Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: outoftowngirl    08/07/2013    1 recensioni
“Se io non ti pagassi più tu scapperesti?” Mi prese la mano libera, portandola alla bocca, quasi fosse la sua bramata sigaretta. Annuii.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Un tornado si sta per abbattere sulla piccola cittadina di Stonefield. È consigliato raccogliere le cose più care e rifugiarsi al più presto. Una catastrofe è in arrivo proprio qu-" continuai a masticare quel pezzetto di biscotto ai cereali, tenendolo infilato sull'indice attraverso il buco centrale. Acchiappai il telecomando dal divano di pelle bianca e spensi la tv. Erano ormai due settimane che tirava avanti la notizia di un possibile tornado a Stonefield. 
Tutti sapevano del suo arrivo; tutti tranne il tornado stesso. 
Lanciai il telecomando con noncuranza sul divano e ciabattai verso la cucina.
Presi un altro biscotto.

 *

Guardai fuori dalla finestra, le palme sul viale piegate dal vento minacciavano di cadere al suolo. Foglie, carta, grossi pezzi di legno fluttuavano nell'aria. Alzai la cornetta del telefono, pigiai i tasti necessari. 
Lo lasciai squillare qualche secondo giocando col filo a spirale, prima di sentire la sua voce dal ricevitore. 
“Dove sei?” mi chiese in un sussurro. 
“A casa, dove vuoi che sia. C'è l'inferno là fuori.” sospirò.
“L'accordo non era questo, Veronica.” disse poi, l'irritazione udibile nel suo tono di voce.
“Ho mai rispettato gli accordi?” sorrisi, cosa che probabilmente lui non riuscì a cogliere, perché attaccò, interrompendo la chiamata. 
Fissai la televisione spenta, desiderando la compagnia di qualcuno in quella casa enorme e vuota. Ero sola.

 *

Fuori era il delirio, il mal tempo si stava davvero facendo sentire. La casa in cui vivevo era abbastanza sicura, non avevo bisogno di nascondermi in qualche lurido seminterrato. Presi a salire le scale ricoperte da un tappeto vellutato rosso, proprio come quello delle storie sdolcinate e perfette. Storie che non mi erano mai piaciute. 
Decisi di farmi una doccia, quando il telefono squillò. Lasciai che suonasse, sapendo già il mittente. C'era solo una persona ad avere quel numero ed era l'unica persona che non volevo sentire. 
Entrai in bagno e mi abbandonai al getto dell'acqua gelata della doccia.

*

Corsi alla porta, ancora avvolta dall'asciugamano e coi capelli fradici e gocciolanti. Tolsi il gancio d'acciaio e sbloccai le varie serrature, lasciando che l'aria gelida mi tirasse in avanti.
“Ti prego fammi entrare.” 
“Come ci sei arrivato?” chiesi, urlando per farmi sentire dal biondo. 
“Non importa come, sono qui adesso e non puoi lasciarmi qua fuori dopo quello che ho fatto per vederti!” urlò anche lui di rimando. 
Poteva benissimo entrare senza chiedere permesso. D'altronde la casa era la sua. Ma non lo fece. Guardai dietro la sua figura. Era qui. 
“Justin corri!” Si girò seguendo il mio sguardo, il respiro di entrambi bloccato in gola. Non si mosse e non lo feci nemmeno io. Improvvisamente quella casa non mi sembrava più tanto sicura.

*

Salimmo le scale di corsa, lui qualche centimetro dietro di me arrancava per tenere il mio passo. Non ci curammo nemmeno di chiudere il portone d'ingresso e in quel momento, nel salotto era il delirio. Le tende volteggiavamo mosse dal vento e i preziosi vasi cadevano dalle mensole. Justin sarebbe stato furioso.
“Prenderai freddo così, vestiti.” mi disse una volta giunti nella stanza matronale. 
“Non c'è tempo per quello. Prendi qualche coperta e andiamo di sotto.” replicai, frugando nei cassetti dell'armadio per trovare qualcosa che potesse servirci.
Forse avrei dovuto ascoltare quello stupido telecronista. Forse non avrei nemmeno dovuto aprire alla porta. 
“Dammi un bacio.” comandò poco dopo, rompendo il silenzio tra i due. 
“Non è il momento Justin, c'è un tornado là fuori e sembra proprio che punti a questa casa!” gli gridai praticamente sul viso, ma a lui non sembrò importare. Si leccò le labbra, prima di allacciare le mani attorno alla mia vita e fissarmi dritto negli occhi, senza battere ciglio. 
“Potrebbe essere l'ultima cosa che faccio, per favore.”
Non obiettai, abbandonandomi al suo abbraccio.

Chiuse con forza il portellone di metallo, dopo avermi aiutato a scendere nello scantinato. Nonostante fossimo in piena estate il freddo era pungente ed era totalmente insolito per una cittadina come Stonefield. Mi strinsi di più nell’asciugamano umido che ancora mi avvolgeva il corpo e mi sedetti sul pavimento lurido di quella stanza cinque metri sotto terra.
“Non appena il tornado si calmerà usciremo di qui e tutto sarà come prima.” Annuii, facendogli capire che a mia volta avevo inteso. Justin odiava quando non rispondevo. Justin odiava tutto. Non alzai lo sguardo dai miei piedi nudi smaltati di rosso, non prima che mi tirasse poco una ciocca di capelli per attirare la mia attenzione. Stava in piedi davanti a me, un ghigno arrabbiato sul volto e le braccia tese verso il mio corpo.
“Non è igienico.” Replicai, capendo subito cosa voleva. Mi sollevò dal pavimento, prendendomi dagli avambracci e appoggiandomi alla parete probabilmente tossica del tugurio.
“Posso stare in piedi, non mi importa.” Disse, accarezzandomi una guancia con una mano e facendo calare a terra l’asciugamano che mi avvolgeva.
“Vedi di ricoprirlo, non lo voglio uno di quei piccoli bastardi.” Justin mi guardò, lanciandomi un sorriso da un milione di dollari.
“Tanto che abbiamo da perdere?”

*

Appoggiata alla parete, finii di abbottonarmi la camicia blu del biondo, dopodiché raccolsi i capelli con un elastico, senza curarmene. Mi stampò un bacio sulle labbra, poggiando poi la testa sul mio grembo, tirando dalla sua sigaretta. La stringeva tra le mani come fosse la cosa più preziosa che possedeva e spesso mi trovai a sperare mi trattasse quanto una di esse. Me la porse, attendendo che avvicinassi le labbra al filtro improvvisato avvolto dalla cartina e tirassi.
Non mi permetteva mai di tenerla in mano, non mi sarei mai dovuta aspettare nulla più di un semplice tiro.
“Veronica, resterai con me?” mi chiese, allontanando la sigaretta dalla mia bocca gonfia dai baci.
“Qual era l’accordo, Justin?” risposi, guardando in alto e buttando fuori il fumo dopo aver passato una mano tra i suoi capelli sudati. Tanto non l'avrei rispettato comunque.
“Se io non ti pagassi più tu scapperesti?” Mi prese la mano libera, portandola alla bocca, quasi fosse la sua bramata sigaretta. Annuii.
Scostai le ciocche appiccicate alla sua fronte con i polpastrelli, notando che trafficava con la mano, ormai prima del mozzicone, dentro alla tasca dei pantaloni.
“Tieni.” Mi porse una banconota da cento e due da cinquanta. Sospirai, prendendo i soldi e infilandoli nella manica della camicia blu, lo baciai con la consapevolezza che non sarei mai andata via.









outty's space
holla peeps!
queste idee a random che mi prendono mentre mi faccio il culo a pedalare sul pedalò 
cominciano a piacermi mh mh mh
doveva essere inizialmente una raccolta di drabbles e flashfics (cinque/sei in tutto)
ma ho pensato ai vostri culi e alla poca voglia che sicuramente avreste avuto di subirvi una mini storia con mini capitoli.
il nome questa volta non è ambiguo, insolito o altra roba.
un semplice nome, mi piaceva, ci stava bene, e altre minchiate che all'una e quarantatre del mattino non mi do di scrivere. srs

buona notte.
un bacio, Valentina. :)  (( ask.fm - twitter ))

   
 
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