27
luglio 1996.
Maledizione, fa un caldo
infernale. Ci saranno almeno trentacinque gradi.
E io, invece di starmene al
riparo del ventilatore all’interno, rimango sulla soglia del
Nekohanten ad
aspettarle.
Spero arrivino a breve, sto
cuocendo come uno struzzo.
...
Forza ragazze. Sbrigatevi.
Non mi volete liquefatta sull’asfalto, vero?
Aspetta, forse là in
lontananza...
Oh, eccole. Era anche ora.
Sono pure in ritardo.
Un braccio si alza per
salutarmi e ricambio.
Finalmente ci sono.
“Shan-Pu, ciao”.
“Nabiki, Kasumi. Sono
contenta di vedere che, nonostante i vostri impegni, siate venute anche
stavolta”.
“Come saremmo potute mancare
a un’occasione tanto importante? Men che meno oggi,
su”.
“Scusa, non intendevo
insinuare nulla. Però, fra il tuo lavoro come manager e la
dolce attesa di
Kasumi, pensavo poteste avere qualche difficoltà”.
“Mai come te per imparare la
nostra lingua”.
“In sette anni non sono
ancora riuscita ad abituarmi alla tua lingua lunga, Tendo”.
“Invece di continuare a
battibeccare e sudare potremmo accomodarci, che ne pensate?”
ci dice Kasumi
facendo cenno di entrare.
Come darle torto? Si
schiatta, qua fuori.
Le lascio sfilare perché,
come ogni volta, mi prendo la briga di appendere alla porta il cartello
che ho
tenuto in mano per tutto questo tempo.
Chiuso
per lutto.
Qualcuno penserà che ho una
famiglia numerosa e con una pessima salute.
“A che mese sei, Kasumi?”
chiedo casualmente raggiungendole nella sala grande del ristorante. Nel
sedersi
mi sorride radiosa. Si vede che è davvero felice dello
sviluppo.
“Sesto. Shinichi comincia a
chiedersi perché la sua mamma stia ingrassando
così tanto”.
“È un nanetto sveglio, il mio
primo nipote. Prevedo per lui un futuro sfavillante”.
“Ti ho già detto e ripetuto
che non ti lascerò mettergli le tue manacce addosso se non
lo vorrà. Io e suo
padre non ci permettiamo di decidere per conto suo, figurati se
può farlo la
zia”.
“Ma ha già quattro anni!
Bisogna coltivarli giovani, i virgulti”.
“Smettila. Non è un
ortaggio”.
“Va bene, va bene. Vorrà dire
che cercherò di sedurre Tofu per convincerlo a schierarsi
dalla mia parte”.
“Toccalo e di te non
rimarranno neanche i pezzettini”.
“Ullalà sorellina,
tranquilla. Scherzavo. Il marito è tuo e te lo lascio
volentieri”.
“E tu, Nabiki?” intervengo
per impedire che questo diventi il teatrino delle Tendo “Come
sei messa a
uomini, sempre single?”.
“Sì, cara mia. Non ho tempo
per un ragazzo giocattolo, scalare il mondo della finanza succhia
energie in
continuazione. Una volta arrivata a casa la sera, se anche mi trovassi
nel
letto un superdotato molto voglioso, gli crollerei accanto stremata
dalla
stanchezza”.
Uhm. Intravedo spazio per un
colpo basso: “Ah davvero? Kasumi, dici che faccio male se
ripenso a cos’è
successo in questa stessa sala l’anno scorso?”.
Lei mi sorride come una
faina. Ogni tanto faccio fatica a ricordarmi che Kasumi Tendo, pur
essendo
rimasta grosso modo la stessa persona di allora, ha acquisito una
notevole dose
di malizia. “No Shan-Pu, fai benissimo. Chi se la scorda
quella lacrima
solitaria al solo pronunciare il nome di un certo
kendoista...”.
“Ancora con quella storia,
voi due?” commenta, più finto-scocciata che
arrabbiata “Vi ho già detto che mi
era entrata una bruschetta nell’occhio”.
“Casualmente mentre si
parlava di Kuno. Eh, queste bruschette con un tempismo
invidiabile”.
“Shan-Pu, visto che sei
scorretta mi obblighi a tirar fuori...”.
“Non. Farlo”.
“E allora tu lascia stare
l’anno scorso”.
“Tua sorella non può fare a
meno di avere sempre l’ultima parola”.
“Già. Sempre stato così,
sempre così sarà”.
“Va bene. Che ne dite se
pranziamo?”.
“Non potrei essere più d’accordo.
Ed essendo questo l’ultimo anno...”.
Si incupiscono di botto e non
è difficile capire il perché. Settimo anno,
settimo eroe.
“...oden. Che a luglio è un
mezzo suicidio, ma resta il piatto preferito di Akane”.
“È già tutto pronto. Vado a
prenderlo, così ve lo servo”.
“Grazie”.
Mi dirigo verso la cucina e
non riesco a evitarmi di buttare un occhio indietro sulle mie uniche
clienti.
Si parlano sottovoce. Probabilmente stanno avendo delle reminescenze
sulla loro
compianta sorella minore.
Dentro di me sorrido nel
pensare a come noi tre siamo giunte a questo bizzarro stato di cose.
Vago
con poca voglia per la sala del Nekohanten. L’ho preso in
mano sin da quando la
nonna è mancata.
Senza
Ranma sono venuti meno gli obblighi che avevo verso le leggi. Neanche a
Joketsuzoku possono costringermi a sposare un morto.
Quindi,
libera da ogni costrizione, potevo incredibilmente scegliere da me cosa
fare
della mia vita. E ho trovato doveroso portare avanti questa
attività, anche
perché motivi di tornare a casa non ne avevo tanti.
Sì, un po’ mi mancano
l’aria del villaggio, le vecchie amiche, le facce note che mi
sorridevano... ma
anche qui, tutto sommato, non sto poi così tanto male.
E
poi, considerata la sequela di fallimenti che ho rimediato con la
faccenda del
matrimonio, non so se e quanto mi avrebbero sorriso.
Questo
posto è troppo ampio per una sola persona. Mi sento
terribilmente vuota.
Prima
di questo macello avevo uno scopo: sposare Ranma. Avevo al mio fianco
la nonna
che, pur non potendo ambire al premio di Migliore Sostitutivo
Genitoriale, era
comunque una presenza che mi amava e pensava al mio benessere. O a
quello che
tale credeva.
Infine
c’era Mu-Si.
Sì
sì, lo so, l’ho sempre considerato come uno
stivale bucato. E, al contrario di
uno stivale bucato, sapeva essere davvero irritante.
Eppure,
ora che non c’è più, mi rendo conto che
anche quella fastidiosa esistenza aveva
un suo senso nella mia routine quotidiana. Nonostante tutto mi faceva
comodo
vederlo mentre mi ronzava intorno, cercando vanamente di ottenere un
appuntamento o un bacio o qualcosa del genere.
Era
un toccasana per la mia autostima, ecco cos’era. Aveva il
magico dono di farmi
sentire desiderata, benvoluta, cercata.
Cosa
che da Ranma, tranne rarissime occasioni, non ho mai avuto.
Non
sto dicendo che potesse sperare in un mio ripensamento nei suoi
confronti,
quello no. Non sarebbe mai successo, a costo di farmi torturare. Dico
solo
che... sì, un po’ mi manca. E non lo credevo
possibile.
L’assenza
di quel papero debole e impiccione mi sta pesando. Per far capire a che
livello
sono caduta.
Anche
se ero continuamente frustata dall’insuccesso. Non vivevo una
vita esattamente
realizzata, d’accordo, ma perlomeno puntavo determinata
all’obiettivo.
Ora...
ora la mia bussola giace sotto sei piedi di terra, insieme alla persona
per me
più preziosa. E a un pagliaccio che forse non disprezzavo
poi così tanto,
almeno per gli aspetti benefici che portava.
“Shan-Pu?
È permesso?”.
Chi
disturba? Voglio rimanere sola.
All’ingresso
appaiono le sorelle di Akane Tendo. Malmesse, una sembra abbia appena
smesso di
piangere.
Sono...
Nabiki e Kasumi, forse. Non sono sicura di ricordare i loro nomi.
Me
ne deve fregare qualcosa, onestamente?
“Cosa
voi volete?” chiedo sprezzante, sperando di far capire loro
che non è il
momento adatto qualunque sia la ragione che hanno in testa.
Una,
quella che mi pare si chiami Kasumi, rimane indietro mentre
l’altra si avvicina
a me. Automatico è il mettermi in posizione di difesa. So
che loro non
conoscono le arti marziali, ma è stato l’inconscio
ad agire.
“Shan-Pu,
calmati. Non siamo di certo venute per attaccar briga, anche
perché ci
suoneresti come due tamburi”.
“E
allora perché voi qui?”.
“È
semplice: abbiamo solo voluto portarti di persona le nostre
condoglianze”.
“Condoglianze?
A... a me?”.
Non...
non capisco. Io ho cercato in parecchie occasioni di fare del male ad
Akane, a
volte persino per ucciderla o almeno per buttarla su una sedia a
rotelle.
E
adesso vengono appositamente a fare questo.
“Nabiki...
tu Nabiki, giusto?”.
“Sì,
sono Nabiki. Speravo ti ricordassi meglio di me, visto che per un
po’ sono
stata la Tendo fidanzata con Ranma”.
“Nabiki,
questo stupido da parte vostra. Io è sempre stata ostile e
scorretta verso
vostra sorella. Perché voi pensato di farmi
piacere?”. Cavolo, se davvero
voglio restare in Giappone sarà il caso che impari a parlare
decentemente la
lingua. Mi devono aver scambiato per una cavernicola.
Sul
suo volto nasce il sorriso più sbruffone che abbia mai
visto. Incrocia le
braccia al petto prima di rispondermi: “Oh beh, scusaci tanto
se abbiamo voluto
essere amichevoli con qualcuno che, esattamente come noi, ha perso in
quel modo
assurdo delle persone importanti. Non ci verranno più
trovate così bislacche,
non temere”.
No...
La
osservo: non è arrabbiata. O meglio, cerca di trasmettere
quella sensazione ma
non mi frega. Leggo nei suoi occhi...
Sofferenza.
Mancanza. Privazione.
Mi
sembra di star guardando in uno specchio deformante.
“Pare
che la nostra venuta non sia di tuo gradimento. E va bene, togliamo
subito le
tende. Kasumi, vogliamo andare?”.
Io...
io...
Perché...
sento l’impulso di afferrarle il polso e trattenerla?
Cedo
al suddetto impulso.
“Che
fai!” mi chiede, sconcertata.
“Scusa.
Io non voleva essere cafona, io solo... stupita da vostro gesto. Ma
capisco e
ringrazio”.
“Non
serviva essere così diretti. Un «grazie»
sarebbe bastato e
avanzato”.
“Volete...
volete sedervi?”. Allungo la testa anche verso
l’altra per farle capire che
l’invito è valido per entrambe. Col mio modo
sgangherato di esprimermi meglio
non dare troppo per scontato.
Accettano.
E
nella successiva mezz’ora scopro che non sono affatto un caso
particolare, che
ci sono altri a sentire una voragine al centro del proprio petto.
Non
mi sarei dovuta meravigliare, in realtà. O davvero
pretendevo di essere l’unica
che ne avrebbe sentito la mancanza?
Ma
devo essere franca. Io ho un ulteriore motivo per starci male: ero
presente, in
carne ed ossa.
I
miei occhi hanno visto tutti loro. Dal primo all’ultimo.
Quelli di cui non
m’interessava granché, come Ryoga e Kuno; quelli
che mi hanno spezzato il
cuore, come la nonna e Ranma; quelli... quelle per cui ho provato un
viscido
brivido di piacere, come Akane e Ukyo. E Mousse che fa categoria a
sé.
Sì,
non esito a definirmi viscida. A sipario calato mi rendo conto che
essere
felice di vedere due tue coetanee morte per una specie di gioco al
massacro
senza senso fa di me una persona poco raccomandabile, se non peggio.
Non
nego i miei sentimenti di quegli attimi. Però posso
rimproverarmi per averli
avuti.
Sono...
sollevata. Un pochino sollevata.
Non
ci diciamo poi molto, il nostro è un incontro fra spiriti
spiegazzati che hanno
bisogno di essere rimessi in sesto e per farlo, il più delle
volte, basta solo
un gesto o uno sguardo. Ma l’averle vicino, seppur solo a
livello fisico, basta
a tranquillizzarmi un po’.
Pur
con la differenza di cui sopra, loro due sono nella mia stessa
situazione:
persone che hanno visto qualcuno di caro, nel loro caso la parente
più prossima
rimasta dopo il padre, svanire da un giorno all’altro dalle
loro vite.
Che
mi piaccia o no siamo anime affini, che hanno probabilmente passato
crisi di
pianto simili e lo stesso aggirarsi senza meta per le stanze di casa.
Forse,
lasciandoci alle spalle vecchi rancori e ruggini che allo stato attuale
non
servono davvero a nulla se non ad allargare la ferita, possiamo
aiutarci a
vicenda a superare il trauma. O almeno a renderlo un po’ meno
doloroso.
Sopra
le nostre teste si stende una finissima coperta di serenità.
Sottile e facile
allo strappo.
Ci
salutiamo promettendoci di non interrompere i contatti.
Chiudo
la porta del ristorante con qualcosa che può forse, in
qualche storia strana,
assomigliare ad un piccolo sorriso.
“Voi... voi molto carine a passare con me anniversario di morte di Ranma qui a Nekohanten. Anche se ero fidanzata straniera che cercava di togliere di mezzo vostra sorella...”.
“Shan-Pu, ormai è acqua passata. Ranma e Akane sono morti. Non ha senso, per noi rimasti di qua, tenere accesi i tizzoni di qualcosa che non esiste più dalla dipartita di quasi tutti i suoi protagonisti”.
“Tu ha ragione, Nabiki. È che io mi sento così... svuotata di fronte a idea che lui... non c’è più...”.
“Se accetterai la cosa che io e Kasumi abbiamo architettato dovrai farci l’abitudine, temo”.
“Quale cosa?”.
“Pensavamo di rendere quest’occasione speciale una sorta di piccola cerimonia per noi tre sole. Di ritrovarci ogni anno, all’anniversario di ognuno di loro sette, per una breve commemorazione. Qualcosa di intimo, privato ma con cui dimostriamo loro che, almeno per una volta in dodici mesi, non li abbiamo dimenticati”.
“Oh. Beh, io non potere negare che idea... è triste ma bella...”.
“Grazie, ma è principalmente merito suo. E ascolta Shan-Pu, bisogna fare qualcosa per questa tua gravissima carenza”.
“C-cosa? Cosa avere fatto io?”.
“Spiegami come fai a gestire un ristorante a Nerima, Tokyo con quel tuo delizioso balbettare e il mangiarti le parole”.
“Mia lingua poco scorrevole...”.
“Appunto. Così non va per niente. Da domani aspettati una mia visita pomeridiana ogni giorno, inclusi festivi e domeniche”.
“Nabiki, io credo che tu esagera”.
“E io credo che tu chiuderai baracca e burattini a breve se non impari a esprimerti come i kami comandano. Diavolo, Mousse e tua nonna avevano imparato l’idioma locale in tipo dieci minuti”.
“Io mai stata brava in queste cose”.
“E lo vedo. Su, togliti quel musino triste. Non ti porto a fare flessioni... ora che ci penso, potresti essere tu a portare me a fare flessioni per dispetto. Comunque, intendevo dire che non sarà il supplizio che ti immagini. Si tratta di imparare la lingua del posto dove abiti. E sarà gratis”.
“Va... va bene...”.
...
“Shan-Pu, raccontaci del suo combattimento. E dei suoi ultimi momenti”.
“Kasumi... tu sicura di volere sapere?”.
“Sei l’unica persona sulla faccia della terra che sa davvero cos’è successo nei loro istanti finali. Non vorrai mica tenerti tutto per te”.
“E di cattiverie verso la famiglia Tendo e i suoi rappresentanti ne hai già fatte abbastanza, non ti pare?”.
“Avete ragione. Se vogliamo fare questa cosa assieme è giusto che voi sapete”.
“Allora prego. Parla”.
“Lui è... è stato grande. Scontro durato qualcosa come quattro minuti, massimo cinque. Avversario, che aveva detto essere esperto di krav maga o nome del genere, è stato sbatacchiato qua e là come straccio. Finito lui con Hiryu Shoten Ha gigante. Poi Ranma girato verso di noi, sorriso, fatto pollice di vittoria e crollato a terra. Vostra sorella distrutta da dolore, preso lui e portato a casa. Ma questo già sapete”.
“Sì, ricordiamo. Non ho mai visto Akane piangere così tanto in vita mia. Meno male che quei due sono riusciti, prima, a...”.
“Nabiki! Ti sembrano cose da dire di fronte a lei?”.
“Dire cosa?”.
“Niente, niente”.
“No, io ora vuole sapere”.
“Ecco, complimenti. L’hai combinata. Shan-Pu, adesso è troppo presto per rivelartelo. Soffriresti come un cane per niente. Dacci, e datti, un po’ di tempo”.
“Ma io volere...”.
“Fidati, è meglio così”.
I no longer have a choice but to pretend
I am brave
for a soldier has to be brave
12
aprile 1991.
“Accidenti
Shan-Pu, devi aver spignattato ore ed ore per preparare tutte queste
okonomiyaki”.
“Un
po’ sì, lo ammetto. Ho affrontato compiti meno
difficili”.
“E
poi gli ingredienti. E la tecnica. Come hai fatto a...”.
“Questa”.
“Una
chiave?”.
“È la
chiave per entrare all’Ucchan. Ukyo ha avuto la brillante
idea di lasciarla a
me. Al tempo la consideravo una scocciatura e basta. Non credevo mai
sarebbe
potuta venirmi utile per... questo”.
“Sì,
ma resta comunque che tu non hai mai cucinato okonomiyaki prima
d’ora”.
“Difatti
non sono del tutto sicura siano mangiabili e se per caso vi doveste
sentire
male sapete di chi è la colpa. Ma ho comunque potuto
intrufolarmi là dentro e,
attraversate balle di fieno e ragnatele, entrare in possesso di
ciò che considerava
i suoi tesori più preziosi: salse, impasti, attrezzi, il
manuale su come
prepararle...”.
“Mi
fa piacere che tu abbia avuto quest’idea”.
“Perché
no, Kasumi? Da una parte fa sempre bene per me, che ormai mi sono
riciclata
come cuoca, tenermi in esercizio. Dall’altra non ho
seriamente nulla in
contrario. Se ho accettato di ricordarli non vedo perché non
dovrei preparare i
loro piatti preferiti a nostro uso e consumo”.
“Oh
Shan-Pu, non sai che piacere per le mie orecchie sentirti esprimere
concetti
chiari e con un modo di parlare finalmente comprensibile. Vedi che non
è stata
la tragedia che temevi?”.
“Hai
ragione, sì. Non mi ero mai davvero posta il problema di
imparare la vostra lingua.
Ora sono molto più agile nelle conversazioni... e di questo
ringrazio te”.
“Ci
mancherebbe. Era anche per noi due, che facevamo una fatica del diavolo
a
capirti”.
“Penso
che Ukyo sarebbe contenta di sapere che hai fatto tutto questo in
memoria sua”.
“Lo
credo anch’io, Kasumi. I vostri rapporti non erano proprio
idilliaci, ok... ma
quel che è stato è stato. È anche un
modo per lasciarsi il passato alle spalle
rispettandolo e onorandolo”.
“Non
parlare aulico, Nabiki. Ti si rovina la fama di predatore”.
“Mpf.
Forse il giapponese te l’ho insegnato fin troppo
bene”.
“Mangiamo,
su”.
...
“Shan-Pu,
se volessi raccontarci anche di lei...”.
“Certo.
All’epoca, dentro di me, ho provato un sentimento che non mi
fa rendere
particolarmente fiera di com’ero. Sono stata un po’
felice nel vederla
accasciarsi. Una felicità immotivata, a ben guardare, visto
che il pomo della
nostra discordia l’aveva preceduta dentro una cassa da morto.
Al contrario di
Ranma ha trovato parecchie difficoltà, ma non ha mai pensato
di mollare un solo
istante e alla fine è riuscita a vincere. Purtroppo, e di
ciò mi rendo conto
solo ora, ha dovuto chiudere la questione in maniera piuttosto... come
dire...
barbara perché è stata costretta a piantargli un
coltello nel cuore. Non un
bello spettacolo, ve lo assicuro”.
“...
dici sul serio?”.
“Ahimè
sì, dico sul serio. Come posso dimenticarmi di Jun che, con
la sua faccia
inespressiva, le intimava di concludere perché
l’altro era ancora vivo?”.
“Oh
santo cielo, che orrore”.
“Ho
avuto occasione di riflettere sulle motivazioni che hanno spinto quei
sette
pazzi a fare quel che hanno fatto. E nel caso di Ukyo penso si fosse
trattato
principalmente del suo amore non corrisposto per Ranma. Prima che mia
nonna mi
mettesse fuori uso, consentendomi di essere qui oggi per potervi
parlare di
tutto questo, avevo considerato la possibilità e mi sono
trovata a pensare
quello che probabilmente ha pensato anche lei: se non posso averlo e
lui sta
andando a morire, tanto vale che vada a morire anch’io.
Soffrirò di meno”.
“...”.
“...”.
Credi
non ci rivedremo sai
perché non hai capito mai
che amare vuol dire soffrir
che amare vuol dire morir
9
maggio 1992.
“Ieri
è stata una cerimonia splendida, Kasumi. E grazie per avermi
invitata”.
“Mi
sembra il minimo, Shan-Pu. Ormai sei un’amica di famiglia. Mi
spiace solo che
papà non abbia potuto assistere al matrimonio...”.
“Sorella,
non tirar fuori di nuovo quell’argomento. Siamo qui per
parlare di morti e uno
mi basta”.
“Sì,
scusa. Meglio non sovraccaricare troppo”.
“Ancora
condoglianze per la perdita”.
“Grazie,
ma aveva praticamente rinunciato a vivere sin da quando
Akane...”.
“Va
bene, basta così. Piuttosto, cara la mia gattina cinese,
cosa ci hai preparato
questa volta?”.
“Sai,
ammetto di avere avuto qualche problema. Non conoscevo i gusti di Ryoga
in
fatto di cibo, anche considerando che avrà assaggiato di
tutto nei suoi giri
per il paese”.
“E
allora cos’hai deciso?”.
“Mi
sono alzata le maniche e ci ho dato dentro, ma a caso. Aspettatemi qui,
porto il
mega-vassoio”.
“Accidenti.
Ti sei veramente data da fare stavolta: soba, udon, tempura,
sashimi...”.
“Off.
Pesava un quintale. Ve l’ho detto, non sapevo bene e ho
cucinato di tutto un
po’. Naturalmente, se non spazzolate fino a far risplendere i
piatti, mi
offenderò a morte e non vi vorrò mai
più vedere da queste parti”.
“Se
lo dici con quel sorriso extralarge non ti crede nessuno. Dovremo
lavorare
sulle tue doti di ingannatrice”.
“Ricevere
lezioni dalla migliore nel campo non potrà che darmi
vantaggi notevoli”.
“E
la prima lezione è: fare le cose gratis una e una sola
volta”.
“...
fantastico”.
“Su,
omaggiamo la cuoca e usiamo la bocca per qualcosa di più
divertente”.
...
“Non
ho mai mangiato *burp*... scusate... mai mangiato così
tanto. Dopo temo che
avrò bisogno del bagno”.
“Pure
io. Sei stata... immensa, Shan-Pu. Tu e il tuo cibo”.
“Beh,
se è un complimento lo accetto volentieri”.
“Bene.
Esaurita la parte piacevole, veniamo a quella più
triste”.
“Ryoga,
eh... Ryoga è stato uno di quelli che è andato
rapido come un fulmine. È arrivato,
ha maltrattato il suo avversario in lungo e in largo e gli ha dato un
colpo di
grazia rapido e indolore. Anzi no, mi correggo: le ha dato. Si trattava
di una
donna, ad occhio una ninja o qualcosa di simile. E, come saprete meglio
di me,
Ryoga Hibiki non picchiava le donne. Aveva lo stesso difetto di Ranma.
Questo
per dire quanta importanza rivestisse quell’avvenimento per
lui, al punto da
fargli rinnegare per la prima e unica volta il proprio codice
d’onore. Cadendo
morto a terra è riuscito ad urlare, abbastanza forte da
assordarci, che amava
Akane più della sua stessa vita e che quella follia
l’aveva fatta solo per lei.
Oh, e anche che Ranma non era l’unico capace di sacrificarsi
per amore e che
avrebbe risposto colpo su colpo a ogni sua manifestazione di forza.
Cioè, non
proprio mentre cadeva. Ci ha messo più tempo”.
“A
volte mi chiedo perché abbiamo deciso di trovarci qui, anno
dopo anno, per
farci raccontare la cronaca della morte dei nostri amici e
parenti...”.
“Se
siete a disagio posso smettere. È una tradizione che
abbandonerei volentieri”.
“No,
Shan-Pu. Dovrai continuare”.
“Kasumi?”.
“Se
Nabiki si sente schiacciata dal carico che ti porti dentro, la capisco
e non le
faccio una colpa se non vorrà più assistere. Ma
per me non è cambiato nulla,
continuo a voler conoscere le loro storie. Di Akane e dei suoi
compagni, i
paladini che hanno salvato il mondo senza che nessuno a parte noi lo
sappia”.
“Ma,
scusa se te lo chiedo... perché tutta questa morbosa
curiosità?”.
“Semplicemente
lo trovo giusto così. Io e Nabiki siamo le sorelle di Akane
e, in quanto tali,
in pieno diritto di sapere come si sono svolti i fatti”.
“È
la stessa cosa che ha detto Jun una volta... con Kuno, mi
pare”.
“Inoltre
voglio alleggerirti la schiena, che sono sicura sarà sin
troppo incurvata sotto
l’onere di essere stata l’unica testimone. E anzi,
vorrei scusarmi per averti
lasciata sola in quegli istanti. Avremmo dovuto esserci anche noi.
È che
eravamo... sopraffatte dalla paura di assistere”.
“Kasumi,
per favore... capisco benissimo perché non abbiate voluto.
Io stessa, in certi
momenti, non ero sicura del perché stessi lì con
loro, a vederli crollare come
i pezzi di qualche gioco da tavola quando vengono mangiati uno dietro
l’altro.
Quindi non serve giustificarti. Capisco”.
“G-grazie...”.
the pain won't go away
oh when I need you
you're always so far away
I cried for you
leaving myself to blame
I died for you
I gave up everything
“Nikuman...”.
“Mousse
lo conoscevo bene e sono andata sul sicuro, stavolta. Almeno non ho
dovuto
cucinare per sei ore consecutive”.
“Sarà
stato più comodo per te, allora”.
“Indubbiamente.
Mi sono divertita gli anni scorsi, però diciamo che ho
apprezzato il compito un
po’ più facile. Kasumi...”.
“Sì?”.
“Non
che intenda mancarti di rispetto o qualcosa di simile, ma...
perché non sei a
casa con tuo figlio e tuo marito?”.
“Shinichi
e Tofu possono cavarsela da soli per mezza giornata. Questa cerimonia
ha la
precedenza, lo sapete”.
“Temevo
avresti risposto così”.
“Nabiki,
dai. Ne abbiamo parlato anche prima di venire qui al Nekohanten. Eri
d’accordo”.
“E
lo sono. Non mi è concesso fare del sarcasmo?”.
“Ah.
Se lo dici tu”.
“Ok
ragazze, silenzio e mangiate o si raffredda”.
...
“Squisiti.
Stavolta ti sei davvero superata”.
“Grazie,
ma avevo già un sacco di esperienza con quei cosi. La strada
era in discesa”.
“E
adesso sai cosa ti aspetta, Shan-Pu”.
“Uff.
È seccante dover agire da bocca della verità.
Ebbene, Mousse. Uno di quelli che
hanno faticato, ma c’è da dire che il suo nemico
era veramente forte. Abbiamo
seriamente rischiato, quella volta. Ha riportato parecchie ferite e
penso che,
se non fosse mancata la necessità, avremmo dovuto portarlo
in fretta e furia
all’ospedale per non rischiare danni peggiori. Poco prima che
se ne andasse è
successa una cosa di cui, a distanza di quattro anni, mi vergogno
profondamente: era ormai privo di sensi, e di vita, quando ha
cominciato a
guardarmi e ha tentato di dire qualcosa. Non posso essere sicura di
cosa
volesse, ma penso intendesse chiedermi un atto di comprensione, di
affetto,
qualcosa che non lo facesse pentire di quanto gli stava succedendo. E
io, da
brava stronza insensibile, non gli ho dato nemmeno quello. Ho risposto
alla sua
disperata richiesta d’aiuto con freddezza, abbastanza da
spingermi a dargli le
spalle con tanto di verso di sdegno. Ero accecata
dall’idiozia più nera e non
sono riuscita a capire neanche una cosa tanto semplice, cioè
che lui voleva
solo sentirsi apprezzato, al peggio considerato meritevole di esistere
dalla
ragazza che amava e per difendere la quale, questo lo so per certo
perché me
l’ha detto chiaramente qualche giorno prima, aveva preso la
decisione di
combattere. Non ho concesso l’ultimo desiderio a un
condannato a morte perché
credevo, a torto, che non gli spettasse neppure quello. Io... io mi
sono
comportata davvero male con quel poveretto ed è un peso che
mi merito di
portare fino alla fine dei miei giorni, quando forse otterrò
un parziale e non
giusto perdono direttamente dalle sue labbra. O almeno mi piace
sperarlo, ma
non ci conto troppo e comunque non... non...”.
“Shan-Pu,
tu stai piangendo...”.
“Nabiki,
sei sensibile come uno schiacciasassi. Andiamocene, deve rimanere da
sola ora”.
“Sei
sicura? Mi sembra abbia bisogno di...”.
“Andiamo”.
But oh, how I lived
my life for you
still you'd turn
away
now as I die for
you
my flesh still
crawls as I breathe your name
All these years I
thought I was wrong
now I know it was
you
raise your head,
raise your face, your eyes
tell me who you
think you are, who?
24
maggio 1994.
“Ed
ecco per voi una pentolata di ramen. Anche in questo caso tutto
più sbrigativo
per me, dato il soggetto. Era una persona austera e di gusti
semplici”.
“Già...”.
“...”.
“Cosa
sono quelle facce funeree? Gli altri anni non vi siete presentate in
queste
condizioni”.
“È
che... dopo l'ultima volta...”.
“Suvvia,
non sono fatta di cristallo. Ho avuto un momento di debolezza,
è vero, ma è
stata l'eccezione e non la norma”.
“Sì,
però... se hai reagito in quel modo con Mousse... per tua
nonna...”.
“Temiamo
per il tuo stato emotivo, ecco”.
“Tendo
uno e Tendo due, finitela. Non voglio sentirvi cianciare simili
assurdità. Se
non ho manifestato la volontà di smetterla state pur sicure
che ci riesco”.
“Davvero?
Stiamo comunque parlando...”.
“So
di chi stiamo parlando. E vi assicuro che non sarà
più problematica dei
precedenti”.
“...”.
“Ho
idea che siamo costrette a crederle, sorellina”.
“Al
solito Nabiki si dimostra la più pragmatica del duo. Ti
converrebbe darle
retta”.
“Voglio
solo sperare di essermi sbagliata, tutto qua”.
“Stai
tranquilla, Kasumi. Conosco il compito che mi sono assunta e non ho
paura di
affrontarlo. Dai, ora servitevi prima che i ramen diventino
poltiglia”.
...
“Gnam.
Allora, visto che ti senti così baldanzosa... prego, il
palcoscenico è tuo”.
“Resto
pur sempre un'amazzone, Nabiki, e non dico mai di no a una sfida. Mia
nonna...
mia nonna ha dimostrato in pieno la forza e la maestria di cui solo il
mio
popolo può vantarsi. Ha affrontato e sconfitto senza il
minimo problema un
avversario che avrebbe provocato più di un mal di testa
persino a Ranma. E non
lo dico per via della parentela, ve lo giuro. L'aura che emanava
quell'uomo mi
ha spaventata, non era un praticante dell'ultima ora. È che
lei ha davvero
fatto sfoggio della sua netta superiorità, maltrattandolo
come si può
maltrattare un cucciolo quando si è una persona sadica.
D'altronde è sempre
stata così la nonna, poche chiacchiere e tanta azione. E col
destino del mondo
sulla sua piccola mano ha preferito non correre rischi inutili,
chiudendo la
pratica nel minor tempo possibile. Se non ricordo male Akane ha anche
commentato ad alta voce il suo essere sbalordita da quanto aveva appena
visto,
aggiungendo che se fosse stata così quando ha affrontato
Ranma lui non avrebbe
avuto il minimo scampo. Poi, com'era nel suo stile, non ha voluto
celebrare più
di tanto limitandosi... anzi no, non ha fatto nulla. Immagino che, pur
soddisfatta di aver vinto così velocemente, non fosse poi
entusiasta all'idea
di morire lì. Ci ha salutate e plof, cascata sul
posto”.
“...beh, tutto qui? Sul serio?”.
“Cosa
pretendevi, la sua biografia completa?”.
“No,
ma era pur sempre tua nonna”.
“Guarda
che, alla quinta volta in cui vedi gente morire praticamente senza
motivo,
cominci a desensibilizzarti. Credo lo si possa considerare un sistema
inconsapevole per difendersi dalle continue badilate d'orrore che
quella
simpatica gara per la sopravvivenza ti lanciava addosso. O almeno, io
la
interpreto così. E comunque sono passati cinque anni,
neanche mi fa bene
rimanere troppo attaccata a chi non c'è
più”.
“Anche
questo è ben vero. Però, nonostante tutto, io
pensavo avresti dato più in
escandescenze”.
“Così
saresti potuta tornare all'antico amore del piccolo ricatto casalingo?
Sogna,
Tendo. Ti è venuta nostalgia di com'eri a scuola, per
caso?”.
“Eh,
un po' sì. Fare lo sciacallo a livelli più alti
è proficuo oltre ogni dire, ma
non c'è assolutamente la stessa soddisfazione personale.
Certa gente che ho
quasi mandato sul lastrico manco so che faccia abbia”.
“Santo
cielo Nabiki, parli di cose tanto gravi con una
leggerezza...”.
“Cosa
ti devo dire, sorellina? La dolcezza della mamma è andata
tutta a te, a me è
finito l'istinto del killer e ad Akane la violenza fisica. Qualcuno
potrebbe
pensare che sia stata una spartizione ingiusta ma io non me ne lamento,
sto
bene così”.
Every step I take
every move I make
every single
day
every time I pray
I’ll
be missing you
when you went away
what a life
to take
what a bond to break
I’ll
be missing you
“Penultima
tappa. Il tempo è davvero volato. Mi sembra solo ieri che,
col tuo giapponese
pericolante, stavi per mandarci via da questa sala...”.
“Nabiki,
ma veramente. Il tatto chi te l'ha insegnato, lo stregone delle
fiabe?”.
“Cos'ho
detto che non va ora? Ho solo fatto una constatazione. E ci ho messo
pure della
malinconia, contro il mio miglior giudizio”.
“Non
litigate, sorelle birbanti, e gustatevi la delizia che ho fatto con le
mie
manine”.
“Che
cos'è questo piatto, Shan-Pu?”.
“Chiedilo
a lei, Kasumi”.
“Perché
dovrebbe chiedermelo?”.
“Perché
tu sai bene, forse meglio di me, cos'ho cucinato per l'occasione. Vero,
cara la
mia «non c'era niente fra noi»?”.
“Non
ti azzardare a...”.
“Devi
sapere, Kasumi, che questi sono funghi matsutake e, come da tradizione,
erano
il cibo preferito della persona che oggi celebriamo. C'è
però un problema:
costano un rene al chilo e da sola non me li sarei mai potuta
permettere.
Indovina chi ha generosamente offerto di pagare di tasca propria. E non
parliamo di chi mi ha dato l'informazione a monte, che io di certo non
lo
sapevo di mio”.
“Shan-Pu,
hai appena commesso il peggior errore della tua vita”.
“Non
direi. Siamo solo pari con Mousse, io e te”.
“Credici”.
“Non
mi riesce difficile. E ricordati, anche se ormai ho preso la muffa in
mezzo ai
fornelli sono ancora perfettamente in grado di gonfiarti come una
zampogna”.
“Ok
voi due, sedetevi e fate le brave bimbe. Non costringetemi a usare
adesso gli
stessi metodi educativi che applico con Shinichi”.
“Signorsì
signora”.
“Farò
la brava, prometto”.
“Eccellente.
Vogliamo mangiare?”.
“Tua
sorella sa passare da uno sguardo angelico a un ghigno satanico, e
viceversa,
in un battito di ciglia. Mi fa impressione”.
“Ha
imparato di recente. Prima il ghigno satanico le mancava completamente.
È da
quando conosciamo te che... mh...”.
“No,
io non c'entro nulla di nulla”.
“Mangiamo”.
...
“Ottimi.
Davvero ottimi”.
“Ci
sarebbe mancato, con quello che li ho pagati”.
“Nabiki,
poi non meravigliarti se...”.
“Silenzio,
Kasumi. Tocca a lei parlare”.
“Oh
guardate, su Kuno ammetto che c'è parecchio da dire. Anche
se una di voi due,
firulì firulà, sa già quasi tutto. E
no, lo sguardo da psicopatica non mi fa
alcun effetto, è giusto che sia di pubblico dominio.
Comunque... Kuno,
nell'ultimo periodo, aveva subito una metamorfosi che ha
dell'incredibile. Ma
realmente incredibile. Linguaggio gonfio di nulla a parte, non aveva
quasi più
niente dell'eccentrico nobiluomo dal cervello fritto. E anzi si era
reso
protagonista di una serie di atti inaspettati e, proprio per questo,
ancora più
meritevoli. Presumo lo sappiate ma si è fatto carico dei
funerali di Ukyo e
Ryoga, che poveri loro non avevano nessuno a cui potersi rivolgere per
quel compito. Ha telefonato a casa vostra e ha parlato con Ranma
chiedendogli
scusa per tutte le volte in cui l'ha aggredito senza motivo, e questo
so che lo
sapete. Ha persino pensato a me, che come chiunque con un minimo di
senno
l'aveva maltrattato e deriso sempre e comunque, mandandomi un mazzo di
fiori
abbastanza grande da sommergere una persona di media statura. L'ha
fatto solo per
mostrarmi la sua vicinanza e la sua comprensione dopo la nonna e
Mousse. E io
come l'ho ripagato? Comportandomi come una stronza, naturalmente. Non
l'ho
degnato neanche di un saluto mentre, pestato e sanguinolento, arrancava
in
mezzo alla terra alla ricerca di un ultimo saluto da parte della sua
amata
Akane. Certo che, a ripensarci a mente fredda, questo era un tratto
comune in
parecchi di loro. Anime in pena che volevano soltanto sentirsi
contraccambiate
nei loro sentimenti, nel caso di Mousse sarebbe bastato un cenno da
parte mia
per renderlo l'anatra più felice del pianeta. E quando hanno
pensato o
sospettato che non lo avrebbero mai ottenuto... hanno preferito l'oblio
e
un'uscita di scena piena di gloria e tristezza. Comincio a temere che
non ci
meritiamo di essere qui, oggi...”.
“Non
dire fesserie, Shan-Pu”.
“Kasumi?”.
“Se
hanno scelto così vuol dire che ci ritenevano degne di
proseguire al posto
loro, noi come i nostri parenti come dei perfetti sconosciuti. Solo dei
suicidi
gettano via la propria vita senza alcun motivo e, per quanto alcuni di
loro
fossero in una situazione non proprio piacevole, nessuno aveva
realmente
intenzione di farla finita. Almeno questo è ciò
che credo e che mi piace
pensare. Quando sarà un po' più grande
racconterò a Shinichi di sua zia, del
suo quasi zio acquisito e dei loro coraggiosissimi amici. Gli
insegnerò a
essere grato per la vita che vivrà e per la quale
dovrà rivolgere a quei sette
eroi una preghiera ogni singolo giorno. È per cose come
questa, per concedere a
me e a chissà quanti altri la possibilità di
essere genitori che Akane, Ranma e
tutti gli altri si sono immolati e non dubito per un solo istante che
dall'aldilà ci stiano sorridendo, soddisfatti di vedere che
il loro gesto
estremo è servito”.
the sun will set
for you
And the shadow of
the day
will embrace the
world in grey
And the sun will
set for you
Uh?
Cacchio,
che flashback lungo. La prossima volta che parti per la tangente
potresti anche
avvisarmi, cervello. Gradirei.
Devo
proprio ringraziare la nonna. Anche gli altri, tutti gli altri, nessuno
escluso. Ma la nonna in particolare perché è
stata lei a farmi perdere i sensi,
a impedirmi di poter commettere una sciocchezza.
No,
non una sciocchezza. È scorretto dire così. Manco
di rispetto nei loro
confronti e l'ho già fatto a sufficienza, ma ora ho
abbastanza sale in zucca
per evitarmelo.
Diciamo
che mi asterrò da un qualsiasi giudizio. Hanno fatto la loro
scelta in libertà
e l'hanno portata avanti. Non sta a me dire se erano nel giusto o no.
Ma, in
tutta onestà, sono solo contenta di essere qui adesso.
Quella famosa storia
della bussola... forse non ne ho trovata un'altra, non ancora. Ma mi
sento
molto meno in balia delle onde rispetto a prima.
Tanto
per cominciare ho delle amiche. Delle vere amiche. Qualcuno che si
è avvicinato
nel mio momento più basso e mi ha teso la mano in maniera
completamente
disinteressata, con il solo scopo di aiutarmi a uscire dalla fossa che
mi stavo
scavando da sola.
...ok
Shan-Pu, ora non mettere quelle due su un piedistallo: è vero che
volevano
sostenermi, non lo nego, ma credo che esattamente come me cercassero
una spalla
che potesse realmente capirle, che potesse realmente comprendere il
tornado che
le stava inghiottendo. Per fortuna di entrambe le parti l'hanno trovata.
E poi,
osservandole semi-nascosta dalla porta, mi arriva una ventata di
serenità mentre
si prendono in giro come bambine delle elementari. Specialmente Nabiki
verso lo
stato interessante della sorella, continuando a fare battute su come il
nuovo
membro della famiglia sia stato concepito... sì, le chiede
le posizioni. No,
dubito lo faccia per spirito d'emulazione. Inoltre il partner dei suoi
sogni è
morto.
...mi
pentirò di quanto sto pensando, lo so. Ma quel che
è giusto è giusto: Nabiki
Tendo, in quanto lei, non è in grado di amare qualcuno che
non faccia parte
della sua strettissima parentela. Quindi, per quel che ne so, i
fortunati sono
Kasumi, Akane e i suoi genitori. E di tutti loro solo la prima le
è ancora
vicino. Kuno non rientra nel limitato circolo, anche se è
fuori discussione che
un piccolo debole per lui ce l'avesse. I funghi parlano da soli. Ma non
indagherò oltre, diventa acida quando si tira fuori
l'argomento Tuono
Blu.
Io?
Sto cercando di rimettere assieme i miei cocci. Quell'evento ha
spazzato la mia
vita precedente, riducendola a un cumulo di macerie fumanti da cui
è difficile
ricostruire qualcosa. Persa la donna che mi ha fatto da madre
praticamente da
quando sono nata, perso... il mio migliore amico, perso l'uomo che
avrei dovuto
sposare. Non è cosa semplice trovare una direzione su cui
instradarsi. Ma per
ora posso ritenermi tutto sommato soddisfatta, ho raggiunto un piccolo
equilibrio abbastanza stabile e che mi consente di guardare al futuro
con
moderato ottimismo. Visto il periodo da cui sto lentamente uscendo non
mi va
neanche di lamentarmi.
Ok,
basta rimuginare. Adesso porto l'oden di là e concludiamo la
nostra triste
maratona.
...
“Ormai
sei una cuoca al livello delle migliori, Shan-Pu” mi dice
Nabiki mentre finisce
di spazzolarsi il piatto. Noto che avevamo fame, signorina in carriera.
“Ho accumulato parecchia esperienza in questi ultimi anni. Oltre a dover
imparare a far girare il ristorante da sola... beh, queste occasioni
speciali
mi hanno permesso di sperimentare con pietanze che altrimenti non avrei
mai
toccato”.
“Modesta
la ragazza. Quando comincerai ad esporre i premi culinari che ben
presto andrai
a vincere in giro per tutto il paese?”.
“Non
sei spiritosa, Tendo. Per nulla”.
“Bimbe,
a cuccia. E meno male che è l'ultima volta, mi stavo anche
un po' stufando di
riprendervi sempre. Se adesso Nabiki volesse farci il piacere di star
zitta...
ecco, grazie. Vai, Shan-Pu. Come puoi facilmente capire, la persona di
oggi ci
è particolarmente cara”.
“Chissà
come mai. No scusa, sarcasmo fuori luogo. Mi sembra ovvio che siate
più
coinvolte del solito. Quindi Akane. L'ultima dei sette. Quella che, per
certi
versi, ha sostenuto la prova peggiore. Perché, devo essere
sincera, non oso
pensare a come dev'essersi sentita in quei quattro mesi vedendo i suoi
compagni
morire uno dopo l'altro. Io, al posto suo, mi sarei suicidata
dall'angoscia
prima del tempo. Lei invece, non so come, è riuscita a tener
duro e ha
combattuto come una leonessa quando è stato il suo turno. Ha
preso e dato botte
in grandi quantità, lei e il suo avversario erano
più o meno sullo stesso
livello. Ciò in cui differivano era la resistenza: vostra
sorella non stava
giù, non importava quanto quell'energumeno potesse provare a
stenderla. Si
rialzava, il fuoco negli occhi, si asciugava il sangue dalla bocca e si
rigettava nella mischia. Alla lunga tanta tenacia ha pagato: ha
sorpassato le
difese nemiche e il suo ultimo pugno ha sancito la fine dello scontro.
Prima di
lasciare questo mondo si è concessa un pianto liberatorio e
ricordo, ricordo
come fosse ieri che moriva felice perché, nonostante mille
dubbi e incertezze
sulla propria forza, era riuscita a non vanificare lo straordinario
valore e
coraggio di chi l'aveva preceduta. Da brava bastarda ho reagito a
questa cosa
ridendo come una iena, sprezzante della sua fatica e del suo
sacrificio. Ma
credo lo sappiate, vi ho fatto presente fino allo sfinimento che non mi
sono
comportata granché bene in quei frangenti. Almeno ho avuto
il buonsenso di non
lasciarla lì, ma davvero avrei superato ogni limite di
decenza se lo avessi
fatto. Però ammetto che mi è scappato uno sbuffo
mentre la raccoglievo da terra
e trasportandola non sono proprio riuscita a trattenere...
sì, viscido
brivido di piacere è
la descrizione più appropriata. Vi devo assolutamente
chiedere ancora scusa, a voi e soprattutto a lei. E un po' a tutti
loro.
Avrebbero meritato un testimone migliore di me”.
Cala
un silenzio pesante, scomodo. Non è successo spesso da
quando abbiamo
approfondito così tanto il nostro rapporto. Ho idea che mi
stiano giustamente
maledicendo per la mia idiozia passata e per come l'ho trattata.
Me lo
merito. Me lo merito tutto. È giusto che ingoi in silenzio.
No stupida Shan-Pu,
non ti lamenterai e non dirai niente per giustificarti. Sei in torto
marcio.
Zitta.
Muta. Non una parola.
E
abbassa la testa. Fallo. Ecco, così. Brava.
“Shan-Pu...”
esordisce finalmente Nabiki, e ho il terrore di quello che potrebbe
dirmi “...smettila di punirti”.
Eh?
Nabiki,
io... ho virtualmente calpestato la tomba di vostra sorella. Se ce
l'avessi
avuta davanti l'avrei fatto pure fisicamente.
“Come...
come hai detto?”.
“Ho
detto che non serve continuare a fustigarsi. È vero, sei
stata una schifosa di
notevole livello... abbassa le mani Kasumi, per favore fammi finire.
Dicevo che
sì, sei stata una schifosa. Ma è passato.
Sepolto, esattamente come lo sono
loro. E non puoi neanche macerarti nel rimorso per sempre,
perché te lo si
legge in faccia che sei pentita. A me basta questo per mettere una
pietra sopra
all'incidente. Avevi sedici anni e a quell'età si pensano un
sacco di cose che,
viste col senno di poi, ti farebbero venir voglia di ficcare la testa
sottoterra e lasciarcela. Tu cosa dici, sorella? Ti sembra che la
nostra cinese
preferita abbia espiato abbastanza?”.
Al che
Kasumi sorride e... santo dio, quel sorriso cancella il male dal mondo.
Finisce
di pulirsi la bocca, appoggia il tovagliolo e finalmente emette la sua
sentenza: “Sono d'accordo con te, Nabiki. Hai agito male,
Shan-Pu, e questo lo
sappiamo tutte e tre. Ma nel frattempo hai messo la testa a posto e ti
sei
accorta di cosa non andava, anche se non potevi far nulla per
correggerlo. Il
solo fatto che tu, in questi ultimi sei anni, abbia cucinato per loro
nell'anniversario della loro morte ti toglie parte della colpa per come
ti sei
comportata. Ed è stata un'idea tua, noi avevamo solo
suggerito di ritrovarci
tutte assieme. Vivere legata al passato non ti fa bene ed è
anche, sebbene
indiretta, una mancanza di rispetto nei loro confronti
perché stai dando più
importanza a quel che era, cioè qualcosa di brutto, rispetto
a quel che è. E
quel che è ora è una ragazza pentita e che, se
potesse, aggiusterebbe il
problema o almeno ci proverebbe. Dubito tu e Akane o tu e Ukyo andreste
d'amore
e d'accordo se fossero ancora fra noi, ma per come sei oggi sono sicura
avreste
meno motivi di contrasto. Che, detto in parole più semplici,
vuol dire che vi
limitereste a tirarvi i capelli e a prendervi a borsettate invece di
usare
shampoo ipnotici o qualche diavoleria delle tue. Tutto questo, in
conclusione,
per dire che ti sei guadagnata almeno un po' di pace e un piccolo
perdono. Io e
mia sorella ci prendiamo la briga di accettare le tue scuse per conto
di chi
non c'è più”.
“Non
avrei saputo dirlo meglio, Kasumi. E io che credevo di essere quella
con la
parlantina in famiglia”.
“Fa
sempre piacere prenderti in contropiede. Però ho
pensato...”.
“Cosa?”.
“Che
Shan-Pu si merita comunque una piccola punizione”.
“Chi
sei tu? Che fine hai fatto fare a Kasumi Tendo in Ono?”.
“Mi
stupisci, Nabiki. Come può una persona attenta come te non
essersi accorta che
sono, meraviglia delle meraviglie, cambiata in questi sette
anni?”.
Cominciano
a battibeccare. Trattengo un risolino, sollevata da quanto mi sono
sentita
dire. Forse anche una persona orribile come me può ottenere
qualcosa di buono
dalla propria vita. E, come sempre, mando un ringraziamento silenzioso
a Ranma,
a Mousse, alla nonna, a Ryoga, a Kuno, ad Ukyo... e sì,
naturalmente anche ad
Akane. Devo a loro questa possibilità.
Quando
poi le Tendo dirimono le questioni personali...
“Dicevamo,
Shan-Pu. Ti ricordi di quella cosa che era saltata fuori un bel po' di
tempo
fa? Forse addirittura la prima volta, con Ranma”.
Mi
gratto il mento, sinceramente spaesata. Ricordo tante cose di
quell'occasione,
ma niente che potrebbe causarmi dispiacere: “Veramente no. Di
cosa stai
parlando, scusa?”.
“Ragazza
smemorata. Questa lingua lunga di mia sorella si stava lasciando
sfuggire un
fatto che ti avrebbe definitivamente spezzato il cuore, all'epoca. E
che adesso
farà comunque i suoi buoni danni”.
“Si
può sapere a cosa ti riferisci?”.
“Vedi,
Akane e Ranma hanno... consumato prima del combattimento di
lui”.
“Consumato?”.
“Mi
vuoi costringere a essere volgare, per caso? Capisci
l'allusione”.
“Hanno
fatto sesso, ok?”.
Scoppio
a ridere. Sarebbe questa la notizia funesta?
“Ti
sei rimbecillita dal dolore, Shan-Pu?”.
“Ahahahahahahahahahahahahahah. No, ma le comiche. Sul serio?”.
“Insomma,
finiscila!”.
Cerco
di calmarmi ma quest’ondata di ilarità
è isterica. Poi riesco a recuperare una
parvenza di ordine.
“Care
le mie furbastre, lo sapevo già. Ero presente quando lui
l’ha dichiarato di
fronte a tutti”.
Mi
restituiscono uno sguardo che definire stupido
è
un complimento come pochi. Evidente come non se lo aspettassero,
proprio
per nulla.
La
vendetta delle Tendo è scoppiata come un palloncino bucato.
Sarà
crudele da dire, ma questa scenetta mi ha tolto un peso dallo stomaco.
Mi sento
infinitamente più leggera.
Forse
sono solo la stessa, vecchia adolescente cretina che si permette di
ridere di
fronte a una tragedia di tali proporzioni. O forse sto semplicemente
imparando
a non vivere ancorata al passato, agli sgarbi che furono e a qualcosa
che non
esiste più.
e spero mi perdonerai
tu con gli stessi occhi sembri ritornare
a chiedermi di me
di come si sta
e qui dall'altra parte come va
Per gentile concessione di Laura Pex