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Autore: Mamey    24/09/2004    5 recensioni
Il Signore Oscuro: monologo di un pazzo.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che importa a noi, mio cuore, di quei laghi di sangue

Che Importa A Noi, Mio Cuore?

 

Che importa a noi, mio cuore, di quei laghi di sangue

e di bragia, dei morti a migliaia, dei gridi

di rabbia, dei sussurri dell’inferno che abbatte

ogni ordine; e del vento che infuria sui rottami,

e di ogni vendetta? Niente!

 

Burattini fra le mie mani sono le persone al mio servizio e vuoti involucri le parole di lode che a loro dedico. Beati fra l’orrore che ho creato danzano, cupi uomini vuoti affamati di potere e assetati di vendetta, credendo di essere una razza superiore e considerando il resto cibo per vermi.

 

Il mio è un gioco divertente.

 

Guardandoli, cupi in volto, pronti alla lotta e al massacro, mi sembrano monete che mi tintinnano nelle tasche, pronte ad essere spese per inutili cianfrusaglie, che accantonerò nel centro di una radura.

 

A cui darò fuoco.

 

Per poi riprenderne di nuove, più lucenti, e ritornare a spenderle senza ritegno.

 

O forse a perderle.                                           Che importa?

 

I massacri sono giochi con cui li induco alla schiavitù, piccoli regali che li terranno legati a me, stupidi egoisti che si cibano di carne e bevono il sangue dei loro simili.

Stolte creature di fogna, che affogo nella mia ambizione a mio piacere.

 

Ecco la loro utilità, il loro scopo.                   Il mio divertimento.

 

Il mondo non è che un palloncino colorato che fra le mie mani mi divertirò a scoppiare.

 

Non mi tolgo il cappello varcando la soglia dei boschi, luoghi antichi e sacri, e mi avvicino alle persone a mio piacere, me ne vado a metà del loro discorso, parlo ad alta voce nelle chiese, rido del racconto del saggio e comprendo le battute stolte dello sciocco, non mi inchino davanti alle donne, non lascio il passaggio ai bambini, non cedo posto ai vecchi… sono padrone di me stesso, padrone dell’aria che respiro e della terra che gloriosamente ospita i mie piedi.

 

Sono il padrone.

 

Uccelli, alberi, animali, tutto mi appartiene, e i fiumi devono deviare il loro corso per farmi camminare nei loro letti e le nuvole coprire al mio comando il Sole, le antilopi strisciare sul terreno e le farfalle nuotare nel mare.

 

Perché sono il padrone del mondo.

 

E si inchinano ancora i burattini!

 

Stolta feccia che la terra ha partorito in una notte senza luna, e ridono dei mie discorsi sul potere, compiacendosi delle carezze che do sulle loro teste quando mi ubbidiscono.

 

Gli ordinerò di danzare?

 

Danzeranno!

 

Gli ordinerò di cantare?

 

Canteranno!

 

Gli ordinerò di uccidere?

 

Uccideranno!

 

Tira i fili il gran maestro, cioè il sottoscritto, e inscena il secondo atto della commedia, gli attori sanno la loro parte?

 

Fa niente, che improvvisino…

 

Io solo sono il protagonista, e le comparse non hanno battute interessanti. Che giacciano accasciati sul palco muti o che parlino, che importa? La loro parte tanto non la sanno…

 

Fino alla mia dimora giungono gli urli dei poveri uomini divorati dai corvi, divorati dai lupi, ma che importa a noi, mio cuore? I lupi sono al nostro servizio, abbiamo noi addestrato i corvi… il nostro sangue mai berranno.

 

E che urlino, che urlino!

 

Che concerto divino il loro, strazianti gridi di pietà, mentre la loro carne ferocemente si squarcia sotto i colpi dei becchi aguzzi e il loro sangue disseta le assetate fauci.

 

Che urlino, che gridino!

 

E noi ascolteremo la dolce melodia dell’assassinio e dello sterminio mentre lo stridere delle lame sulle pelli diffonde una soave musica… quindi che importa a noi, mio cuore?

 

Ecco, adesso parlano? Mani bianche insanguinate, vesti nere immacolate, cosa credono di trovare… che io provi per loro pietà? Sciocchezze, follie! Parlano… maschere argentee ho donato loro, mantelli color della notte, la bella signora, e verità vere come la luce della luna… ciò non basta? Non si accontentano di quello che ho dato loro, perché vengono da me a parlarmi delle loro sciocche ed inutili guerre? Ma che importa a noi mio cuore?

 

Che parlino, smetteranno…

 

oppure giaceranno riversi sul dorso, mani protese e sguardi vacui, con il cuore avvolto nel giaccio, ed io e te rideremo, nella nostra gloria, del fastidioso ostacolo rimosso. Quindi che sprechino il loro fiato in inutili discorsi, se ne hanno voglia. Prima o poi smetteranno.

 

Che importa a noi, mio cuore, dei cadaveri che bussano a questa porta? Che i loro scheletri marciscano al di fuori di queste mura, che le loro carni a brandelli sfamino i vermi che infestano il portone…

 

che le loro voci vadano a fare compagnia agli ululati del vento.

 

Che importa a noi, mio cuore? Gli incubi ci hanno abbandonato da tanto tempo e i sogni ci ridono dietro, le stelle piangono sangue e la luna invoca perdono… che abbiamo da perdere a lasciare i dannati al loro posto?

 

Che si apra la porta dell’inferno sotto i nostri piedi, che una bufera scardini i forzieri della mia anima, che importa a noi mio cuore? Rincorreremo la fuggitiva e la custodiremo in altri luoghi. E con il Diavolo, che ne dici di scambiare due parole?

 

Sarà sicuramente un colloquio interessante.

 

Sentiamo il vento che ci rinnova le paure del passato, ma che importa a noi, mio cuore, tanto gli altri non lo sanno…

 

Allora, mio cuore, a noi che importa del sangue

della cenere

delle speranze morte

 del sarcasmo scadente

                                                                      delle lacrime prosciugate

                                                                                  delle ideologie distrutte

                                                                                              dei muri costruiti

                                                                                                          dei riverberi del passato

                                                                                                                     delle urla dei morti

                                                                                                                                 delle cupe canzoni della speranza

                                                                                                                                             e delle vuote menti?

 

 

Tanto tu sei esanime e io non sono che un umile burattinaio che vive di stenti.

 

 

 

 

Che importa a noi, mio cuore… JNAR

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È la prima volta che provo a scrivere il monologo di un pazzo, di un “uomo” di cui apprezzavo leggere le leggende sui libri di JKR, ma che da quando è risorto mi sembra solo un fanatico assetato di vendetta. Comunque ho già espresso cosa penso del Nuovo Voldemort (ossia del nuovo Ridde) in Memento Mori, Signor Ridde, e non voglio parlare di questo. Voglio solo chiedervi di essere comprensivi e di lasciare una recensione in cui giudicate questo brevissimo monologo e soprattutto vostri consigli. Perché mi è nuovo questo tipo di “stile” – come tutti i tipi di racconti che ho scritto su questo sito, del resto. Mi sto divertendo a sperimentare, scusate – e vorrei migliorare questa “tecnica”. Per cui, grazie. E per chi proprio non vuole farlo… beh, grazie di aver letto. Ma giuro che vi sguinzaglio dietro uno dei miei Dissennatori, se persistete nel non recensirmi.

 

p.s. apprezzo anche chi mi dice che non gli è piaciuta la storia, il mio modo di scrivere, la mia visione dei personaggi. Le critiche sono cose che sicuramente mi aiuteranno a migliorare.

 

Ok, ho parlato anche troppo. Grazie ancora per aver letto una delle storie di questa umile discendente dei Dissennatorithanx

                                                                      

                                                                                              * Mamey *

 

 

 

   si vantano, e considerano il resto vermi. oti affamati di potere e assetati di vendetta, credendo di essere una razza superior

 

 

 

  
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