Notte.
Era notte fonda nel freddo castello che da secoli era dimora di una delle famiglie più potenti del mondo magico.
Nella sua camera, un bel diciannovenne pensava alla sua vita. Era un mago diplomato, e insieme a lui, solo un altro studente di Hogwarts era uscito con voti tali da assicurare l'entrata nella squadra scelta degli Auror del Ministero saltando l'addestramento.
La solitudine che circondava il giovane era pressante, quasi come il buio dentro e fuori lui. Solo, era completamente solo in quell'immensa casa. No, non casa. Prigione.
In un combattimento risalente a qualche mese prima, avevano lottato fianco a fianco, lui ed Harry Potter, e avevano ucciso diversi Mangiamorte. Avevano ucciso anche suo padre... Lucius Malfoy da qualche mese aveva smesso di essere l'incubo più terribile del figlio. Sua madre, invece, avrebbe passato gli ultimi anni della sua vita ad Azkaban, dove era andata di sua spontanea volontà. Draco le aveva fatto avere una stanza, più che una cella, reputandola degna di questo, in fondo era anche lei una vittima del terribile Mangiamorte, esattamente come lui. E le andava a fare visita quasi ogni giorno, passando lunghe ore a parlare con lei. Ma quando arrivava la notte, era di nuovo solo. Non c'era sua madre accanto a lui. Non c'erano i suoi "amici", che altro non erano se non leccapiedi.
E non c'era Harry.
Era lui il motivo per cui Draco si considerava un fallito. Se non era riuscito, non dico a conquistare la persona che amava, ma quantomeno a dimostrarle i propri sentimenti, avrebbe mai potuto considerarsi qualcosa di meglio? Ma lui in tutti gli anni passati a scuola aveva dovuto fare il grande, il meraviglioso, lo spettacolare Malfoy, per non deludere quell'ideale che da generazioni proibiva di essere deluso. Ed era certo che non si sarebbe mai potuto innamorare di qualcun'altro, perché nella vita ci si innamora una volta sola. E lui si era innamorato probabilmente dell'unica persona che non avrebbe mai potuto avere accanto.
Sua madre gli ripeteva che, stare male per stare male, tanto valeva provarci, tanto valeva confessare al ragazzo ciò che provava, ma la risposta era la stessa che si era dato per anni: che senso ha provare, se già so che non ha senso, se so già che non potrebbe mai amare uno come me?
E la cosa più strana, o più stupida, o più assurda, era che nel suo letto Harry pensava esattamente le stesse cose...