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Autore: Fiamma Erin Gaunt    08/07/2013    2 recensioni
A volte Regulus aveva bisogno di Rabastan, altre volte era Rabastan ad aver bisogno di lui. Non aveva importanza chi e per quale motivo cercasse l’altro, quando avevano bisogno sapevano sempre che l’altro sarebbe stato al loro fianco. Non esiste amore sbagliato. L’amore è sempre giusto, indipendentemente dalla persona che lo suscita.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Rabastan Lestrange, Regulus Black
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il Drago

 

 

Rabastan era seduto sulla poltrona davanti al caminetto scoppiettante, in mano aveva una copia della Gazzetta del Profeta e sorseggiava distrattamente un bicchiere di Idromele. I suoi genitori gli avevano concesso di passare le vacanze invernali a casa di suo fratello, che da poco più di un anno si era stabilito in un castello medievale alle porte di Londra, e, di fatto, si ritrovava ad avere l’imponente maniero a sua disposizione. Sì, perché Rodolphus e Bellatrix erano spesso fuori casa, occupati in missioni o riunioni, come quella sera. Uno schiocco improvviso gli annunciò che i coniugi dovevano aver appena fatto ritorno.

- Come è andata? – chiese, alzando distrattamente lo sguardo dall’articolo che stava leggendo.

Rodolphus aveva un’aria corrucciata, le mani livide, segno che le aveva serrate con forza e a lungo. Era un cattivo segno, doveva esserci qualcosa che lo preoccupava. Gli si avvicinò, appoggiandosi contro il muro in pietra del camino, e gli lanciò un’occhiata penetrante, come se gli occhi azzurri volessero scavare nel profondo della sua anima.

- Ti sei incantato, Rod? – gli chiese, inarcando un sopracciglio con aria divertita. Cercava di sdrammatizzare, anche se dall’espressione di suo fratello si capiva chiaramente che non era in vena di scherzi.

Rodolphus serrò la mascella, mentre la rabbia prendeva possesso di quel volto solitamente così imperscrutabile.

- Sai cosa mi ha chiesto questa sera, l’ Oscuro Signore? – sibilò.

Rabastan scrollò le spalle, - Non ne ho la minima idea – confessò.

- Quanto i tuoi gusti sessuali fossero … libertini – sputò, come se l’ultima parola fosse l’offesa peggiore che potesse concepire.

Rabastan gettò la testa indietro, scoppiando in una risata divertita. Anche se, in effetti, l’espressione di Rodolphus era tanto rabbiosa che avrebbe fatto passare la voglia di ridere a chiunque, tranne che a lui ovviamente.

- Sono onorato del suo interesse, ma temo di non poter accettare le sue profferte sessuali – replicò, sorridendo sfrontatamente.

- Non c’è nulla da ridere – sbottò Rodolphus, infastidito dalla noncuranza del fratello.

- Ha notato che il tuo sguardo tende a vagare verso soggetti poco adatti, mi ha chiesto conferme dei suoi sospetti –

Un brivido corse lungo la schiena di Rabastan, ma si sforzò di mantenere la calma e si impose di nascondersi dietro la sua consueta tracotanza.

- Soggetti poco adatti, sospetti? Non capisco a cosa ti stia riferendo, fratello – mentii, sorridendo mellifluo.

- Neghi forse di avere un legame speciale con Black? – lo incalzò Rodolphus, che aveva più volte notato come il fratello spingesse per far entrare il ragazzo nei Mangiamorte, e quanto lo avesse a cuore.

Rabastan sgranò gli occhi, stupito; non aveva pensato che il suo interesse per Regulus potesse essere percepito da qualcun altro, credeva di essere stato il più discreto possibile. Se Rodolphus lo aveva notato, allora anche gli altri avevano capito qualcosa?

Decise di optare per la risposta più sincera, e al contempo ambigua, che riuscì a mettere insieme.

- Con Regulus ho un rapporto speciale, certo, è il mio migliore amico – affermò, con un tono deciso che sembrava non lasciare spazio a dubbi.

Il fratello lo scrutò nuovamente, come se si aspettasse che crollasse sotto il suo sguardo indagatore e confessasse, ma, visto che reggeva la pressione con una calma disarmante, si decise a credere alle sue parole.

- Sono lieto di sentirti dire che è solo il tuo migliore amico, per un attimo avevo creduto che … - borbottò Rodolphus, lasciando in sospeso la frase.

- Che mi piacessero gli uomini? – rise Rabastan, come se quella fosse la cosa più divertente che avesse mai sentito.

Rodolphus scrollò le spalle, infastidito dal tono derisorio e al contempo sollevato dalle parole del fratello.

- Non ti facevo così divertente, Rod, potresti fare il comico – insistè.

- Torna a leggere, fratello – replicò, seccato, prima di uscire dalla stanza.

Rabastan attese che la porta in pesante legno di quercia si fosse richiusa, poi, un sospiro sfuggì dalle labbra perfettamente disegnate.

Era riuscito a farla franca, ma per quanto ancora avrebbe potuto tenere nascosto il suo segreto?

Non sapeva con esattezza quando aveva cominciato a provare qualcosa per Regulus. La loro amicizia era iniziata quel settembre di sei anni prima, quando due ragazzini avevano fatto il loro ingresso nello scompartimento che Rabastan divideva con Piton e Mulciber; il primo aveva l’aria di chi aveva appena ricevuto una bella ramanzina, capelli di uno strano color paglia e occhi azzurri, mentre l’altro aveva un che di aristocratico, capelli neri perfettamente curati e occhi di uno strano grigio liquido. Fu proprio quest’ultimo che, forse per la sua aria sicura, attrasse l’attenzione di Rabastan.

Il moro si presentò come Regulus, il cuginetto di quella pazza di Bellatrix Black, e manifestò fin da subito la sua ammirazione per le Arti Oscure e la sua insolita dote carismatica. Era un trascinatore, Regulus Black, e proprio per quel motivo, a distanza di cinque anni, aveva ottenuto la spilla da Capitano. Lui e Rabastan si erano trovati subito, avevano iniziato a passare sempre più tempo insieme e, in breve, Rab aveva preso il posto di Sirius come fratello maggiore. Da allora, Rabastan si era sempre sincerato che Regulus stesse bene, che non avesse nulla di cui preoccuparsi, che si sentisse realizzato, anche se spesso per fare questo aveva dovuto mettere da parte i propri interessi. Era questo quello che faceva un bravo fratello maggiore, no? Proteggere e tutelare il proprio fratellino.

Certo, il suo ragionamento non faceva una piega, almeno all’inizio, ma poi qualcosa era cambiato.

 

Era la notte di Halloween dell’anno precedente, la festa organizzata da Lumacorno era finita da più di un’ora e tutti gli studenti si erano ritirati nelle proprie stanze. Fuori infuriava il temporale, i lampi illuminavano a tratti la stanza buia e i rombi dei tuoni riecheggiavano in lontananza. Rabastan non riusciva a prendere sonno, era ancora troppo su di giri per via di tutto l’alcool che aveva bevuto, e si rigirava nel letto. Accanto a lui, separato da poco più di una quarantina di centimetri, riusciva ad avvertire Regulus che faceva la stessa cosa. Un sorriso divertito gli increspò le labbra; ancora non riusciva a credere che l’altezzoso e impassibile Regulus Black avesse paura dei temporali. Una paura matta, folle ed irrazionale, ma l’aveva eccome. Si prospettava una tempesta con i fiocchi e, sicuramente, sarebbe andata avanti fino al mattino seguente, considerò Rabastan. Uno scricchiolio annunciò quello che già sapeva: Regulus si era alzato e si apprestava a sgattaiolare nella Sala Comune, ormai rassegnato a passare la notte in bianco.

Scostò la tenda del letto a baldacchino e sussurrò, stando attento a non svegliare il resto dei loro compagni, - Reg –

Regulus si voltò verso di lui, socchiudendo gli occhi nello sforzo di distinguere la sua sagoma avvolta dal buio.

- Rab, non pensavo fossi sveglio – sussurrò in risposta, sedendosi sul bordo del letto dell’amico.

- Stai scappando un’altra volta in Sala Comune, vero? –

Anche se non poteva vederlo, sapeva con certezza che Regulus aveva appena assunto un’espressione corrucciata, era il suo modo di apparire indignato senza in realtà esserlo.

- Puoi stare qui, se vuoi – aggiunse, spostandosi un po’ per fargli spazio.

Regulus rimase in silenzio per una manciata di secondi, intento a soppesare la questione, ma accettò l’offerta e s’infilò sotto le coperte.

- Tranquillo, non dirò a nessuno che sei scappato nel mio letto come un moccioso, ma se non ti fidi possiamo stringere il Voto Infrangibile – scherzò Rabastan, beccandosi in risposta una  gomitata nelle costole.

- Stupido – bofonchiò Regulus, accoccolandosi contro la schiena dell’amico e chiudendo gli occhi.

Rabastan ridacchiò, chiudendo a sua volta gli occhi e proponendosi di prendere finalmente sonno.

Più facile a dirsi che a farsi, dal momento che non riusciva proprio a fare a meno di pensare a come il corpo di Regulus si adattasse perfettamente al suo o a quanto fosse deliziosamente penetrante il profumo del ragazzo.

Il risultato era stato una notte in cui Regulus aveva dormito placidamente e Rabastan aveva faticato a prendere sonno, per poi svegliarsi con una vistosa erezione che aveva poco a che fare con il piccolo inconveniente del risveglio mattutino.

 

Quella era stata la prima volta in cui Rabastan aveva pensato a un ragazzo in quel senso e, dopo aver attentamente esaminato la reazione che il suo corpo aveva quando si ritrovava a contatto con altri uomini, aveva tranquillamente dedotto che la sua attrazione fisica per Regulus era un caso sporadico, che non aveva a che fare con il suo orientamento sessuale. Già, perché a Rabastan piacevano le ragazze, eccome se gli piacevano, al punto che a scuola veniva considerato come uno dei più incalliti dongiovanni, ma con Regulus la cosa era diversa. Al giovane Black bastava un semplice sguardo per accendere le sue fantasie più recondite, e ciò che era peggio era che non ce lo vedeva proprio Regulus che acconsentiva a soddisfare i suoi desideri. I Black erano una famiglia all’antica, addirittura più dei Lestrange, e un ragazzo come Regulus, soprattutto considerato il fatto che era l’unico erede, non poteva certo prendere in considerazione neanche lontanamente l’ipotesi di finire a letto con un altro uomo, neanche se questo era il suo migliore amico. Non che Rabastan avesse mai affrontato il discorso con lui, non avrebbe mai osato arrivare a tanto, ma nessuno gli impediva di osservarlo e desiderarlo in silenzio.

 

- Sei ancora sveglio? – intervenne Bellatrix, riscuotendolo dai suoi pensieri.

Rabastan scrollò le spalle, trattenendo uno sbadiglio e lanciando un’occhiata in tralice a sua cognata.

- Sto andando a dormire – replicò, mettendo da parte il giornale e alzandosi.

- Non puoi certo andare a dormire in quelle condizioni – osservò, la voce roca venata da una sottile ironia.

L’occhiata maliziosa di Bellatrix lo spinse ad abbassare lo sguardo sul cavallo dei suoi pantaloni.

Dannazione, Regulus riusciva ad eccitarlo anche solo con il pensiero!

Suo malgrado, si ritrovò ad arrossire.

- Allora, si può sapere a chi stavi pensando? – gli chiese, sedendogli accanto e facendogli scorrere le unghie lungo il braccio muscoloso.

- A una persona – replicò, vago.

- Serpeverde? –

- Sì, del sesto anno –

- E la conosco? – indagò, con una punta di curiosità.

- Sì, è una persona che conosci – confermò, mentre un ghigno divertito gli si dipingeva sul volto.

Bellatrix sorrise davanti a quel gioco di parole, era evidente che Rabastan non volesse dirle chi fosse.

- Bè, credo che per questa volta dovrai rinunciare a questa persona misteriosa e accontentarti di me – mormorò maliziosa, lasciandosi scivolare a terra, tra le gambe del ragazzo.

Con movimenti rapidi ed esperti, lo liberò dalla costrizione dei pantaloni e dei boxer e, lanciandogli un’ultima occhiata maliziosa, si apprestò a donargli piacere.

Rabastan fissava ipnotizzato quella massa di ricci neri che si muovevano tra le sue gambe e gli occhi grigi che lo fissavano, e si ritrovò a chiudere gli occhi, immaginando che quella che tanto si prodigava nel donargli piacere non fosse Bellatrix, ma Regulus. Con quella visione nella testa, non gli ci volle molto a raggiungere l’apice. Poi, con un sorriso appagato, augurò la buonanotte alla cognata e si diresse verso la sua camera da letto. Forse, dopotutto, quella notte sarebbe riuscito a dormire bene.

 

 

 

  
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