Quando
Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì,
lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere
l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di
alimentari e l’altra era impegnata con le borse del centro commerciale; Malfoy
reggeva nei palmi, guardandolo sospettoso, un cartone di pizza fumante che
emanava uno stravagante profumino di formaggio e questo gli sembrava già tanto,
quindi era implicito che non si sarebbe scomodato per aprire la porta.
Affaticata,
lei posò tutto sul tavolino e si sedette sulla poltrona guardandosi attorno,
poi spostò gli occhi sul biondo che aveva sistemato la scatola sul ripiano
della cucina e, apertala, scoccava occhiate storte a quella che presto sarebbe
diventata la sua cena.
-
Sei
rosso, Malfoy, stai bene? – gli chiese senza il coraggio di alzarsi in piedi
Lui
non si degnò di darle risposta, ma limitò il movimento della testa ad un
assenso
-
Vorrei
farmi una doccia prima di cenare – gli fece notare mentre la serpe andava a
contemplare i suoi nuovi abiti stile bambino.
-
Prima
mettimi a posto i vestiti – ordinò
Sospirando
malinconicamente, lei prese la bacchetta e tinse la maglia e la camicia di quel
verde bosco che lui apprezzava così tanto e diede ai jeans una coloritura un
po’ più scura.
-
E per
carità, cancella questo schifo!
Lo
schifo in questione era il pigiama che gli aveva comprato sulla strada del
ritorno.
Dopo
una delle loro solite litigate aveva appreso che il biondastro non possedeva la
sana abitudine di dormire con un qualche indumento, il che l’aveva lasciata,
oltre che imbarazzata, decisamente perplessa, così l’aveva trascinato
recalcitrante in una merceria e aveva acquistato il primo pigiama che gli
andava, non ci teneva di certo ad entrare in contatto con i suoi attributi
virili nel mezzo di una sana dormita, soprattutto visto che avrebbero diviso il
letto, anche perché la sana dormita, in quel caso, sarebbe durata
decisamente meno, eppoi lo Slytherin avrebbe avuto
una scusa in più per attaccare briga come faceva di solito.
E
inoltre, ultimo ma non meno importante, era imbarazzata da morire.
Alla
fine Draco aveva acconsentito a coricarsi con la biancheria, ma non per questo
si era risparmiata i soldi dell’abbigliamento notte e così, adesso, il Principe
degli Slytherin in persona, ridotto alla ridicola età
di dieci anni, stava incendiando con lo sguardo il completino azzurro con le automobiline che reggeva tra le mani.
Decise
di prendersi una piccola rivincita e, rimessa la bacchetta nella tasca, si
chiuse in bagno sigillando la serratura.
Malfoy
la guardò mentre il cipiglio aumentava a dismisura e la sentiva soffocare dei
risolini, peccato che lui li sentisse comunque.
-
Ehi
mezzosangue, guarda che questa me la paghi! – sbraitò battendo i pugni sul
legno verniciato di bianco
-
Magari
quando aprirò la porta, Malferret, adesso stattene
tranquillo – gli rispose, quasi vinta dall’ilarità
-
Ti
conviene rimanere chiusa lì dentro per sempre, allora, perché ti assicuro che
non la passerai liscia! – aggiunse lui
-
Cos’è,
una minaccia? – ok, forse stava tirando un po’ troppo
la corda, se ne rendeva conto, ma era la prima volta che riusciva a ridere di
lui così di gusto… beh, certo, adesso che era quasi indifeso, o meglio, che non
poteva farle niente, sennò non si sarebbe mai azzardata
* * *
Dall’altra
parte della porta provenne il rumore dello scoscio dell’acqua, Draco borbottò
qualcosa di incomprensibile e si sedette sulla moquette con il libro in mano,
appoggiando la testa alla porta.
Lesse
una riga.
Poi
un’altra. E si accorse di non aver capito una sola parola di ciò perché la sua
mente era tutta presa da un’idea solitaria che vagava tra i suoi pensieri,
cancellandoli tutti, uno dopo l’altro, prendendo il sopravvento: la
mezzosangue, dall’altra, parte, doveva essere nuda.
Si
ritrovò ad arrossire come se non avesse mai visto una ragazza senza vestiti.
Puah, il pudore era qualcosa che non rientrava tra le sue abitudini
e neppure tra quelle delle ragazze che frequentava, beh, magari di qualcuna sì,
però lo perdevano subito, non appena varcavano la stanza del Prefetto di Serpeverde.
E
allora perché arrossire pensando alla mezzosangue svestita?
E
soprattutto, perché pensare alla mezzosangue svestita?
Giusto,
quello era un interrogativo decisamente interessante perché, anche se ormai
erano due giorni che andava in bianco, non gli sembrava di essere ridotto così
male da accontentarsi perfino di una sporca babbanofila
come lei…
“Forse
tanto sporca non lo è, visto che si sta lavando” suggerì una parte di lui,
maliziosa come sempre, la scacciò con un gesto della mano, non era il momento
di diventare un sofista.
No,
decisamente no.
E
se avesse sbirciato? Appena un pochino, che si va a pensare… giusto per vedere
se stava bene…
Beh,
bene dove stare per forza, a differenza di lui.
Magari
controllare…
Ma
dopotutto, perché si faceva tutti questi problemi?
Era
o non era Draco Malfoy?
Beh,
in quel momento aveva seri problemi a ricordarsi il suo nome, figuriamoci il
resto! Tantomeno il protocollo di comportamento
avallato da suo padre che, sicuramente, non prevedeva la voce “sbirciare le
mezzosangue nude in un bagno babbano”: che avrebbe
detto il caro e vecchio Lucius? Probabilmente si
sarebbe fatto venire un infarto fulminante, tanto per non dover vedere in
faccia la ragazza in questione… avrebbe preferito vedere suo figlio consacrato
alla difesa degli elfi domestici piuttosto che pensare una cosa del genere…
Ok, aveva qualche piccolo problema, sapeva che la mezzosangue
stava benissimo e non aveva certo bisogno delle sue cure per farsi una doccia.
Però gli serviva una scusa qualsiasi.
La
scena della ragazza, coperta solo da un asciugamano di dimensioni microscopiche
che gli chiedeva di massaggiarle la schiena mentre si pettinava alla toeletta i
capelli color del cioccolato, sfrecciò davanti ai suoi occhi.
Era
dunque così disperato? Tanto da immaginarsela compiacente?
Accidenti
se in due giorni era caduto in basso… e dire che Piton
gli aveva pure riferito che sarebbe tornato ad avere le necessità di un
ragazzino di dieci anni e, senza ombra di dubbio, a quell’età il sesso non era
ancora uno dei suoi pensieri fondamentali.
Guardò
il muro, guardò il libro e poi la porta dietro le sue spalle.
Appoggiò
il testo per terra e si mise in ginocchio, entrambe le mani appoggiate sul legno,
l’orecchia anche, tesa a captare ogni minimo suono che potesse compromettere la
situazione.
Già,
perché aveva deciso di farlo, alla fine, la sua curiosità aveva avuto il
sopravvento, ma non era tanto sicuro che sarebbe stato in grado di sopportarne
le conseguenze se lei l’avesse scoperto… e non si riferiva alla furia che
poteva scatenare la ragazza, quantopiù alla sua
vergogna nell’essere stato sorpreso a sbirciare dal buco di una serratura come
qualsiasi bimbetto timido.
E
lui non era timido.
Non
lo era mai stato.
Non
percependo altro che lo scorrere dell’acqua, fece salire il capo, finché
l’occhio destro non combaciò perfettamente con il foro che immetteva nella
stanza da bagno.
Al
momento si poteva vedere, sulla sinistra, la cabina della doccia, vuota, il
tappetino un poco stropicciato. Di fronte all’ingresso c’era il lavandino, ora
ingombro degli oggetti suoi e della Grifondoro, lo
specchio appannato dal calore che doveva esserci all’interno del bagno rispetto
alla temperatura artica all’esterno.
Deglutendo
a fatica, spostò lo sguardo sulla destra dove troneggiava una vasca da bagno in
marmo e dove, al momento, stava anche la Caposcuola.
La
testa di Hermione, con i riccioli raccolti sulla sommità del capo, spuntava
assieme alle spalle dall’acqua della vasca. Sembrava tranquilla e rilassata, i
tratti inconfondibilmente femminili di qualcuno che era cresciuto.
Eppure
lui quei segni, quegli occhi che guardavano tutto, quelle piccole rughe di
preoccupazione che si formavano sulla fronte, le aveva viste anche quando lei
non era ancora stata vittima della pozione, le aveva viste anche il primo anno
a Hogwarts. Hermione era sempre stata più grande
della sua età, più di quanto avesse dovuto.
Era
cresciuta in fretta, sia nel corpo che nell’anima.
La
figuretta alzò un braccio per raccogliere un ricciolo ribelle che stava
sfuggendo alla pinza; tolse il fermaglio e lo poggiò piano sulla pietra
colorata mentre stringeva i capelli tra le mani, li attorcigliava e poi li
riportava sulla nuca, riprendendo, con l’altra mano, la forcina per fissarli
ancora.
Sembrava
proprio una donna, adesso, non più la ragazza troppo cresciuta che pensava alle
conseguenze, sembrava avere davvero la sua età.
Lei
si stiracchiò appena e l’accenno della curva del seno comparve oltre il bordo.
Lui
arrossì, ma continuò a tenere gli occhi incollati alla serratura.
Decidendo
che era il momento di uscire, senza preoccuparsi di eventuali guardoni che
stazionavano appena oltre la sua porta, si alzò in piedi, mostrando al povero
Draco, che ormai credeva di essere in preda all’effetto di qualche fungo
allucinogeno particolarmente potente, il fondoschiena e una porzione di pelle
che andava dalla nuca al bacino.
Era
vero, non era filiforme, aveva qualche chilo di troppo che la rendeva un po’ rotondetta sui fianchi, ma la cosa non gli dispiaceva. Con
lo sguardo, la percorse dalle caviglie, sottili, salendo sui polpacci, non
proprio scolpiti e non proprio affusolati, ma comunque graziosi. Decidendo che
indulgere sulle rotondità dei fianchi era qualcosa di impossibile perfino per
uno Slytherin temperato come lui, salì ancora fino a
raggiungere le spalle sottili, forse un poco curve dalle troppe ore di studio
china sui libri.
La
ragazza si mosse svelta fino alla cabina della doccia dove stavano due
attaccapanni e, su uno, era appeso un accappatoio bianco di spugna morbida,
sull’altro un asciugamano.
Si
infilò il primo, rabbrividendo del clima invernale nella sua mise decisamente
succinta.
Un
pensiero improvviso la colse e si voltò verso la porta.
Lui
si affrettò a spostarsi, raccogliendo il libro e saltando letteralmente sul
letto nel caso lei si fosse accorta che la stava guardando e avesse aperto la
porta.
Fece
finta di leggere, rosso in viso perché, poco prima che i suoi occhi grigi
incontrassero quelli ambrati di lei, aveva visto qualcosa che, forse, sarebbe
stato meglio non annoverare, ormai, tra i ricordi più sensuali della sua
memoria: l’accappatoio drappeggiato senza malizia sul corpo seducente di lei
che le copriva appena quanto bastava i seni.
Prese
fiato per l’ennesima volta.
Di
lei continuava a non esserci traccia, ergo, non si era accorta della presenza
di una seconda persona al rito delle abluzioni.
Sentiva
terribilmente caldo, in quel momento, mentre la sfilza di immagini della
Granger ripassava per la centesima volta davanti agli occhi. Prese lo specchio
che era appoggiato sull’altro comodino e si guardò, preoccupato da quelle
reazioni che sembravano non appartenergli.
Era
dunque questo quello di cui parlava Piton? Non
ricordava, a dieci anni, di essere stato così colpito da una nudità femminile e
la Granger non si poteva dire che fosse proprio una bella donna (per
fortuna le sue capacità di giudizio erano rimaste illese), anzi, non
rispecchiava nessuno dei canoni di bellezza eterea che in genere prediligeva.
La
sua ragazza ideale, se queste due parole potessero essere usate insieme per
dire qualcosa di lui, sarebbe stata Daphne Greengrass,
ma era una delle uniche due anime fuori della sua portata. L’altra, neppure a
dirlo, era la Granger stessa, ma per altri motivi.
L’immagine
che il vetro levigato gli restituiva era quella che ormai era abituato a
riconoscere come propria quando attraversava davanti ad una vetrina o vedeva il
proprio profilo nei vetri delle carrozze babbane.
E
in quel momento era rosso e accaldato.
Accipicchia,
che la Caposcuola riuscisse ad avere un effetto così devastante sugli uomini?
O
magari era che la sua natura bambina sentiva il bisogno di una madre che gli
veniva ricordata attraverso la figura della sua compagna… anche se i propri
pensieri a proposito del soggetto di quelle riflessioni erano lontani anni luce
dall’amore filiale.
* * *
Hermione
si strinse nell’accappatoio, rabbrividendo.
Faceva
un freddo terribile in quella stanza e, nella fretta di sfuggire agli ordini
della serpe, si era dimenticata di portare la stufetta
che era in dispensa per scaldare un po’ l’ambiente gelido.
Tirò
un asciugamano dal calorifero a muro e strofinò con quello i capelli umidi che,
privati dell’acqua, ritornavano a boccoli nella loro forma originaria.
Che
avrebbe dovuto fare con quei santi capelli? Sembrava un leone più che una
ragazza… erano gonfi e tutti attorcigliati, insomma, il peggio del peggio visto
che la moda degli ultimi anni prescriveva una chioma liscia e sottile.
Lanciò
un’occhiata alla porta, le era parso di sentire dei rumori, ma forse si era
sbagliata visto che, senza ombra di dubbio, nell’altra camera, il biondastro ne
stava combinando una delle sue, oppure progettava la vendetta di cui l’aveva
minacciata.
La
prospettiva di tornare di là, in effetti, non era grandiosa, soprattutto perché
sapere che lui avrebbe trovato senz’altro il modo di farsi ripagare di quella
piccola presa di posizione, così come di avergli comprato il pigiama con le automobiline, non la aiutava a liberarsi di quel santo
terrore delle conseguenze.
Forse
si era spinta un po’ troppo in là… e Malferret non
era mai tenero quando gli si faceva uno sgarro, bastava pensare a cosa aveva
fatto al “povero” Dean Thomas
quando lo aveva insultato per sbaglio mentre era ubriaco (e, si sapeva, Dean alzava un po’ troppo il gomito): oltre ad aver
autorizzato una spedizione punitiva dei suoi compagni particolarmente istigati
alla violenza, si era personalmente prodigato per far sì che il Grifondoro fosse responsabile dell’esplosione di una delle
pozioni che Piton aveva assegnato e che aveva
distrutto tre bancate, quattro libri di testo,
svariati calderoni, provette e ingredienti e che, inoltre, aveva spedito il
poveretto in infermeria con un braccio ingessato. Chiaramente Severus Piton era stato un
professore esemplare, commissionando all’involontario artefice del danno una
punizione vita natural durante, scuse pubbliche alla
classe e un votaccio nella sua materia, oltre ad abbassare drasticamente la sua
media di condotta, già non troppo brillante, e togliere innumerevoli punti alla
sua Casa.
Quella
volta lì bastava e avanzava per avere il sacrosanto terrore di aprire quella
porta e affrontare faccia a faccia e ad animo sereno Malfoy che, di sicuro, stava
tessendo la sua trama.
Si
guardò attorno alla ricerca di un phon con cui asciugarsi i capelli e ne trovò
uno da viaggio nascosto nell’ultimo cassetto del mobile.
Se
c’era una cosa che detestava dei suoi capelli era che ci voleva una vita ad
asciugarli e quello sembrava proprio uno dei momenti in cui ci metteva ancora
di più.
Quando
finalmente lo ripose, l’orologio da polso appoggiato nel vuotatasche
la informava che era passata più di un’ora e mezza da quando aveva abbandonato
il povero piccino nella giungla babbana.
Se
ne sentì un poco responsabile, più per i pasticci che poteva aver combinato che
per la sua incolumità; agitata per le condizioni dell’arredamento, uscì dal
bagno per accertarsi di persona che non fosse scoppiata una guerra nucleare
mentre era impegnata a fare altro e si affrettò ad indossare soltanto le
mutandine.
* * *
La
stanza era stranamente tranquilla nella luce soffusa del tramonto e del ragazzo
sembrava non esserci traccia.
Stringendo
l’accappatoio di spugna bianca intorno al collo, colpita dallo spiffero della
finestra, si guardò attorno mentre si dirigeva a chiudere l’imposta.
Nessun
danno permanente: la cucina non era andata a fuoco, la lavatrice non aveva
allagato l’attico, le porte erano tutte integre, niente piccioni arrostiti
sullo spiedo…
Voltò
lo sguardo verso il letto e lo vide. Disteso supino, con un braccio piegato
sulla testa, l’espressione sofferente, il viso rosso e accaldato, le coperte
scomposte.
Preoccupata,
si sedette sull’altra sponda e lo guardò titubante, sembrava proprio influenza…
-
Ehi
Malfoy, stai bene? – gli chiese sentendosi molto stupida
Il
grugnito che ottenne come risposta era sufficientemente eloquente per indicare
che l’umore e le condizioni di salute dello Slytherin
erano pessime.
Ci
mancava solo quella…
-
Perché
non mi hai chiamata?
Nessuna
risposta.
-
Ti
preparo una medicina, ti sei preso la temperatura? – domandò ancora, lui scosse
la testa e lei si alzò, andando a recuperare il termometro dalla borsa che si
era portata dietro per i casi di emergenza, anche se mai avrebbe pensato che
sarebbe potuta servire, tantomeno per curare Malferret.
Quando
tornò nel letto, lui non sembrava in condizioni migliori. Gli porse il
termometro e gli spiegò dove metterlo, poi aspettò, guardandosi attorno a
disagio e sentendosi davvero come una mamma… no, come una zia. Il ruolo della
zia era quello che le riusciva meglio: le zie sono brave, ti stanno accanto,
portano regali e fanno abitare in casa con loro, in genere sono zitelle e
sempre a portata di mano. Quale di queste cose non c’era in lei? Beh, non aveva
un fratello o una sorella il cui figlio fosse Draco Malfoy, ma se ciò fosse
stato, o se qualcuno li avesse visti dall’esterno, probabilmente avrebbe
pensato che erano davvero una zia e il suo nipotino.
Un
po’ timorosa, gli posò la mano sulla fronte, mentre con l’altra tastava la sua,
la temperatura sembrava piuttosto alta.
Prese
il termometro e lesse: 38.7
Non
ci voleva.
Lo
guardò mentre, imbronciato, si ostinava a non volerla fissare negli occhi.
Gli
porse un bicchiere di acqua e una pastiglia e gli disse di buttare giù. Lui lo
fece, brontolando, poi si rimise a letto.
-
Sei
un’incosciente – gli fece notare – se me l’avessi detto prima saresti stato
meglio…
-
Pensa
ai cazzi tuoi, Granger – rispose acido… bisognava
dire che la malattia non migliorava certo le sue capacità di intrattenimento e
socializzazione…
Con
una magia gli mise il pigiama e ripiegò i vestiti, poi cenò da sola, sentendosi
un po’ triste.
Mise
da parte metà della pizza e tornò al letto a vedere come stava, non si era
neppure ancora cambiata, ma le pareva di essere stranamente in ansia per le
condizioni di lui.
Tastandogli
la fronte la trovò ancora calda e gli diede un’altra medicina.
Fece
per alzarsi di nuovo, quando la mano piccola e infantile di lui, strinse
possessivamente quella che lei aveva abbandonato sul copriletto.
Aveva
gli occhi chiusi e il fiato corto, stava male, che cosa stava facendo?
-
Brucia…
tra le fiamme dell’Inferno. Brucia senza sosta, brucerà all’infinito, fino a
consumarsi…
Lei
lo fissò: delirava.
-
Che
cosa? – gli domandò assecondandolo
-
Brucia
il passato e brucia il futuro, solo la Bacchetta può spegnere quel fuoco…
brucerà in eterno per aprire le porte degli Inferi e poter avere la capacità di
essere di nuovo vivi.
-
Chi?
-
Voldemort
Quella
semplice parola le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale, anche se
non era certa che il freddo fosse estraneo a quella sensazione di gelo che la
attanagliava.
Strinse
la mano, non tanto per fargli forza, quanto per farne a se stessa, perché
Malfoy sapeva badare a se stesso.
E
lei, sarebbe stata in grado di fare altrettanto con se stessa e quella piccola
peste che era diventato il regale Cercatore delle serpi?
Essere
una maga assennata era stato facile con Harry, visto quanto era impulsivo,
anche difendersi, non c’era bisogno di attaccare, ma adesso?
Lo
guardò, indifeso e malato nel letto. Strinse di più e annuì.
-
Nessun
temporale dura in eterno – rispose filosofica – di qualunque cosa tu stia
parlando, Malfoy, prima o poi terminerà. Questo te lo assicuro.
E
quelle parole diedero un po’ di fiducia anche a lei.
* * *
Il
rumore persistente di qualcosa che picchiettava svegliò Draco dal suo agitato
sonno.
Aprì
gli occhi lentamente, come se ogni movimento gli costasse fatica, e tastò
qualcosa di morbido con le dita.
Mosse
il pollice, l’indice e via via tutte le dita per poi
abbassare le iridi argentate su quel qualcosa di indistinto che stava toccando
e che pregava non fosse ciò che temeva.
Dire
che stava abbracciando una ragazza era un eufemismo perché la stava stringendo
come se stessero facendo l’amore e, badate bene, non un semplice rapporto da
“una botta e via”, ma far davvero all’amore, cosa che, ovviamente, lui non
aveva mai fatto…
La
cosa morbida in questione era l’accappatoio della suddetta ragazza e, la
suddetta ragazza, l’unica che non avrebbe dovuto avere tra le braccia: Hermione
Granger.
Ignara
di ciò che stava facendo, ma soprattutto di ciò che gli stava facendo,
lei se la dormiva beata, non senza un uguale trasporto, mentre i capelli
arricciati erano sparpagliati in artistico disordine sul cuscino e sul petto di
lui.
Quella
vacanza gli stava facendo decisamente male, decise d’improvviso lui, senza il
coraggio di lasciarla andare, in due giorni che era con lei aveva già acquisito
una delle sue bruttissime abitudini: arrossire. Precisamente ciò che stava
facendo in quell’istante.
Già
perché, se anche era avvezzo a cambiare le ragazze come i calzini, con nessuna
si era mai concesso un gesto tanto familiare quanto quello di lasciarla dormire
con lui dopo l’amplesso.
Il
perché era un interrogativo anche per lui, ma stava seriamente prendendo in
considerazione l’idea di passare il restante tempo libero delle feste a
rifletterci e, soprattutto, a pensare perché stesse così bene con la Regina dei
Gryffindor tra le braccia visto e considerato che non
la apprezzava molto quale donna, tantomeno come
amante. Ovviamente intendeva il tempo “libero”, cioè quello che non sarebbe
stato usurpato da seducenti e maliziose immagini di lei di cui, ormai,
collezionava un vasto repertorio.
Un
pensiero lo colse all’improvviso e non stava controllando se era vestito o no,
era maledettamente certo di non aver abusato di lei nel sonno; beh, quasi
certo.
Però
lei indossava un accappatoio e, se avesse davvero compiuto qualche follia,
certo lui non glielo avrebbe lasciato addosso…
Ma
tornando al pensiero iniziale, non era l’abbigliamento, o, più precisamente la
mancanza di esso che al momento lo preoccupava, bensì qualcosa di differente.
Alzò il lenzuolo e guardò sotto: le sue gambe erano tornate alla loro
dimensione normale e, riflettendoci, per poter abbracciare a quel modo una
ragazza, anche il resto del suo corpo.
Fu
tentato di protendersi verso lo specchio che aveva lasciato sul comodino, ma,
allo stesso tempo, allontanarsi dai seni morbidi di lei che gli premevano sul
petto era qualcosa di insopportabile.
Come
mai sembrava così naturale e familiare stare abbracciati?
Probabilmente,
rispose la sua parte più razionale, è per la forza d’abitudine di avere sempre
qualche bella donna avvinghiata e, al momento, era decisamente in crisi
d’astinenza.
No,
ribattè un’altra parte di lui, perché non si poteva
certo dire che si sprecasse in gesti d’affetto verso le fortunate prescelte, a
volte neppure un bacio.
E
dunque?
Mistero…
Il
rumore continuava, imperterrito.
E
urgeva liberarsi di quella situazione prima che fosse lui a commettere qualche
pazzia, soprattutto vista la mano di lei che era abbandonata sul suo petto, al
momento scoperto.
Cazzo, aveva promesso a Silente di proteggerla, non di violentarla!
Colto
da un’improvvisa tenerezza, la coprì velocemente col piumone mentre si alzava.
Rovistò tra la roba accatastata sulla sedia accanto al letto e ritrovò i
pantaloni che lei gli aveva comprato. Sorrise e, prendendo la bacchetta, li
fece diventare della sua misura, per poi metterseli alla svelta e andare ad
occuparsi del suono molesto.
Decidendo
che era prossimo a farsi venire un mal di testa se quel maledetto pennuto alla
finestra non avesse smesso di picchiettare, dimenticò di infilarsi la camicia e
si diresse rapido verso l’imposta, aprendola e facendo entrare una
insignificante tortora grigia con un messaggio legato alla zampa.
Alzò
un sopracciglio sconcertato nel riconoscere una lettera di Silente e si domandò
come quel vecchio preside avesse avuto il coraggio di mandare un uccello così
plebeo a fargli da ambasciatore… ma tant’è, il Grifondoro è sempre stato la culla di sporchi babbanofili e Albus Silente non
faceva eccezione neppure dopo cent’anni di vita, il
lupo perde il pelo ma non il vizio…
Percorse
veloce la scrittura molto ottocentesca del rettore di Hogwarts.
Arrivato
ad un certo punto, abbassò lo sguardo su se stesso, trovando la conferma di
quanto esplicitato nel messaggio.
Arrivò
alla fine, poi appoggiò il foglio sul tavolino e congedò la tortora con una
manciata di mangime posata sul avanzale.
Bene,
ora si poteva passare alla propria vendetta.
E
forse era anche il momento di sbrigarsi.
Alla
fine lei un po’ si era fatta perdonare curandolo come poteva, ma dimenticare
l’umiliazione di un pigiama con le macchinine era qualcosa di impossibile.
Prese
un bel respiro.
A
rifletterci con calma, ciò che aveva in mente sembrava più una vendetta contro
di lui…
Tornò
al letto, lei mormorò qualcosa di inintelligibile mentre si riappropriava del
calore che prima l’aveva abbandonata.
Incredibile,
aveva il sonno più pesante di un macigno, non si accorgeva proprio di niente!
Beh,
tanto meglio…
La
guardò un’ultima volta e si chiese da quando provava quello strano senso di
colpa, lo ignorò; se la rotolò su un fianco, le cinse le spalle con un braccio,
le mise l’altro sull’addome, poi, spostando sensualmente la bocca verso
l’orecchio di lei, lo sfiorò appena con le labbra
-
Mezzosangue,
cosa staresti facendo? – le domandò
Hermione
aprì gli occhi di scatto all’udire una voce così vicina mentre stava dormendo e
non assomigliava per niente a quella del suo sogno.
La
prima cosa che vide fu il profilò di un petto maschile esattamente a qualche
centimetro dalla sua bocca.
Panico.
Si
mise a sedere rapidamente sciogliendosi dal caldo abbraccio che la circondava e
guardò perplessa la scena: Malfoy in versione adulta se ne stava beatamente
tranquillo nel letto, le gambe allungate, le braccia che prima la stringevano
mentre lei… che accidenti stava facendo prima?
Lui
intanto ridacchiava.
Si
guardò e vide che indossava ancora l’accappatoio, male, anzi, malissimo!
Stringendo
la cintura di spugna con tutte le sue forze fino a bloccarsi la circolazione,
si sentì leggermente più pronta ad affrontare la giornata che cominciava con le
seguenti domande
1) Che ci faceva a letto con Malferret e, più precisamente, in atteggiamenti intimi che
non erano da lei?
2) Che stava facendo Malfoy?
3) Ma soprattutto, cosa aveva fatto a
Malfoy?
L’ultima
domanda era quella che la preoccupava di più, anche perché non aveva dubbi che
lui avrebbe accolto nella sua alcova anche una come lei, però… lei che aveva
fatto? La cosa la preoccupava non poco, quando era piccola era stata per un
periodo sonnambula, non è che per caso soffriva ancora di quel genere di
patologia?
-
Hai
degli istinti perversi, piccola mezzosangue – gli disse lui scherzoso e, in
effetti, per riuscire a vincere la propria repulsione fino a ritrovarsi nella
posizione in cui l’aveva scoperta appena sveglio, doveva davvero averne…
-
I-i-i-io
non ho fatto niente! – balbettò lei, mentre la colorazione passava dal fucsia
al rosso carminio, lui sorrise, come se la cosa non gli dispiacesse più di
tanto
-
Sul
serio? –
Deglutì
a fatica mentre il viso di lui si avvicinava, lentamente
-
Allora
immagino che tu non ricordi questo…
La
mano destra percorse con estrema lentezza il braccio di lei, fino a soffermarsi
sulla chiusura dell’accappatoio; il cuore di lei perse un colpo quando
l’avanzamento sembrò non essere arrestato dal tessuto chiuso.
Le
dita di lui s’insinuarono tra le pieghe, accarezzando la pelle.
Decisamente,
quella vendetta non gli dispiaceva più di tanto e, forse, neppure a lei.
Mentre
la mano scendeva, lui la baciò.
E
quella fu una cosa che non capì di è.
Perché
non era tipo da baciare le ragazze così, su due piedi, perché lui di ragazze ne
baciava poche perché era un gesto che indicava una certa vicinanza, in senso
psicologico, chiaro, quindi, perché aveva baciato la mezzosangue?
Chiederlo
a se stesso era un problema, soprattutto visto che il suo cervello era
impegnato a ricevere le informazioni della sua mano e della sua bocca.
Quella
della mezzosangue, invece, sembrava titubante e inesperta, chissà se… no,
impossibile! A diciotto anni non poteva non aver ancora dato il suo primo
bacio… poi un pensiero lo colse, mentre rifletteva: non aveva approfondito il
bacio: si era limitato a sfiorare appena le labbra, ancora chiuse di lei, assaporarle,
ma non aveva desiderato andare oltre.
Che
gli stava prendendo?
Sentì
un sapore strano, qualcosa di salato.
Aprì
gli occhi.
E
lei stava piangendo.
Interdetto,
si scostò da lei, le lacrime che le rigavano il viso, le mani che nascondevano
gli occhi
-
Era
questa la tua vendetta, vero? – gli domandò cinica, lui alzò un sopracciglio,
stupito da quella reazione
-
Beh, ci
sei riuscito – aggiunse asciugandosi una lacrima, lui continuò a guardarla – e
pensare che credevo che i mezzosangue ti facesse scifo perfino toccarli…
-
Hai
parecchi pregiudizi – le disse anche se, a ben pensarci, non ricordava di
essere mai stato a letto con un’altra mudblood
-
Pregiudizi?
– gli chiese sarcastica – beh, chiamali come ti pare, nega se vuoi, non
m’importa
Non
sembrava arrabbiata, neppure inconsolabile, ma solo ferita.
Ferità
perché?
-
Era il
tuo primo bacio, vero? – le domandò d’istinto, lei alzò le iridi ambrate su di
lui, fissandosi in quelle grigie che la scrutavano conoscendo già la risposta e
d’improvviso, l’argento s’incupì
-
Era
così evidente? – s’informò con un sorriso sconsolato, lui non rispose subito
-
Era
difficile non accorgersene – disse infine, lei annuì
-
Che
bella cosa – parlò con voce disillusa, distante – il mio primo bacio a Draco
Malfoy…
Lui
la guardò, ma non disse una delle solite cose come “dovresti esserne
orgogliosa” oppure “sono irresistibile perfino per te”, per una volta ebbe il
buon gusto di rimanere zitto.
In
verità, quando aveva pensato a tutta quella piccola messinscena, non aveva
deciso di andare così in là, ma poi c’era stato un momento dove non era
riuscito a tirarsi indietro e, probabilmente, se non l’avesse vista piangere,
non si sarebbe fermato.
Questo
era preoccupante.
La
fissò mentre si alzava dal letto, lo sguardo triste e gli occhi rossi, senza
una parola s’infilò le ciabatte e si diresse verso il bagno.
* * *
Il
suo primo bacio a Draco Malfoy… adesso sì che lui avrebbe potuto prenderla in
giro fino allo sfinimento, fino a distruggerla, non poteva pensare a niente di
più imbarazzante e si stupiva che non avesse già cominciato a dirle qualcosa di
offensivo, ma se ne fosse rimasto sul letto a fissarla mentre piangeva, con una
gamba piegata sotto di sé e lo sguardo perso, lontano.
E
dire che il giorno prima le aveva urlato che, con una come lei non avrebbe
voluto fare niente… ma probabilmente per lui non contava la persona, una valeva
l’altra.
Chissà
se era pentito… non, non credeva, se c’era una cosa che quel maledetto Serpeverde non aveva mai mostrato, quella era la pietà, tantomeno il compatimento. E quindi non ne avrebbe provato
per lei, né si sarebbe sentito in colpa per quanto fatto.
Se
avesse dovuto giustificarlo, avrebbe detto che, probabilmente, alla sua età il
primo bacio bisognava averlo dato già da un pezzo… ma quello non era il momento
di mettersi a difenderlo, doveva smetterla di cercare di capire tutti, Malferret, poi, era un vero enigma e non era il momento di
mettersi a risolverlo, non doveva difenderlo!
Non
sarebbe mai stato il momento perché appartenevano a mondi diversi.
Eppure,
quella sera precedente, mentre lui delirava gridando di fuoco e fiamme che
avrebbero bruciato in eterno, si era sentita molto vicina a lui, quasi che, se
le avesse spiegato, avrebbe potuto capire.
Ridicolo…
L’erede
della casata Malfoy detestava ogni babbano sulla
faccia della terra, non ci sarebbe mai stata l’occasione di stringere amicizia,
di scambiarsi idee e opinioni, di volersi bene e aiutarsi.
Mai.
Perché
il ricordo bruciante di quel giorno al campo da quidditch,
al secondo anno, era ancora vivo dentro di lei e la aiutava quando rimaneva
senza parole di fronte ad una sua provocazione, era quell’immagine delle labbra
sottili che pronunciavano per la prima volta la parola “mezzosangue” che le
dava la forza di continuare a contrapporsi a lui, perché era stato il primo che
le aveva detto chiaramente che nel mondo magico per lei non c’era posto.
E
non c’era posto neppure nel mondo dei babbani.
Senza
casa, senza radici, senza mondo.
Eppoi
lui aveva le sue idee razziste, i suoi pregiudizi, i suoi modi e la sua famiglia.
Chi
sarebbe stato così stupido da credere che potesse esserci un briciolo di
amicizia tra loro?
Lei
lo era stata, la sera prima, ma non avrebbe commesso di nuovo quell’errore.
Un’ultima
lacrima furtiva le rigò la guancia, si fermò e la scacciò con la spugna bianca,
poi, decisa, posò la mano sulla maniglia del bagno per andare finalmente a
cambiarsi.
Neppure
il tempo di abbassarla che un grido lacerante la fece voltare di scatto,
vedendo la figura bionda dello Slytherin avvolta tra
le fiamme e riversa sul letto che si teneva la testa.
Le
iridi le si dilatarono improvvisamente per lo spavento, mentre, afferrando la
bacchetta, cercava di ricordare un incantesimo per spegnere quell’incendio
magico che, con altrettanta stranezza, non stava consumando copriletto e
lenzuola, ma solo la figura umana
-
Aqua! – gridò mentre una cascatella
si formava proprio sopra la testa del suo compagno, colpendo le fiamme che lo
circondavano. Ma l’incendio non si spense.
Si
voltò preoccupata alla ricerca di un’idea, che doveva fare? Che stava
succedendo? Da dove venivano quelle lingue di fuoco tinte di rosso e di nero? E
intanto lui gridava e questo la distraeva ancora di più. Insonorizzò la stanza
e di lanciò sull’antico tomo di magie che aveva lasciato aperto sul tavolo.
Una
tortora grigia le si avvicinò beccandole piano la mano, la scacciò, troppo concentrata
per potersene occupare, troppo intenta alla ricerca di una formula efficace.
Beccandole
insistentemente la mano, l’uccello le fece uscire del sangue, mentre, svelto,
infilava il becco fino a voltare altre pagine. Lei lo guardò stupita e
riconobbe sul tavolo una lettera di Silente.
Decise
di fidarsi del volatile e cominciò a leggere ciò che recitava
Non
lo vide più, mentre l’incantesimo pulsava a mezz’aria, contenendo sua il corpo
straziato del ragazzo, sia la magia del fuoco che lo perseguitava. Lo sentì
urlare di dolore, ma rimase paralizzata mentre alcune saette si muovevano
rapide intorno alla sfera.
Alla
fine, il nero si dissolse, lasciando cadere sul letto il corpo di un bambino.
Di nuovo un bambino di dieci anni.
Abbandonando
bacchetta e libro, corse verso di lui che non dava segni di vita.
Disteso
sulle coperte, sembrava una bambola senz’anima, il corpo senza forza. Gli
ascoltò il cuore e lo sentì battere, sospirò sollevata e gli scostò i capelli
biondi dalla fronte, madida di sudore.
D’istinto
e senza pensarci, lo abbracciò, poi si alzò in piedi, andò in bagno a cambiarsi
svelta e tornò da lui che ancora riposava di un sono agitato.
Si
sedette sulla sponda del letto e rimase lì, aspettando.
E
sperando.
Adesso
lui doveva davvero farle capire.
* * *
Spazio autrice: ok, devo fare
qualche precisazione.
Innanzi
tutto cominciamo col titolo, probabilmente ricorderete che ho lasciato, nel 4°
aggiornamento, Draco che starnutiva, ebbene, questo vuole essere un po’ un
collegamento. Il vero motivo per cui, però, ho messo questo titolo, è il
significato che la parola “Ecchi” ha in giapponese.
Suddetta parola viene genericamente utilizzata per definire le cose un po’
provocanti e deriva dalla pronuncia storpiata della lettera H, in inglese si
pronuncerebbe eich
con il ch dolce come la nostra “c” di “cioccolato” e
H è proprio la prima lettera della parola “hentai”
che, invece, a differenza di “ecchi” riguarda
significati decisamente meno adatti e di cui non mi sognerei mai di
parlare. Ecco, dopo che ho fatto questa lezioncina ina
ina e stupidissima, aspetto di sapere che cosa ne
pensate di questo capitolo un po’ stravagante, spero che vi sia piaciuto e mi
auguro che vorrete lasciarmi una recensione, anche se minima… ^^
Ciao
e al prossimo aggiornamento, un bacione grandissimo,
Nyssa
herm83: già, poveretta, vittima di un tipo come Malferret non deve essere così bello, anzi, credo proprio
che sia traumatico (
Ecco
qui l’aggiornamento, anche se un poco in ritardo, spero che ti piaccia
ugualmente e mi auguro che vedere presto un’altra tua recensione! Ciao e un bacione, Nyssa
potterina_88_: mi piace sempre descrivere qualcuno che va
per negozi, sarà che anche io sono una amante dello shopping… (>_> non
l’avrebbe detto nessuno…)
E
sono contenta che anche una analisi della psicologia dei personaggi non sia
stata troppo fuori posto, ogni tanto mi scappa senza volere e poi mi ritrovo
come se stessi facendo una seduta a qualche povero Harry Potter o Ronald Weasley o chi altri,
insomma, esagero, però poi non ho il coraggio di cancellare e allora lascio
sempre… ed esce un bel pasticcio confusionario di ciò che stanno pensando al
momento Draco, Herm e gli altri.
Molto
presto Draco ed Herm cominceranno a conoscersi un pochettino di più, anche se arrivare a quei momenti è
terribilmente lungo perfino per me, tuttavia, spero di riuscire a far rimanere
la fic entro i 20 cappy…
per una volta mi devo trattenere, sennò il seguito delle Relazioni lo posto
quando sono vecchia…
Ok, spero che anche il 5° capitolo ti sia piaciuto, aspetto di
sapere la tua opinione! Ciao e un baci grande, Nyssa
luana1985: magia! Come hai fatto? Forse quando ho mal
di testa devo mettermi a leggere anche io la mia fic,
magari passa se non muoio prima per tutti gli strafalcioni che ho scritto… far
passare il mal di testa a me è qualcosa di proporzioni bibliche…
Ehehe, Blaise, anche se al momento è un
personaggio piuttosto assente, tornerà alla ribalta e prenderà il suo posto.
Spero
che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao e un bacione!
Nyssa
Shavanna: l’idea dei libri babbani
è nata del fatto che per prendere confidenza con un mondo diverso di comincia
da qualcosa di piccolo e che ci incuriosisce, o almeno, per me è così, quindi,
visto che Draco alla fine stupido non è, perché non incominciare con un bel
romanzo? Mi sono detta durante uno dei miei deliri matematici (matematici nel
senso che li faccio mentre studio o ascolto matematica, mica per altro
>_>).
Per
quanto riguarda Ron, in questa fic
non avrà grandi ruoli o spessore, sarà piuttosto apatico, sul fatto che sia un
idiota sono d’accordo, anche se io preferisco etichettarlo come “fesso” perché
mi fa ricordare il “pesce lesso” al quale un po’ somiglia…
Ehehe, Malfoy comincerà a conoscere poco a poco il nostro nuovo
mondo e poi… poi vedrò cosa far succedere, è ancora tutto da allestire per il
prosieguo.
Bene,
spero che ti sia piaciuto anche questo anomalo capitolo in accappatoio, ciao e
a presto! Un bacio, Nyssa