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Autore: Nyssa    22/01/2008    5 recensioni
L'amore non è solo come una rosa che sboccia o una pesca delicata, l'amore è anche una mela selvatica dal sapore un po' asprigno che nasce al freddo e tra le spine.
L'amore è fatto di tante cose, anche di imprevisti, esattamente come quello che colpisce Draco Malfoy ed Hermione Granger durante una delle loro solite litigate, ma che cosa gli è capitato veramente? E quali sono i tanti misteri della Londra babbana (ma non troppo) che Hermione è più che mai decisa a scoprire? E quali sono gli altrettanto sconosciuti motivi che spingono (o costringono?) Draco Malfoy a seguirla?
Prima classificata al Never Ending Story Awards - Terzo Turno secondo la scelta del pubblico.
Vincitrice nelle categorie: Best Saga, Best Romance, Best Plot e Best Couple (Draco/Hermione)
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Quando Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì, lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di alimentari e l’al

Quando Hermione passò la chiave magnetica nella fenditura sulla porta, questa si aprì, lei la spinse un poco appoggiandovisi con la spalla e rischiando di perdere l’equilibrio visto che una mano era carica di sacchetti di carta pieni di alimentari e l’altra era impegnata con le borse del centro commerciale; Malfoy reggeva nei palmi, guardandolo sospettoso, un cartone di pizza fumante che emanava uno stravagante profumino di formaggio e questo gli sembrava già tanto, quindi era implicito che non si sarebbe scomodato per aprire la porta.

 

Affaticata, lei posò tutto sul tavolino e si sedette sulla poltrona guardandosi attorno, poi spostò gli occhi sul biondo che aveva sistemato la scatola sul ripiano della cucina e, apertala, scoccava occhiate storte a quella che presto sarebbe diventata la sua cena.

-          Sei rosso, Malfoy, stai bene? – gli chiese senza il coraggio di alzarsi in piedi

Lui non si degnò di darle risposta, ma limitò il movimento della testa ad un assenso

-          Vorrei farmi una doccia prima di cenare – gli fece notare mentre la serpe andava a contemplare i suoi nuovi abiti stile bambino.

-          Prima mettimi a posto i vestiti – ordinò

Sospirando malinconicamente, lei prese la bacchetta e tinse la maglia e la camicia di quel verde bosco che lui apprezzava così tanto e diede ai jeans una coloritura un po’ più scura.

-          E per carità, cancella questo schifo!

Lo schifo in questione era il pigiama che gli aveva comprato sulla strada del ritorno.

Dopo una delle loro solite litigate aveva appreso che il biondastro non possedeva la sana abitudine di dormire con un qualche indumento, il che l’aveva lasciata, oltre che imbarazzata, decisamente perplessa, così l’aveva trascinato recalcitrante in una merceria e aveva acquistato il primo pigiama che gli andava, non ci teneva di certo ad entrare in contatto con i suoi attributi virili nel mezzo di una sana dormita, soprattutto visto che avrebbero diviso il letto, anche perché la sana dormita, in quel caso, sarebbe durata decisamente meno, eppoi lo Slytherin avrebbe avuto una scusa in più per attaccare briga come faceva di solito.

E inoltre, ultimo ma non meno importante, era imbarazzata da morire.

Alla fine Draco aveva acconsentito a coricarsi con la biancheria, ma non per questo si era risparmiata i soldi dell’abbigliamento notte e così, adesso, il Principe degli Slytherin in persona, ridotto alla ridicola età di dieci anni, stava incendiando con lo sguardo il completino azzurro con le automobiline che reggeva tra le mani.

 

Decise di prendersi una piccola rivincita e, rimessa la bacchetta nella tasca, si chiuse in bagno sigillando la serratura.

 

Malfoy la guardò mentre il cipiglio aumentava a dismisura e la sentiva soffocare dei risolini, peccato che lui li sentisse comunque.

-          Ehi mezzosangue, guarda che questa me la paghi! – sbraitò battendo i pugni sul legno verniciato di bianco

-          Magari quando aprirò la porta, Malferret, adesso stattene tranquillo – gli rispose, quasi vinta dall’ilarità

-          Ti conviene rimanere chiusa lì dentro per sempre, allora, perché ti assicuro che non la passerai liscia! – aggiunse lui

-          Cos’è, una minaccia? – ok, forse stava tirando un po’ troppo la corda, se ne rendeva conto, ma era la prima volta che riusciva a ridere di lui così di gusto… beh, certo, adesso che era quasi indifeso, o meglio, che non poteva farle niente, sennò non si sarebbe mai azzardata

 

*          *          *

 

Dall’altra parte della porta provenne il rumore dello scoscio dell’acqua, Draco borbottò qualcosa di incomprensibile e si sedette sulla moquette con il libro in mano, appoggiando la testa alla porta.

Lesse una riga.

Poi un’altra. E si accorse di non aver capito una sola parola di ciò perché la sua mente era tutta presa da un’idea solitaria che vagava tra i suoi pensieri, cancellandoli tutti, uno dopo l’altro, prendendo il sopravvento: la mezzosangue, dall’altra, parte, doveva essere nuda.

 

Si ritrovò ad arrossire come se non avesse mai visto una ragazza senza vestiti.

Puah, il pudore era qualcosa che non rientrava tra le sue abitudini e neppure tra quelle delle ragazze che frequentava, beh, magari di qualcuna sì, però lo perdevano subito, non appena varcavano la stanza del Prefetto di Serpeverde.

E allora perché arrossire pensando alla mezzosangue svestita?

E soprattutto, perché pensare alla mezzosangue svestita?

Giusto, quello era un interrogativo decisamente interessante perché, anche se ormai erano due giorni che andava in bianco, non gli sembrava di essere ridotto così male da accontentarsi perfino di una sporca babbanofila come lei…

“Forse tanto sporca non lo è, visto che si sta lavando” suggerì una parte di lui, maliziosa come sempre, la scacciò con un gesto della mano, non era il momento di diventare un sofista.

No, decisamente no.

E se avesse sbirciato? Appena un pochino, che si va a pensare… giusto per vedere se stava bene…

Beh, bene dove stare per forza, a differenza di lui.

Magari controllare…

Ma dopotutto, perché si faceva tutti questi problemi?

Era o non era Draco Malfoy?

Beh, in quel momento aveva seri problemi a ricordarsi il suo nome, figuriamoci il resto! Tantomeno il protocollo di comportamento avallato da suo padre che, sicuramente, non prevedeva la voce “sbirciare le mezzosangue nude in un bagno babbano”: che avrebbe detto il caro e vecchio Lucius? Probabilmente si sarebbe fatto venire un infarto fulminante, tanto per non dover vedere in faccia la ragazza in questione… avrebbe preferito vedere suo figlio consacrato alla difesa degli elfi domestici piuttosto che pensare una cosa del genere…

Ok, aveva qualche piccolo problema, sapeva che la mezzosangue stava benissimo e non aveva certo bisogno delle sue cure per farsi una doccia. Però gli serviva una scusa qualsiasi.

La scena della ragazza, coperta solo da un asciugamano di dimensioni microscopiche che gli chiedeva di massaggiarle la schiena mentre si pettinava alla toeletta i capelli color del cioccolato, sfrecciò davanti ai suoi occhi.

Era dunque così disperato? Tanto da immaginarsela compiacente?

Accidenti se in due giorni era caduto in basso… e dire che Piton gli aveva pure riferito che sarebbe tornato ad avere le necessità di un ragazzino di dieci anni e, senza ombra di dubbio, a quell’età il sesso non era ancora uno dei suoi pensieri fondamentali.

Guardò il muro, guardò il libro e poi la porta dietro le sue spalle.

Appoggiò il testo per terra e si mise in ginocchio, entrambe le mani appoggiate sul legno, l’orecchia anche, tesa a captare ogni minimo suono che potesse compromettere la situazione.

Già, perché aveva deciso di farlo, alla fine, la sua curiosità aveva avuto il sopravvento, ma non era tanto sicuro che sarebbe stato in grado di sopportarne le conseguenze se lei l’avesse scoperto… e non si riferiva alla furia che poteva scatenare la ragazza, quantopiù alla sua vergogna nell’essere stato sorpreso a sbirciare dal buco di una serratura come qualsiasi bimbetto timido.

E lui non era timido.

Non lo era mai stato.

Non percependo altro che lo scorrere dell’acqua, fece salire il capo, finché l’occhio destro non combaciò perfettamente con il foro che immetteva nella stanza da bagno.

Al momento si poteva vedere, sulla sinistra, la cabina della doccia, vuota, il tappetino un poco stropicciato. Di fronte all’ingresso c’era il lavandino, ora ingombro degli oggetti suoi e della Grifondoro, lo specchio appannato dal calore che doveva esserci all’interno del bagno rispetto alla temperatura artica all’esterno.

Deglutendo a fatica, spostò lo sguardo sulla destra dove troneggiava una vasca da bagno in marmo e dove, al momento, stava anche la Caposcuola.

 

La testa di Hermione, con i riccioli raccolti sulla sommità del capo, spuntava assieme alle spalle dall’acqua della vasca. Sembrava tranquilla e rilassata, i tratti inconfondibilmente femminili di qualcuno che era cresciuto.

Eppure lui quei segni, quegli occhi che guardavano tutto, quelle piccole rughe di preoccupazione che si formavano sulla fronte, le aveva viste anche quando lei non era ancora stata vittima della pozione, le aveva viste anche il primo anno a Hogwarts. Hermione era sempre stata più grande della sua età, più di quanto avesse dovuto.

Era cresciuta in fretta, sia nel corpo che nell’anima.

 

La figuretta alzò un braccio per raccogliere un ricciolo ribelle che stava sfuggendo alla pinza; tolse il fermaglio e lo poggiò piano sulla pietra colorata mentre stringeva i capelli tra le mani, li attorcigliava e poi li riportava sulla nuca, riprendendo, con l’altra mano, la forcina per fissarli ancora.

Sembrava proprio una donna, adesso, non più la ragazza troppo cresciuta che pensava alle conseguenze, sembrava avere davvero la sua età.

Lei si stiracchiò appena e l’accenno della curva del seno comparve oltre il bordo.

Lui arrossì, ma continuò a tenere gli occhi incollati alla serratura.

 

Decidendo che era il momento di uscire, senza preoccuparsi di eventuali guardoni che stazionavano appena oltre la sua porta, si alzò in piedi, mostrando al povero Draco, che ormai credeva di essere in preda all’effetto di qualche fungo allucinogeno particolarmente potente, il fondoschiena e una porzione di pelle che andava dalla nuca al bacino.

Era vero, non era filiforme, aveva qualche chilo di troppo che la rendeva un po’ rotondetta sui fianchi, ma la cosa non gli dispiaceva. Con lo sguardo, la percorse dalle caviglie, sottili, salendo sui polpacci, non proprio scolpiti e non proprio affusolati, ma comunque graziosi. Decidendo che indulgere sulle rotondità dei fianchi era qualcosa di impossibile perfino per uno Slytherin temperato come lui, salì ancora fino a raggiungere le spalle sottili, forse un poco curve dalle troppe ore di studio china sui libri.

La ragazza si mosse svelta fino alla cabina della doccia dove stavano due attaccapanni e, su uno, era appeso un accappatoio bianco di spugna morbida, sull’altro un asciugamano.

Si infilò il primo, rabbrividendo del clima invernale nella sua mise decisamente succinta.

Un pensiero improvviso la colse e si voltò verso la porta.

Lui si affrettò a spostarsi, raccogliendo il libro e saltando letteralmente sul letto nel caso lei si fosse accorta che la stava guardando e avesse aperto la porta.

Fece finta di leggere, rosso in viso perché, poco prima che i suoi occhi grigi incontrassero quelli ambrati di lei, aveva visto qualcosa che, forse, sarebbe stato meglio non annoverare, ormai, tra i ricordi più sensuali della sua memoria: l’accappatoio drappeggiato senza malizia sul corpo seducente di lei che le copriva appena quanto bastava i seni.

Prese fiato per l’ennesima volta.

Di lei continuava a non esserci traccia, ergo, non si era accorta della presenza di una seconda persona al rito delle abluzioni.

Sentiva terribilmente caldo, in quel momento, mentre la sfilza di immagini della Granger ripassava per la centesima volta davanti agli occhi. Prese lo specchio che era appoggiato sull’altro comodino e si guardò, preoccupato da quelle reazioni che sembravano non appartenergli.

Era dunque questo quello di cui parlava Piton? Non ricordava, a dieci anni, di essere stato così colpito da una nudità femminile e la Granger non si poteva dire che fosse proprio una bella donna (per fortuna le sue capacità di giudizio erano rimaste illese), anzi, non rispecchiava nessuno dei canoni di bellezza eterea che in genere prediligeva.

La sua ragazza ideale, se queste due parole potessero essere usate insieme per dire qualcosa di lui, sarebbe stata Daphne Greengrass, ma era una delle uniche due anime fuori della sua portata. L’altra, neppure a dirlo, era la Granger stessa, ma per altri motivi.

 

L’immagine che il vetro levigato gli restituiva era quella che ormai era abituato a riconoscere come propria quando attraversava davanti ad una vetrina o vedeva il proprio profilo nei vetri delle carrozze babbane.

E in quel momento era rosso e accaldato.

Accipicchia, che la Caposcuola riuscisse ad avere un effetto così devastante sugli uomini?

O magari era che la sua natura bambina sentiva il bisogno di una madre che gli veniva ricordata attraverso la figura della sua compagna… anche se i propri pensieri a proposito del soggetto di quelle riflessioni erano lontani anni luce dall’amore filiale.

 

*          *          *

 

Hermione si strinse nell’accappatoio, rabbrividendo.

Faceva un freddo terribile in quella stanza e, nella fretta di sfuggire agli ordini della serpe, si era dimenticata di portare la stufetta che era in dispensa per scaldare un po’ l’ambiente gelido.

Tirò un asciugamano dal calorifero a muro e strofinò con quello i capelli umidi che, privati dell’acqua, ritornavano a boccoli nella loro forma originaria.

Che avrebbe dovuto fare con quei santi capelli? Sembrava un leone più che una ragazza… erano gonfi e tutti attorcigliati, insomma, il peggio del peggio visto che la moda degli ultimi anni prescriveva una chioma liscia e sottile.

Lanciò un’occhiata alla porta, le era parso di sentire dei rumori, ma forse si era sbagliata visto che, senza ombra di dubbio, nell’altra camera, il biondastro ne stava combinando una delle sue, oppure progettava la vendetta di cui l’aveva minacciata.

La prospettiva di tornare di là, in effetti, non era grandiosa, soprattutto perché sapere che lui avrebbe trovato senz’altro il modo di farsi ripagare di quella piccola presa di posizione, così come di avergli comprato il pigiama con le automobiline, non la aiutava a liberarsi di quel santo terrore delle conseguenze.

Forse si era spinta un po’ troppo in là… e Malferret non era mai tenero quando gli si faceva uno sgarro, bastava pensare a cosa aveva fatto al “povero” Dean Thomas quando lo aveva insultato per sbaglio mentre era ubriaco (e, si sapeva, Dean alzava un po’ troppo il gomito): oltre ad aver autorizzato una spedizione punitiva dei suoi compagni particolarmente istigati alla violenza, si era personalmente prodigato per far sì che il Grifondoro fosse responsabile dell’esplosione di una delle pozioni che Piton aveva assegnato e che aveva distrutto tre bancate, quattro libri di testo, svariati calderoni, provette e ingredienti e che, inoltre, aveva spedito il poveretto in infermeria con un braccio ingessato. Chiaramente Severus Piton era stato un professore esemplare, commissionando all’involontario artefice del danno una punizione vita natural durante, scuse pubbliche alla classe e un votaccio nella sua materia, oltre ad abbassare drasticamente la sua media di condotta, già non troppo brillante, e togliere innumerevoli punti alla sua Casa.

Quella volta lì bastava e avanzava per avere il sacrosanto terrore di aprire quella porta e affrontare faccia a faccia e ad animo sereno Malfoy che, di sicuro, stava tessendo la sua trama.

Si guardò attorno alla ricerca di un phon con cui asciugarsi i capelli e ne trovò uno da viaggio nascosto nell’ultimo cassetto del mobile.

Se c’era una cosa che detestava dei suoi capelli era che ci voleva una vita ad asciugarli e quello sembrava proprio uno dei momenti in cui ci metteva ancora di più.

Quando finalmente lo ripose, l’orologio da polso appoggiato nel vuotatasche la informava che era passata più di un’ora e mezza da quando aveva abbandonato il povero piccino nella giungla babbana.

Se ne sentì un poco responsabile, più per i pasticci che poteva aver combinato che per la sua incolumità; agitata per le condizioni dell’arredamento, uscì dal bagno per accertarsi di persona che non fosse scoppiata una guerra nucleare mentre era impegnata a fare altro e si affrettò ad indossare soltanto le mutandine.

 

*          *          *

 

La stanza era stranamente tranquilla nella luce soffusa del tramonto e del ragazzo sembrava non esserci traccia.

Stringendo l’accappatoio di spugna bianca intorno al collo, colpita dallo spiffero della finestra, si guardò attorno mentre si dirigeva a chiudere l’imposta.

Nessun danno permanente: la cucina non era andata a fuoco, la lavatrice non aveva allagato l’attico, le porte erano tutte integre, niente piccioni arrostiti sullo spiedo…

Voltò lo sguardo verso il letto e lo vide. Disteso supino, con un braccio piegato sulla testa, l’espressione sofferente, il viso rosso e accaldato, le coperte scomposte.

Preoccupata, si sedette sull’altra sponda e lo guardò titubante, sembrava proprio influenza…

-          Ehi Malfoy, stai bene? – gli chiese sentendosi molto stupida

Il grugnito che ottenne come risposta era sufficientemente eloquente per indicare che l’umore e le condizioni di salute dello Slytherin erano pessime.

Ci mancava solo quella…

-          Perché non mi hai chiamata?

Nessuna risposta.

-          Ti preparo una medicina, ti sei preso la temperatura? – domandò ancora, lui scosse la testa e lei si alzò, andando a recuperare il termometro dalla borsa che si era portata dietro per i casi di emergenza, anche se mai avrebbe pensato che sarebbe potuta servire, tantomeno per curare Malferret.

Quando tornò nel letto, lui non sembrava in condizioni migliori. Gli porse il termometro e gli spiegò dove metterlo, poi aspettò, guardandosi attorno a disagio e sentendosi davvero come una mamma… no, come una zia. Il ruolo della zia era quello che le riusciva meglio: le zie sono brave, ti stanno accanto, portano regali e fanno abitare in casa con loro, in genere sono zitelle e sempre a portata di mano. Quale di queste cose non c’era in lei? Beh, non aveva un fratello o una sorella il cui figlio fosse Draco Malfoy, ma se ciò fosse stato, o se qualcuno li avesse visti dall’esterno, probabilmente avrebbe pensato che erano davvero una zia e il suo nipotino.

 

Un po’ timorosa, gli posò la mano sulla fronte, mentre con l’altra tastava la sua, la temperatura sembrava piuttosto alta.

Prese il termometro e lesse: 38.7

Non ci voleva.

Lo guardò mentre, imbronciato, si ostinava a non volerla fissare negli occhi.

Gli porse un bicchiere di acqua e una pastiglia e gli disse di buttare giù. Lui lo fece, brontolando, poi si rimise a letto.

-          Sei un’incosciente – gli fece notare – se me l’avessi detto prima saresti stato meglio…

-          Pensa ai cazzi tuoi, Granger – rispose acido… bisognava dire che la malattia non migliorava certo le sue capacità di intrattenimento e socializzazione…

Con una magia gli mise il pigiama e ripiegò i vestiti, poi cenò da sola, sentendosi un po’ triste.

Mise da parte metà della pizza e tornò al letto a vedere come stava, non si era neppure ancora cambiata, ma le pareva di essere stranamente in ansia per le condizioni di lui.

Tastandogli la fronte la trovò ancora calda e gli diede un’altra medicina.

Fece per alzarsi di nuovo, quando la mano piccola e infantile di lui, strinse possessivamente quella che lei aveva abbandonato sul copriletto.

Aveva gli occhi chiusi e il fiato corto, stava male, che cosa stava facendo?

-          Brucia… tra le fiamme dell’Inferno. Brucia senza sosta, brucerà all’infinito, fino a consumarsi…

Lei lo fissò: delirava.

-          Che cosa? – gli domandò assecondandolo

-          Brucia il passato e brucia il futuro, solo la Bacchetta può spegnere quel fuoco… brucerà in eterno per aprire le porte degli Inferi e poter avere la capacità di essere di nuovo vivi.

-          Chi?

-          Voldemort

Quella semplice parola le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale, anche se non era certa che il freddo fosse estraneo a quella sensazione di gelo che la attanagliava.

Strinse la mano, non tanto per fargli forza, quanto per farne a se stessa, perché Malfoy sapeva badare a se stesso.

E lei, sarebbe stata in grado di fare altrettanto con se stessa e quella piccola peste che era diventato il regale Cercatore delle serpi?

Essere una maga assennata era stato facile con Harry, visto quanto era impulsivo, anche difendersi, non c’era bisogno di attaccare, ma adesso?

Lo guardò, indifeso e malato nel letto. Strinse di più e annuì.

-          Nessun temporale dura in eterno – rispose filosofica – di qualunque cosa tu stia parlando, Malfoy, prima o poi terminerà. Questo te lo assicuro.

E quelle parole diedero un po’ di fiducia anche a lei.

 

*          *          *

 

Il rumore persistente di qualcosa che picchiettava svegliò Draco dal suo agitato sonno.

Aprì gli occhi lentamente, come se ogni movimento gli costasse fatica, e tastò qualcosa di morbido con le dita.

Mosse il pollice, l’indice e via via tutte le dita per poi abbassare le iridi argentate su quel qualcosa di indistinto che stava toccando e che pregava non fosse ciò che temeva.

Dire che stava abbracciando una ragazza era un eufemismo perché la stava stringendo come se stessero facendo l’amore e, badate bene, non un semplice rapporto da “una botta e via”, ma far davvero all’amore, cosa che, ovviamente, lui non aveva mai fatto…

La cosa morbida in questione era l’accappatoio della suddetta ragazza e, la suddetta ragazza, l’unica che non avrebbe dovuto avere tra le braccia: Hermione Granger.

Ignara di ciò che stava facendo, ma soprattutto di ciò che gli stava facendo, lei se la dormiva beata, non senza un uguale trasporto, mentre i capelli arricciati erano sparpagliati in artistico disordine sul cuscino e sul petto di lui.

 

Quella vacanza gli stava facendo decisamente male, decise d’improvviso lui, senza il coraggio di lasciarla andare, in due giorni che era con lei aveva già acquisito una delle sue bruttissime abitudini: arrossire. Precisamente ciò che stava facendo in quell’istante.

Già perché, se anche era avvezzo a cambiare le ragazze come i calzini, con nessuna si era mai concesso un gesto tanto familiare quanto quello di lasciarla dormire con lui dopo l’amplesso.

Il perché era un interrogativo anche per lui, ma stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di passare il restante tempo libero delle feste a rifletterci e, soprattutto, a pensare perché stesse così bene con la Regina dei Gryffindor tra le braccia visto e considerato che non la apprezzava molto quale donna, tantomeno come amante. Ovviamente intendeva il tempo “libero”, cioè quello che non sarebbe stato usurpato da seducenti e maliziose immagini di lei di cui, ormai, collezionava un vasto repertorio.

 

Un pensiero lo colse all’improvviso e non stava controllando se era vestito o no, era maledettamente certo di non aver abusato di lei nel sonno; beh, quasi certo.

Però lei indossava un accappatoio e, se avesse davvero compiuto qualche follia, certo lui non glielo avrebbe lasciato addosso…

Ma tornando al pensiero iniziale, non era l’abbigliamento, o, più precisamente la mancanza di esso che al momento lo preoccupava, bensì qualcosa di differente. Alzò il lenzuolo e guardò sotto: le sue gambe erano tornate alla loro dimensione normale e, riflettendoci, per poter abbracciare a quel modo una ragazza, anche il resto del suo corpo.

Fu tentato di protendersi verso lo specchio che aveva lasciato sul comodino, ma, allo stesso tempo, allontanarsi dai seni morbidi di lei che gli premevano sul petto era qualcosa di insopportabile.

Come mai sembrava così naturale e familiare stare abbracciati?

Probabilmente, rispose la sua parte più razionale, è per la forza d’abitudine di avere sempre qualche bella donna avvinghiata e, al momento, era decisamente in crisi d’astinenza.

No, ribattè un’altra parte di lui, perché non si poteva certo dire che si sprecasse in gesti d’affetto verso le fortunate prescelte, a volte neppure un bacio.

E dunque?

Mistero…

 

Il rumore continuava, imperterrito.

E urgeva liberarsi di quella situazione prima che fosse lui a commettere qualche pazzia, soprattutto vista la mano di lei che era abbandonata sul suo petto, al momento scoperto.

Cazzo, aveva promesso a Silente di proteggerla, non di violentarla!

Colto da un’improvvisa tenerezza, la coprì velocemente col piumone mentre si alzava. Rovistò tra la roba accatastata sulla sedia accanto al letto e ritrovò i pantaloni che lei gli aveva comprato. Sorrise e, prendendo la bacchetta, li fece diventare della sua misura, per poi metterseli alla svelta e andare ad occuparsi del suono molesto.

Decidendo che era prossimo a farsi venire un mal di testa se quel maledetto pennuto alla finestra non avesse smesso di picchiettare, dimenticò di infilarsi la camicia e si diresse rapido verso l’imposta, aprendola e facendo entrare una insignificante tortora grigia con un messaggio legato alla zampa.

Alzò un sopracciglio sconcertato nel riconoscere una lettera di Silente e si domandò come quel vecchio preside avesse avuto il coraggio di mandare un uccello così plebeo a fargli da ambasciatore… ma tant’è, il Grifondoro è sempre stato la culla di sporchi babbanofili e Albus Silente non faceva eccezione neppure dopo cent’anni di vita, il lupo perde il pelo ma non il vizio…

 

Percorse veloce la scrittura molto ottocentesca del rettore di Hogwarts.

Arrivato ad un certo punto, abbassò lo sguardo su se stesso, trovando la conferma di quanto esplicitato nel messaggio.

Arrivò alla fine, poi appoggiò il foglio sul tavolino e congedò la tortora con una manciata di mangime posata sul avanzale.

Bene, ora si poteva passare alla propria vendetta.

E forse era anche il momento di sbrigarsi.

Alla fine lei un po’ si era fatta perdonare curandolo come poteva, ma dimenticare l’umiliazione di un pigiama con le macchinine era qualcosa di impossibile.

 

Prese un bel respiro.

A rifletterci con calma, ciò che aveva in mente sembrava più una vendetta contro di lui…

Tornò al letto, lei mormorò qualcosa di inintelligibile mentre si riappropriava del calore che prima l’aveva abbandonata.

Incredibile, aveva il sonno più pesante di un macigno, non si accorgeva proprio di niente!

Beh, tanto meglio…

La guardò un’ultima volta e si chiese da quando provava quello strano senso di colpa, lo ignorò; se la rotolò su un fianco, le cinse le spalle con un braccio, le mise l’altro sull’addome, poi, spostando sensualmente la bocca verso l’orecchio di lei, lo sfiorò appena con le labbra

-          Mezzosangue, cosa staresti facendo? – le domandò

 

Hermione aprì gli occhi di scatto all’udire una voce così vicina mentre stava dormendo e non assomigliava per niente a quella del suo sogno.

La prima cosa che vide fu il profilò di un petto maschile esattamente a qualche centimetro dalla sua bocca.

Panico.

Si mise a sedere rapidamente sciogliendosi dal caldo abbraccio che la circondava e guardò perplessa la scena: Malfoy in versione adulta se ne stava beatamente tranquillo nel letto, le gambe allungate, le braccia che prima la stringevano mentre lei… che accidenti stava facendo prima?

Lui intanto ridacchiava.

Si guardò e vide che indossava ancora l’accappatoio, male, anzi, malissimo!

Stringendo la cintura di spugna con tutte le sue forze fino a bloccarsi la circolazione, si sentì leggermente più pronta ad affrontare la giornata che cominciava con le seguenti domande

1)      Che ci faceva a letto con Malferret e, più precisamente, in atteggiamenti intimi che non erano da lei?

2)      Che stava facendo Malfoy?

3)      Ma soprattutto, cosa aveva fatto a Malfoy?

L’ultima domanda era quella che la preoccupava di più, anche perché non aveva dubbi che lui avrebbe accolto nella sua alcova anche una come lei, però… lei che aveva fatto? La cosa la preoccupava non poco, quando era piccola era stata per un periodo sonnambula, non è che per caso soffriva ancora di quel genere di patologia?

-          Hai degli istinti perversi, piccola mezzosangue – gli disse lui scherzoso e, in effetti, per riuscire a vincere la propria repulsione fino a ritrovarsi nella posizione in cui l’aveva scoperta appena sveglio, doveva davvero averne…

-          I-i-i-io non ho fatto niente! – balbettò lei, mentre la colorazione passava dal fucsia al rosso carminio, lui sorrise, come se la cosa non gli dispiacesse più di tanto

-          Sul serio? – la canzonò. Rispondere sì era menzogna perché non conosceva davvero le sue azioni o, più precisamente, le conseguenze di queste

Deglutì a fatica mentre il viso di lui si avvicinava, lentamente

-          Allora immagino che tu non ricordi questo…

La mano destra percorse con estrema lentezza il braccio di lei, fino a soffermarsi sulla chiusura dell’accappatoio; il cuore di lei perse un colpo quando l’avanzamento sembrò non essere arrestato dal tessuto chiuso.

Le dita di lui s’insinuarono tra le pieghe, accarezzando la pelle.

Decisamente, quella vendetta non gli dispiaceva più di tanto e, forse, neppure a lei.

Mentre la mano scendeva, lui la baciò.

E quella fu una cosa che non capì di è.

Perché non era tipo da baciare le ragazze così, su due piedi, perché lui di ragazze ne baciava poche perché era un gesto che indicava una certa vicinanza, in senso psicologico, chiaro, quindi, perché aveva baciato la mezzosangue?

Chiederlo a se stesso era un problema, soprattutto visto che il suo cervello era impegnato a ricevere le informazioni della sua mano e della sua bocca.

Quella della mezzosangue, invece, sembrava titubante e inesperta, chissà se… no, impossibile! A diciotto anni non poteva non aver ancora dato il suo primo bacio… poi un pensiero lo colse, mentre rifletteva: non aveva approfondito il bacio: si era limitato a sfiorare appena le labbra, ancora chiuse di lei, assaporarle, ma non aveva desiderato andare oltre.

Che gli stava prendendo?

Sentì un sapore strano, qualcosa di salato.

Aprì gli occhi.

E lei stava piangendo.

 

Interdetto, si scostò da lei, le lacrime che le rigavano il viso, le mani che nascondevano gli occhi

-          Era questa la tua vendetta, vero? – gli domandò cinica, lui alzò un sopracciglio, stupito da quella reazione

-          Beh, ci sei riuscito – aggiunse asciugandosi una lacrima, lui continuò a guardarla – e pensare che credevo che i mezzosangue ti facesse scifo perfino toccarli…

-          Hai parecchi pregiudizi – le disse anche se, a ben pensarci, non ricordava di essere mai stato a letto con un’altra mudblood

-          Pregiudizi? – gli chiese sarcastica – beh, chiamali come ti pare, nega se vuoi, non m’importa

Non sembrava arrabbiata, neppure inconsolabile, ma solo ferita.

Ferità perché?

-          Era il tuo primo bacio, vero? – le domandò d’istinto, lei alzò le iridi ambrate su di lui, fissandosi in quelle grigie che la scrutavano conoscendo già la risposta e d’improvviso, l’argento s’incupì

-          Era così evidente? – s’informò con un sorriso sconsolato, lui non rispose subito

-          Era difficile non accorgersene – disse infine, lei annuì

-          Che bella cosa – parlò con voce disillusa, distante – il mio primo bacio a Draco Malfoy…

Lui la guardò, ma non disse una delle solite cose come “dovresti esserne orgogliosa” oppure “sono irresistibile perfino per te”, per una volta ebbe il buon gusto di rimanere zitto.

In verità, quando aveva pensato a tutta quella piccola messinscena, non aveva deciso di andare così in là, ma poi c’era stato un momento dove non era riuscito a tirarsi indietro e, probabilmente, se non l’avesse vista piangere, non si sarebbe fermato.

Questo era preoccupante.

La fissò mentre si alzava dal letto, lo sguardo triste e gli occhi rossi, senza una parola s’infilò le ciabatte e si diresse verso il bagno.

 

*          *          *

 

Il suo primo bacio a Draco Malfoy… adesso sì che lui avrebbe potuto prenderla in giro fino allo sfinimento, fino a distruggerla, non poteva pensare a niente di più imbarazzante e si stupiva che non avesse già cominciato a dirle qualcosa di offensivo, ma se ne fosse rimasto sul letto a fissarla mentre piangeva, con una gamba piegata sotto di sé e lo sguardo perso, lontano.

E dire che il giorno prima le aveva urlato che, con una come lei non avrebbe voluto fare niente… ma probabilmente per lui non contava la persona, una valeva l’altra.

Chissà se era pentito… non, non credeva, se c’era una cosa che quel maledetto Serpeverde non aveva mai mostrato, quella era la pietà, tantomeno il compatimento. E quindi non ne avrebbe provato per lei, né si sarebbe sentito in colpa per quanto fatto.

Se avesse dovuto giustificarlo, avrebbe detto che, probabilmente, alla sua età il primo bacio bisognava averlo dato già da un pezzo… ma quello non era il momento di mettersi a difenderlo, doveva smetterla di cercare di capire tutti, Malferret, poi, era un vero enigma e non era il momento di mettersi a risolverlo, non doveva difenderlo!

Non sarebbe mai stato il momento perché appartenevano a mondi diversi.

Eppure, quella sera precedente, mentre lui delirava gridando di fuoco e fiamme che avrebbero bruciato in eterno, si era sentita molto vicina a lui, quasi che, se le avesse spiegato, avrebbe potuto capire.

Ridicolo…

L’erede della casata Malfoy detestava ogni babbano sulla faccia della terra, non ci sarebbe mai stata l’occasione di stringere amicizia, di scambiarsi idee e opinioni, di volersi bene e aiutarsi.

Mai.

Perché il ricordo bruciante di quel giorno al campo da quidditch, al secondo anno, era ancora vivo dentro di lei e la aiutava quando rimaneva senza parole di fronte ad una sua provocazione, era quell’immagine delle labbra sottili che pronunciavano per la prima volta la parola “mezzosangue” che le dava la forza di continuare a contrapporsi a lui, perché era stato il primo che le aveva detto chiaramente che nel mondo magico per lei non c’era posto.

E non c’era posto neppure nel mondo dei babbani.

Senza casa, senza radici, senza mondo.

Eppoi lui aveva le sue idee razziste, i suoi pregiudizi, i suoi modi e la sua famiglia.

Chi sarebbe stato così stupido da credere che potesse esserci un briciolo di amicizia tra loro?

Lei lo era stata, la sera prima, ma non avrebbe commesso di nuovo quell’errore.

 

Un’ultima lacrima furtiva le rigò la guancia, si fermò e la scacciò con la spugna bianca, poi, decisa, posò la mano sulla maniglia del bagno per andare finalmente a cambiarsi.

 

Neppure il tempo di abbassarla che un grido lacerante la fece voltare di scatto, vedendo la figura bionda dello Slytherin avvolta tra le fiamme e riversa sul letto che si teneva la testa.

Le iridi le si dilatarono improvvisamente per lo spavento, mentre, afferrando la bacchetta, cercava di ricordare un incantesimo per spegnere quell’incendio magico che, con altrettanta stranezza, non stava consumando copriletto e lenzuola, ma solo la figura umana

-          Aqua! – gridò mentre una cascatella si formava proprio sopra la testa del suo compagno, colpendo le fiamme che lo circondavano. Ma l’incendio non si spense.

Si voltò preoccupata alla ricerca di un’idea, che doveva fare? Che stava succedendo? Da dove venivano quelle lingue di fuoco tinte di rosso e di nero? E intanto lui gridava e questo la distraeva ancora di più. Insonorizzò la stanza e di lanciò sull’antico tomo di magie che aveva lasciato aperto sul tavolo.

Una tortora grigia le si avvicinò beccandole piano la mano, la scacciò, troppo concentrata per potersene occupare, troppo intenta alla ricerca di una formula efficace.

Beccandole insistentemente la mano, l’uccello le fece uscire del sangue, mentre, svelto, infilava il becco fino a voltare altre pagine. Lei lo guardò stupita e riconobbe sul tavolo una lettera di Silente.

Decise di fidarsi del volatile e cominciò a leggere ciò che recitava la formula. Per finire, agitò la bacchetta come le era indicato e una bolla nera come pece si formò intorno al Principe delle serpi, inghiottendolo.

Non lo vide più, mentre l’incantesimo pulsava a mezz’aria, contenendo sua il corpo straziato del ragazzo, sia la magia del fuoco che lo perseguitava. Lo sentì urlare di dolore, ma rimase paralizzata mentre alcune saette si muovevano rapide intorno alla sfera.

Alla fine, il nero si dissolse, lasciando cadere sul letto il corpo di un bambino. Di nuovo un bambino di dieci anni.

 

Abbandonando bacchetta e libro, corse verso di lui che non dava segni di vita.

Disteso sulle coperte, sembrava una bambola senz’anima, il corpo senza forza. Gli ascoltò il cuore e lo sentì battere, sospirò sollevata e gli scostò i capelli biondi dalla fronte, madida di sudore.

D’istinto e senza pensarci, lo abbracciò, poi si alzò in piedi, andò in bagno a cambiarsi svelta e tornò da lui che ancora riposava di un sono agitato.

Si sedette sulla sponda del letto e rimase lì, aspettando.

E sperando.

Adesso lui doveva davvero farle capire.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ok, devo fare qualche precisazione.

Innanzi tutto cominciamo col titolo, probabilmente ricorderete che ho lasciato, nel 4° aggiornamento, Draco che starnutiva, ebbene, questo vuole essere un po’ un collegamento. Il vero motivo per cui, però, ho messo questo titolo, è il significato che la parola “Ecchi” ha in giapponese. Suddetta parola viene genericamente utilizzata per definire le cose un po’ provocanti e deriva dalla pronuncia storpiata della lettera H, in inglese si pronuncerebbe eich con il ch dolce come la nostra “c” di “cioccolato” e H è proprio la prima lettera della parola “hentai” che, invece, a differenza di “ecchi” riguarda significati decisamente meno adatti e di cui non mi sognerei mai di parlare. Ecco, dopo che ho fatto questa lezioncina ina ina e stupidissima, aspetto di sapere che cosa ne pensate di questo capitolo un po’ stravagante, spero che vi sia piaciuto e mi auguro che vorrete lasciarmi una recensione, anche se minima… ^^

Ciao e al prossimo aggiornamento, un bacione grandissimo,

Nyssa

 

herm83: già, poveretta, vittima di un tipo come Malferret non deve essere così bello, anzi, credo proprio che sia traumatico (la mia Herm presto avrà bisogno non di uno psicologo, ma di uno psichiatra!). Sono contenta che ti piacciano i capitoli introduttivi che, in genere, sono i più leggeri; quando inizio una nuova fic, in genere, non li progetto, ma lascio che vengano come vogliono, mentre la parte più complessa è già stampata indelebilmente tra quei tre neuroni che mi ritrovo ihihihi, quindi sappi che è bello sapere che la mia opera di virtuosismo ti faccia ridere ^^

Ecco qui l’aggiornamento, anche se un poco in ritardo, spero che ti piaccia ugualmente e mi auguro che vedere presto un’altra tua recensione! Ciao e un bacione, Nyssa

 

potterina_88_: mi piace sempre descrivere qualcuno che va per negozi, sarà che anche io sono una amante dello shopping… (>_> non l’avrebbe detto nessuno…)

E sono contenta che anche una analisi della psicologia dei personaggi non sia stata troppo fuori posto, ogni tanto mi scappa senza volere e poi mi ritrovo come se stessi facendo una seduta a qualche povero Harry Potter o Ronald Weasley o chi altri, insomma, esagero, però poi non ho il coraggio di cancellare e allora lascio sempre… ed esce un bel pasticcio confusionario di ciò che stanno pensando al momento Draco, Herm e gli altri.

Molto presto Draco ed Herm cominceranno a conoscersi un pochettino di più, anche se arrivare a quei momenti è terribilmente lungo perfino per me, tuttavia, spero di riuscire a far rimanere la fic entro i 20 cappy… per una volta mi devo trattenere, sennò il seguito delle Relazioni lo posto quando sono vecchia…

Ok, spero che anche il 5° capitolo ti sia piaciuto, aspetto di sapere la tua opinione! Ciao e un baci grande, Nyssa

 

luana1985: magia! Come hai fatto? Forse quando ho mal di testa devo mettermi a leggere anche io la mia fic, magari passa se non muoio prima per tutti gli strafalcioni che ho scritto… far passare il mal di testa a me è qualcosa di proporzioni bibliche…

Ehehe, Blaise, anche se al momento è un personaggio piuttosto assente, tornerà alla ribalta e prenderà il suo posto.

Spero che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, ciao e un bacione!

Nyssa

 

Shavanna: l’idea dei libri babbani è nata del fatto che per prendere confidenza con un mondo diverso di comincia da qualcosa di piccolo e che ci incuriosisce, o almeno, per me è così, quindi, visto che Draco alla fine stupido non è, perché non incominciare con un bel romanzo? Mi sono detta durante uno dei miei deliri matematici (matematici nel senso che li faccio mentre studio o ascolto matematica, mica per altro >_>).

Per quanto riguarda Ron, in questa fic non avrà grandi ruoli o spessore, sarà piuttosto apatico, sul fatto che sia un idiota sono d’accordo, anche se io preferisco etichettarlo come “fesso” perché mi fa ricordare il “pesce lesso” al quale un po’ somiglia…

Ehehe, Malfoy comincerà a conoscere poco a poco il nostro nuovo mondo e poi… poi vedrò cosa far succedere, è ancora tutto da allestire per il prosieguo.

Bene, spero che ti sia piaciuto anche questo anomalo capitolo in accappatoio, ciao e a presto! Un bacio, Nyssa

   
 
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