Il
Drago
Rabastan
era seduto sulla poltrona davanti al caminetto scoppiettante, in
mano aveva una copia della Gazzetta del Profeta e sorseggiava
distrattamente un
bicchiere di Idromele. I suoi genitori gli avevano concesso di passare
le
vacanze invernali a casa di suo fratello, che da poco più di
un anno si era
stabilito in un castello medievale alle porte di Londra, e, di fatto,
si
ritrovava ad avere l’imponente maniero a sua disposizione.
Sì, perché Rodolphus
e Bellatrix erano spesso fuori casa, occupati in missioni o riunioni,
come
quella sera. Uno schiocco improvviso gli annunciò che i
coniugi dovevano aver
appena fatto ritorno.
-
Come è andata? – chiese, alzando distrattamente lo
sguardo dall’articolo
che stava leggendo.
Rodolphus
aveva un’aria corrucciata, le mani livide, segno che le aveva
serrate con forza e a lungo. Era un cattivo segno, doveva esserci
qualcosa che
lo preoccupava. Gli si avvicinò, appoggiandosi contro il
muro in pietra del
camino, e gli lanciò un’occhiata penetrante, come
se gli occhi azzurri
volessero scavare nel profondo della sua anima.
-
Ti sei incantato, Rod? – gli chiese, inarcando un
sopracciglio con aria
divertita. Cercava di sdrammatizzare, anche se
dall’espressione di suo fratello
si capiva chiaramente che non era in vena di scherzi.
Rodolphus
serrò la mascella, mentre la rabbia prendeva possesso di
quel
volto solitamente così imperscrutabile.
-
Sai cosa mi ha chiesto questa sera, l’ Oscuro Signore?
– sibilò.
Rabastan
scrollò le spalle, - Non ne ho la minima idea –
confessò.
-
Quanto i tuoi gusti sessuali fossero … libertini –
sputò, come se
l’ultima parola fosse l’offesa peggiore che potesse
concepire.
Rabastan
gettò la testa indietro, scoppiando in una risata divertita.
Anche
se, in effetti, l’espressione di Rodolphus era tanto rabbiosa
che avrebbe fatto
passare la voglia di ridere a chiunque, tranne che a lui ovviamente.
-
Sono onorato del suo interesse, ma temo di non poter accettare le sue
profferte sessuali – replicò, sorridendo
sfrontatamente.
-
Non c’è nulla da ridere –
sbottò Rodolphus, infastidito dalla noncuranza
del fratello.
-
Ha notato che il tuo sguardo tende a vagare verso soggetti poco adatti,
mi ha chiesto conferme dei suoi sospetti –
Un
brivido corse lungo la schiena di Rabastan, ma si sforzò di
mantenere la
calma e si impose di nascondersi dietro la sua consueta tracotanza.
-
Soggetti poco adatti, sospetti? Non capisco a cosa ti stia riferendo,
fratello – mentii, sorridendo mellifluo.
-
Neghi forse di avere un legame speciale con Black? – lo
incalzò
Rodolphus, che aveva più volte notato come il fratello
spingesse per far
entrare il ragazzo nei Mangiamorte, e quanto lo avesse a cuore.
Rabastan
sgranò gli occhi, stupito; non aveva pensato che il suo
interesse
per Regulus potesse essere percepito da qualcun altro, credeva di
essere stato
il più discreto possibile. Se Rodolphus lo aveva notato,
allora anche gli altri
avevano capito qualcosa?
Decise
di optare per la risposta più sincera, e al contempo
ambigua, che
riuscì a mettere insieme.
-
Con Regulus ho un rapporto speciale, certo, è il mio
migliore amico –
affermò, con un tono deciso che sembrava non lasciare spazio
a dubbi.
Il
fratello lo scrutò nuovamente, come se si aspettasse che
crollasse sotto
il suo sguardo indagatore e confessasse, ma, visto che reggeva la
pressione con
una calma disarmante, si decise a credere alle sue parole.
-
Sono lieto di sentirti dire che è solo il tuo migliore
amico, per un
attimo avevo creduto che … - borbottò Rodolphus,
lasciando in sospeso la frase.
-
Che mi piacessero gli uomini? – rise Rabastan, come se quella
fosse la
cosa più divertente che avesse mai sentito.
Rodolphus
scrollò le spalle, infastidito dal tono derisorio e al
contempo
sollevato dalle parole del fratello.
-
Non ti facevo così divertente, Rod, potresti fare il comico
– insistè.
-
Torna a leggere, fratello – replicò, seccato,
prima di uscire dalla
stanza.
Rabastan
attese che la porta in pesante legno di quercia si fosse richiusa,
poi, un sospiro sfuggì dalle labbra perfettamente disegnate.
Era
riuscito a farla franca, ma per quanto ancora avrebbe potuto tenere
nascosto il suo segreto?
Non
sapeva con esattezza quando aveva cominciato a provare qualcosa per
Regulus. La loro amicizia era iniziata quel settembre di sei anni
prima, quando
due ragazzini avevano fatto il loro ingresso nello scompartimento che
Rabastan
divideva con Piton e Mulciber; il primo aveva l’aria di chi
aveva appena
ricevuto una bella ramanzina, capelli di uno strano color paglia e
occhi
azzurri, mentre l’altro aveva un che di aristocratico,
capelli neri perfettamente
curati e occhi di uno strano grigio liquido. Fu proprio
quest’ultimo che, forse
per la sua aria sicura, attrasse l’attenzione di Rabastan.
Il
moro si presentò come Regulus, il cuginetto di quella pazza
di Bellatrix
Black, e manifestò fin da subito la sua ammirazione per le
Arti Oscure e la sua
insolita dote carismatica. Era un trascinatore, Regulus Black, e
proprio per
quel motivo, a distanza di cinque anni, aveva ottenuto la spilla da
Capitano. Lui
e Rabastan si erano trovati subito, avevano iniziato a passare sempre
più tempo
insieme e, in breve, Rab aveva preso il posto di Sirius come fratello
maggiore.
Da allora, Rabastan si era sempre sincerato che Regulus stesse bene,
che non
avesse nulla di cui preoccuparsi, che si sentisse realizzato, anche se
spesso
per fare questo aveva dovuto mettere da parte i propri interessi. Era
questo
quello che faceva un bravo fratello maggiore, no? Proteggere e tutelare
il
proprio fratellino.
Certo,
il suo ragionamento non faceva una piega, almeno all’inizio,
ma poi
qualcosa era cambiato.
Era
la notte di Halloween dell’anno
precedente, la festa organizzata da Lumacorno era finita da
più di un’ora e
tutti gli studenti si erano ritirati nelle proprie stanze. Fuori
infuriava il
temporale, i lampi illuminavano a tratti la stanza buia e i rombi dei
tuoni
riecheggiavano in lontananza. Rabastan non riusciva a prendere sonno,
era
ancora troppo su di giri per via di tutto l’alcool che aveva
bevuto, e si
rigirava nel letto. Accanto a lui, separato da poco più di
una quarantina di
centimetri, riusciva ad avvertire Regulus che faceva la stessa cosa. Un
sorriso
divertito gli increspò le labbra; ancora non riusciva a
credere che l’altezzoso
e impassibile Regulus Black avesse paura dei temporali. Una paura
matta, folle
ed irrazionale, ma l’aveva eccome. Si prospettava una
tempesta con i fiocchi e,
sicuramente, sarebbe andata avanti fino al mattino seguente,
considerò
Rabastan. Uno scricchiolio annunciò quello che
già sapeva: Regulus si era
alzato e si apprestava a sgattaiolare nella Sala Comune, ormai
rassegnato a
passare la notte in bianco.
Scostò
la tenda del letto a
baldacchino e sussurrò, stando attento a non svegliare il
resto dei loro
compagni, - Reg –
Regulus
si voltò verso di lui,
socchiudendo gli occhi nello sforzo di distinguere la sua sagoma
avvolta dal
buio.
-
Rab, non pensavo fossi sveglio –
sussurrò in risposta, sedendosi sul bordo del letto
dell’amico.
-
Stai scappando un’altra volta in
Sala Comune, vero? –
Anche
se non poteva vederlo, sapeva
con certezza che Regulus aveva appena assunto un’espressione
corrucciata, era
il suo modo di apparire indignato senza in realtà esserlo.
-
Puoi stare qui, se vuoi –
aggiunse, spostandosi un po’ per fargli spazio.
Regulus
rimase in silenzio per una
manciata di secondi, intento a soppesare la questione, ma
accettò l’offerta e
s’infilò sotto le coperte.
-
Tranquillo, non dirò a nessuno che
sei scappato nel mio letto come un moccioso, ma se non ti fidi possiamo
stringere il Voto Infrangibile – scherzò Rabastan,
beccandosi in risposta
una gomitata nelle
costole.
-
Stupido – bofonchiò Regulus,
accoccolandosi contro la schiena dell’amico e chiudendo gli
occhi.
Rabastan
ridacchiò, chiudendo a sua
volta gli occhi e proponendosi di prendere finalmente sonno.
Più
facile a dirsi che a farsi, dal
momento che non riusciva proprio a fare a meno di pensare a come il
corpo di
Regulus si adattasse perfettamente al suo o a quanto fosse
deliziosamente
penetrante il profumo del ragazzo.
Il
risultato era stato una notte in
cui Regulus aveva dormito placidamente e Rabastan aveva faticato a
prendere
sonno, per poi svegliarsi con una vistosa erezione che aveva poco a che
fare
con il piccolo inconveniente del risveglio mattutino.
Quella
era stata la prima volta in cui Rabastan aveva pensato a un ragazzo
in quel senso e, dopo aver
attentamente esaminato la reazione che il suo corpo aveva quando si
ritrovava a
contatto con altri uomini, aveva tranquillamente dedotto che la sua
attrazione
fisica per Regulus era un caso sporadico, che non aveva a che fare con
il suo
orientamento sessuale. Già, perché a Rabastan
piacevano le ragazze, eccome se
gli piacevano, al punto che a scuola veniva considerato come uno dei
più
incalliti dongiovanni, ma con Regulus la cosa era diversa. Al giovane
Black
bastava un semplice sguardo per accendere le sue fantasie
più recondite, e ciò
che era peggio era che non ce lo vedeva proprio Regulus che
acconsentiva a
soddisfare i suoi desideri. I Black erano una famiglia
all’antica, addirittura
più dei Lestrange, e un ragazzo come Regulus, soprattutto
considerato il fatto
che era l’unico erede, non poteva certo prendere in
considerazione neanche
lontanamente l’ipotesi di finire a letto con un altro uomo,
neanche se questo
era il suo migliore amico. Non che Rabastan avesse mai affrontato il
discorso
con lui, non avrebbe mai osato arrivare a tanto, ma nessuno gli
impediva di
osservarlo e desiderarlo in silenzio.
-
Sei ancora sveglio? – intervenne Bellatrix, riscuotendolo dai
suoi
pensieri.
Rabastan
scrollò le spalle, trattenendo uno sbadiglio e lanciando
un’occhiata in tralice a sua cognata.
-
Sto andando a dormire – replicò, mettendo da parte
il giornale e
alzandosi.
-
Non puoi certo andare a dormire in quelle condizioni –
osservò, la voce
roca venata da una sottile ironia.
L’occhiata
maliziosa di Bellatrix lo spinse ad abbassare lo sguardo sul
cavallo dei suoi pantaloni.
Dannazione,
Regulus riusciva ad eccitarlo anche solo con il pensiero!
Suo
malgrado, si ritrovò ad arrossire.
-
Allora, si può sapere a chi stavi pensando? – gli
chiese, sedendogli
accanto e facendogli scorrere le unghie lungo il braccio muscoloso.
-
A una persona – replicò, vago.
-
Serpeverde? –
-
Sì, del sesto anno –
-
E la conosco? – indagò, con una punta di
curiosità.
-
Sì, è una persona che conosci –
confermò, mentre un ghigno divertito gli
si dipingeva sul volto.
Bellatrix
sorrise davanti a quel gioco di parole, era evidente che Rabastan
non volesse dirle chi fosse.
-
Bè, credo che per questa volta dovrai rinunciare a questa
persona
misteriosa e accontentarti di me – mormorò
maliziosa, lasciandosi scivolare a
terra, tra le gambe del ragazzo.
Con
movimenti rapidi ed esperti, lo liberò dalla costrizione dei
pantaloni
e dei boxer e, lanciandogli un’ultima occhiata maliziosa, si
apprestò a
donargli piacere.
Rabastan
fissava ipnotizzato quella massa di ricci neri che si muovevano
tra le sue gambe e gli occhi grigi che lo fissavano, e si
ritrovò a chiudere
gli occhi, immaginando che quella che tanto si prodigava nel donargli
piacere
non fosse Bellatrix, ma Regulus. Con quella visione nella testa, non
gli ci
volle molto a raggiungere l’apice. Poi, con un sorriso
appagato, augurò la
buonanotte alla cognata e si diresse verso la sua camera da letto.
Forse,
dopotutto, quella notte sarebbe riuscito a dormire bene.