Note
dell’Autrice: Salve a
tutti! Sono stata parecchio assente da EFP ultimamente e so di avere un
paio di
lavori a metà ^^’ ma purtroppo, fra una cosa e
l’altra, ho avuto davvero
pochissimo tempo libero. Allora premetto che questa è una
storia che non mi sarei
mai aspettata di dover scrivere e neppure ne avrei avuto
l’intenzione. E’ il
regalo di compleanno per la mia Ludo ( TANTISSIMI
AUGURI <3
) che spero ne resterà soddisfatta anche
perché è stata sicuramente la cosa più
difficile che abbia affrontato in questo
ambito anche perché non sono per niente fan della coppia.
Prima di continuare
voglio fare un ringraziamento a due persone davvero
speciali che mi
hanno aiutato e sopportato durante la stesura di questa fan fiction (
non le
cito perché, oltre a farlo sempre, non sono particolarmente
soddisfatta di come
è uscita ^^’ ma so perfettamente che loro
capiranno <3
). Quindi in definitiva spero che abbiate la voglia e la pazienza di
leggere
tutto ed arrivare in fondo, come al solito mi è venuta un
po’ lunghetta, e se
volete lasciare un commento mi farete davvero un sacco piacere, sono
sempre
molto interessata a conoscere le vostre opinioni ! Un bacio a Tutti e
ci
sentiamo alla fine <3
night, moon, sand and You
Le
placide ombre scure della
notte erano scese ormai da parecchie ore sulla città
sfarzosa solo in
apparenza. Il tetro colore della sera avvolgeva qualsiasi cosa e
mitigava tutte
quelle palesi differenze che il sole continuava a sottolineare quasi
con
insistenza. Le case apparivano più simili, le strade ed i
quartieri si confondevano
e perfino le opulente mura del palazzo reale sembravano meno imponenti
quando
il buio le riduceva ad un informe massa quasi indistinta. La notte,
nella sua
fredda assenza di luce, era molto più giusta ed imparziale
del governo corrotto
di quella città: azzerava le differenze rendendo tutto
più uguale. Anche gli
esseri umani al buio sono più simili e spesso più
veri; spogliati
dall’imposizione dell’apparenza possono lasciarsi
cullare dai loro istinti
rivelando il proprio io in maniera più chiara e definita.
Tutto gli era sempre
apparso migliore illuminato solo dal fioco bagliore lontano delle
stelle e perfino
la sua Baldadd sembrava più bella.
Rabbrividì
appena mentre
l’ennesimo refolo di vento gli accarezzava la pelle nuda
coperta solo da quella
casacca bianca fin troppo larga per il suo fisico piuttosto minuto. Si
strinse
nelle spalle portando le mani sui lembi stropicciati
dell’indumento cercando
invano di avvicinare ulteriormente il tessuto leggero.
Sbuffò appena accoccolandosi
ancora di più su sé stesso in modo da ricercare
calore. Avvicinò le ginocchia
al petto e fu percorso da un brivido quando le sue gambe fredde si
scontrarono
contro la pancia, appoggio successivamente la testa allo scomodo
stipite di
pietra e legno che costituiva parte dell’ampio davanzale su
cui si era
rannicchiato ormai da quasi un’ora.
Non
aveva sonno o per meglio dire
non riusciva proprio a dormire. Aveva in testa tanti pensieri tutti
troppo
diversi fra loro per poter essere ordinati in qualche modo. La sua vita
stava
subendo l’ennesimo stravolgimento e, come ogni volta, lui
faticava a tenere il
passo. Chiuse gli occhi e si prese qualche secondo per
tranquillizzarsi. Fece
un paio di profondi respiri per combattere l’ansia che
derivava dal senso d’inadeguatezza
che provava ormai quasi costantemente e che lo accompagnava
già da diversi
anni. Sollevò nuovamente le palpebre tornando ad immergere
lo sguardo sulla
città addormentata, sentì un rumore ovattato in
lontananza a cui non riuscì ad
attribuire un’origine e, quasi d’istinto,
spostò la sua attenzione all’interno
della piccola stanza spoglia. Frugò veloce in
quell’oscurità finché non
trovò
il letto appoggiato alla parete opposta alla sua posizione. I suoi
occhi, già
abituati al buio, non ci misero molto ad individuare una figura che
giaceva,
ancora placidamente addormentata, sul piccolo giaciglio sfatto che,
anche
quella notte, avevano condiviso.
Spostò
appena la testa piegandola
quel tanto che bastava per riuscire ad appoggiare una guancia sulle
ginocchia.
Restò fermo in quella posizione fintamente comoda ancora per
qualche altro
minuto mentre tutta la sua attenzione si concentrava sul ragazzo che
stava
guardando dormire. Era disteso sulla pancia, le braccia abbandonate
lungo i
fianchi, con il viso rivolto verso di lui coperto solo parzialmente da
un
lenzuolo piuttosto rovinato che tempo prima, vista la fattura pregiata,
doveva
essere appartenuto a qualche membro della classe alta della
città. Fece
scorrere i suoi occhi color ambra su di lui studiandolo, per quanto il
buio lo
permettesse, ancora una volta con attenzione quasi come se imparare a
memoria
ogni singolo dettaglio di quel corpo, che mai avrebbe immaginato di
conoscere
così intimamente, potesse aiutarlo in qualche modo a capire
cosa passasse nella
sua testa. Risalì lentamente da dove il tessuto macchiato
lasciava scoperta la
pelle, di una sfumatura appena più scura della sua, della
schiena e seguì il
leggero avvallamento della colonna vertebrale fino alle scapole in
parte
nascoste sotto una scomposta massa scura di dread lasciata ora libera
dall’usuale mezza coda. Passò oltre andando quindi
a contemplare i lineamenti
di quel viso per lui così famigliare ma che ora gli appariva
tanto cambiato. Fissò
la sua bocca appena dischiusa soffermandosi qualche secondo di
più su quelle
labbra sottili di cui ora conosceva il sapore, risalì
lentamente naso e zigomi,
andando poi a perdersi in quegli occhi, ancora nascosti dalle palpebre,
di cui
sapeva l’esatta sfumatura di colore.
Cassim.
Quel nome gli venne
spontaneo alle labbra e si ritrovò a pronunciarlo sottovoce
senza neppure avere
la piena consapevolezza di farlo. Per la terza volta quel ragazzo gli
aveva
sconvolto la vita e, come sempre, gli aveva sbattuto in faccia tutti i
suoi
tanti limiti. Credeva di averlo capito, almeno in parte ed invece si
era
ritrovato nuovamente spiazzato dal suo comportamento così
eclettico ed
imprevedibile. Si era quindi rassegnato all’evidenza e aveva
accettato il fatto
che non sarebbe mai e poi riuscito ad intuire quali fossero le reali
intenzioni
di quel presunto fratello che continuava costantemente a tenerlo legato
a lui.
Dopo l’incidente, che egli stesso aveva aiutato
involontariamente a causare,
avvenuto pochi anni prima al palazzo reale si era ripromesso non tanto
di
odiarlo, anche perché era ben consapevole che non ne sarebbe
mai stato capace,
ma quanto più di dimenticarlo e di non avere più
niente a che fare con lui. Ed
invece eccolo ancora una volta al suo fianco immischiato forse nella
più folle
e sbagliata battaglia persa che Cassim stava portando avanti ubriacato
solo da
un inutile desiderio di vendetta e guidato da un’ideologia, a
sua avviso,
totalmente sbagliata. Avevano messo su una sorta di teatrino piuttosto
ridicolo
o comunque molto improbabile. Chiunque, studiando il loro gruppo con un
minimo
di criticità, avrebbe subito capito il suo finto ruolo di
leader. Tutto ciò non
gli piaceva anche perché non era d’accordo con i
metodi usati da Cassim, ma
forse avrebbe potuto davvero cambiare le cose se fossero riusciti ad
ottenere
un numero di consensi ancora più alto fra le tante persone,
ormai ridotte alla
fame, che costituivano l’indigente popolo di Baldadd. Con
l’appoggio della
gente avrebbe potuto rivendicare il suo titolo di principe e avrebbe
provato a
portare dei cambiamenti radicali alla politica del suo paese. Eppure,
quando si
concentrava su questi pensieri, qualcosa lo faceva sentire
profondamente a
disagio e per una volta ciò non derivava dalla sua paura di
sbagliare ma più
che altro dal non sapere come il ragazzo che aveva di fronte avrebbe
reagito.
Quale sarebbe stata la sua risposta? Sapeva per esperienza che Cassim
era un
tipo incline ad usare più l’astuzia e le mani
piuttosto che le parole, l’esatto
contrario di lui. Spesso si erano scontrati su questo punto e
più volte si era
visto accusare di essere una persona inutile ed inconcludente proprio
per
questa sua inclinazione a voler trovare un modo
“pacifico” per cercare di sistemare
praticamente ogni situazione.
Sospirò
cercando di scacciare,
almeno per il momento, dalla sua mente tutti quei pensieri inutili.
Tornò a
concentrarsi sul viso addormentato dell’altro.
Provò nuovamente a distinguerne
i lineamenti nell’oscuro chiarore delle stelle e stavolta la
sua attenzione
andò a focalizzarsi sulla sua bocca. Dopo pochi secondi
iniziò ad avvertire una
strana morsa allo stomaco, come un senso di vuoto, mentre sentiva
distintamente
le proprie guance farsi appena più calde sintomo che stava
arrossendo. Cominciò
a respirare pesantemente dopo aver deglutito nient’altro che
aria conscio che
la sensazione d’imbarazzo che stava provando derivava dalla
consapevolezza di
avere gran parte del collo e della pancia segnata dal calco imperfetto
di
quelle labbra sottili. Quei marchi rossastri risaltavano ancora di
più sulla
sua pelle chiara resa ancora più bianca dalla luce fredda
della notte e si
intrecciavano, specie intorno ai fianchi e al bacino, con una doppia
serie
speculare, piuttosto regolare, di piccoli lividi grigiastri dalla forma
molto
simile a quella dei polpastrelli di una mano. Andò a
ricercare con lo sguardo i
segni che egli stesso aveva fatto sulla schiena dell’altro,
ma la quasi totale
assenza di luce gli impedì d’individuare
l’esatta posizione di quelle lievi
escoriazioni che, con tutta probabilità, la ricoprivano in
gran parte. Erano
sempre stati piuttosto fisici fin da bambini fra di loro e anche
durante il
sesso avevano mantenuto inalterata questa caratteristica.
Facevano
l’amore ormai da
parecchie settimane. Non avrebbe saputo dire con esattezza che cosa
sottendesse
quel loro ambiguo rapporto o cosa li spingesse a cercare in
continuazione quel
contatto così intimo e personale. Quel comportamento era
abbastanza atipico per
entrambi. In precedenza non aveva mai avuto esperienze degne di una
certa rilevanza,
ma poteva affermare con sicurezza di essere attratto dal gentil sesso e
dalle
grazie prosperose che il corpo femminile poteva offrire e, per quello
che
sapeva e che gli era stato raccontato da terzi, anche il suo amante la
pensava
allo stesso modo in fatto di gusti sessuali. Eppure stava
così maledettamente
bene stretto fra le sue braccia mentre provava un improbabile senso di
appartenenza quando lo sentiva entrare dentro di sé. Non
avrebbe saputo dire se
era innamorato o meno e forse questo, momentaneamente, era il minore
dei suoi
problemi.
Il
vento ancora troppo freddo
della notte tornò a scompigliargli i capelli e lo riscosse
dai suoi pensieri
portando con sé anche qualche sporadica traccia di polvere e
sabbia sottile.
Ben presto un fastidioso pizzicore lo fece starnutire. Chiuse gli occhi
e
cercando di fare meno rumore possibile abbandonò la strana
posizione che aveva
assunto per portarsi entrambe le mani giunte a coprire bocca e naso in
modo da
riuscire ad ovattare ancora di più quel suono fastidioso.
Decise dunque di
alzarsi definitivamente e, con pochi passi veloci e silenziosi,
raggiunse
l’angusto letto fatto di assi. Si fermò proprio
davanti al bordo e indugiò
ancora un paio di secondi sul grande tappeto finemente lavorato che
avevano
steso sotto il precario mobile. Con i piedi nudi saggiò la
consistenza morbida
di quei fili sapientemente intrecciati mentre, dopo aver abbassato lo
sguardo,
si stupì di quanto quei brillanti colori vivaci fossero
smorzati alla luce
fredda della stelle. Si liberò velocemente della
giacca che aveva inutilmente indossato per cercare di ripararsi dalla
pungente
aria della sera buttandola sulla piccola pila di vestiti sfatti che
avevano
accatastato in un angolo vicino alla porta quando erano entrati in
camera. Erano
entrambi troppo disordinati ed impegnati per preoccuparsi di dare una
sistemazione almeno vagamente degna di questo nome ai loro indumenti
leggeri.
Rabbrividì nuovamente quando anche la parte, in precedenza
coperta da quella
stoffa sottile, rimase esposta completamente. Era solo ansioso di
raggomitolarsi contro il corpo caldo di Cassim e di coprire entrambi
con quel
lenzuolo che ora giaceva parzialmente arrotolato attorno al corpo del
più
grande.
Si
mosse quasi furtivamente e
s’infilò in quel letto scomodo con un unico
movimento fluido. La parte più
difficile fu recuperare il lenzuolo, ma con un po’ di
pazienza, mista ad
altrettanta fortuna, riuscì nel suo intento senza svegliare
il compagno.
Sistemò come meglio poté il leggero quadrato di
stoffa e poi finalmente andò ad
accoccolarsi contro il fianco dell’altro. Appoggiò
con delicatezza il capo
sulla sua spalla strusciandosi appena su quell’improbabile
cuscino mentre, con
dei lenti e profondi respiri, si lasciava cullare dall’odore
pungente proprio
del suo amante. Adorava quel profumo intenso, era una sorta di misto
fra
l’inconsistente aroma della sabbia calda e una speziata
fragranza d’incenso.
Socchiuse gli occhi per potersi gustare appieno quel momento per lui
così
rilassante e pian piano scivolò in una sorta di vigile
dormiveglia popolato da ricordi
confusi. Si abbandonò a quella moltitudine di brandelli di
memoria spesso
incompleti e, fra tutti, andò a focalizzarsi su quello che
ultimamente
continuava a rievocare con più frequenza e di cui, ne era
sicuro, non avrebbe
mai dimenticato un singolo dettaglio.
Faceva
fin troppo
caldo quella sera. L’aria rovente del pomeriggio non era
stata mitigata dal
tramonto del sole e il poco vento che soffiava era carico di sabbia.
Tutto era andato
storto quel giorno.
Avevano
litigato per
gran parte del tempo e, come per l’afa, anche loro non si
erano raffreddati con
il calare della notte. Anzi la discussione stava assumendo toni sempre
più
accesi e violenti. Il motivo era sempre lo stesso, scatenato da una
visione del
mondo troppo diversa per poter essere conciliata in un qualche tipo di
accordo.
L’aria dell’angusta stanza in cui si trovavano era
ormai impregnata dell’odore
acre di tabacco e del suono vano di parole che somigliavano sempre di
più ad
una supplica. Avevano continuato ad urlarsi contro ancora e ancora
finché
entrambi sfiniti avevano tacitamente deciso di smettere
quell’inutile quanto
ridicola pantomima:
nessuno dei due
avrebbe abbandonato la propria patetica posizione.
Si
era lasciato cadere
mollemente sul letto sempre tenendo gli occhi puntati sul suo
irascibile
interlocutore. Gli stava dando le spalle mentre frugava nervosamente
dentro una
malconcia cassa di legno, lo vide estrarre qualcosa che poco dopo venne
avvicinato alla sporca lampada ad olio che illuminava il piccolo
ambiente. Ne
percepì l’odore prima di vederne la forma;
l’ennesimo sigaro.
Odiava
il fumo
prodotto da quei rotolini scuri di foglie ed erbe, era disgustato dal
loro
aroma, ma la cosa che trovava più insopportabile era sentire
quell’odore
pungente su di lui, sui suoi capelli, sui suoi vestiti, sulle sue mani,
ovunque. Fece una leggera
smorfia arricciando appena il naso cercando di manifestare ancora di
più il suo
disappunto riguardo a quella malsana abitudine, la prima di una lunga
serie,
che Kassim aveva fatto propria. Tossì fintamente continuando
a fissare il più
grande che continuava tranquillamente a fumare con la schiena
appoggiata alla
parete. Ricevette in cambio solo un’occhiata annoiata.
Restarono ancora un
po’ avvolti in un silenzio ovattato e carico di tensione, poi
improvvisamente Cassim,
gettato da parte il sigaro ormai consumato interamente,
abbandonò la posizione
che aveva precedentemente assunto per avviarsi verso la porta della
stanza.
- Dove vai? -
- Fuori. –
- Sì, ma
dove? -
- Affari miei. -
Prima che
riuscisse ad
uscire dalla stanza Alibaba scattò in piedi e si
parò davanti all’uscita
appoggiandosi con la schiena contro la superficie fatta di tavole
scure. Aveva
una strana sensazione, anzi una brutta sensazione e non avrebbe mai
permesso
all’altro di passare la notte in un posto che probabilmente
neanche egli stesso
aveva ancora deciso. L’avrebbe fatto arrabbiare, di nuovo, ne
era sicuro.
- Ti levi? -
- No! -
- Alibaba cazzo
voglio uscire! -
- Perché? -
- Cosa vorrebbe dire
perché? -
- Rispondi. -
- Sono stato qui
tutto il giorno, ti ho sopportato fin’adesso e ora ho
bisogno di uscire, andare a bere e probabilmente a farmi una bella
scopata.
Questa è una risposta sufficientemente esaustiva per te? -
Silenzio.
Non avrebbe
saputo descrivere con esattezza quello che gli passò per la
testa dopo aver
sentito quelle parole, come non sarebbe mai stato in grado di capire il
perché
aveva maturato una sorta di gelosia nei confronti del ragazzo
più grande, uno
strano senso di possesso che spesso aveva etichettato, forse
erroneamente, come
affetto fraterno. Ma quello che stava provando in quel momento era ben
lontano
dall’attaccamento che si può provare per un
fratello. Non sapeva cosa fare e
tantomeno come ribattere alla sfacciata risposta che gli era stata
data. Si
sentiva impotente, frustrato sia dalla sfiancante litigata appena
conclusa sia
dalla situazione in cui attualmente si trovava. Abbassò
appena il viso e andò a
puntare gli occhi ambrati sul pavimento di pietra grezza,
imprigionò il labbro
inferiore fra i denti iniziando a torturarlo nervosamente con lievi
morsi.
Prese un profondo respiro dopo aver maturato una decisione totalmente
insensata. Sentì l’imbarazzo crescere, raccolse
tutto il misero coraggio che
aveva poi alzò nuovamente lo sguardo, appena velato di
pianto, per andare a
puntarlo in quello freddo del suo interlocutore. Prima di prendere la
parola
ancora una volta si prese un secondo per sfidare quegli occhi
così diversamente
simili ai suoi.
- Scopa me allora ! -
Mantenne gli
occhi
inchiodati in quelli dell’altro incapace di muoversi forse
troppo imbarazzato
per quello che aveva appena detto o troppo spaventato dalla reazione
che la sua
stupida presa di posizione avrebbe potuto provocare. Lesse inizialmente
stupore
nello sguardo apatico del più grande poi vide rapidamente la
sua espressione,
inizialmente interdetta, diventare più dura e in un certo
senso più cattiva. La
fredda risata che ricevette come risposta lo costrinse di nuovo ad
abbassare lo
sguardo incapace di sostenere quel contatto ora fin troppo umiliante.
- Addirittura. E cosa
ti fa pensare che potrei trovare interessante la
tua proposta? -
- … -
- Visto! Sei
patetico, non hai ancora imparato a stare al mondo e dopo
avermi fracassato le palle tutto il giorno con le tue inutili cazzate
mi vieni
anche a fare delle proposte indecenti e idiote di cui non comprendi
neppure il
significato. Sei ancora uno stupido moccioso, lo sei sempre stato
dopotutto. -
Si costrinse
a
ricacciare indietro le lacrime che stavano fastidiosamente pizzicando
per
uscire, s’impose di non piangere e di non spostarsi neppure
di un centimetro
quando sentì i passi dell’altro farsi sempre
più vicini. Non l’avrebbe fatto
uscire quella sera, gli avrebbe dimostrato, forse per la prima volta,
la sua
determinazione nel prendere una posizione a costo di dover fare a botte
e
prenderle per l’ennesima volta. Ingoiò tutta la
sua vergogna e il suo imbarazzo
e facendo leva su quella strana paura che lo accompagnava sin
dall’inizio di quella
discussione alzò nuovamente gli occhi scoprendo
così di trovarsi a pochi
centimetri dal viso dell’altro.
- Allora ti levi
adesso? Ti avverto che mi hai già stufato da un pezzo.
-
- No! Voglio che tu
stia con me stasera. -
- Ancora con questa
storia!? -
- Mettimi alla prova.
-
- Ma ti rendi conto
di quello che dici? Conoscendoti sarai ancora
vergine e io non ho alcuna intenzione di ve..
-
- Hai paura? -
- Di cosa esattamente
dovrei avere paura? Tu ne hai! -
- Non ho mai detto di
non averne, ma credo di avere più paura di quello
che potresti fare se ti lasciassi uscire. -
Sapeva fin
troppo bene
come Cassim spendeva le sue nottate quando usciva da solo o in
compagnia o per
meglio dire lo immaginava. Più di una volta
l’aveva visto tornare di pessimo
umore distrutto da un qualcosa che non poteva capire ne immaginare.
Aveva
chiesto spiegazioni un po’ a tutti i componenti di
quell’improbabile banda, ma
nessuno era stato in grado di fornirgli una risposta decente, le uniche
informazioni degne di un qualche tipo di rilievo le aveva avute da
Zaynab. Lei
lo conosceva piuttosto bene, erano praticamente stati costretti a
crescere
insieme e in fretta, avevano condiviso angosce e preoccupazioni. La
giovane
donna gli aveva raccontato molte cose riguardo alla terribile
situazione che
gli abitanti del suo vecchio quartiere avevano dovuto affrontare dopo
la sua
partenza, Alibaba imparò cose che avrebbe preferito
continuare ad ignorare e
non si sorprese più di tanto quando Zaynab gli disse che
Cassim, dopo la morte
di Mariam, fosse totalmente cambiato. Se prima di allora la ragazza
poteva dire
di averlo in parte capito ora era la prima ad affermare che nessuno
sarebbe mai
stato in grado di comprenderlo perché era lui stesso a
rendere impossibile la
cosa. Era diventato ancora più distaccato e apatico, aveva
cominciato a bere
piuttosto di frequente non arrivando però mai a perdere
completamente la
lucidità, mangiava di rado anche quando ce n’era
la possibilità e dormiva
altrettanto poco. Inutile sottolineare che aveva anche preso il vizio
di fumare
e lo faceva davvero in continuazione, in più era solito
sparire, specialmente,
quando era particolarmente di cattivo umore. Non era stato troppo
difficile
intuire dove andasse a passare la notte anche perché non era
il solo del loro
gruppo a frequentare i vicoli bui e sporchi di quella città
degradata in cerca
di una delle troppe donne disperate o ragazzine abbandonate a
sé stesse che
vendevano il loro corpo per poco meno di niente. Zaynab
gli aveva
raccontato tanti piccoli particolari su come Cassim fosse cambiato nel
corso di
quegli anni, di come il suo carattere si fosse ulteriormente indurito e
di come
facesse fatica a concedere fiducia agli altri. Si era praticamente
isolato in
una sorta di suo universo personale in cui era impossibile entrare, lei
stessa
spesso faticava a riconoscere nel ragazzo con cui adesso aveva a che
fare il
bambino con cui era cresciuta e Alibaba provava esattamente la stessa
sgradevole sensazione.
Non
voleva che Cassim
uscisse per andare a bere, non voleva che gli accadesse qualcosa come
era
terrorizzato dall’idea che potesse prendere una qualche
malattia avendo
rapporti sessuali con quelle donne fin troppo esili e pallide. Aveva
già
sperimentato sulla propria pelle, anni prima, quali rischi comportasse
la
prostituzione: aveva perso la sua adorata mamma per colpa di quel mondo
così
pericoloso quanto fiorente. Tornò a
respirare
appena più affannosamente mantenendo comunque lo sguardo
piantato in quello
indecifrabile dell’altro. Sentì una specie di
stretta allo stomaco mentre
stringeva appena i pugni come a voler illudersi di poter dare, con quei
piccoli
gesti, un’immagine di sé stesso che riflettesse un
atteggiamento forte e
risoluto che non gli era mai appartenuto tanto meno in quel momento.
Poi improvvisamente
abbandonò la propria posizione e scattò in avanti
compiendo appena un paio di
piccoli passi. Era come se il suo corpo si stesse muovendo da solo,
aveva messo
la ragione a tacere conscio che continuando a rimuginare sul da farsi
non
sarebbe riuscito a combinare proprio nulla e, ancora una volta, avrebbe
avuto
la peggio in quella specie di braccio di ferro che avevano nuovamente
intrapreso. Andò letteralmente a
far cozzare il proprio corpo con quello del più grande e,
prima che
quest’ultimo riuscisse a fare o dire qualche altra cosa, gli
allaccio le
braccia al collo. Si concesse solo un secondo ancora per permettere ai
loro
sguardi di fondersi di nuovo poi si lasciò guidare
esclusivamente dall’istinto.
Lo baciò. In maniera urgente e disperata,
appoggiò le proprie labbra su quelle
di Cassim che inaspettatamente non perse tempo a rispondere a quella
che, con
tutta probabilità, stava interpretando come una
provocazione. Sentì le braccia
forti dell’altro cingergli la vita attirando il suo corpo
ancora più vicino,
sentì una sorta di brivido attraversargli interamente la
schiena quando avvertì
le dita dell’altro che gli accarezzavano languide le natiche da sopra il tessuto
leggero dei larghi
pantaloni chiari. Mantenne gli occhi chiusi mentre, assecondando i
movimenti
dell’altro, schiudeva le labbra per permettergli di
approfondire quel bacio che
mai si sarebbe sognato di riuscire a dargli, assaporò per la
prima volta il
gusto forte del più grande anche se coperto parzialmente
dall’aroma intenso del
tabacco. Sentiva le proprie guance scottare, avvertiva una sensazione
di calore
crescente in tutto il corpo, le carezze che gli venivano regalate si
facevano
sempre più intime e sfacciate e lui si stava decisamente
perdendo in quel mare
di sensazioni così nuove e intense che Cassim gli stava
facendo provare.
Ubriacato
dalle mani e
dai baci del più grande si fece guidare verso il misero
letto che troneggiava
imponente occupando gran parte dello spazio in quella stanza che gli
sembrava
sempre più piccola. Si stese cercando di mantenere
inalterato il contatto con
il corpo dell’altro e non appena Cassim gli fu sopra
alzò appena la testa per
riprendere a baciarlo. Le sua mani iniziarono a vagare sulla sua ampia
schiena
cercando d’insinuarsi sotto i vestiti che stavano diventando
un impiccio sempre
più fastidioso. Alibaba era ben consapevole della propria
esperienza quasi
inesistente in merito al sesso, le poche cose che sapeva le aveva
imparate per
strada o dai racconti coloriti e spesso bugiardi di qualche ragazzo
più o meno
inesperto quanto lui. Si stava limitando a seguire e ad assecondare i
movimenti
sicuri e precisi di Cassim che, al contrario di lui, non sembrava
minimamente
intimorito o imbarazzato dalla situazione che si era venuta a creare
fra di
loro. Alibaba l’aveva provocato forse in maniera parzialmente
inconsapevole,
non si sarebbe certo aspettato di ritrovarsi veramente ansante ed
eccitato
abbracciato al suo migliore amico d’infanzia che versava
più o meno nelle sue
stesse condizioni e che probabilmente non aveva neppure capito appieno
perché
gli era stata lanciata quella provocazione. Ma dopotutto lui per primo
non
avrebbe saputo dire con esattezza cosa sottendesse questo suo strano
comportamento. L’unica cosa di cui in questo momento era
certo è che, nonostante
l’enorme imbarazzo, volevo di più. Ancora una
volta furono le parole dell’altro
a riportarlo alla realtà.
- Ti
avverto che non sano per
niente delicato.
- Lo immaginavo, ma
mi va bene così.
- Hai ancora paura?
- Tu ne avresti?
- Se fossi al tuo
posto?
- Esatto.
- Sì.
Per tutta
risposta
Alibaba si limitò a baciarlo nuovamente. Non era pronto e
probabilmente, se
continuava così, non
lo sarebbe mai stato
ma non si sarebbe tirato indietro. Si lasciò spogliare
interamente aiutando poi Cassim a fare lo stesso e quando restarono
nudi chiese di poter spegnere la
debole fiamma della lampada ad olio e ricevette come risposta una
risata
divertita. Dovette quindi decidersi a vincere quel senso di vergogna
piuttosto
velocemente, tirò le braccia al petto sovrapponendo le
proprie mani chiuse a
pugno appena sotto il collo come a volersi proteggere in qualche modo
da una
situazione che lo stava mettendo davvero in grande
difficoltà. Sentì le mani di Cassim appoggiarsi
sulle sue cosce nude e fare una leggera pressione, divaricò
le gambe e vide l’altro che vi si accomodava in mezzo, lo
fissò ancora qualche
istante beandosi della visione del suo corpo nudo ed eccitato, poi,
intuendo le
intenzioni dell’altro, chiuse istintivamente gli occhi.
Non
ci furono altri
baci, coccole, carezze o preliminari vari. Fece male. Tanto, troppo.
Sentì la
sua virilità lacerare la verginità che lui stesso
gli aveva offerto. Restò
quasi senza fiato mentre quel dolore secco ed improvviso lo costringeva
a
spalancare gli occhi. Si accorse di star piangendo solo quando
sentì il gusto
salato delle proprie lacrime in bocca. Si susseguirono un numero
imprecisato di
spinte veloci e profonde che decise di agevolare come meglio poteva
solo dopo
un paio di minuti. Aveva intuito che non sarebbe stato piacevole, era
anche
stato avvertito appena qualche minuto prima, ma non avrebbe mai
immaginato di
ritrovarsi a provare delle sensazioni così contrastanti fra
di loro: non sapeva
se pregare che finisse al più presto o implorare che durasse
per sempre. Pian
piano il dolore andò un po’ a diminuire iniziando
a sostituirsi con quella
sensazione di puro benessere propria esclusivamente del sesso. Non
durò molto,
poco più di una decina scarsa di minuti. Improvvisamente
sentì il corpo di Cassim irrigidirsi e avvertì
quasi contemporaneamente una sensazione di calore
umido al proprio interno. Quasi come a volerlo imitare appena pochi
secondi
dopo lui stesso sporcò entrambi con il frutto di un orgasmo
quasi sofferto.
Quella
fu solo la prima volta di
una numerosa serie. Avevano continuato a fare l’amore sempre
più spesso e
Alibaba era riuscito finalmente ad acquisire una maggior sicurezza
durante il
rapporto anche dovuta alla maturazione di una certa esperienza. Ora
sapeva come
muoversi, non era più impacciato e
riusciva a contenere l’imbarazzo che provava
anche perché la voglia che
aveva di sentire l’altro dentro di sé soppiantava
sicuramente qualsiasi altro
tipo di sensazione. Aveva imparato cosa piaceva al suo amante e cosa
piaceva a
lui, i modi poco delicati di Cassim non erano cambiati, ma ora era in
grado di
apprezzare i movimenti veloci e un po’ duri del
più grande. Facendo l’amore entrambi erano in
qualche modo cambiati così come era mutato anche il loro
rapporto. Alibaba
ricordava bene che, la prima volta, aveva passato la restante parte
della notte
da solo. Non appena avevano concluso l’amplesso Cassim si era
alzato, aveva
raccolto i suoi vestiti ed era uscito dalla stanza lasciandolo in preda
ad una
crescente confusione. Quella sera non chiuse occhio, restò
in silenzio a
rimuginare sull’accaduto cercando risposte impossibili a
domande che avrebbe
fatto meglio a non porsi. Solo a giorno fatto trovò il
coraggio di rotolare
fuori dal bozzolo che si era creato con il lenzuolo macchiato di sangue
e sperma,
combattendo contro un pungente fastidio al fondo schiena, e a
raggiungere gli
altri fingendo un’allegria che non provava.
Incrociò Cassim solo verso l’ora di
cena ma, quasi di comune accordo, s’ignorarono. Continuarono
a fingere di non
vedersi ancora per quasi una settimana poi si ritrovarono di nuovo soli
in
quella piccola stanza poco illuminata. Era stato Alibaba ad andare a
cercarlo
ed era rimasto in silenzio in piedi sulla soglia quasi per dieci
minuti.
Esattamente come la volta precedente fu lui a prendere
l’iniziativa
avvicinandosi al più grande per baciarlo ancora una volta.
Nuovamente fecero
l’amore e di nuovo presero ad ignorarsi. Questa stupida
pantomima andò avanti
quasi un mese finché presero a vedersi praticamente ogni
notte per condividere
il letto.
Man
mano che passava il tempo Cassim diventava più attento e, in
un certo senso, affettuoso. Pur mantenendo
inalterato il suo modo di fare l’amore era maggiormente
attento a lui e alle sue
esigenze, lo coccolava un po’di più e aveva
considerevolmente aumentato il
numero e la durata dei baci che gli regalava. Alibaba sorrise
considerando il
cambiamento che c’era stato fra di loro in
quell’ultimo periodo, quel pensiero
gli fece nuovamente tingere le guance di una sfumatura più
calda e, quasi senza
accorgersene, si ritrovò a stringersi maggiormente al corpo
del più grande. Quasi
immediatamente sentì l’altro sobbalzare appena
segno che la sua ultima
dimostrazione d’affetto era stata troppo irruente,
allentò immediatamente la
presa e si scostò quel tanto che bastava per permettergli di
girarsi nella sua
direzione ovvero verso ciò che aveva disturbato il suo
sonno. Restarono a
guardarsi nel chiarore sempre più debole della luna per
alcuni istanti, lo
sguardo ora allegro di Alibaba si specchiava negli occhi assonnati di
Cassim.
Il più piccolo sorrise, quasi inconsapevolmente, mentre
constatava per
l’ennesima volta quanto il colore dei loro occhi fosse
così simile poi,
approfittando dei riflessi ancora piuttosto intorpiditi
dell’altro, gli si
avvicinò nuovamente accoccolandosi nella stessa posizione
che aveva dovuto
abbandonare pochi istanti prima. Restò per
l’ennesima volta intrappolato nel
profumo che quel corpo emanava e si spinse appena contro la mano che Cassim
aveva appoggiato fra i suoi capelli chiari. Quei piccoli gesti
d’affetto,
apparentemente insignificanti, lo facevano sentire dannatamente
“suo” e, aveva capito
che adorava provare quell’atipica sensazione di appartenenza
che probabilmente
era l’unico a percepire. Dopo averci riflettuto sopra per
notti intere era
giunto alla conclusione di non essere innamorato di Cassim, il
sentimento che
provava nei suoi confronti andava oltre quello che generalmente veniva
etichettato come tale e soprattutto era molto più complicato
ed incasinato
rispetto all’amore. Era un qualcosa che non avrebbe mai
saputo spiegare poteva
solo limitarsi a vivere quel mare di sensazioni contrastanti e, in
parte
sbagliate, che stare con colui che reputava praticamente un fratello
gli faceva
provare. Era anche consapevole della precarietà della loro
situazione, una
relazione come quella non era certo destinata a durare, presto gli
eventi
sarebbero cambiati e così anche quella specie di strano
limbo che avevano
costruito sarebbe stato spazzato via da scelte che entrambi avrebbero
dovuto
fare e che, sicuramente, sarebbero state diverse se non addirittura
opposte. Ma
ora era lì. Stretto al corpo della persona che al mondo lo
faceva stare meglio
e, contemporaneamente, lo faceva sentire peggio. Spinto da un bisogno
quasi
urgente Alibaba alzò il viso appena di qualche centimetro
per andare a cercare
le labbra del suo amante. Si scambiarono baci umidi per un paio di
minuti poi,
continuando a tenere la bocca praticamente incollata a quella
dell’altro, il
più piccolo soffiò un paio di parole con tono
flebile. – Cassim .. Io e te cosa
siamo? – Prima di lasciarlo replicare si prese il
lusso di farsi
baciare ancora. La risposta che gli venne data era forse la
più semplice e
scontata e probabilmente anche la più vera. – Noi.
– Cassim fece una breve
pausa e si allontanò di appena un paio di centimetri per
poterlo guardare
meglio negli occhi prima di terminare la frase. – Io e te
siamo semplicemente
noi. Niente di più. – Alibaba sembrò
piuttosto pensieroso e, per evitare di
perdersi nuovamente nei ragionamenti contorti che era solito fare,
decise di
mettere immediatamente a voce i propri dubbi. – Ma noi
è un termine così ..
indefinito.- Nuovamente la risposta dell’alto lo
lasciò spiazzato. – Mi
piacciono le cose indefinite, è praticamente impossibile
dire quando cominciano
e quando finiscono a differenza delle cose definite che hanno un inizio
e una
fine stabilita. – Terminò
la frase
dandogli un bacio a fior di labbra poi scrollò appena le
spalle per trovare una
posizione più comoda e, dopo avergli sussurrato di
rimettersi a dormire, chiuse
nuovamente gli occhi, segno che la conversazione per lui era finita.
Alibaba
restò ancora qualche
altro minuto immobile ripetendosi mentalmente le parole che gli erano
appena
state dette. Con sua grande sorpresa si accorse di non poter essere
più
d’accordo con lui. Sorrise felice di aver ricevuto, per una
volta, una risposta
confortante, si accoccolò di nuovo contro il corpo di Cassim
e lentamente
iniziò a scivolare in un sonno tranquillo e senza pensieri.
Intanto, fuori
dalla finestra, la pallida luce della luna veniva soffocata ancora una
volta
dal caldo colore del sole.
Angolino
dei saluti: Complimenti
davvero se siete arrivati alla fine !! Spero che la storia non fosse
troppo
pesante u.u Se avete voglia lasciate un commento e ci sentiamo alla
prossima !!
<3 <3
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