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Autore: neverwhere    23/01/2008    2 recensioni
Scritta per un contest di un forum ovvero basandosi su anime, manga o film secondo preferenze scrivere una fic che avesse per soggetto la morte di Ed...
Mi sono molto divertita nello scriverla e spero per voi altrettanto nel leggerla!
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nel buio

Buio. Mi risveglio e tutto è immerso in una tenebra profonda e calda. Mi sembra di fluttuare, provo a tastare il mio corpo ma non lo trovo eppure continuo a sentire, soprattutto questa sensazione come se fossi immerso nel liquido amniotico. Poi la luce squarcia le tenebre; strano, mi aspettavo che dopo tanta oscurità mi ferisse gli occhi, invece sembra chiamarmi, invitante. Però è anche fredda, un po’ mi fa paura. Avverto oltre quella luce qualcosa che so di non volere, ma chiama la mia coscienza, mi attira in modo irresistibile ed inesorabilmente vi vengo trascinato dentro. Appena oltre la demarcazione fra luce e tenebre una sensazione estrema attraversa il mio corpo, ogni mia fibra. È come ritrovare un vecchio amico da tempo atteso e nel contempo un dolore lancinante, talmente acuto che mi pare impossibile possa esistere tale e tanta sofferenza. Tutto dura solo pochi secondi e mentre scivolo di nuovo nell’oblio ho il tempo di pensare confusamente: *Corpo... Ho un corpo?*, e mi sembra di sentire una folle risata isterica, gioia mista a terrore, nel fondo del mio cranio.

Apro gli occhi. Il sole invernale entra dalla finestra dando risalto alle pareti candide e al mobilio metallico della stanza in cui mi trovo. Cerco di alzarmi, ma evidentemente le mie forze non me lo consentono. Abbasso lo sguardo e ciò che vedo mi lascia perplesso. L’ago di una flebo si insinua nella vena di un braccio smagrito, deperito al pari del torace che intravedo dallo scollo della maglietta. Lunghi capelli biondi. “Ehi, come quelli del fratellone!” penso fra me, ed allora i ricordi mi assalgono, vividi. Lancio un grido strozzato dal dolore e dal pianto, piegandomi su me stesso soverchiato da queste fitte che sento spezzarmi l’anima. Una mano misericordiosa mi inietta qualcosa e sprofondo nuovamente nell’oblio.

”Fratellone!” chiamo. Sono tornato dove ero prima, lo sento, ma ora non ci sono tenebre o luce accecante, più una specie di luminosità crepuscolare. Avverto di nuovo la mancanza di corpo, di fisicità. Chiamo ancora, aspetto una risposta che so non arriverà mai. Il fratellone è morto, rammento a me stesso avvertendo un senso di pesantezza. È strano ma il dolore, seppure presente, è molto meno acuto qui. Mi abbandono al flusso della mia coscienza, ricordando.

“No, non farlo!” Era stata Winry a gridare. Avevamo alla fine sconfitto gli Homuncoli e il Padre, restituendo Amestris ai suoi legittimi abitanti e proprietari, ma al prezzo di molte vite. Chissà quanti si sono sacrificati per questa causa e non ci sarà nessuno a ricordarli. Penso a Scar, sepolto sotto la dura terra gelata e la neve di Briggs; Scar, nemico prima, alleato poi, sempre onorevole. Una lunga notte mi ha raccontato la sua storia; ora comprendo le sue ragioni. Non l’ho perdonato, ma nemmeno posso biasimarlo. Ancora non avevamo recuperato i nostri vecchi corpi e tutte le Pietre Filosofali di cui si aveva notizia erano andate perdute in un modo o nell’altro durante l’ultimo periodo di disperati scontri. “Forza Ed, ce la faremo!” gli avevo detto cercando di incoraggiarlo, sebbene ormai sapessimo che il tempo a me concesso diminuiva inesorabilmente, di secondo in secondo. Mi sorrise, ricordo. “Non preoccuparti, non lascerò che anche tu scompaia Al. Te lo prometto.” Sapevo che il fratellone avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenere quella promessa. Io e Winry lo stavamo andando a trovare, ma non appena lei aprì la porta gridò le sue parole e capii che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato. Ed, ancora gravemente ferito, aveva tracciato sul pavimento della sua stanza un complesso cerchio alchemico. Non so dove avesse trovato la forza di farlo, debilitato com’era; aveva spostato i mobili lungo le pareti e disegnato quel cerchio enorme senza nemmeno un difetto. Lo riconobbi al primo sguardo e se avessi avuto un corpo normale sarei rabbrividito. Era una modificazione di quello che avevamo elaborato per riportare in vita nostra madre. Appena la porta fu aperta Ed si bloccò, come un animale colto da una luce intensa ed improvvisa: sperava davvero di riuscirci, di non essere scoperto fino alla fine. “Cosa... COSA DIAVOLO CREDI DI FARE??!” Accidenti, non avevo mai visto Winry così alterata! Io avevo già capito e non persi tempo, sapevo che ogni secondo era vitale per fermarlo. Mi slanciai verso Ed cercando di gettarlo fuori dal cerchio, ma prima che potessi fare alcunché ci sorrise, il sorriso più sereno e radioso che avessi mai visto, fece un passo avanti entrando nel cerchio ed attivandolo. So che gridai, ma non sentivo. So che un bagliore blu, accecante, ci avvolse, ma non vedevo. So che caddi a terra, ma non provavo nulla.

Poi mi risvegliai, nello stesso luogo in cui sono ora. Ora che ho ricordato, ritorno al mondo reale (Reale? Quale dei due luoghi lo è veramente? Ormai non lo so più...).

“Stupido, stupido fratellone...” riesco a mormorare fra i singhiozzi che mi squassano, senza riuscire però a diminuire il dolore che mi lancina il petto. C’è qualcun’altro nella stanza, lo sento. Alzo lo sguardo e mi trovo davanti Winry, il viso tirato, gli occhi rossi e gonfi per il pianto, cerchiati per il sonno quasi inesistente negli ultimi giorni. Abbasso subito lo sguardo per non incrociare il suo. “Non è colpa tua Al Quel testone ha fatto tutto da solo.” Cerca di non lasciar trasparire tutta la stanchezza e il dolore, ma con scarsi risultati. È inutile, qualunque cosa dica non posso fare a meno di sentirmi responsabile per il sacrificio di Ed. Dopo qualche minuto se ne va. La sento piangere nel corridoio; mi dispiace farla sentire peggio, ma ora non potrebbe fare davvero nulla. È qualcosa che devo affrontare e superare da solo. Chiudo gli occhi, sperando di scivolare in un sonno senza sogni, continuando a chiedermi: perché, fratellone? Le mie richieste non sono esaudite: mi addormento ma ritorno in quel libo crepuscolare.

*Dannazione, cos’è questo posto? Perché sono qui?* penso, irritato ora oltre che triste. “Ti aspettavo.” La voce familiare e affettuosa che da così poco eppure così tanto tempo non sentivo. Col mio corpo immateriale mi volto di scatto verso al voce, incredulo. Se avessi un cuore, mi scoppierebbe nel petto per la gioia. “Fratello”, sussurro. È proprio Edward, identico a come è sempre stato, col suo sorriso ottimista e senza più alcuna traccia delle ferite che costellavano il suo corpo. “Ma come...” riesco a balbettare solo questo. “Cos’è, davvero hai creduto che ti abbandonassi per sempre?” mi dice in ton affettuoso. “Sai, ormai ero stanco, molto stanco. Per salvare questo Paese ho dovuto fare cose davvero orribili, più o meno direttamente, non sarei mai più stato lo stesso... e il tuo tempo stava finendo. Io ero stato ormai contaminato, ma tu avevi ancora uno spirito intonso, potevo salvarti. E così ho fatto. Ho dato il mio corpo per il tuo, sfruttando il nostro legame per mantenere le nostre anime legate. Te l’ho promesso, no? Avremmo riavuto i nostri corpi insieme.” All’inizio non capisco, poi Ed si toglie il guanto destro e sotto invece della solita automail vedo normalissima pelle rosa, muscoli che guizzano quando flette le dita. *Già, lui le mantiene sempre le promesse* penso non sapendo se ridere o pianger. Prima che io possa ribattere, riprende a parlare. “Questo è un angolo della tua mente in cui non ti darò alcun fastidio, quando hai bisogno sai dove trovarmi.” Mi strizza l’occhio, iniziando ad allontanarsi verso chissà dove. Poi si ferma, e da sopra la spalla si raccomanda “Non dire di questa cosa a nessuno.. Tranne a Winry ovviamente, non voglio certo che quella ragazza passi tutta la vita a piangere per me.” Sorride un’ultima volta, serenità commista a tristezza, poi riprende a camminare. Prima di poter vedere cosa ne è di lui mi sento di nuovo risucchiato verso il mondo esterno.

E allora mi sveglio, col volto rigato di lacrime. “Fratellone...” mormoro ancora, ma stavolta sorrido.
  
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