sulla schiena e dice che è come se dentro di lei ci fosse una presenza che cerca di soffocare la sua anima. E’ una cosa terribile. Ho trascorso la mia infanzia passando da ospedale ad ospedale e cambiando città molto spesso, così non ho mai potuto avere dei veri amici. Il mio miglior amico è da sempre mio padre; è con lui che ho passato la mia breve infanzia,poiché il rapporto con  mia madre si è concluso all’età di 6 anni. Mi ricordo il suo primo attacco psichico, è stato traumatizzante: erano le 6.00 del mattino, stavo dormendo, quando ad un tratto vidi in piedi ,sopra il letto, mia madre ,con un coltello affilatissimo che guardava in un punto fisso della camera e diceva cose strane. La sua bocca si muoveva e ogni parola che emetteva aveva un suono spaventoso e tetro; quelle parole si stamparono nella mia mente e non riuscii mai più a tirarle fuori. Tentò di uccidermi; per fortuna mio padre se ne accorse subito e riuscì a salvarmi in tempo. Fu un’ esperienza terribile. Quello fu uno dei peggiori  periodi della mia vita. Dovetti affrontare pesanti dialoghi con diversi psicologi e poi iniziò una serie di  trasferimenti alla ricerca di un ospedale che potesse curare mia madre. Non ce l’avrei mai fatta senza mio padre che ogni giorno cercava di strapparmi un sorriso e mi diceva: “ Tua madre guarirà, te lo prometto”. Quelle parole suonavano così sincere agli occhi di una bambina, ma ormai cresciuta mi accorsi che erano soltanto un incoraggiamento per andare avanti. Mentre nella mia mente vagavano vecchi ricordi e pensieri ci stavamo allontanando da Boston . Cercai di distogliermi un attimo dai miei problemi; mi affacciai dal vecchio finestrino a manovella e vidi che la città stava prendendo vita.. c'è chi andava a lavorare, c'è chi portava il cane a passeggio e infine c' ero io che stavo vicino a mia madre,sul sedile di dietro, cercando di farla addormentare e cercando di dire basta ai miei pensieri. Finalmente dopo diverse ore di  viaggio arrivammo a Chicago. Mio padre ha detto che saremmo rimasti qui per sempre perché la città ospita un grande ospedale(la General Hospital), ma soprattutto perché il signor Liuk aveva trovato un lavoro, finalmente che potesse mantenere le costose cure per mia madre e…aveva trovato una casa nuova tutta per noi!!! Questo era un gran sollievo perché mi ero davvero stufata di cambiare città ogni anno; è stato straziante. Mentre riempivo la testa a mio padre delle mille cose che avremmo dovuto fare a Chicago,l’auto si fermò davanti alla nostra nuova casa. Era bianca e dallo stile un po’retrò. Davanti c’era un fantastico giardino dove mia madre si poteva svagare quando non era  in ospedale. Approposito...l’ospedale si trovava solamente a qualche isolato di distanza dalla casa, quindi avrei potuto accompagnarla senza far scomodare sempre il mio papà. Sistemammo le ultime cose e poi andammo tutti a dormire. La notte come al solito fu lunga: io e mio padre dobbiamo rimanere svegli finchè non si è addormentata, per paura che abbia uno dei suoi tremendi attacchi. Finalmente potei andare al letto. La mattina seguente furono i raggi del sole che penetrarono nella mia camera a svegliarmi...Ancora insonnolita, barcollando, mi diressi in cucina e con mia grande sorpresa vidi mia madre che era seduta  in uno sgabello di legno. Mi avvicinai e lei guardandomi negli occhi mi disse: “ Buongiorno tesoro”. Furono le prime parole che pronunciò dopo una settimana di semi- coma. Andai in contro a mio padre,in giardino, per raccontargli la notizia ..ma non lo vidi…

  
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