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Insegnate!
A parere mio, la piccola e
piovosa Forks non è mai stata un gran che. Noiosa,
monotona, sempre la stessa.
Ci sono nato e cresciuto,
ma non mi è mai sembrata molto interessante, che ci posso fare? Sono fatto
così.
Frequentavo
il penultimo anno del liceo, piacevo alle ragazze, chissà perché.
I capelli castano chiaro
li portavo sempre legati in una coda alta che mi sfiorava il collo. Ma la cosa
più strana di me, erano gli occhi. Uno era verde smeraldo, come quelli di mia
madre. L’altro celeste cielo, come quelli di mio padre. Dietro le lenti e sotto
la frangia, la cosa non si notava molto, per fortuna.
Come ogni giorno entrai in
mensa, andandomi a sedere al solito tavolo, da solo.
In tutti quegli anni
passati a scuola non avevo fatto amicizia con nessuno, forse ci stavo un po’
male, ma penso che forse sia stato meglio.
Non volevo che nessuno si
accorgesse dei miei occhi. Mordicchiai distrattamente un pezzo di pizza, mentre
ripassavo matematica.
Presi un bel respiro –Tre…
Due… Uno…-.
-Ciao Claus, come stai?-
la voce squillante di Jess mi fere sospirare.
-Sto bene, tu?- chiesi a
mia volta.
Lei si sedette, manco
l’avessi invitata –Stò bene, ma perché non alzi mai lo
sguardo quando parliamo?-.
Dio, parlava a raffica
–Forse perché ogni volta che parliamo io stò
studiando?-.
-Per una volta potresti
anche chiudere i libri!- disse allungandosi per
togliermi di mano il libro di matematica.
Mi scansai appena in tempo
–Jess, sto ripetendo, ti prego…-.
Lei sbuffò –Dai Claus, che
ti costa chiudere il libro?- chiese lagnandosi.
Non la sopportavo
più, ogni giorno partiva all’attacco nella speranza di un mio invito ad
uscire. Cosa che non sarebbe MAI successa.
-Jessica… Gentilmente mi lasceresti solo?- chiesi nella maniera più gentile che potessi avere.
-Perché non vieni al nostro tavolo?- chiese sorridendo.
Mi chiedo
cosa della parola “Gentilmente mi lasceresti da solo” non avesse capito.
Sbuffai e aprì la bocca per ribattere.
Quando una voce calda che
mi fece venire i brividi non mi bloccò –Claus, scusa
se ti disturbo…-.
Alzai un attimo lo
sguardo. Alice Cullen mi sorrideva, i denti bianchissimi e dritti, i capelli
corti e quel sorriso dolce.
Scossi la testa e sospirai
–Dimmi…-.
-Ti spiacerebbe
venire al mio tavolo?- chiese –Non ho capito bene una cosa, potresti
spiegarmela?-.
Sbattei le palpebre, mi sa che non avevo capito bene. Alice era brava in tutte le
materie.
Jessica ci fissava
leggermente irritata. Entrambe attendevano una mia risposta.
Lanciai uno sguardo al tavolo
dei Cullen, il tipo grosso, credo che si chiamasse
Emmet, frequentava l’ultimo anno assieme alla sua fidanzata e al ragazzo biondo
che sempre se non erravo era il ragazzo di Alice.
Poi c’era la biondina,
bellissima come sempre, e il ragazzo dai capelli bronzei.
Emmet si girò verso di noi
e fece segno di raggiungerli. Conoscevo i Cullen, Carlisle il loro padre
adottivo era un amico di famiglia, non che medico di
fiducia.
-Ok…- dissi alzandomi e
raccattando la mia roba. Alice mi aiutò portando il mio pranzo. Prima di
avviarmi assieme a lei guardai Jess con la coda dell’occhio,
era arrabbiata, sorrisi compiaciuto, meglio così, non mi avrebbe
scocciato in futuro.
Una volta seduti Emmet mi
diede una pacca dietro la schiena, che per poco non mi fece finire di faccia
sulla pizza –Fai strage di cuori eh?- disse
ridacchiando.
Mi sistemai meglio gli
occhiali arrossendo leggermente –Non mi piace…-
sussurrai scatenando la sua risata –Ehm… Alice, cosa non hai capito- le chiesi.
Lei sorrise –Era una scusa per trascinarti via da lì, eri in difficoltà
no?-.
Le
sorrisi grato e ripresi a
mangiucchiare riaprendo il libro.
Emmet sospirò –Non ti fa
bene stare sempre sui libri!- disse togliendomelo da sotto il naso senza che me
ne potessi accorgere.
-Ehi!- protestai –Dai, ridammelo!-
mi sporsi per prenderlo, ma persi l’equilibrio, e sarei sicuramente finito per
terra, strinsi gli occhi pronto all’impatto che non
avvenne.
Mi azzardai a riaprirne
uno, e mi trovai a fissare il viso perfetto di Edward
Cullen. Avvampai dall’imbarazzo –G…Grazie…- sussurrai.
-Hai gli occhi celesti?- chiese riferendosi al mio occhio destro, quello che aveva il
colore di mio padre.
-Ehm… Non proprio…- dissi
solamente coprendo gli occhi con la frangetta.
Mi rimise in piedi
porgendomi il libro, che presi biascicando nuovamente un “grazie”, che
figuraccia che avevo fatto.
Sospirai e rimisi il libro
in cartella, ero negato per la matematica, però cercavo di migliorare.
-Se vuoi ti aiuto!- disse.
Lo fissai con la coda
dell’occhio –Cosa?- chiesi.
Edward ridacchiò, era così
bella la sua risata –In matematica, posso aiutarti…-.
-Davvero?- lui annuì
–Grazie!- esclamai sorridendo.
-Sai dove abitiamo, ci sei
già venuto con i tuoi no? Ci vediamo alle quattro, non tardare!-.
-Ok!- sorrisi e corsi alla
prossima lezione. Che bello, sarei tornato alla casa
dei Cullen, mi piaceva, era immersa nella foresta, e poi, c’era il piano forte.
Io ero specializzato in violino, ma adoravo sentir suonare Edward.
Non appena le lezioni
terminarono corsi fuori e emisi un gemito di disperazione,
stava piovendo, ed io ero andato a scuola in bicicletta.
La macchina era servita a
mia madre.
Sospirai e alzai il
cappuccio incamminandomi verso il mio mezzo alternativo, ma sentì qualcuno
fermarmi per la spalla, mi voltai e vidi Edward Cullen.
-Ti do
un passaggio in macchina- disse. Lanciai uno sguardo alla volvo
argentata.
-Ci entreremo
tutti?- chiesi titubante.
Lui ridacchiò
–Gli altri tornano con la macchina di Rose…-.
-Ah…- sarei stato da solo,
in macchina con lui –Ok…-.
-Già che ci sei, perché non vieni direttamente a casa mia?- propose.
-Devo avvisare mia madre- dissi.
-Passiamo da casa tua, l’avvisi e andiamo a casa mia!-.
Ridacchiai
–Fai dei piani assurdi!-
sentenziai salendo in macchina ed allacciando la cintura.
-Davvero?- chiese ridendo.
Io annuì
e sorrisi, mentre lui partiva. Dopo un po’ lanciai un
occhiata al conta chilometri –Edward, stiamo andando troppo veloci!-
dissi agitandomi leggermente.
-Tranquillo- fu l’unica cosa che mi disse, in effetti,
padroneggiava bene la macchina e la velocità.
Arrivati a casa mia scesi
di corsa ed entrai in casa seguito da lui. Mia madre sorrise dolcemente, com’era solita fare.
Nascondeva a tutti il suo vero stato.
-Mamma, io vado a fare i compiti a casa Cullen!- la informai.
-Signora Miller…- disse Edward sorridendo.
-Ciao Edward- salutò lei.
Lasciai la cartella e
presi solo il libro di matematica –Ci vediamo a cena
mamma!- le diedi un bacio sulla guancia e sorrisi.
-Miraccomando- disse stringendomi.
-Ok…-.
-Lo riaccompagno appena
finiamo!- disse Edward.
Mia madre annuì e mi
scompigliò i capelli. Dopo aver salutato salimmo in macchina e ripartimmo, con
destinazione “casa Cullen”.
Una
volta arrivati fummo accolti da
Esme, sempre gentile e sorridente, mi ricordava un po’ mia madre. Mi fece
accomodare in salotto e portò anche da bere.
La ringraziai e mi scusai
del disturbo, mi spiaceva dare fastidio alla gente.
Non appena finimmo di
studiare mi stiracchiai intorpidito dal troppo stare seduto –Che faticaccia!-
commentai sorridendo.
Edward mi fissò e sorrise
–Già!-.
-Sei un
ottimo insegnate, ho capito tutto!- dissi entusiasta.
-Grazie signor Miller!- scoppiammo entrambi a ridere.
Sulla strada verso casa
mia, non parlammo molto. Una volta arrivati frenò di
scatto facendomi sobbalzare. C’era un ambulanza davanti
a casa mia, e un sacco nero che veniva richiuso.
Sbarrai gli occhi, mentre
la paura m’invadeva –Mamma…- sussurrai.
Fine del primo capitolo.
Beh, mi sono fatta coraggio prima di pubblicare questo primo capitolo, non
so se verrà apprezzato, io ovviamente spero di si^^ fatemi sapere che ve ne
pare! Un bacione ^_-