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Autore: taisa    20/01/2008    4 recensioni
Una sera in apparenza normale può cambiare le vite di molte persone, nel bene, e soprattutto, nel male.
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Unità quattro

*

Regnava uno strano silenzio a quel tavolo.

L’unico angolo in tutto il locale che aveva qualcosa di misterioso e sinistro.

Sembrava che gli occupanti si studiassero tra loro in una strana contemplazione.

Uno di loro centellinò dal suo bicchiere, mentre i suoi occhi passarono in rassegna tutta la locanda.

Smise di guardarsi attorno solo quando scorse ciò che stava cercando.

*

“Ho detto di no!” s’impuntò l’uomo a braccia conserte osservando malamente il suo interlocutore.

L’altro sbuffò “E andiamo, cosa ti costa, si tratta solo di una serata” ribadì questi cercando d’incutere compassione nel compagno.

Il suo sguardo si contorse in una smorfia di disgusto alla sola idea, ringhiò sommessamente volgendo il capo altrove “Ho altro da fare, Kakaroth” cercò infine di dissuaderlo osservando la sua bevanda adagiata sul bancone del bar.

“Mi chiamo Goku” gli ricordò l’uomo dai capelli ribelli, “Perché non riesci mai a chiamarmi con il mio nome, Vegeta” ribadì per l’ennesima volta.

L’altro alzò le spalle incurante delle sue parole “Hai un nome ridicolo” lo prese un po’ in giro sorseggiando dal suo bicchiere.

Goku curvò verso il basso gli angoli della bocca, le sue sopracciglia si aggottarono disegnando sul volto una smorfia semi-infastidita “Antipatico” brontolò scrutando i lineamenti dell’amico.

Vegeta sorrise sotto i baffi, nascosto dal boccale che non aveva ancora rimosso dalle labbra, conscio di aver vinto la, patetica, discussione.

Dopo alcuni istanti di silenzio, che Goku passò ad osservare distrattamente il compagno, Vegeta tornò a posare sul bancone il suo calice.

“In ogni modo” riprese il più giovane dei due guadagnandosi un’occhiataccia seccata da parte dell’altro, “Perché non vuoi venire da me domani sera, Chichi cucina benissimo” propose nuovamente ignorando le occhiate assassine dell’amico.

“Tsk… non ho alcuna intenzione di farmi venire mal di testa a causa della tua isterica moglie” protestò l’altro con una smorfia disgustata in volto.

Goku lo guardò offeso, tornando ad assumere un’espressione contrariata, “Chichi non è isterica” si prodigò a difendere subito la consorte “E’ solo un po’ tesa” cercò di giustificarla poi.

Vegeta gli lanciò un’altra occhiata eloquente, che Goku non impiegò molto ad interpretare.

“Ok, forse alza un po’ la voce… ogni tanto, ma non lo fa perché è isterica” ammise conscio, egli stesso, delle sfuriate della compagna, “Chichi è una persona dolce… quando vuole” aggiunse nel tentativo di aiutarla.

“Sì, come no… dolce quanto un pugno nello stomaco” ironizzò Vegeta borbottando a denti stretti.

“Ehi! Non esagerare!” si mise sulla difensiva l’altro, “Chichi è…” “A tutte le unità, richiesto intervento immediato ai grandi magazzini del centro” lo interruppe la radiolina posta sulla sua spalla.

“Non è lontano, andiamo noi?” domandò Goku osservando il collega, Vegeta alzò le spalle scendendo dallo sgabello sulla quale era comodamente seduto “Sempre meglio che restare qui a parlare della tua patetica vita” rispose sistemandosi la pistola nella fondina.

Goku annuì premendo il tasto che gli permise di entrare in comunicazione con la centrale “Qui unità quattro, saremo sul posto in pochi minuti” annunciò ottenendo un “Ricevuto unità quattro” in risposta.

Alzò la testa per cercare con lo sguardo il collaboratore trovandolo già a due passi dall’uscio del locale “Paga tu Kakaroth” annunciò questi uscendo.

“E… eh no aspetta! Vegeta tocca a te pagare!” protestò, ormai troppo tardi, “Uffa” mormorò quando si accorse di non aver più molta scelta.

*

Un ghigno sadico si dipinse sullo sguardo dell’uomo dagli occhi rossi, “E’ lui” pronunciò con voce fredda e glaciale.

I suoi compagni seguirono lo sguardo di quello che sembrava essere il capo osservando l’uscita del due poliziotti.

Entrambi annuirono comprendendo le intenzioni del comandante, “Sapete cosa dovete fare” aggiunse tornando a sorseggiare la sua bevanda.

*

Vegeta aprì l’anta del suo armadietto con aria annoiata.

L’ambizione della sua vita era proprio quella di vagare per la città a sedare risse tra vecchiette.

Se non fosse stato per Kakaroth una delle due si sarebbe ritrovata all’ospedale, e lui a giustificarsi, per l’ennesima volta, davanti al capo.

Non era uno stupido, sapeva quale fosse il reale compito del suo collega, tenere a freno il suo temperamento, per natura, rissoso e provocatore.

Certamente non era stato il primo ad affiancarlo per tale motivo, ma negli anni, uno dopo l’altro, avevano tutti chiesto di evitare i turni con lui.

Kakaroth era l’unico che era rimasto.

Aveva provato di tutto per liberarsi anche di lui, dal trovargli un nomignolo insensato, all’insultarlo in mille modi ed in ogni occasione.

Eppure, lui, gli era sempre rimasto accanto ed ormai da anni era il suo collega fisso.

Infondo andava bene così, considerando che era l’unica persona della quale riusciva a sopportare la presenza.

Uno che non faceva troppe domande, che aveva capito, ed accettato, il suo modo schematico e monosillabico di parlare.

Con ogni probabilità riusciva addirittura ad ascoltare il suo linguaggio silenzioso.

Perciò quando trovò quel maledetto biglietto nel suo armadietto non si preoccupò di raccontarlo in giro, ma Goku capì che qualcosa non andava solo guardandolo negli occhi.

Quella sera, Vegeta, si allontanò senza dire una parola a nessuno.

Si allontanò stringendo tra le mani quel biglietto con quelle dannate parole scritte in una calligrafia stentata.

Quel maledetto pezzo di carta che cambiò per sempre la sua esistenza.

*

Pioveva quella sera.

Quella pioggia lieve e leggera, fastidiosa.

La senti picchiettarti sul capo, ma è fin troppo ridicolo munirsi di ombrello, eppure essa è sufficiente per infradiciarti.

Vegeta tornò a casa zuppo quella sera.

Bagnato fino al midollo.

Tanto doveva essere rimasto all’aperto per essersi inzuppato fino a quel punto.

Con la testa tra le nuvole e lo sguardo spendo giunse sul pianerottolo davanti alla porta di casa.

I pensieri altrove, mentre, dalla sua divisa, scendevano lente piccole goccioline d’acqua a bagnare il pavimento sottostante.

Osservò l’uscio per alcuni istanti, indeciso se varcarlo o meno.

“Ciao, che ci fai qui?” domandò una voce alle sue spalle.

Vegeta non si mosse, restando immobile nella sua posizione “Nulla” rispose vago.

“Perché non entri?” domandò ancora la figura che si avvicinò di alcuni passi, lui si limitò ad alzare le spalle “Non mi va” fu la risposta secca che diede immerso nel suo mutismo.

Forse anche più del solito.

Ancora pochi passi e la persona si fermò davanti a lui scrutandolo da capo a piedi “Oh! Vegeta, ma sei completamente bagnato! Dove sei stato fino ad ora?” domandò con una punta di sorpresa nella voce.

Vegeta scostò lo sguardo “In giro” si limitò a dire misterioso, come sempre.

Un sospiro spezzò il leggero silenzio.

Ancora qualche passo e la figura si soffermò davanti alla porta, il rumore di chiavi e l’uscio si spalancò, “Coraggio entra” lo invitò con voce ferma.

Vegeta non si mosse, rimase lì, in attesa di qualcosa che nemmeno lui sarebbe stato in grado di spiegare

“Tesoro” lo chiamò questa volta con più dolcezza la figura.

L’uomo alzò il capo incrociando lo sguardo con gli occhi azzurri che lo stavano guardando.

Scrutò i lineamenti delicati della donna che aveva davanti per alcuni secondi “Avanti” insistette lei facendogli un lieve cenno con la testa.

Digrignò i denti in maniera quasi impercettibile, infine decise di entrare.

Quando varcò la soglia la donna richiuse la porta.

Appoggiò la sua borsa sul mobile accanto all’uscita ed osservò l’uomo.

Si adagiò le mani ai fianchi assumendo uno sguardo severo “Dovresti cambiarti… guarda, stai gocciolando su tutto il pavimento” puntualizzò additando l’acqua che si deponeva ai piedi di lui.

Vegeta sbuffò “Non cominciare a darmi ordini, Bulma” si lamentò infastidito dirigendosi verso la camera da letto.

Lei lo guardò vittoriosa, incrociando le braccia.

*

Seduto sul letto a due piazze osservò l’esterno dall’unica finestra nella stanza.

Aveva smesso di piovigginare, ma l’albero appena fuori dal vetro mostrava i chiari segnali di un inverno ormai alle porte.

Lo sguardo ancora pensieroso e le braccia incrociate, non si accorse del cigolare della porta alle sue spalle talmente era assorto.

Si girò solo quando sentì il letto inclinarsi lievemente.

“Allora?” domandò la donna avvicinandosi a lui abbracciandolo alle spalle, “Non mi chiedi nulla?” domandò impaziente adagiando il mento sulla scapola del compagno.

“Cosa dovrei chiederti?” brontolò l’altro con totale indifferenza.

Bulma fece una smorfia staccandosi bruscamente ed incrociando le braccia stizzita “Lo sai” affermò infastidita.

“No, non lo so” si affrettò a risponderle guardandola solo con la coda dell’occhio.

“Come sarebbe a dire?! È tutta la settimana che ne parlo! Potresti almeno degnarti di chiedermelo!” si lamentò lei, ora visibilmente nervosa.

Vegeta inarcò un sopracciglio, quasi a volersi ricordare quale fosse la domanda che doveva porle.

Sbuffò nuovamente, avendo perfettamente compreso che lui non aveva recepito il messaggio.

Forse non si era nemmeno sforzato poi tanto.

Alzò gli occhi al soffitto, tornando poi a guardare l’uomo che aveva davanti con aria oltremodo infastidita “Il bambino Vegeta, il bambino! Insomma, te lo avrò ripetuto un centinaio di volte!” si deplorò contrariata, “Possibile che non t’interessa nemmeno un po’? Non vuoi nemmeno sapere di che sesso è?” domandò infine aggrottando le sopracciglia.

Vegeta restò in silenzio per un po’, distolse lo sguardo tornando a guardare fuori dalla finestra “No, non m’interessa” concluse sdraiandosi, rivolgendole le spalle.

Bulma strinse i denti osservando la schiena del marito con uno sguardo adirato “Sei il solito stronzo. Possibile che non t’interessa manco sapere se è maschio e femmina?! Si tratta pur sempre di tuo figlio maledizione! Cosa devo fare con te?!” protestò sbraitando.

“Una cosa che puoi fare c’è…” rispose improvvisamente lui alzandosi di scatto e guardandola dritta negli occhi “Stai zitta” disse afferrandole la nuca.

“Stronzo” lo insultò gratuitamente prima che lui riuscisse a baciarla.

*

CONTINUA…

*

*

Annuncio subito che questa storia sarà una song-fic. Al momento preferisco non rivelare di che canzone si tratta, anche per non rovinarvi la trama. Quando sarà opportuno aggiungerò i credits, non temete.

  
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