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Autore: marghe999    20/01/2008    8 recensioni
Chase e 13 rimangono bloccati nell'ascensore.
Le linee nella sabbia sono sottili, ma per due persone come loro sembrano invalicabili.
[SPOILER SEASON 4TH]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Robert Chase
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Mi sono buttata. No, non da un ponte, purtroppo per voi, ma ho provato a scrivere una fun fic con per protagonista un personaggio che non ho mai visto in azione.

Inoltre, lo stile non è il mio, ma ne ho adottato uno completamente diverso.

Gradirei sapere cosa ne pensate, sia se vi fa letteralmente schifo, sia se mi volete proporre per il Nobel alla letteratura.

Vi lascio alla lettura.

*Marghe*

 

 

 

 

 

 

Elevator.

 

 

 

 

 

 

Robert Chase odia le 8 di sera.

 

Il momento esatto in cui le persone – quelle che hanno qualcuno da cui tornare - se ne vanno.

Prendono le loro cose nello spogliatoio e tornano ad essere uomini e donne stanchi, senza la minima traccia del dottore con la cartella tra le mani.

 

Varcano le porte dell’ospedale con un sospiro di sollievo, che hanno dovuto trattenere sino a quell’istante, in cui sono finalmente usciti dal mondo parallelo in cui si trova il Princeton Plaisboro.

 

Ma per lui non fa alcuna differenza, essere dentro o fuori dal mondo parallelo. È tutto, comunque, qualcosa di etereo ed inafferrabile. Come se la sua vita, i suoi anni, gli stessero passando davanti come un film, la cui pellicola è leggermente rovinata, e l’immagine sfocata.

 

Il bottone s’illumina, quando preme il dito su di esso.

L’ascensore arriva qualche attimo dopo.

Al suo interno nessuno.

 

 

Dieci minuti dopo, nel film è subentrato un nuovo protagonista.

I suoi contorni sono sfocati come il resto della pellicola, ma è una donna, con dei capelli castani che le scendono mollemente sulle spalle e l’espressione dura di chi nasconde ciò che ha dentro, ma per quanto si sforzi non riesce mai a cancellarlo.

L’ascensore è bloccato. Per Chase non fa differenza. In fondo, che cosa avrebbe fatto, una volta raggiunto il piano terra? Sarebbe andato a casa, fingendo di avere qualcuno che l’aspettava, come tutte le persone normali.

 

Però, per 13 forse significa qualcosa. Magari lei ha qualcuno, o anche solo un gatto, per il quale vale la pena d’uscire dal mondo di vetro in cui sono rinchiusi.

 

Si siede per terra a gambe incrociate. Appoggia la testa al muro, chiude gli occhi.

Nel buio distingue chiaramente la voce di 13 che rimbomba nel poco spazio.

 

“È inutile, è insonorizzato” é la prima cosa che le dice, da quando l’ha incontrata.

Forse non l’ha detto. Forse l’ha solo pensato, perchè non viene ascoltato minimamente.

 

“È inutile. É insonorizzato.”

Si siede anche lei. Lui continua a tenere gli occhi chiusi, ma può sentire lo sguardo della ragazza che lo fissa.

 

Venti minuti dopo, il silenzio ha invaso completamente lo spazio, lo sta quasi soffocando. Gli occhi continuano ad essere su di lui.

 

Gira la testa in una angolazione dolorosa, ma resta fermo e la guarda a sua volta.

È bella. Bella e triste.

Gli occhi felini non lo abbandonano e sembrano animati da una sorta di curiosità apatica, in cui la ragazza vive e Chase non ne sa il motivo.

La linea delle labbra è sottile e netta, anche se di un rosa tenue, e spicca nel pallore del volto. Una ciocca le è caduta sul viso ed improvvisamente sente la necessità di spostarla delicatamente.

Resiste.

 

“Ciao.”

Si sente stupido. La saluta dopo 30 minuti in cui sono rimasti soli.

Però è l’unica cosa che la voce roca riesce a dire. É come se la malinconia che lei ospita dentro di sè lo stesse travolgendo.

“Ciao.” Decide di giocare con lui e sembra che imiti il sussurro che lui stesso ha usato.

 

I gatti l’hanno sempre affascinato. Sono eleganti, silenziosi ed egoisti. Si muovono con una lentezza spasmodica ed i loro occhi osservano il mondo attorno con una sorta di conoscenza atavica.

Lei gliene ricorda uno in modo quasi spaventoso.

Vorrebbe prendere la pila ed illuminarle la pupilla, per vedere se si riduce ad una striscia sottile nell’iride acquosa.

Resiste. Esattamente come prima.

 

Sorride. Le pupille si restringono.

 

“Devi andare a casa?”

“No.” Scrolla le spalle. Gli occhi non si lasciano. Sono bloccati, e lui non trova la forza per alzare lo sguardo.

“Nemmeno io.”

“Credevo avessi qualcuno.”

“Anche io...non stavi con Cameron?” La sua voce è quasi melliflua e Chase pensa quasi che sia un gioco della sua mente. Ma le labbra si muovono e deve convincersi che deve rispondere.

“Abbiamo chiuso. Una settimana fa.”

O meglio, lui ha chiuso, perchè non poterla avere è doloroso, ma mai quanto sentirsi presi in giro e dover sempre fingere di non vedere.

 

Annuisce impercettibilmente. I gatti annuiscono?

Cameron improvvisamente non è più importante. É una figura sullo sfondo della sua mente, nel posto che fondamentalmente ha sempre occupato.

Però è più piccola ed assomiglia meno ad un angelo che lo pugnala continuamente al cuore.

 

Adesso sono quegli occhi che lo pugnalano, ma nonostante gli facciano male si rifiuta di lasciarli stare.

“Mi dispiace.” Sembra quasi una battuta, perchè la sua voce esprime qualcosa di completamente diverso dal dispiacere. Ma comunque, è talmente indifferente che Chase non la riesce ad interpretare.

“Non è un problema.”

 

Lo sguardo si sposta lento e per un attimo crede che gli stia fissando le labbra.
Ma non ha il tempo di averne la certezza, perchè si fissa sulle porte bloccate dell’ascensore in una frazione di secondo.

Ora può vedere il suo profilo. Ma lei sembra totalmente assorta nella contemplazione delle porte, come se sopra vi fosse proiettato un film. Così anche lui si volta.

Niente film, solo del vetro.

 

“Come va con House?” Ricomincia lo scambio, troppo breve per interpretare i toni, troppo lungo perchè venga dimenticato.

 

“Mi sto abituando. Non è tanto male.”

“Sei la prima persona a dire una cosa simile.” Constata Chase. Forse dovrebbe sorridere. Improvvisamente il suo viso è talmente pesante da non riuscire a muoverlo per creare una espressione. Resta serio.

“Lo immaginavo.”

 

“Perchè hai lasciato Cameron?” Gli chiede con un filo impercettibile di imbarazzo nella voce. Ma ancora, non riesce ad esserne sicuro.

“Che cosa ti dice che la ho lasciata io?”

“Il modo in cui lo hai detto.”

 

Forse è bravo a nascondere le emozioni, ma forse lei è più brava ad interpretarle.

 

Cameron...Cameron...Deve quasi sforzarsi di ricordarne il volto, perchè le sue fattezze si fondono con quelle della donna seduta accanto a lui.

I capelli biondi si tingono di scuro, gli occhi si assottigliano.

 

Rinuncia a dipingerla nella mente.

 

“Non funzionava.” Risposta semplice, priva di significati. Più o meno come la loro storia.

 

“Perchè me l’hai chiesto?” Tocca a lui fare la domanda.

Silenzio.

 

Il confine su cui camminano lo sta stufando. É come se nessuno dei due osasse mettere un piede oltre una linea nella sabbia, per paura delle onde che si infrangono di lì a poco.

 

Posa un piede sulla sabbia dall’altra parte. Si forma una impronta.

“Sei sempre così riservata?”

“Abbastanza. Mi sembra che lo sia anche tu.”

“Sì. Forse sono troppo abituato a stare da solo.”

L’altro piede si è appena posato. Non è male come sensazione.

 

“Anche io...sto spesso da sola.” La voce si abbassa, e l’ultima parola è confusa.

“Strano. Una ragazza bella come te non dovrebbe avere problemi a trovare qualcuno.”

“Non voglio qualcuno.”

 

Si ritrova a desiderare di non essere mai qualcuno, per lei.

“Allora cosa vuoi?”

“Una persona. Una persona simile a me”

Anche lei ora cammina dall’altra parte. Forse non è male nemmeno per lei, anche se sembra comporre piccoli cerchi, come un gatto circospetto.

 

“E come sei tu?” Si sente quasi un interrogatore, con la luce bianca puntata sul viso di lei.

“Credo che sia una cosa impossibile da dire. Sono alquanto complicata.”

“Anche io lo sono. Ma non in un modo positivo.” Alza le braccia, le stira verso l’altro senza fretta.

“Come sai di essere negativo?”

“Direi perchè tutti mi danno questa impressione.”

“Anche io te la sto dando?”

Ecco. Gli occhi sono tornati su di lui.

 

Non sa che rispondere.

“No.” É la cosa più ovvia da dire. Ma non sente il peso allo stomaco delle menzogne.

 

“Vedi...non sei negativo.” Fa un gesto con le mani, come se stesse terminando un discorso in pubblico con una degna affermazione.

 

Chase sente degli applausi pacati nella testa.

 

“Grazie.”

 

Gli occhi azzurri cadono sull’orologio. Sono le dieci.

Se c’era qualche speranza che qualcuno notasse l’ascensore bloccato, è completamente sparita. Per di più sono in quello di servizio.

Si rassegna a passare nell’abitacolo l’interna notte, sino al momento in cui una donna delle pulizie si accorgerà della immobilità della luce che segna a che piano è l’ascensore.

“Perchè sembri sempre così indifferente?” La luce bianca continua ad essere puntata su di lei.

“...”

Non risponde, abbassa il viso, sino ad appoggiare il mento al petto.

 

Un rumore metallico e la luce che illumina l’ascensore si spegne.

Il buio più completo gli entra nelle ossa.

 

“Ho imparato che se non ci si fa travolgere dalle emozioni si soffre di meno.”

La sua voce sembra staccata dal corpo, come se a parlare fosse una entità nella sua testa, non una donna concreta.

 

Annuisce, più a se stesso che a lei, nel buio.

 

*

 

Apre gli occhi, lentamente e li richiude immediatamente per il fastidio della bianca e sterile luce che invade nuovamente l’ascensore.

 

Sente di essere appoggiato al morbido, esattamente come quando si svegliava nel letto con Cameron.

Solo che è ancora bloccato nell’abitacolo ed ha sulla spalla la testa di Remy, che respira lentamente, con gli occhi serrati.

 

Non ha idea di come siano finiti a dormire in quel modo.

Poggia nuovamente la guancia sui capelli della ragazza, senza più pensare a quanto è sbagliato.

 

Ormai la linea nella sabbia è lontana all’orizzonte ed entrambi l’hanno dimenticata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La vedete la bellissima scritta blu qua sotto? Cliccate grazie, perchè ho speso il mio week end scorso su questa storia, e vedere che tremila la hanno letta ma due hanno recensito, non mi entusiasma XD.

E una ultima informazione…Una lettrice ha obbiettato che dentro l’ascensore non si può stare delle ore. A meno che non sia modello quello di Budapest in cui io sono stata due ore, e dove non c’erano prese d’aria (esperienza molto poco piacevole, accompagnata dallo sclero di mia madre che mi urlava di stare calma XD), in quelli moderni si può stare intere notti, poiché sono alimentati da aria fresca. O comunque facciamo finta che quello in cui sono 13 e Chase sia fatto così, perché non li voglio far morire soffocati ;)

 

  
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