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Autore: Subutai Khan    09/07/2013    2 recensioni
Mai sentito parlare di Bokurano, vero? Lo immaginavo. Siete un branco di irrispettosi dei veri capolavori.
Beh, questa grave lacuna sta per essere colmata. In salsa Ranma, chiaramente, perché le cose troppo semplici non ci piacciono.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno, Ukyo Kuonji
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bokurano 1/2'
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27 luglio 1996.
Maledizione, fa un caldo infernale. Ci saranno almeno trentacinque gradi.
E io, invece di starmene al riparo del ventilatore all’interno, rimango sulla soglia del Nekohanten ad aspettarle.
Spero arrivino a breve, sto cuocendo come uno struzzo.
...
Forza ragazze. Sbrigatevi. Non mi volete liquefatta sull’asfalto, vero?
Aspetta, forse là in lontananza...
Oh, eccole. Era anche ora. Sono pure in ritardo.
Un braccio si alza per salutarmi e ricambio.
Finalmente ci sono.
“Shan-Pu, ciao”.
“Nabiki, Kasumi. Sono contenta di vedere che, nonostante i vostri impegni, siate venute anche stavolta”.
“Come saremmo potute mancare a un’occasione tanto importante? Men che meno oggi, su”.
“Scusa, non intendevo insinuare nulla. Però, fra il tuo lavoro come manager e la dolce attesa di Kasumi, pensavo poteste avere qualche difficoltà”.
“Mai come te per imparare la nostra lingua”.
“In sette anni non sono ancora riuscita ad abituarmi alla tua lingua lunga, Tendo”.
“Invece di continuare a battibeccare e sudare potremmo accomodarci, che ne pensate?” ci dice Kasumi facendo cenno di entrare.
Come darle torto? Si schiatta, qua fuori.
Le lascio sfilare perché, come ogni volta, mi prendo la briga di appendere alla porta il cartello che ho tenuto in mano per tutto questo tempo.

Chiuso per lutto.
Qualcuno penserà che ho una famiglia numerosa e con una pessima salute.
“A che mese sei, Kasumi?” chiedo casualmente raggiungendole nella sala grande del ristorante. Nel sedersi mi sorride radiosa. Si vede che è davvero felice dello sviluppo.
“Sesto. Shinichi comincia a chiedersi perché la sua mamma stia ingrassando così tanto”.
“È un nanetto sveglio, il mio primo nipote. Prevedo per lui un futuro sfavillante”.
“Ti ho già detto e ripetuto che non ti lascerò mettergli le tue manacce addosso se non lo vorrà. Io e suo padre non ci permettiamo di decidere per conto suo, figurati se può farlo la zia”.
“Ma ha già quattro anni! Bisogna coltivarli giovani, i virgulti”.
“Smettila. Non è un ortaggio”.
“Va bene, va bene. Vorrà dire che cercherò di sedurre Tofu per convincerlo a schierarsi dalla mia parte”.
“Toccalo e di te non rimarranno neanche i pezzettini”.
“Ullalà sorellina, tranquilla. Scherzavo. Il marito è tuo e te lo lascio volentieri”.
“E tu, Nabiki?” intervengo per impedire che questo diventi il teatrino delle Tendo “Come sei messa a uomini, sempre single?”.
“Sì, cara mia. Non ho tempo per un ragazzo giocattolo, scalare il mondo della finanza succhia energie in continuazione. Una volta arrivata a casa la sera, se anche mi trovassi nel letto un superdotato molto voglioso, gli crollerei accanto stremata dalla stanchezza”.
Uhm. Intravedo spazio per un colpo basso: “Ah davvero? Kasumi, dici che faccio male se ripenso a cos’è successo in questa stessa sala l’anno scorso?”.
Lei mi sorride come una faina. Ogni tanto faccio fatica a ricordarmi che Kasumi Tendo, pur essendo rimasta grosso modo la stessa persona di allora, ha acquisito una notevole dose di malizia. “No Shan-Pu, fai benissimo. Chi se la scorda quella lacrima solitaria al solo pronunciare il nome di un certo kendoista...”.
“Ancora con quella storia, voi due?” commenta, più finto-scocciata che arrabbiata “Vi ho già detto che mi era entrata una bruschetta nell’occhio”.
“Casualmente mentre si parlava di Kuno. Eh, queste bruschette con un tempismo invidiabile”.
“Shan-Pu, visto che sei scorretta mi obblighi a tirar fuori...”.
“Non. Farlo”.
“E allora tu lascia stare l’anno scorso”.
“Tua sorella non può fare a meno di avere sempre l’ultima parola”.
“Già. Sempre stato così, sempre così sarà”.
“Va bene. Che ne dite se pranziamo?”.
“Non potrei essere più d’accordo. Ed essendo questo l’ultimo anno...”.
Si incupiscono di botto e non è difficile capire il perché. Settimo anno, settimo eroe.
“...oden. Che a luglio è un mezzo suicidio, ma resta il piatto preferito di Akane”.
“È già tutto pronto. Vado a prenderlo, così ve lo servo”.
“Grazie”.
Mi dirigo verso la cucina e non riesco a evitarmi di buttare un occhio indietro sulle mie uniche clienti. Si parlano sottovoce. Probabilmente stanno avendo delle reminescenze sulla loro compianta sorella minore.
Dentro di me sorrido nel pensare a come noi tre siamo giunte a questo bizzarro stato di cose.

1 settembre 1989.
Vago con poca voglia per la sala del Nekohanten. L’ho preso in mano sin da quando la nonna è mancata.
Senza Ranma sono venuti meno gli obblighi che avevo verso le leggi. Neanche a Joketsuzoku possono costringermi a sposare un morto.
Quindi, libera da ogni costrizione, potevo incredibilmente scegliere da me cosa fare della mia vita. E ho trovato doveroso portare avanti questa attività, anche perché motivi di tornare a casa non ne avevo tanti. Sì, un po’ mi mancano l’aria del villaggio, le vecchie amiche, le facce note che mi sorridevano... ma anche qui, tutto sommato, non sto poi così tanto male.
E poi, considerata la sequela di fallimenti che ho rimediato con la faccenda del matrimonio, non so se e quanto mi avrebbero sorriso.
Questo posto è troppo ampio per una sola persona. Mi sento terribilmente vuota.
Prima di questo macello avevo uno scopo: sposare Ranma. Avevo al mio fianco la nonna che, pur non potendo ambire al premio di Migliore Sostitutivo Genitoriale, era comunque una presenza che mi amava e pensava al mio benessere. O a quello che tale credeva.
Infine c’era Mu-Si.
Sì sì, lo so, l’ho sempre considerato come uno stivale bucato. E, al contrario di uno stivale bucato, sapeva essere davvero irritante.
Eppure, ora che non c’è più, mi rendo conto che anche quella fastidiosa esistenza aveva un suo senso nella mia routine quotidiana. Nonostante tutto mi faceva comodo vederlo mentre mi ronzava intorno, cercando vanamente di ottenere un appuntamento o un bacio o qualcosa del genere.
Era un toccasana per la mia autostima, ecco cos’era. Aveva il magico dono di farmi sentire desiderata, benvoluta, cercata.
Cosa che da Ranma, tranne rarissime occasioni, non ho mai avuto.
Non sto dicendo che potesse sperare in un mio ripensamento nei suoi confronti, quello no. Non sarebbe mai successo, a costo di farmi torturare. Dico solo che... sì, un po’ mi manca. E non lo credevo possibile.
L’assenza di quel papero debole e impiccione mi sta pesando. Per far capire a che livello sono caduta.
Anche se ero continuamente frustata dall’insuccesso. Non vivevo una vita esattamente realizzata, d’accordo, ma perlomeno puntavo determinata all’obiettivo.
Ora... ora la mia bussola giace sotto sei piedi di terra, insieme alla persona per me più preziosa. E a un pagliaccio che forse non disprezzavo poi così tanto, almeno per gli aspetti benefici che portava.
“Shan-Pu? È permesso?”.
Chi disturba? Voglio rimanere sola.
All’ingresso appaiono le sorelle di Akane Tendo. Malmesse, una sembra abbia appena smesso di piangere.
Sono... Nabiki e Kasumi, forse. Non sono sicura di ricordare i loro nomi.
Me ne deve fregare qualcosa, onestamente?
“Cosa voi volete?” chiedo sprezzante, sperando di far capire loro che non è il momento adatto qualunque sia la ragione che hanno in testa.
Una, quella che mi pare si chiami Kasumi, rimane indietro mentre l’altra si avvicina a me. Automatico è il mettermi in posizione di difesa. So che loro non conoscono le arti marziali, ma è stato l’inconscio ad agire.
“Shan-Pu, calmati. Non siamo di certo venute per attaccar briga, anche perché ci suoneresti come due tamburi”.
“E allora perché voi qui?”.
“È semplice: abbiamo solo voluto portarti di persona le nostre condoglianze”.
“Condoglianze? A... a me?”.
Non... non capisco. Io ho cercato in parecchie occasioni di fare del male ad Akane, a volte persino per ucciderla o almeno per buttarla su una sedia a rotelle.
E adesso vengono appositamente a fare questo.
“Nabiki... tu Nabiki, giusto?”.
“Sì, sono Nabiki. Speravo ti ricordassi meglio di me, visto che per un po’ sono stata la Tendo fidanzata con Ranma”.
“Nabiki, questo stupido da parte vostra. Io è sempre stata ostile e scorretta verso vostra sorella. Perché voi pensato di farmi piacere?”. Cavolo, se davvero voglio restare in Giappone sarà il caso che impari a parlare decentemente la lingua. Mi devono aver scambiato per una cavernicola.
Sul suo volto nasce il sorriso più sbruffone che abbia mai visto. Incrocia le braccia al petto prima di rispondermi: “Oh beh, scusaci tanto se abbiamo voluto essere amichevoli con qualcuno che, esattamente come noi, ha perso in quel modo assurdo delle persone importanti. Non ci verranno più trovate così bislacche, non temere”.
No...
La osservo: non è arrabbiata. O meglio, cerca di trasmettere quella sensazione ma non mi frega. Leggo nei suoi occhi...
Sofferenza. Mancanza. Privazione.
Mi sembra di star guardando in uno specchio deformante.
“Pare che la nostra venuta non sia di tuo gradimento. E va bene, togliamo subito le tende. Kasumi, vogliamo andare?”.
Io... io...
Perché... sento l’impulso di afferrarle il polso e trattenerla?
Cedo al suddetto impulso.
“Che fai!” mi chiede, sconcertata.
“Scusa. Io non voleva essere cafona, io solo... stupita da vostro gesto. Ma capisco e ringrazio”.
“Non serviva essere così diretti. Un
«grazie» sarebbe bastato e avanzato”.

“Volete... volete sedervi?”. Allungo la testa anche verso l’altra per farle capire che l’invito è valido per entrambe. Col mio modo sgangherato di esprimermi meglio non dare troppo per scontato.
Accettano.
E nella successiva mezz’ora scopro che non sono affatto un caso particolare, che ci sono altri a sentire una voragine al centro del proprio petto.
Non mi sarei dovuta meravigliare, in realtà. O davvero pretendevo di essere l’unica che ne avrebbe sentito la mancanza?
Ma devo essere franca. Io ho un ulteriore motivo per starci male: ero presente, in carne ed ossa.
I miei occhi hanno visto tutti loro. Dal primo all’ultimo. Quelli di cui non m’interessava granché, come Ryoga e Kuno; quelli che mi hanno spezzato il cuore, come la nonna e Ranma; quelli... quelle per cui ho provato un viscido brivido di piacere, come Akane e Ukyo. E Mousse che fa categoria a sé.
Sì, non esito a definirmi viscida. A sipario calato mi rendo conto che essere felice di vedere due tue coetanee morte per una specie di gioco al massacro senza senso fa di me una persona poco raccomandabile, se non peggio.
Non nego i miei sentimenti di quegli attimi. Però posso rimproverarmi per averli avuti.
Sono... sollevata. Un pochino sollevata.
Non ci diciamo poi molto, il nostro è un incontro fra spiriti spiegazzati che hanno bisogno di essere rimessi in sesto e per farlo, il più delle volte, basta solo un gesto o uno sguardo. Ma l’averle vicino, seppur solo a livello fisico, basta a tranquillizzarmi un po’.
Pur con la differenza di cui sopra, loro due sono nella mia stessa situazione: persone che hanno visto qualcuno di caro, nel loro caso la parente più prossima rimasta dopo il padre, svanire da un giorno all’altro dalle loro vite.
Che mi piaccia o no siamo anime affini, che hanno probabilmente passato crisi di pianto simili e lo stesso aggirarsi senza meta per le stanze di casa.
Forse, lasciandoci alle spalle vecchi rancori e ruggini che allo stato attuale non servono davvero a nulla se non ad allargare la ferita, possiamo aiutarci a vicenda a superare il trauma. O almeno a renderlo un po’ meno doloroso.
Sopra le nostre teste si stende una finissima coperta di serenità. Sottile e facile allo strappo.
Ci salutiamo promettendoci di non interrompere i contatti.
Chiudo la porta del ristorante con qualcosa che può forse, in qualche storia strana, assomigliare ad un piccolo sorriso.

8 marzo 1990.
“Voi... voi molto carine a passare con me anniversario di morte di Ranma qui a Nekohanten. Anche se ero fidanzata straniera che cercava di togliere di mezzo vostra sorella...”.
“Shan-Pu, ormai è acqua passata. Ranma e Akane sono morti. Non ha senso, per noi rimasti di qua, tenere accesi i tizzoni di qualcosa che non esiste più dalla dipartita di quasi tutti i suoi protagonisti”.
“Tu ha ragione, Nabiki. È che io mi sento così... svuotata di fronte a idea che lui... non c’è più...”.
“Se accetterai la cosa che io e Kasumi abbiamo architettato dovrai farci l’abitudine, temo”.
“Quale cosa?”.
“Pensavamo di rendere quest’occasione speciale una sorta di piccola cerimonia per noi tre sole. Di ritrovarci ogni anno, all’anniversario di ognuno di loro sette, per una breve commemorazione. Qualcosa di intimo, privato ma con cui dimostriamo loro che, almeno per una volta in dodici mesi, non li abbiamo dimenticati”.
“Oh. Beh, io non potere negare che idea... è triste ma bella...”.
“Grazie, ma è principalmente merito suo. E ascolta Shan-Pu, bisogna fare qualcosa per questa tua gravissima carenza”.
“C-cosa? Cosa avere fatto io?”.
“Spiegami come fai a gestire un ristorante a Nerima, Tokyo con quel tuo delizioso balbettare e il mangiarti le parole”.
“Mia lingua poco scorrevole...”.
“Appunto. Così non va per niente. Da domani aspettati una mia visita pomeridiana ogni giorno, inclusi festivi e domeniche”.
“Nabiki, io credo che tu esagera”.
“E io credo che tu chiuderai baracca e burattini a breve se non impari a esprimerti come i kami comandano. Diavolo, Mousse e tua nonna avevano imparato l’idioma locale in tipo dieci minuti”.
“Io mai stata brava in queste cose”.
“E lo vedo. Su, togliti quel musino triste. Non ti porto a fare flessioni... ora che ci penso, potresti essere tu a portare me a fare flessioni per dispetto. Comunque, intendevo dire che non sarà il supplizio che ti immagini. Si tratta di imparare la lingua del posto dove abiti. E sarà gratis”.
“Va... va bene...”.
...
“Shan-Pu, raccontaci del suo combattimento. E dei suoi ultimi momenti”.
“Kasumi... tu sicura di volere sapere?”.
“Sei l’unica persona sulla faccia della terra che sa davvero cos’è successo nei loro istanti finali. Non vorrai mica tenerti tutto per te”.
“E di cattiverie verso la famiglia Tendo e i suoi rappresentanti ne hai già fatte abbastanza, non ti pare?”.
“Avete ragione. Se vogliamo fare questa cosa assieme è giusto che voi sapete”.
“Allora prego. Parla”.
“Lui è... è stato grande. Scontro durato qualcosa come quattro minuti, massimo cinque. Avversario, che aveva detto essere esperto di krav maga o nome del genere, è stato sbatacchiato qua e là come straccio. Finito lui con Hiryu Shoten Ha gigante. Poi Ranma girato verso di noi, sorriso, fatto pollice di vittoria e crollato a terra. Vostra sorella distrutta da dolore, preso lui e portato a casa. Ma questo già sapete”.
“Sì, ricordiamo. Non ho mai visto Akane piangere così tanto in vita mia. Meno male che quei due sono riusciti, prima, a...”.
“Nabiki! Ti sembrano cose da dire di fronte a lei?”.
“Dire cosa?”.
“Niente, niente”.
“No, io ora vuole sapere”.
“Ecco, complimenti. L’hai combinata. Shan-Pu, adesso è troppo presto per rivelartelo. Soffriresti come un cane per niente. Dacci, e datti, un po’ di tempo”.
“Ma io volere...”.
“Fidati, è meglio così”.

 
I no longer have a choice but to pretend
I am brave
for a soldier has to be brave


12 aprile 1991.
“Accidenti Shan-Pu, devi aver spignattato ore ed ore per preparare tutte queste okonomiyaki”.
“Un po’ sì, lo ammetto. Ho affrontato compiti meno difficili”.
“E poi gli ingredienti. E la tecnica. Come hai fatto a...”.
“Questa”.
“Una chiave?”.
“È la chiave per entrare all’Ucchan. Ukyo ha avuto la brillante idea di lasciarla a me. Al tempo la consideravo una scocciatura e basta. Non credevo mai sarebbe potuta venirmi utile per... questo”.
“Sì, ma resta comunque che tu non hai mai cucinato okonomiyaki prima d’ora”.
“Difatti non sono del tutto sicura siano mangiabili e se per caso vi doveste sentire male sapete di chi è la colpa. Ma ho comunque potuto intrufolarmi là dentro e, attraversate balle di fieno e ragnatele, entrare in possesso di ciò che considerava i suoi tesori più preziosi: salse, impasti, attrezzi, il manuale su come prepararle...”.
“Mi fa piacere che tu abbia avuto quest’idea”.
“Perché no, Kasumi? Da una parte fa sempre bene per me, che ormai mi sono riciclata come cuoca, tenermi in esercizio. Dall’altra non ho seriamente nulla in contrario. Se ho accettato di ricordarli non vedo perché non dovrei preparare i loro piatti preferiti a nostro uso e consumo”.
“Oh Shan-Pu, non sai che piacere per le mie orecchie sentirti esprimere concetti chiari e con un modo di parlare finalmente comprensibile. Vedi che non è stata la tragedia che temevi?”.
“Hai ragione, sì. Non mi ero mai davvero posta il problema di imparare la vostra lingua. Ora sono molto più agile nelle conversazioni... e di questo ringrazio te”.
“Ci mancherebbe. Era anche per noi due, che facevamo una fatica del diavolo a capirti”.
“Penso che Ukyo sarebbe contenta di sapere che hai fatto tutto questo in memoria sua”.
“Lo credo anch’io, Kasumi. I vostri rapporti non erano proprio idilliaci, ok... ma quel che è stato è stato. È anche un modo per lasciarsi il passato alle spalle rispettandolo e onorandolo”.
“Non parlare aulico, Nabiki. Ti si rovina la fama di predatore”.
“Mpf. Forse il giapponese te l’ho insegnato fin troppo bene”.
“Mangiamo, su”.
...
“Shan-Pu, se volessi raccontarci anche di lei...”.
“Certo. All’epoca, dentro di me, ho provato un sentimento che non mi fa rendere particolarmente fiera di com’ero. Sono stata un po’ felice nel vederla accasciarsi. Una felicità immotivata, a ben guardare, visto che il pomo della nostra discordia l’aveva preceduta dentro una cassa da morto. Al contrario di Ranma ha trovato parecchie difficoltà, ma non ha mai pensato di mollare un solo istante e alla fine è riuscita a vincere. Purtroppo, e di ciò mi rendo conto solo ora, ha dovuto chiudere la questione in maniera piuttosto... come dire... barbara perché è stata costretta a piantargli un coltello nel cuore. Non un bello spettacolo, ve lo assicuro”.
“... dici sul serio?”.
“Ahimè sì, dico sul serio. Come posso dimenticarmi di Jun che, con la sua faccia inespressiva, le intimava di concludere perché l’altro era ancora vivo?”.
“Oh santo cielo, che orrore”.
“Ho avuto occasione di riflettere sulle motivazioni che hanno spinto quei sette pazzi a fare quel che hanno fatto. E nel caso di Ukyo penso si fosse trattato principalmente del suo amore non corrisposto per Ranma. Prima che mia nonna mi mettesse fuori uso, consentendomi di essere qui oggi per potervi parlare di tutto questo, avevo considerato la possibilità e mi sono trovata a pensare quello che probabilmente ha pensato anche lei: se non posso averlo e lui sta andando a morire, tanto vale che vada a morire anch’io. Soffrirò di meno”.
“...”.
“...”.
 

Credi
non ci rivedremo sai
perché non hai capito mai
che amare vuol dire soffrir
che amare vuol dire morir

 

9 maggio 1992.
“Ieri è stata una cerimonia splendida, Kasumi. E grazie per avermi invitata”.
“Mi sembra il minimo, Shan-Pu. Ormai sei un’amica di famiglia. Mi spiace solo che papà non abbia potuto assistere al matrimonio...”.
“Sorella, non tirar fuori di nuovo quell’argomento. Siamo qui per parlare di morti e uno mi basta”.
“Sì, scusa. Meglio non sovraccaricare troppo”.
“Ancora condoglianze per la perdita”.
“Grazie, ma aveva praticamente rinunciato a vivere sin da quando Akane...”.
“Va bene, basta così. Piuttosto, cara la mia gattina cinese, cosa ci hai preparato questa volta?”.
“Sai, ammetto di avere avuto qualche problema. Non conoscevo i gusti di Ryoga in fatto di cibo, anche considerando che avrà assaggiato di tutto nei suoi giri per il paese”.
“E allora cos’hai deciso?”.
“Mi sono alzata le maniche e ci ho dato dentro, ma a caso. Aspettatemi qui, porto il mega-vassoio”.
“Accidenti. Ti sei veramente data da fare stavolta: soba, udon, tempura, sashimi...”.
“Off. Pesava un quintale. Ve l’ho detto, non sapevo bene e ho cucinato di tutto un po’. Naturalmente, se non spazzolate fino a far risplendere i piatti, mi offenderò a morte e non vi vorrò mai più vedere da queste parti”.
“Se lo dici con quel sorriso extralarge non ti crede nessuno. Dovremo lavorare sulle tue doti di ingannatrice”.
“Ricevere lezioni dalla migliore nel campo non potrà che darmi vantaggi notevoli”.
“E la prima lezione è: fare le cose gratis una e una sola volta”.
“... fantastico”.
“Su, omaggiamo la cuoca e usiamo la bocca per qualcosa di più divertente”.
...
“Non ho mai mangiato *burp*... scusate... mai mangiato così tanto. Dopo temo che avrò bisogno del bagno”.
“Pure io. Sei stata... immensa, Shan-Pu. Tu e il tuo cibo”.
“Beh, se è un complimento lo accetto volentieri”.
“Bene. Esaurita la parte piacevole, veniamo a quella più triste”.
“Ryoga, eh... Ryoga è stato uno di quelli che è andato rapido come un fulmine. È arrivato, ha maltrattato il suo avversario in lungo e in largo e gli ha dato un colpo di grazia rapido e indolore. Anzi no, mi correggo: le ha dato. Si trattava di una donna, ad occhio una ninja o qualcosa di simile. E, come saprete meglio di me, Ryoga Hibiki non picchiava le donne. Aveva lo stesso difetto di Ranma. Questo per dire quanta importanza rivestisse quell’avvenimento per lui, al punto da fargli rinnegare per la prima e unica volta il proprio codice d’onore. Cadendo morto a terra è riuscito ad urlare, abbastanza forte da assordarci, che amava Akane più della sua stessa vita e che quella follia l’aveva fatta solo per lei. Oh, e anche che Ranma non era l’unico capace di sacrificarsi per amore e che avrebbe risposto colpo su colpo a ogni sua manifestazione di forza. Cioè, non proprio mentre cadeva. Ci ha messo più tempo”.
“A volte mi chiedo perché abbiamo deciso di trovarci qui, anno dopo anno, per farci raccontare la cronaca della morte dei nostri amici e parenti...”.
“Se siete a disagio posso smettere. È una tradizione che abbandonerei volentieri”.
“No, Shan-Pu. Dovrai continuare”.
“Kasumi?”.
“Se Nabiki si sente schiacciata dal carico che ti porti dentro, la capisco e non le faccio una colpa se non vorrà più assistere. Ma per me non è cambiato nulla, continuo a voler conoscere le loro storie. Di Akane e dei suoi compagni, i paladini che hanno salvato il mondo senza che nessuno a parte noi lo sappia”.
“Ma, scusa se te lo chiedo... perché tutta questa morbosa curiosità?”.
“Semplicemente lo trovo giusto così. Io e Nabiki siamo le sorelle di Akane e, in quanto tali, in pieno diritto di sapere come si sono svolti i fatti”.
“È la stessa cosa che ha detto Jun una volta... con Kuno, mi pare”.
“Inoltre voglio alleggerirti la schiena, che sono sicura sarà sin troppo incurvata sotto l’onere di essere stata l’unica testimone. E anzi, vorrei scusarmi per averti lasciata sola in quegli istanti. Avremmo dovuto esserci anche noi. È che eravamo... sopraffatte dalla paura di assistere”.
“Kasumi, per favore... capisco benissimo perché non abbiate voluto. Io stessa, in certi momenti, non ero sicura del perché stessi lì con loro, a vederli crollare come i pezzi di qualche gioco da tavola quando vengono mangiati uno dietro l’altro. Quindi non serve giustificarti. Capisco”.
“G-grazie...”.

Oh how I love you
the pain won't go away
oh when I need you
you're always so far away
I cried for you
leaving myself to blame
I died for you
I gave up everything


17 maggio 1993.
“Nikuman...”.
“Mousse lo conoscevo bene e sono andata sul sicuro, stavolta. Almeno non ho dovuto cucinare per sei ore consecutive”.
“Sarà stato più comodo per te, allora”.
“Indubbiamente. Mi sono divertita gli anni scorsi, però diciamo che ho apprezzato il compito un po’ più facile. Kasumi...”.
“Sì?”.
“Non che intenda mancarti di rispetto o qualcosa di simile, ma... perché non sei a casa con tuo figlio e tuo marito?”.
“Shinichi e Tofu possono cavarsela da soli per mezza giornata. Questa cerimonia ha la precedenza, lo sapete”.
“Temevo avresti risposto così”.
“Nabiki, dai. Ne abbiamo parlato anche prima di venire qui al Nekohanten. Eri d’accordo”.
“E lo sono. Non mi è concesso fare del sarcasmo?”.
“Ah. Se lo dici tu”.
“Ok ragazze, silenzio e mangiate o si raffredda”.
...
“Squisiti. Stavolta ti sei davvero superata”.
“Grazie, ma avevo già un sacco di esperienza con quei cosi. La strada era in discesa”.
“E adesso sai cosa ti aspetta, Shan-Pu”.
“Uff. È seccante dover agire da bocca della verità. Ebbene, Mousse. Uno di quelli che hanno faticato, ma c’è da dire che il suo nemico era veramente forte. Abbiamo seriamente rischiato, quella volta. Ha riportato parecchie ferite e penso che, se non fosse mancata la necessità, avremmo dovuto portarlo in fretta e furia all’ospedale per non rischiare danni peggiori. Poco prima che se ne andasse è successa una cosa di cui, a distanza di quattro anni, mi vergogno profondamente: era ormai privo di sensi, e di vita, quando ha cominciato a guardarmi e ha tentato di dire qualcosa. Non posso essere sicura di cosa volesse, ma penso intendesse chiedermi un atto di comprensione, di affetto, qualcosa che non lo facesse pentire di quanto gli stava succedendo. E io, da brava stronza insensibile, non gli ho dato nemmeno quello. Ho risposto alla sua disperata richiesta d’aiuto con freddezza, abbastanza da spingermi a dargli le spalle con tanto di verso di sdegno. Ero accecata dall’idiozia più nera e non sono riuscita a capire neanche una cosa tanto semplice, cioè che lui voleva solo sentirsi apprezzato, al peggio considerato meritevole di esistere dalla ragazza che amava e per difendere la quale, questo lo so per certo perché me l’ha detto chiaramente qualche giorno prima, aveva preso la decisione di combattere. Non ho concesso l’ultimo desiderio a un condannato a morte perché credevo, a torto, che non gli spettasse neppure quello. Io... io mi sono comportata davvero male con quel poveretto ed è un peso che mi merito di portare fino alla fine dei miei giorni, quando forse otterrò un parziale e non giusto perdono direttamente dalle sue labbra. O almeno mi piace sperarlo, ma non ci conto troppo e comunque non... non...”.
“Shan-Pu, tu stai piangendo...”.
“Nabiki, sei sensibile come uno schiacciasassi. Andiamocene, deve rimanere da sola ora”.
“Sei sicura? Mi sembra abbia bisogno di...”.
“Andiamo”.
 

But oh, how I lived my life for you
still you'd turn away
now as I die for you
my flesh still crawls as I breathe your name

All these years I thought I was wrong
now I know it was you
raise your head, raise your face, your eyes
tell me who you think you are, who?

 

24 maggio 1994.
“Ed ecco per voi una pentolata di ramen. Anche in questo caso tutto più sbrigativo per me, dato il soggetto. Era una persona austera e di gusti semplici”.
“Già...”.
“...”.
“Cosa sono quelle facce funeree? Gli altri anni non vi siete presentate in queste condizioni”.
“È che... dopo l'ultima volta...”.
“Suvvia, non sono fatta di cristallo. Ho avuto un momento di debolezza, è vero, ma è stata l'eccezione e non la norma”.
“Sì, però... se hai reagito in quel modo con Mousse... per tua nonna...”.
“Temiamo per il tuo stato emotivo, ecco”.
“Tendo uno e Tendo due, finitela. Non voglio sentirvi cianciare simili assurdità. Se non ho manifestato la volontà di smetterla state pur sicure che ci riesco”.
“Davvero? Stiamo comunque parlando...”.
“So di chi stiamo parlando. E vi assicuro che non sarà più problematica dei precedenti”.
“...”.
“Ho idea che siamo costrette a crederle, sorellina”.
“Al solito Nabiki si dimostra la più pragmatica del duo. Ti converrebbe darle retta”.
“Voglio solo sperare di essermi sbagliata, tutto qua”.
“Stai tranquilla, Kasumi. Conosco il compito che mi sono assunta e non ho paura di affrontarlo. Dai, ora servitevi prima che i ramen diventino poltiglia”.
...
“Gnam. Allora, visto che ti senti così baldanzosa... prego, il palcoscenico è tuo”.
“Resto pur sempre un'amazzone, Nabiki, e non dico mai di no a una sfida. Mia nonna... mia nonna ha dimostrato in pieno la forza e la maestria di cui solo il mio popolo può vantarsi. Ha affrontato e sconfitto senza il minimo problema un avversario che avrebbe provocato più di un mal di testa persino a Ranma. E non lo dico per via della parentela, ve lo giuro. L'aura che emanava quell'uomo mi ha spaventata, non era un praticante dell'ultima ora. È che lei ha davvero fatto sfoggio della sua netta superiorità, maltrattandolo come si può maltrattare un cucciolo quando si è una persona sadica. D'altronde è sempre stata così la nonna, poche chiacchiere e tanta azione. E col destino del mondo sulla sua piccola mano ha preferito non correre rischi inutili, chiudendo la pratica nel minor tempo possibile. Se non ricordo male Akane ha anche commentato ad alta voce il suo essere sbalordita da quanto aveva appena visto, aggiungendo che se fosse stata così quando ha affrontato Ranma lui non avrebbe avuto il minimo scampo. Poi, com'era nel suo stile, non ha voluto celebrare più di tanto limitandosi... anzi no, non ha fatto nulla. Immagino che, pur soddisfatta di aver vinto così velocemente, non fosse poi entusiasta all'idea di morire lì. Ci ha salutate e plof, cascata sul posto”.
“...beh, tutto qui? Sul serio?”.
“Cosa pretendevi, la sua biografia completa?”.
“No, ma era pur sempre tua nonna”.
“Guarda che, alla quinta volta in cui vedi gente morire praticamente senza motivo, cominci a desensibilizzarti. Credo lo si possa considerare un sistema inconsapevole per difendersi dalle continue badilate d'orrore che quella simpatica gara per la sopravvivenza ti lanciava addosso. O almeno, io la interpreto così. E comunque sono passati cinque anni, neanche mi fa bene rimanere troppo attaccata a chi non c'è più”.
“Anche questo è ben vero. Però, nonostante tutto, io pensavo avresti dato più in escandescenze”.
“Così saresti potuta tornare all'antico amore del piccolo ricatto casalingo? Sogna, Tendo. Ti è venuta nostalgia di com'eri a scuola, per caso?”.
“Eh, un po' sì. Fare lo sciacallo a livelli più alti è proficuo oltre ogni dire, ma non c'è assolutamente la stessa soddisfazione personale. Certa gente che ho quasi mandato sul lastrico manco so che faccia abbia”.
“Santo cielo Nabiki, parli di cose tanto gravi con una leggerezza...”.
“Cosa ti devo dire, sorellina? La dolcezza della mamma è andata tutta a te, a me è finito l'istinto del killer e ad Akane la violenza fisica. Qualcuno potrebbe pensare che sia stata una spartizione ingiusta ma io non me ne lamento, sto bene così”.

 
Every step I take
every move I make 

every single day
every time I pray 

I’ll be missing you 

Thinking of the day
when you went away 

what a life to take
what a bond to break 

I’ll be missing you

4 luglio 1995.
“Penultima tappa. Il tempo è davvero volato. Mi sembra solo ieri che, col tuo giapponese pericolante, stavi per mandarci via da questa sala...”.
“Nabiki, ma veramente. Il tatto chi te l'ha insegnato, lo stregone delle fiabe?”.
“Cos'ho detto che non va ora? Ho solo fatto una constatazione. E ci ho messo pure della malinconia, contro il mio miglior giudizio”.
“Non litigate, sorelle birbanti, e gustatevi la delizia che ho fatto con le mie manine”.
“Che cos'è questo piatto, Shan-Pu?”.
“Chiedilo a lei, Kasumi”.
“Perché dovrebbe chiedermelo?”.
“Perché tu sai bene, forse meglio di me, cos'ho cucinato per l'occasione. Vero, cara la mia «non c'era niente fra noi»?”.
“Non ti azzardare a...”.
“Devi sapere, Kasumi, che questi sono funghi matsutake e, come da tradizione, erano il cibo preferito della persona che oggi celebriamo. C'è però un problema: costano un rene al chilo e da sola non me li sarei mai potuta permettere. Indovina chi ha generosamente offerto di pagare di tasca propria. E non parliamo di chi mi ha dato l'informazione a monte, che io di certo non lo sapevo di mio”.
“Shan-Pu, hai appena commesso il peggior errore della tua vita”.
“Non direi. Siamo solo pari con Mousse, io e te”.
“Credici”.
“Non mi riesce difficile. E ricordati, anche se ormai ho preso la muffa in mezzo ai fornelli sono ancora perfettamente in grado di gonfiarti come una zampogna”.
“Ok voi due, sedetevi e fate le brave bimbe. Non costringetemi a usare adesso gli stessi metodi educativi che applico con Shinichi”.
“Signorsì signora”.
“Farò la brava, prometto”.
“Eccellente. Vogliamo mangiare?”.
“Tua sorella sa passare da uno sguardo angelico a un ghigno satanico, e viceversa, in un battito di ciglia. Mi fa impressione”.
“Ha imparato di recente. Prima il ghigno satanico le mancava completamente. È da quando conosciamo te che... mh...”.
“No, io non c'entro nulla di nulla”.
“Mangiamo”.
...
“Ottimi. Davvero ottimi”.
“Ci sarebbe mancato, con quello che li ho pagati”.
“Nabiki, poi non meravigliarti se...”.
“Silenzio, Kasumi. Tocca a lei parlare”.
“Oh guardate, su Kuno ammetto che c'è parecchio da dire. Anche se una di voi due, firulì firulà, sa già quasi tutto. E no, lo sguardo da psicopatica non mi fa alcun effetto, è giusto che sia di pubblico dominio. Comunque... Kuno, nell'ultimo periodo, aveva subito una metamorfosi che ha dell'incredibile. Ma realmente incredibile. Linguaggio gonfio di nulla a parte, non aveva quasi più niente dell'eccentrico nobiluomo dal cervello fritto. E anzi si era reso protagonista di una serie di atti inaspettati e, proprio per questo, ancora più meritevoli. Presumo lo sappiate ma si è fatto carico dei funerali di Ukyo e Ryoga, che poveri loro non avevano nessuno a cui potersi rivolgere per quel compito. Ha telefonato a casa vostra e ha parlato con Ranma chiedendogli scusa per tutte le volte in cui l'ha aggredito senza motivo, e questo so che lo sapete. Ha persino pensato a me, che come chiunque con un minimo di senno l'aveva maltrattato e deriso sempre e comunque, mandandomi un mazzo di fiori abbastanza grande da sommergere una persona di media statura. L'ha fatto solo per mostrarmi la sua vicinanza e la sua comprensione dopo la nonna e Mousse. E io come l'ho ripagato? Comportandomi come una stronza, naturalmente. Non l'ho degnato neanche di un saluto mentre, pestato e sanguinolento, arrancava in mezzo alla terra alla ricerca di un ultimo saluto da parte della sua amata Akane. Certo che, a ripensarci a mente fredda, questo era un tratto comune in parecchi di loro. Anime in pena che volevano soltanto sentirsi contraccambiate nei loro sentimenti, nel caso di Mousse sarebbe bastato un cenno da parte mia per renderlo l'anatra più felice del pianeta. E quando hanno pensato o sospettato che non lo avrebbero mai ottenuto... hanno preferito l'oblio e un'uscita di scena piena di gloria e tristezza. Comincio a temere che non ci meritiamo di essere qui, oggi...”.
“Non dire fesserie, Shan-Pu”.
“Kasumi?”.
“Se hanno scelto così vuol dire che ci ritenevano degne di proseguire al posto loro, noi come i nostri parenti come dei perfetti sconosciuti. Solo dei suicidi gettano via la propria vita senza alcun motivo e, per quanto alcuni di loro fossero in una situazione non proprio piacevole, nessuno aveva realmente intenzione di farla finita. Almeno questo è ciò che credo e che mi piace pensare. Quando sarà un po' più grande racconterò a Shinichi di sua zia, del suo quasi zio acquisito e dei loro coraggiosissimi amici. Gli insegnerò a essere grato per la vita che vivrà e per la quale dovrà rivolgere a quei sette eroi una preghiera ogni singolo giorno. È per cose come questa, per concedere a me e a chissà quanti altri la possibilità di essere genitori che Akane, Ranma e tutti gli altri si sono immolati e non dubito per un solo istante che dall'aldilà ci stiano sorridendo, soddisfatti di vedere che il loro gesto estremo è servito”.

 And the sun will set for you
the sun will set for you
 

And the shadow of the day
will embrace the world in grey
 

And the sun will set for you

 
Uh?
Cacchio, che flashback lungo. La prossima volta che parti per la tangente potresti anche avvisarmi, cervello. Gradirei.
Devo proprio ringraziare la nonna. Anche gli altri, tutti gli altri, nessuno escluso. Ma la nonna in particolare perché è stata lei a farmi perdere i sensi, a impedirmi di poter commettere una sciocchezza.
No, non una sciocchezza. È scorretto dire così. Manco di rispetto nei loro confronti e l'ho già fatto a sufficienza, ma ora ho abbastanza sale in zucca per evitarmelo.
Diciamo che mi asterrò da un qualsiasi giudizio. Hanno fatto la loro scelta in libertà e l'hanno portata avanti. Non sta a me dire se erano nel giusto o no.
Ma, in tutta onestà, sono solo contenta di essere qui adesso. Quella famosa storia della bussola... forse non ne ho trovata un'altra, non ancora. Ma mi sento molto meno in balia delle onde rispetto a prima.
Tanto per cominciare ho delle amiche. Delle vere amiche. Qualcuno che si è avvicinato nel mio momento più basso e mi ha teso la mano in maniera completamente disinteressata, con il solo scopo di aiutarmi a uscire dalla fossa che mi stavo scavando da sola.
...ok Shan-Pu, ora non mettere quelle due su un piedistallo: è vero che volevano sostenermi, non lo nego, ma credo che esattamente come me cercassero una spalla che potesse realmente capirle, che potesse realmente comprendere il tornado che le stava inghiottendo. Per fortuna di entrambe le parti l'hanno trovata.
E poi, osservandole semi-nascosta dalla porta, mi arriva una ventata di serenità mentre si prendono in giro come bambine delle elementari. Specialmente Nabiki verso lo stato interessante della sorella, continuando a fare battute su come il nuovo membro della famiglia sia stato concepito... sì, le chiede le posizioni. No, dubito lo faccia per spirito d'emulazione. Inoltre il partner dei suoi sogni è morto.
...mi pentirò di quanto sto pensando, lo so. Ma quel che è giusto è giusto: Nabiki Tendo, in quanto lei, non è in grado di amare qualcuno che non faccia parte della sua strettissima parentela. Quindi, per quel che ne so, i fortunati sono Kasumi, Akane e i suoi genitori. E di tutti loro solo la prima le è ancora vicino. Kuno non rientra nel limitato circolo, anche se è fuori discussione che un piccolo debole per lui ce l'avesse. I funghi parlano da soli. Ma non indagherò oltre, diventa acida quando si tira fuori l'argomento Tuono Blu.
Io? Sto cercando di rimettere assieme i miei cocci. Quell'evento ha spazzato la mia vita precedente, riducendola a un cumulo di macerie fumanti da cui è difficile ricostruire qualcosa. Persa la donna che mi ha fatto da madre praticamente da quando sono nata, perso... il mio migliore amico, perso l'uomo che avrei dovuto sposare. Non è cosa semplice trovare una direzione su cui instradarsi. Ma per ora posso ritenermi tutto sommato soddisfatta, ho raggiunto un piccolo equilibrio abbastanza stabile e che mi consente di guardare al futuro con moderato ottimismo. Visto il periodo da cui sto lentamente uscendo non mi va neanche di lamentarmi.
Ok, basta rimuginare. Adesso porto l'oden di là e concludiamo la nostra triste maratona.
...
“Ormai sei una cuoca al livello delle migliori, Shan-Pu” mi dice Nabiki mentre finisce di spazzolarsi il piatto. Noto che avevamo fame, signorina in carriera.
“Ho accumulato parecchia esperienza in questi ultimi anni. Oltre a dover imparare a far girare il ristorante da sola... beh, queste occasioni speciali mi hanno permesso di sperimentare con pietanze che altrimenti non avrei mai toccato”.
“Modesta la ragazza. Quando comincerai ad esporre i premi culinari che ben presto andrai a vincere in giro per tutto il paese?”.
“Non sei spiritosa, Tendo. Per nulla”.
“Bimbe, a cuccia. E meno male che è l'ultima volta, mi stavo anche un po' stufando di riprendervi sempre. Se adesso Nabiki volesse farci il piacere di star zitta... ecco, grazie. Vai, Shan-Pu. Come puoi facilmente capire, la persona di oggi ci è particolarmente cara”.
“Chissà come mai. No scusa, sarcasmo fuori luogo. Mi sembra ovvio che siate più coinvolte del solito. Quindi Akane. L'ultima dei sette. Quella che, per certi versi, ha sostenuto la prova peggiore. Perché, devo essere sincera, non oso pensare a come dev'essersi sentita in quei quattro mesi vedendo i suoi compagni morire uno dopo l'altro. Io, al posto suo, mi sarei suicidata dall'angoscia prima del tempo. Lei invece, non so come, è riuscita a tener duro e ha combattuto come una leonessa quando è stato il suo turno. Ha preso e dato botte in grandi quantità, lei e il suo avversario erano più o meno sullo stesso livello. Ciò in cui differivano era la resistenza: vostra sorella non stava giù, non importava quanto quell'energumeno potesse provare a stenderla. Si rialzava, il fuoco negli occhi, si asciugava il sangue dalla bocca e si rigettava nella mischia. Alla lunga tanta tenacia ha pagato: ha sorpassato le difese nemiche e il suo ultimo pugno ha sancito la fine dello scontro. Prima di lasciare questo mondo si è concessa un pianto liberatorio e ricordo, ricordo come fosse ieri che moriva felice perché, nonostante mille dubbi e incertezze sulla propria forza, era riuscita a non vanificare lo straordinario valore e coraggio di chi l'aveva preceduta. Da brava bastarda ho reagito a questa cosa ridendo come una iena, sprezzante della sua fatica e del suo sacrificio. Ma credo lo sappiate, vi ho fatto presente fino allo sfinimento che non mi sono comportata granché bene in quei frangenti. Almeno ho avuto il buonsenso di non lasciarla lì, ma davvero avrei superato ogni limite di decenza se lo avessi fatto. Però ammetto che mi è scappato uno sbuffo mentre la raccoglievo da terra e trasportandola non sono proprio riuscita a trattenere... sì, viscido brivido di piacere è la descrizione più appropriata. Vi devo assolutamente chiedere ancora scusa, a voi e soprattutto a lei. E un po' a tutti loro. Avrebbero meritato un testimone migliore di me”.
Cala un silenzio pesante, scomodo. Non è successo spesso da quando abbiamo approfondito così tanto il nostro rapporto. Ho idea che mi stiano giustamente maledicendo per la mia idiozia passata e per come l'ho trattata.
Me lo merito. Me lo merito tutto. È giusto che ingoi in silenzio. No stupida Shan-Pu, non ti lamenterai e non dirai niente per giustificarti. Sei in torto marcio.
Zitta. Muta. Non una parola.
E abbassa la testa. Fallo. Ecco, così. Brava.
“Shan-Pu...” esordisce finalmente Nabiki, e ho il terrore di quello che potrebbe dirmi “...smettila di punirti”.
Eh?
Nabiki, io... ho virtualmente calpestato la tomba di vostra sorella. Se ce l'avessi avuta davanti l'avrei fatto pure fisicamente.
“Come... come hai detto?”.
“Ho detto che non serve continuare a fustigarsi. È vero, sei stata una schifosa di notevole livello... abbassa le mani Kasumi, per favore fammi finire. Dicevo che sì, sei stata una schifosa. Ma è passato. Sepolto, esattamente come lo sono loro. E non puoi neanche macerarti nel rimorso per sempre, perché te lo si legge in faccia che sei pentita. A me basta questo per mettere una pietra sopra all'incidente. Avevi sedici anni e a quell'età si pensano un sacco di cose che, viste col senno di poi, ti farebbero venir voglia di ficcare la testa sottoterra e lasciarcela. Tu cosa dici, sorella? Ti sembra che la nostra cinese preferita abbia espiato abbastanza?”.
Al che Kasumi sorride e... santo dio, quel sorriso cancella il male dal mondo. Finisce di pulirsi la bocca, appoggia il tovagliolo e finalmente emette la sua sentenza: “Sono d'accordo con te, Nabiki. Hai agito male, Shan-Pu, e questo lo sappiamo tutte e tre. Ma nel frattempo hai messo la testa a posto e ti sei accorta di cosa non andava, anche se non potevi far nulla per correggerlo. Il solo fatto che tu, in questi ultimi sei anni, abbia cucinato per loro nell'anniversario della loro morte ti toglie parte della colpa per come ti sei comportata. Ed è stata un'idea tua, noi avevamo solo suggerito di ritrovarci tutte assieme. Vivere legata al passato non ti fa bene ed è anche, sebbene indiretta, una mancanza di rispetto nei loro confronti perché stai dando più importanza a quel che era, cioè qualcosa di brutto, rispetto a quel che è. E quel che è ora è una ragazza pentita e che, se potesse, aggiusterebbe il problema o almeno ci proverebbe. Dubito tu e Akane o tu e Ukyo andreste d'amore e d'accordo se fossero ancora fra noi, ma per come sei oggi sono sicura avreste meno motivi di contrasto. Che, detto in parole più semplici, vuol dire che vi limitereste a tirarvi i capelli e a prendervi a borsettate invece di usare shampoo ipnotici o qualche diavoleria delle tue. Tutto questo, in conclusione, per dire che ti sei guadagnata almeno un po' di pace e un piccolo perdono. Io e mia sorella ci prendiamo la briga di accettare le tue scuse per conto di chi non c'è più”.
“Non avrei saputo dirlo meglio, Kasumi. E io che credevo di essere quella con la parlantina in famiglia”.
“Fa sempre piacere prenderti in contropiede. Però ho pensato...”.
“Cosa?”.
“Che Shan-Pu si merita comunque una piccola punizione”.
“Chi sei tu? Che fine hai fatto fare a Kasumi Tendo in Ono?”.
“Mi stupisci, Nabiki. Come può una persona attenta come te non essersi accorta che sono, meraviglia delle meraviglie, cambiata in questi sette anni?”.
Cominciano a battibeccare. Trattengo un risolino, sollevata da quanto mi sono sentita dire. Forse anche una persona orribile come me può ottenere qualcosa di buono dalla propria vita. E, come sempre, mando un ringraziamento silenzioso a Ranma, a Mousse, alla nonna, a Ryoga, a Kuno, ad Ukyo... e sì, naturalmente anche ad Akane. Devo a loro questa possibilità.
Quando poi le Tendo dirimono le questioni personali...
“Dicevamo, Shan-Pu. Ti ricordi di quella cosa che era saltata fuori un bel po' di tempo fa? Forse addirittura la prima volta, con Ranma”.
Mi gratto il mento, sinceramente spaesata. Ricordo tante cose di quell'occasione, ma niente che potrebbe causarmi dispiacere: “Veramente no. Di cosa stai parlando, scusa?”.
“Ragazza smemorata. Questa lingua lunga di mia sorella si stava lasciando sfuggire un fatto che ti avrebbe definitivamente spezzato il cuore, all'epoca. E che adesso farà comunque i suoi buoni danni”.
“Si può sapere a cosa ti riferisci?”.
“Vedi, Akane e Ranma hanno... consumato prima del combattimento di lui”.
“Consumato?”.
“Mi vuoi costringere a essere volgare, per caso? Capisci l'allusione”.
“Hanno fatto sesso, ok?”.
Scoppio a ridere. Sarebbe questa la notizia funesta?
“Ti sei rimbecillita dal dolore, Shan-Pu?”.
“Ahahahahahahahahahahahahahah. No, ma le comiche. Sul serio?”.
“Insomma, finiscila!”.
Cerco di calmarmi ma quest’ondata di ilarità è isterica. Poi riesco a recuperare una parvenza di ordine.
“Care le mie furbastre, lo sapevo già. Ero presente quando lui l’ha dichiarato di fronte a tutti”.
Mi restituiscono uno sguardo che definire stupido è un complimento come pochi. Evidente come non se lo aspettassero, proprio per nulla.
La vendetta delle Tendo è scoppiata come un palloncino bucato.
Sarà crudele da dire, ma questa scenetta mi ha tolto un peso dallo stomaco. Mi sento infinitamente più leggera.
Forse sono solo la stessa, vecchia adolescente cretina che si permette di ridere di fronte a una tragedia di tali proporzioni. O forse sto semplicemente imparando a non vivere ancorata al passato, agli sgarbi che furono e a qualcosa che non esiste più.

Ancora qui, ancora tu
e spero mi perdonerai
tu con gli stessi occhi sembri ritornare
a chiedermi di me
di come si sta
e qui dall'altra parte come va




Per gentile concessione di Laura Pex
   
 
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