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Autore: AlexisLestrange    08/07/2013    4 recensioni
Dean aveva avuto voglia di parlare e di dire a qualcuno che voleva tornare a casa. Aveva provato a dirlo al suo papà, ma era diventato tutto serio e non gli aveva risposto. Quando l'aveva detto a Sammy, lui aveva continuato a succhiarsi la punta del piede senza neanche guardarlo. Ed ora non c'era più nessuno con cui parlare.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Note dell'autrice:

L'idea per questa storia, viene dalla mente geniale di eskimoastronaut
(thank you per la soffiata e per il betaggio, donnAH). Per cui, qualsiasi
sia la vostra reazione, prendetevela con lei (?).
Shh, just read.







Dean si lasciò scivolare piano giù dal letto, il corpicino avvolto in un pigiama azzurro che
cominciava ad andargli un po' corto. La sua nuova stanza era immersa nel silenzio, e nel buio, anche
se il suo papà aveva lasciato una lucina accesa, nell'angolo, “in caso avessi bisogno”, aveva detto.

Si guardò attorno, appena spaesato -ancora non ricordava bene dove fossero tutti i mobili, e la porta
di quel posto tutto nuovo. Certamente la sua vecchia cameretta era più bella, però in questa poteva
dormire insieme a Sammy, la sua culla era proprio vicino al lettino di Dean. Era bello starlo a
guardare un pochino prima di addormentarsi, aveva scoperto.

Si osservò attorno, chiedendosi dove fosse finito. Sotto al letto non c'era di sicuro, era sicuro che
non gli piacesse, il buio. E poi Dean non se la sentiva di controllare. Dentro l'armadio era un po'
improbabile, e poi le maniglie erano troppo in alto per lui. Forse non c'era da nessuna parte, pensò,
impaurito. Forse non aveva fatto in tempo a vedere dov'era la sua nuova casa, e non riusciva più a
raggiungerlo.

Poi Dean ebbe l'illuminazione. La finestra! Gli era sempre piaciuta la luce della luna, probabilmente
era vicino alla finestra a guardarla. La camera di Dean aveva solo una finestra piccola piccola in
alto, ma nella cucina, ricordò, ce n'era una grande e bellissima.

Dean diede un'occhiata veloce a Sammy, per controllare che stesse bene, e gli disse piano che
sarebbe tornato presto; camminò sulla punta dei piedini scalzi, si alzò sulle punte per raggiungere la
vecchia maniglia dorata, e aprì la porta, che si mosse con un cigolio.

Il corridoio faceva un po' paura, perché non c'erano lucine, là. Si sentivano anche degli strani
rumori. Però in fondo alla scala si poteva vedere lo schermo della televisione accesa -Dean accelerò
il passo, deglutendo, e scese i gradini al buio, con la sensazione che ci fosse qualcosa di mostruoso
dietro di lui pronto ad afferrarlo.

Arrivare al soggiorno fu una salvezza. Sul divano, vide la figura addormentata di John -si chiese
perché il papà non fosse salito in camera sua, se voleva dormire, ma forse neanche a lui piaceva la
sua nuova stanza. Il soggiorno, rifletté, era molto più bello.

Aggirò il divano, in preda a una sorta di timore sconosciuto. Anche il suo papà, con la bocca semi
aperta illuminata a sprazzi dalla luce intermittente della televisione, faceva un po' paura. Si ritrovò a
correre verso la cucina, le mani premute sulla bocca, per non fare nessun rumore.

Non appena oltrepassò la soglia, batté due volte le palpebre, forte, e lo vide. Era proprio lì, davanti
alla finestra. Gli dava le spalle, perché stava guardando la luna, ma anche così, era perfettamente
riconoscibile.

«Ciao, Jimmy» sussurrò Dean, nel buio.

Lui non si mosse. Una folata di vento mosse appena il bordo del suo cappottino beige, eppure non
parve nemmeno notarlo. Se ne stava immobile, in piedi. Gli occhi di Dean presero a pizzicare,
mentre sentiva un groppo in gola stringersi sempre di più. Improvvisamente, non era più sicuro che
quello fosse proprio il Jimmy giusto.

Però non aveva proprio senso, pensò. Certo che quello era lui! Nessun altro sarebbe stato nella sua
casa, in quel momento, a quell'ora della notte. Dean ricordava benissimo la prima volta che aveva
parlato con lui, ed era stata una notte esattamente come quella. Era stato nella seconda casa, quando
si era ritrovato in una camera del tutto diversa dalla sua vecchia, e il papà gli aveva detto di metterci
le sue cose, perché era lì che sarebbero stati per un po'.

Ma Dean non riconosceva quella stanza e quel letto. Non aveva ricordato al papà che non aveva
quasi niente da metterci dentro, perché il fuoco si era portato via tutto. Era stato tutta la sera a
pancia in su sul letto, gli occhi verdi aperti a scrutare il soffitto. Poi era sceso per andare alla
finestra, proprio come quella notte. E aveva visto una città tutta diversa, tutta nuova, dove non
conosceva nessuno.

Dean aveva avuto voglia di parlare e di dire a qualcuno che voleva tornare a casa. Aveva provato a
dirlo al suo papà, ma era diventato tutto serio e non gli aveva risposto. Quando l'aveva detto a
Sammy, lui aveva continuato a succhiarsi la punta del piede senza neanche guardarlo. Ed ora non
c'era più nessuno con cui parlare.

«Voglio tornare a casa».

Lo aveva detto pianissimo, guardando fuori dalla finestra con espressione corrucciata. E poi, tutto
d'un tratto, gli parve di sentire qualcuno che gli rispondeva, come nella sua testa.

Anche qui non è male.

Dean si era voltato di scatto, il cuore che batteva contro il petto, emozionato. Nell'angolo più buio
della sua stanza, sembrava essersi mosso qualcosa. Doveva essere il bambino che aveva parlato!
Con gli occhi che brillavano di emozione, Dean lo sentì avvicinarsi a lui. Aveva un passo leggero
ma deciso, non faceva alcun rumore sul pavimento, non come quando il papà tornava a casa e il
pavimento di legno pareva tremare.

Aveva i capelli... scuri, decise Dean, e tutti scompigliati. Il suo viso era pallido e liscio come quello
di Sammy, senza neanche un graffio. Aveva gli occhi blu, di un blu intenso, perché Dean aveva mai
visto degli occhi blu e pensava dovessero essere parecchio affascinanti.

Però non sapeva come si chiamava. Aveva corrugato le sopracciglia per concentrarsi al massimo.
Forse Johnny. Oppure Sonny. Jimmy, decise alla fine. Era sicuro che ci fosse almeno un Jimmy nei
cartoni animati che guardava insieme a Sammy di tanto in tanto, quindi doveva essere un bel nome,
per un tipo come quello che ormai era a un passo da lui. Dean aveva freddo, solo con il pigiama
addosso, così Jimmy aveva addosso una giacca beige. No, un cappotto lungo. Di quelli che
portavano certe volte le persone alla tv.

«Tu dici?» gli aveva sussurrato Dean, e Jimmy si era voltato a guardarlo, inclinando appena la testa,
osservandolo. È un bel posto, aveva detto, e Dean si era guardato attorno e aveva dovuto ammettere
che dopotutto, la sua nuova camera non aveva niente che non andava.

«Però voglio tornare a casa» disse di nuovo. Esitò un attimo, poi aggiunse le ultime due parole, con
la voce che gli tremava appena. «Dalla mamma».

Jimmy lo aveva guardato con i suoi grandi occhi blu, e con la sua testa piegata di lato. Mi dispiace,
Dean
, aveva detto, osservandolo bene a fondo, e Dean aveva incurvato appena le labbra per
sorridere. Avevano parlato tutta la notte, e la mattina dopo John aveva ritrovato il bambino
addormentato davanti alla finestra aperta, le dita intrecciate aggrappate ad un lembo della tenda.

Jimmy non se n'era più andato. Dean aveva scoperto che poteva apparire e sparire in continuazione,
e questo era molto comodo. Ogni tanto lo vedeva sbucare a pranzo o a cena, dietro le spalle del suo
papà, e allora gli sorrideva e John gli chiedeva il perché.

Ma soprattutto, Jimmy se ne stava nella sua camera, e Dean gli insegnava tutto quello che sapeva.
Era molto divertente, specie perché Jimmy non sapeva tante cose e continuava a confondere i
termosifoni con la televisione e cose del genere. Una volta lo aveva visto guardare preoccupato il
suo orsacchiotto di peluche e aveva dovuto spiegargli che il signor Teddy non faceva male a
nessuno.

Per cui, era chiaro, quello davanti a lui, in cucina, non poteva essere altri che Jimmy. Dean, con un
po' più di sicurezza, si avvicinò a lui, e poi gli aveva tirato una manica dell'impermeabile.

Quello aveva voltato la testa lentamente, e si era girato a guardarlo, con gli occhi blu fissi su di lui,
e la testa appena inclinata di lato come faceva sempre. Questa volta, però, non disse niente. Tutto
quello che fece, fu allungare una mano per sfiorarlo, delicatamente, come per una carezza.

Quando Dean riaprì gli occhi, strofinandoseli con il dorso della mano, vide che era di nuovo a letto.
Si sentiva la testa pesante di sonno, ma riuscì a intravedere qualcosa di un blu intenso sopra di lui,
prima di richiudere le palpebre. Gli parve di sentire qualcuno che gli passava una mano tra i capelli.

«Jim-?» cominciò, la voce impastata dalla stanchezza.

Shh. Dormi.

L'ultima cosa che Dean riuscì ad avvertire prima di addormentarsi, fu un lieve frullio d'ali.
   
 
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