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Autore: Ognibonus    12/07/2013    1 recensioni
Mentre aspettava che gli si materializzasse il braccio sinistro, Zimmermann osservava gli atipici dipinti appesi sulle paratie di acciaio nero opaco. Non erano i soliti ologrammi che venivano usati sulla terra, questi fluttuavano nelle loro filiformi cornici, l’uno accanto all’altro.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'astrosmart C2c di Alfonso Zimmermann, accostò con leggiadria allo scafo di acciaio di un'astronave dalla forma bizzarra, eseguendo una manovra pressoché perfetta.
Alfonso attivò il campo magnetizzato nella sottile striscia che attorniava il suo piccolo mezzo spaziale. L'astrosmart si appiccicò alla cosmonave come una remora a uno squalo.
L'uomo si alzò dalla poltrona anatomica e accedette allo scomparto dietro il cockpit.
Assicurò un congegno simile a uno smartphone alla cintura, si mise in tasca un pacchettino incartato, poi digitò su un monitor touchscreen alcune coordinate.
Il suo corpo diminuì di intensità fino a disperdersi a poco a poco dall’interno della C2c.
 
L’illuminazione dentro il vascello alieno era fioca, quasi insufficiente a rendere visibili tutti i particolari degli interni.
Mentre aspettava che gli si materializzasse il braccio sinistro, Zimmermann osservava gli atipici dipinti appesi sulle paratie di acciaio nero opaco. Non erano i soliti ologrammi che venivano usati sulla terra, questi fluttuavano nelle loro filiformi cornici, l’uno accanto all’altro.
Una tecnologia alquanto superata, pensò Zimmermann.
L'uomo si spinse nel cuore della galleria. La speciale visiera a radiazioni Fulgida Notte gli permetteva di vedere come se dentro ci fosse stato un sole artificiale.
Sopra la sua testa c'erano alcune bocche per l'aerazione, che emettevano un brusio simile al ronzio delle zanzare.
C'era un gradevole profumo nella corsia, e sulle prime Zimmermann non riusciva a capire dove lo avesse già sentito.
“Ah, incenso.” pensò.
Sotto i suoi stivali il pavimento vibrava appena, i motori a spinta magnetica dell'astronave erano al minimo.
“Condizioni ambientali definite dalla quasi assenza di perturbazioni sonore.” si disse.
Si fermò, girando la testa e guardandosi dietro con la coda dell'occhio.
Alcuni riciclatori di cibo si erano messi in moto, rompendo l'inquietante silenzio, ma facendo sobbalzare Zimmermann.
L'uomo proseguì, e dopo una curva a gomito, scorse un semicerchio luminoso che sanciva la fine di quel lungo budello.
Una volta lì però, esitò a entrare.
Da una tasca della tuta arancione, tirò fuori un bastoncino di plastica lungo dieci centimetri. Con una leggera pressione del pollice, dalla punta dell’astina partì un allungamento estensibile.
Soffiò via un ciuffo di capelli corvini dalla fronte.
L’uomo agitava l’asta all’interno della stanza, mentre lui se ne stava al sicuro sotto lo stipite della volta. Vedendo che non accadeva nulla, con la stessa pressione del pollice, il prolungamento si ritirò, portando l’asticella alla dimensione tascabile.
C’era qualcosa che in ogni modo non tornava. Troppo silenzio. Una quiete irreale. L’esperienza gli aveva insegnato la cautela in posti insidiosi come quello.
Infatti, un sensore inserito nella cartilagine del  padiglione auricolare sinistro emise una serie di bip.
Zimmermann si voltò di scatto, giusto in tempo per schivare la  lunga tibia spinosa di un’enorme mantide.
L'uncino appuntito dell’insetto, mancato il bersaglio, si schiantò sul pavimento, provocando uno stridore acuto con uno schizzo di scintille da sembrare fuochi artificiali.
Con lo stesso bastoncino retrattile di nuovo allungato, l’uomo colpì il protorace verde della mostruosa Mantodea, che intanto aveva perso l'equilibrio.
‒ Touchè. ‒ disse Zimmermann, rivolgendole poi un lieve inchino.
‒ Ah, ah! Questa volta non ci sei cascato, Fath Pataka. ‒ disse la gigantesca mantide, a complimentarsi per l’ottima contromossa da parte dell’ospite. 
I due si strinsero in un affettuoso abbraccio. Alfonso era un uomo alto, ma accanto a quell'essere pareva un bambino.
Con un gesto dell'arto raptatorio, la signora Mantide lo invitò a entrare nella stanza.
‒ Zio Fath! ‒ gridarono all’unisono due cucciolotte di mantide. Le piccine si distinguevano dalla madre non solo per l’aspetto fisico più minuto, ma anche per la pigmentazione rosa shocking.
Con una zampetta, Kokomonozor, prese la mano guantata di Zimmermann e lo trascinò emozionata al grande albero di Natale, che si ergeva al centro dell'ampia stanza rotonda.
Ai piedi dell'abete rosso c'erano una decina di pacchi regalo di tutte le forme e dimensioni.
‒ Questo è il mio. ‒  disse, appoggiandolo vicino agli altri.
I due cuccioli di mantide lo ringraziarono strofinando tra loro le zampette, producendo una piacevole melodia.
‒ Alfonso, non dovevi. ‒  disse lei.
‒ Dai, non cominciare. È solo un pensiero.
Se avesse avuto le labbra Sophronia gli avrebbe sorriso, ma Zimmermann percepì lo stesso.
‒ Hai visto le nuove palline, zio? ‒ chiese Burkalaska, l’altra mantidina.
‒ Fantastiche. ‒ replicò lo zio umano. ‒ Dove le avete prese? ‒
‒ Da Zelion, su Gronozixx 56. ‒ Rispose Sophronia, con le tibie irte di aculei dietro la schiena.
‒ Vuoi un aperitivo prima del Cenone? ‒  chiese lei, avvicinandosi al carrello dei liquori.
‒ Il tuo Froskfit lo bevo volentieri.
La mantide glielo preparò e glielo porse, poi si mise a sedere e chiacchierano per un po' con il vociare vivace delle mantidine che faceva da sottofondo.
Il pavimento e le paratie riscaldate, offrivano un confortevole ristoro.
‒ Da quanto tempo è che non vai più sulla Terra? ‒  chiese Sophronia, rigirandosi nelle punte degli uncini una tazza piena di othos fermentato.
Lui si era tolto la visiera. Due occhi blu cobalto spiccavano come pietre preziose in quel viso snello, aveva uno sguardo così diverso rispetto all'espressione fredda dei bulbi sporgenti della mantide.
‒ Dieci anni circa ‒ rispose ‒  da quando c'è stata l'ascesa al potere del dittatore Kateterus.
‒ Da così tanto? ‒  si stupì lei.
‒ Sì, viaggio solitario da così tanto.
Un fischio provenne dalla cucina.
‒ Madonna, il forno ‒ disse la mantide, alzandosi di scatto.
‒ Accomodatevi tutti a tavola, intanto. ‒  ordinò mentre correva nel vano di fronte.
 
Sophronia tornò con una pirofila di terracotta.
‒ Mmm, che profumino ‒   disse Zimmermann ‒ cosa ci ha preparato la nostra cuoca di speciale?
La mantide alzò il coperchio. Dal piatto si sprigionò un vapore biancastro e il profumo divenne più intenso.
‒ Voilà, il mio sesto marito. ‒  disse lei soddisfatta.
La testa arrosto della mantide era farcita con olive gialle di Bynask e una salsa leggera di una tradizionale ricetta delle mantidi di Kyoz.
‒ Non ha proprio un'espressione felice. ‒  fece notare Zimmermann.
‒ Ma non ha fatto storie come gli altri quando l'ho fatto a pezzi ‒  rispose Sophronia ‒ ha accettato il suo ruolo e basta.
La mantide divise la testa in quattro parti e servì per primo l'ospite.
‒ Burkalaska, vuoi offrire tu la preghiera, per piacere? ‒  chiese lei.
La mantidina annuì e ringraziò Hodon per il cibo e per l'ospite. 
‒ Mangiate ‒  disse Sophronia ‒ in forno ce n'è ancora.
‒ Buon Natale. ‒  disse Zimmermann.
‒ Buon Natale. ‒  risposero le altre. 
  
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