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Autore: CinderNella    12/07/2013    2 recensioni
[Cast Les Miserables]
«Senz’ombra di dubbio.» rispose quella con un sorriso, chiudendo poi la porta.
Era davvero amorevole. Carina e dolce. E ancora una volta, non era stato l’alcol a parlare.

[Eddie Redmayne x Amanda Seyfried]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dunque, arrivo con una fanfiction su una coppia tanto amata (perlomeno su Tumblr e su altri siti di fan fiction) e probabilmente, nella realtà, impossibile. Il testo citato nella storia è "Senza Dubbio" degli Articolo31, che trovo molto dolce, e adatta per la storia... ovviamente non penso e credo che le cose siano realmente accadute (a parte per l'intervista che potrete trovare qui -> http://www.youtube.com/watch?v=7q5MQCoRSxs&list=FLfjUy5IFZTLyjbxoI3mE5Yg&index=2, lo svenimento e alcune piccole cose riferite alla premiere) non lo spero nemmeno, perché appunto, la storia è completamente inventata da me... e soprattutto adoro la reale fidanzata di Eddie (Hannah Bagshawe, ndr), sono adorabili insieme... ma adoro anche le coppie impossibili, e Eddie e Amanda ne compongono una, yay! Quindi lo shipping è partito da solo XD E poi hanno troppa chimica insieme e sono troppo adorabili, quindi non potevo non scrivere di loro U_U
Importante: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.

E poi... spero la storia vi piaccia. Nel caso vi siano errori non esitate a contattarmi! Grazie in anticipo e... ci vediamo alla fine della storia dove lascerò alcune note!



Senza dubbio

 

Perché senza dubbio, tu sei quella, che si merita il meglio di me,
senza ombra di dubbio ne vali la pena.


Si stava divertendo a guardare le vecchie interviste che trovava su di lei su youtube, mentre coccolava Finn steso su di lei. Quel cane pigrone, soprattutto non appena vedeva un divano.
Ne aveva trovate diverse su Les Misérables, ma una in particolare aveva colto la sua attenzione, e si era ritrovata a premere play e a riguardarla.
Hugh parlava di come era stato brutto vedere il film per la prima volta, per l’ansia. Lui invece si limitava a dire che l’avevano visto insieme, con Sam e lei stessa, e per la prima parte del film era stato solo un film molto buono con Hugh, Russell e Anne, mentre nella seconda c’era stato un terribile momento di ansia perché erano apparsi loro tre.
Quella intervista era stata particolare: non solo per le domande particolarmente di parte dell’intervistatrice – doveva essere un’accanita fan “Amandie”, così aveva letto  su internet, così chiamavano lei e Eddie come coppia – ma anche per la sua dolcezza in certi momenti.
“Amo Eddie perché…”
“Sta’ attenta con ciò che dici!” era così adorabilmente rosso in quel momento. Per i suoi complimenti, e Hugh che aveva iniziato a parlare di come il suo sedere occupasse gran parte dello schermo durante il film, ed Eddie era diventato ancora più rosso. Non poteva non rendersene conto e non accarezzarlo d’impulso.
“Non attardiamoci parlando del mio sedere” era scoppiata a ridere: come gli veniva di dire certe cose?! Sempre il tipo simpatico, il simpatico tipo inglese.
Innocenza, bellezza, saggezza e qualcosa di incredibilmente sexy. La prima volta che l’aveva sentita, quella descrizione, era stata lei ad esser completamente arrossita, ma fortunatamente in quella situazione era preparata, e si era ritrovata a descrivere Eddie: intelligente, impavido, incredibilmente… gentile, sensibile, davvero attraente. E per scherzare, aveva aggiunto, con le labbra più grandi di Hollywood. Era davvero tenero quando arrossiva, come se diventasse fino alla punta dei capelli rosso! E lei continuava a prenderlo in giro proprio per quel motivo.
E le mani che si sfioravano, il fatto che avesse sempre il braccio dietro la sua schiena… era normale, quel tipo di contatti che avevano sempre tra di loro e suscitavano tante dicerie, tra stampa e fan.
E poi quel gioco… quanto aveva riso riguardando altre volte quell’intervista e notando la predisposizione di Eddie a star per rispondere “bionde” invece di “more”… l’attimo di lucidità seguente lo fece riflettere e gli fece rispondere “more”, soprattutto perché probabilmente la sua fidanzata dopo aver visto quell’intervista l’avrebbe ammazzato.
Come minimo, Hannah non doveva sopportarla minimamente. Tutti quei contatti, perenni abbracci, sorrisi… erano veri, e potevano essere fraintesi. Ma la loro intera relazione poteva essere fraintesa.
Ma in realtà, non doveva esserla. Lui era felicemente fidanzato e lei amava felicemente Finn. Il suo cane, sì.
Sbuffò, chiuse il computer e ordinò a se stessa di pensare qualcosa di positivo e sorridere. Accarezzò Finn e si diresse in cucina, pronta per sgranocchiare qualcosa.
 
Era arrivata a Londra con la quasi certezza di aver perso la relazione oltreoceano. Conosceva Josh, e sapeva che non reggeva le relazioni a distanza – sapeva che era uno che perdeva la testa appresso alle ragazze. E si stancava subito. E lei non sarebbe stata a LA per mesi. Quindi era ovvio che finisse così.
Però si era imbarcata, aveva affrontato nove ore di aereo ed era atterrata ad Heathrow. Essendo la maggior parte delle riprese ai Pinewood Studios le era stato prenotato un hotel lì vicino e quindi era pressoché certa che non avrebbe quasi per nulla visto Londra, durante le riprese. Tirò un sospiro: tanto avrebbe potuto vederla sempre. Aveva preso un taxi – o come dicono loro, CAB – ed era arrivata all’hotel. Voleva solo dormire per cancellare il jet-lag, che la faceva sentire abbastanza rimbecillita.
Era arrivata, aveva fatto il check-in in hotel, aveva preso le valigie e si era diretta – finalmente – in camera. Lasciato tutto ai piedi del letto, si gettò su di esso, nemmeno si cambiò ed iniziò a ronfare beatamente.
Chi era il matto che suonava a quell’ora di notte?! Completamente inviperita andò ad aprire la porta: e si trovò davanti un ragazzo particolarmente snello – ma non troppo… giusto le gambe erano esageratamente due stecchini, ma proprio lei non era quella in grado di giudicare – rosso e dagli occhi verdi. Doveva essere Eddie, forse? Assunse una posa seccata e lo guardò eloquentemente.
«Dovresti scendere?»
«Come prego?!»
«Sono le otto e siamo richiesti agli studios. E tu non arrivavi e mi è stato chiesto di venirti a prendere di qua…»
«CHE COSA?!» le otto? Come potevano essere le otto?!
«Fammi indovinare, il jet-lag?» il ragazzo faceva fatica a trattenere la risata. Lo vedeva, era lì lì per scoppiare a riderle in faccia. Lei si voltò verso lo specchio e si rese conto del perché: allora fu lei a scoppiare a ridere e a trascinare anche lui nella risata.
«Comunque perdonami, sono Eddie.»
«Amanda» strinsero le mani «E sono fortemente in ritardo, a quanto pare.»
«Direi proprio di sì.» convenne lui, ancora sulla porta.
«Aspetta qui un minuto che arriverò» la porta si chiuse, sentì una marea di imprecazioni provenire dalla ragazza e un tonfo.
«Sono viva!»
«D’accordo!» non doveva essere una giornata facile per lei, ma lui non poteva non ridacchiare.
E non seppe sinceramente come quella avesse fatto ad esser pronta così in fretta, a dirla tutta. Dopo cinque minuti, anche se non perfettamente, era pronta. Era presentabile, completamente diversa da come l’aveva vista cinque minuti prima.
«Come hai— Lasciamo perdere, siamo tutti in ritardo» la prese per la mano – cosa di cui fu visibilmente colpita Amanda – e la trascinò giù per le scale.
 
Era solo metà giornata e aveva già conosciuto tutti. Davvero tutti. La maggior parte del cast, gran parte della crew… era stata trascinata in giro per conoscere tutti, in particolare costumisti e truccatrici.
Ed era stanchissima per aver fatto anche solo quello! Inoltre erano arrivati prima che iniziassero le riprese – era ancora Febbraio e faceva un freddo cane. E per le prime settimane avrebbero solo dovuto leggere, provare e studiare le parti. E soprattutto: cantarle. Cantare quasi sempre, essere impegnati con i loro coach “vocali” e dovevano essere sempre pronti e caldi a cantare. Uno stress assurdo, insomma.
«Ti sei ripresa?» saltò su e per poco non si versò tutto il tè caldo addosso non appena sentì qualcuno rivolgersi a lei: Eddie la guardava dall’alto dei suoi centottanta centimetri con un sorriso sardonico.
«Abbastanza, grazie. La tua è stata una buona giornata?»
«Beh, ho corso da una parte all’altra come te… e ho avuto il copione. E ho dato un’occhiata agli spartiti…»
«Mi piace cantare… ma non posso pensare di avere lezioni di canto tutte le mattine e la lettura delle parti nel pomeriggio. Non penso di potercela fare con ritmi del genere, non dall’inizio, perlomeno.» convenne Amanda, sospirando pesantemente.
«Ma come, una stakanovista come te!» esclamò lui, ricevendo un’occhiata stranita: «In che senso?»
«Beh, esci sempre con nuovi film, sei sempre impegnatissima…»
«È il mio personalissimo modo di gestire l’ansia.» dichiarò quella, dicendo effettivamente una mezza verità. Più lavorava, più si calmava. Ad un certo punto poteva arrivare ad avere attacchi di panico se le fosse sfuggito tutto di mano, ma ce la faceva a reggere quei ritmi.
«Dai, se credi di non farcela hai bisogno di una serata fuori!» propose il rosso con uno sguardo ammiccante.
«Che cosa intendi? No io devo sapere il copione entro domani!»
«Hai due settimane per impararlo, su, non hai scampo!» la prese per un braccio e la trascinò proprio come quella mattina, ma a differenza di prima non sapeva minimamente dove avesse intenzione di portarla.
Non avrebbe mai capito come facessero quegli inglesi a fare tutto controcorrente. Per esempio, Eddie aveva guidato lei, Sam e Aaron – a quanto pare era intenzionato a fare l’uscita tra “giovani” – fuori città, e lei aveva osservato per tutto il tempo, terrorizzata, le macchine che venivano dall’altra parte della strada. Aveva creduto di morire ed era arrivata molto vicina ad un attacco di panico. C’era da dire, però, che il pub dove li aveva portati era molto carino.
«Toglimi una curiosità, quando hai avuto l’opportunità di fare uno studio accurato di tutti i pub della zona?» chiese interessata Amanda, bevendo la sua Coca–Cola – perché non voleva arrivare sbronza il giorno dopo, cosa che sembrava minimamente non preoccupare gli altri tre.
«Durante l’università, è ovvio! Fa parte dell’educazione di Eton» gli altri due scoppiarono a ridere come se fosse qualcosa di normale, come se lo capissero. Lei alzò entrambe le sopracciglia e si fermò ad osservare il posto: a parte la gente chiassosa e ubriaca, era un posticino molto carino. Sottolineando appunto “a parte gli studenti chiassosi e ubriachi”.
Era una ragazza composta: era quella l’impressione che aveva avuto di lei. Sebbene non fosse stata la prima, visto che l’aveva conosciuta spettinata, stressata e al momento sbagliato, a quanto pareva. Ma era tutt’un programma: diligente, dedita al suo lavoro… sembrava quasi non volersi lasciare andare. Era lì per lavorare e sarebbe rimasta lì solo per quello. E aveva un non-so-ché di triste che nascondeva.
«Oh Gesù, dovremmo andare. Non è lontano, ma è tardi…» si ritrovò a dire, guardando l’orologio. Andò alla cassa a pagare per tutti – incontrando le proteste di tutti – ed uscirono al freddo e gelido inverno della campagna di Eton.
«Guido io.» dichiarò la piccola Amanda, sicura.
«Cosa? Anche da brillo, mi fido di più di me su territorio britannico, senza offesa»
«E potresti aver ragione, ma se ti beccano così al volante ti ritirano la patente dopo averti fare l’alcol-test. Quindi guido io» sebbene avesse il terrore di farlo.
Dovette cedere e mollarle le chiavi della sua preziosa auto: si sedette sul sedile del passeggero e vide la piccola e dolce Amanda sistemare il sedile, gli specchietti, lo schienale. Aaron e Sam erano troppo brilli e sconvolti per commentare.
E poi partì. Sembrava sicura, l’acceleratore era ben spinto… «Perdonami, ma hai mai guidato un’auto con le marce?»
«Sì.»
«Quante volte?»
«Una!» rispose quella con un sorriso, accelerando.
«Moriremo tutti stanotte» dichiarò lui, portandosi un palmo sulla fronte, sconsolato.
Neanche a chiamarsi la sfiga, un’auto proveniva dall’altro senso di marcia: d’istinto, una Amanda terrorizzata aveva sterzato troppo a sinistra e chiuso gli occhi per un millesimo di secondo e lui prese il volante, riportandolo al posto giusto: «Cristo! Non puoi fare così ogni volta che vedi un’auto!»
La biondina parve riprendere a guidare con tranquillità sulla strada deserta fin quando furono costretti a fermarsi. «L’avevi chiamato! Hai chiamato il posto di blocco!» non credeva nel karma o destino che lo si volesse chiamare, ma la ragazza aveva davvero detto che se l’avessero beccato alla guida l’avrebbero fatto fuori. E s’era fidato, e ora avrebbero controllato lei.
«Salve, agenti!» Amanda rivolse loro un sorriso a trentadue denti.
«Si è accorta che aveva superato il limite?»
«Qual è il limite di velocità qui? Arrivo ieri dagli Stati Uniti e quindi sono un po’ disorientata…» che i suoi occhi dolci stessero funzionando?
«Ha bevuto?»
«No!»
«Allora non le dispiace soffiare nell’etilometro?»
«No che non mi dispiace!» la ragazza uscì accompagnata dagli agenti, mostrò loro la patente e li seguì verso la volante.
Nel frattempo, lui tirava un sospiro di sollievo: aveva fatto bene a darle retta.
Amanda tornò dopo qualche minuto in auto, mise la cintura e ripartì.
«Quant’è il danno?»
«Non c’è!» rispose lei con tranquillità.
«Che significa che non c’è?!»
«Basta sorridere ed essere carini e coccolosi. E non ubriachi» sottolineò quest’ultima parte, e lui intese.
Arrivarono in hotel e Aaron e Sam uscirono subito, correndo alle loro camere: Amanda parcheggiò e consegnò le chiavi ad Eddie «Ecco qui, la tua cara e preziosa auto sana e salva.»
«Grazie.»
«Non devi tornare a casa?»
«In realtà no, anche io sto qui. Sai, per stare più vicino agli studios, più concentrato…»
«Oh. Ok. Allora io entro…»
«Ti accompagno!» aggiunse lui, chiudendo l’auto e mettendo le chiavi in tasca. Camminavano vicini l’un l’altro e a disagio, a poca distanza ma senza sfiorarsi e senza proferir parola. Rimasero così fin quando non arrivarono davanti alla porta della camera di Amanda, che prese le chiavi, si voltò e rivolse un sorriso enorme al ragazzo: «Buonanotte!» era un sorriso genuino, e poi si chiuse la porta dietro. E in quel momento, lui aveva capito che quella ragazza era una creatura particolare nel suo genere, preziosa, diversa. E l’aveva capito da un sorriso disarmante, tenero e sexy contemporaneamente. O forse era la birra a parlare.
 
Aveva progettato il weekend perfetto per quella settimana: aveva provato ad invitare anche gli altri oltre a Sam, Amanda e Aaron, ma non potevano – o forse volevano solo riposarsi – e quindi sarebbero stati come sempre loro quattro. “Come sempre”…come da una settimana a quella parte. Magari le cose poi sarebbero cambiate.
Si compiaceva con se stesso mentre aspettava gli altri sotto l’hotel nell’auto, quando vide uno scricciolo chiaro – si sarebbe mimetizzata con la neve se ce ne fosse ancora stata – tutto imbacuccato ma con un vistoso cappello di paglia: Amanda entrò in auto, sedendosi accanto a lui «Buongiorno!»
Probabilmente la stava guardando ancora sconvolto, perché non rispose «Che c’è?»
«Perché hai un cappello di paglia?!»
«Beh, metti che esca un po’ di sole, posso coprirmi con la falda del cappello.»
«E se continua ad esserci il pallido sole inglese, cosa devi fare?»
«Uso il cappuccio, semplice!» rispose la ragazza con tranquillità. Lui era ancora basito, ma si ricordò di quello che doveva dirle: «Oh, questo è per te» le porse un quaderno «Nel caso in cui il lavoro dovesse sopraffare la voglia di un weekend in compagnia.»
La biondina lo aprì interessata e lo sfogliò: vi trovò tutte le sue canzoni – tutte quelle che avrebbe dovuto cantare nel film – scritte a mano. Sorrise dolcemente in modo automatico «Oh mio dio, grazie! È una cosa carinissima!» continuò a sfogliarlo mentre aspettavano gli altri e lui si era assopito a guardarla: era di una tenerezza unica, come se fosse la dolcezza fatta persona.
«Buoooongiorno! Dove si va?» Sam irruppe nell’auto assieme ad Aaron che era entrato dall’altro lato: erano i più chiassosi tra loro, e avevano – fortunatamente – interrotto il momento. Perché si sentiva ridicolo a pensare quelle cose, a stento la conosceva… e questa volta non poteva essere la birra a parlare perché non aveva bevuto di prima mattina.
Sbatté le palpebre e si decise a rispondere: «In un bel parco fuori città.»
«Anche questo scoperto grazie ad Eton?» scherzò Sam, ricordando la serata della settimana prima nel pub.
«No, per questo penso di poter ringraziare i miei genitori.» rispose lui, mettendo l’auto in moto e prendendo la prima uscita per l’autostrada.
«Posso scegliere la musica per il viaggio?» aveva chiesto melodiosa Amanda, già mettendo mani al cruscotto e cercando dei CD, o un I-pod, o qualcosa del genere, trovandoci invece altro.
«Uh - uh, guardate cosa nasconde Eddie nel cruscotto!» la voce completamente mutata, lo stava prendendo in giro: si voltò e trovò un pacchetto di preservativi in mano alla ragazza, che ridacchiava bellamente assieme agli altri due.
«Nel weekend avevi in programma una mega–orgia?!» chiese Aaron, ridendo come non mai.
«No!» esclamò indignato Eddie, cercando di toglierli di mano ad Amanda, che si allungava per non farglieli prendere «Non li ho nemmeno messi io lì! O almeno… non di recente.» l’inglese arrossì, tornando con lo sguardo alla strada.
«Uh – uh! Sam dovremmo immolarci per interrompere la sua astinenza. Insomma, poverino, non ricorda neanche di averli messi lì!» quella ragazza era strafottente quando lo prendeva in giro. Uno scricciolo poliedrico, insomma.
«Se vuoi vai pure, io non mi immolo assolutamente!»
«La devo considerare come un’offesa, Sam?»
«No, per nulla, semplicemente sono fidanzata!» ribatté quella, mentre Aaron prendeva parola: «Se vuoi io sono libero!»
«No, grazie, vorrei conservare la mia verginità anale»
«Io mi ero proposto, però, eh! Ricordatelo nei momenti del bisogno» concluse l’americano, facendo scoppiare a ridere tutti.
Amanda, nel frattempo, era rimasta silenziosa e aveva continuato a rovistare nel cruscotto, trovando finalmente l’agognato I-pod. Lo attaccò al cavo AUX e poi alla radio e iniziò a scegliere le canzoni di sua preferenza.
«Ma… giusto per sapere, quando è diventata anche la tua auto?»
«Dal primo momento in cui ci sono entrata, astenuto.»
«Ah - ah, divertente. Ora diventerà il mio soprannome?»
«Se ti comporti male, sì» ribatté quella, mettendo inizialmente canzoni a caso per prendere tempo per sfogliare i vari album.
«Eddie, rassegnati: l’egemonia è delle donne anche quando non sono le tue fidanzate.»
«Temo sia la triste verità» convenne l’altro con Aaron, ricevendo una gomitata da parte di Amanda.
«Perché diavolo hai “Barbie Girl” sull’I-pod?! No, ora si ascoltano gli Aqua!» neanche il tempo di esclamarlo che Amanda iniziò a cantare la suddetta canzone e Sam assieme a lei.
Eddie portò il palmo sinistro sulla fronte, sconvolto ulteriormente dal fatto che anche Aaron s’era unito al coro con due scuse poco plausibili: «Dobbiamo tenere calde le corde vocali! E poi loro non possono fare anche le parti maschili!»
A malincuore, si unì al coro anche Eddie: tutto sommato, fu un viaggio divertente, sebbene non come se l’era immaginato.
Erano arrivati finalmente a destinazione: dopo un viaggio in auto, un mini-viaggio sul trenino e una scarpinata a piedi portando bici a mano, erano in una radura enorme dove, a quanto pareva, si era soliti fare pic-nic.
«Di’ la verità, Redmayne: ci hai portati qui per ucciderci tutti e rubarci la scena?» proclamò Aaron, arrancando fino al punto scelto in comunione dove piazzare coperte e tovaglie.
«Ma è un posto fantastico!» ribatté lui, iniziando a piazzare le coperte.
«È vero, è molto bello.» concordò Amanda, aiutandolo.
«Oh, finalmente qualcosa su cui non ribatti!»
«Beh, è davvero un bel posto.» la ragazza fece spallucce «A cosa ci servono le bici se non abbiamo pedalato?»
«Oh, ho pianificato una passeggiata nel bosco, dopo.»
«Vuole ucciderci, vuole ucciderci!» esclamò Aaron ridacchiando, iniziando a tirare fuori il cibo dalle ceste.
«Ma poi, una curiosità: perché un parco di inverno?» prese parola Sam, perplessa.
«Perché questo è un parco enorme bello anche d’inverno, semplice, no?»
«Si ma moriremo di freddo!»
«Oh, non siete proprio abituati!»
«Qui la meno abituata sarei io e non mi sto lamentando!» prese parola Amanda, imbacuccata in un cappottone enorme che probabilmente non avrebbe fatto trapelare nulla.
«Ha ragione.» concluse la discussione Eddie, iniziando a mangiare un sandwich.
«Ehi, aspettaci!»
 
Pedalavano già da due ore ma l’aria fredda che sferzava loro il viso li rinvigoriva: dopotutto si stavano divertendo.
«Redmayne, solo tu potevi trovare il parco dove si riunivano le persone per una manifestazione di fan di Jane Austen, solo tu.» gli rinfacciava Aaron da un’ora.
«Maddai, era divertente! Tutte quelle donne vestite così… volevo correre agli studios ad indossare il costume di Cosette!» aveva ribattuto Sam.
«Molla il mio costume! Può essere amato solo da me» aggiunse Amanda, pedalando con difficoltà per colpa del giaccone enorme.
«Oh sì, il ruolo te lo puoi tenere… io voglio solo il vestito!»
«Te lo regalerà Cosette alla mensa dei poveri»
«Eponine ti manda affanculo!» aveva concluso Sam, facendo scoppiare tutti a ridere, Amanda inclusa.
«Ragazzi, non vorrei terrorizzarvi… ma dove siamo finiti?» chiese Eddie, riportandoli in allerta.
«Sei tu che ci hai portati fin qui!»
«In realtà era Aaron il capogruppo della biciclettata, andava anche avanti… avevi una cartina, no?»
«Ehm… io andavo a caso…» disse quello: i restanti tre si fermarono e guardarono sconvolti.
«Non hai preso la cartina?»
«Credevo l’avessi presa tu dalla cesta!»
«Ma se sei corso tu alla bicicletta!»
«Shh! Funzionerà qui il GPS, no?» propose Amanda, tirando l’I-Phone fuori dalla tasca e cercando tra le mappe.
«Allora?»
«Dice che siamo nel parco… ma non ha le mappe del parco, giustamente.»
«Moriremo qui e uccisi da Aaron insomma, alla fine.» dichiarò Sam, rivolgendogli un’occhiataccia.
«Se provassimo a tornare indietro? Magari ci ricordiamo la strada…»
«Io non vado avanti!» fece Aaron, alzando le mani al cielo.
«Non preoccuparti, non avresti corso il rischio!» ribatté Amanda, iniziando a pedalare nella direzione dalla quale erano venuti, cercando di seguire al meglio la mappa.
«Aspettaci!» esclamò Eddie, rimettendosi in sella.
Non sembrava lo stesso percorso, ma si fidarono della mappa – o della specie di indicazione che avevano. Almeno fin quando non sarebbero tornati fuori e avrebbero trovato delle indicazioni.
«Non sembra proprio lo stesso percorso…»
«Ma ci stiamo avvicinando alla radura!» dichiarò Amanda, seguendo la mappa sul telefono.
«D’accordo» rispose Eddie, seguendola: si faceva buio, quindi dovevano accelerare.
«Secondo me volevi affaticarci, altro che weekend tranquillo nelle campagne inglesi!» scherzò Aaron, ultimo della fila.
«Tu zitto che siamo in questa situazione per colpa tua!» lo zittì Sam, respirando affannosamente.
«Ma che caz— sentirono Eddie pronunciare, e poi sparì dal percorso: Amanda se ne accorse e posò la bici ad un lato della strada, addentrandosi nel boschetto alla sua destra e trovando Eddie disteso nella terra con il pantalone strappato all’altezza del ginocchio e il sangue che spuntava dalla fessura.
«Dov’è finita la bici?»
«L’ho persa di mano e sono caduto… ho preso un sassolino.»
«Che sfiga!» si accovacciò vicina a lui e cercò qualcosa nello zaino: prese dell’acqua e un fazzoletto di carta, iniziando a pulire la ferita: poi, prese un fazzoletto pulito e lo fermò intorno al ginocchio del ragazzo legandolo con una fascia per capelli.
«Fasciatura interessante!»
«Non mi porto dietro la cassetta d’emergenza quando vado a fare le scampagnate!» ribatté quella, avventurandosi verso la zona dove sarebbe dovuta esserci la bicicletta: «Wo!»
«Che è successo?»
«C’è un burrone. La tua bici è finita nel burrone.»
«La vedi?»
«No, a stento mi sono resa conto della presenza del burrone!» dichiarò lei, aiutandolo ad alzarsi e ritornando sul sentiero.
«Pedali tu o pedalo io?»
«Pedalo io e tu fai da navigatore satellitare!» rispose lui, ricevendo uno schiaffetto sul braccio.
«La prossima volta voglio una scampagnata in città» rispose quella, salendo sul “sellino” posteriore: o meglio, sul ferro scomodissimo portapacchi.
Arrivati alla stazione era troppo tardi, aveva fatto buio e non partivano più trenini per il parcheggio: fu un miracolo che la trovarono aperta.
«E ora?»
«Il primo trenino parte alle cinque e mezzo del mattino…ed è mezzanotte.» lesse Eddie ad alta voce dalla bacheca.
«Insomma, siamo stati fortunati nella sfiga!» esclamò Amanda, posizionandosi su uno scomodo sedile all’interno della saletta.
«Ragazzi, io ho sonno…» sbadigliò Sam, posando il capo sulla spalla di Aaron.
«Ora non mi odi più?»
«Ti odio solo se parli, oggi» rispose quella, chiudendo gli occhi. Il ragazzo mimò con una mano di cucirsi la bocca e si sistemò meglio sulla seggiola, mentre dall’altra parte Amanda si stendeva su una panca di legno con il cappuccio sulla testa: «Eddie, non dormi?»
«Sono un po’ preoccupato…»
«Su’, non puoi fare la notte in bianco! Serra la porte e siediti qui» indicò un sedile vicino alla sua panca.
Il ragazzo fece spallucce e andò a sbarrare le porte di legno e si sedette lì vicino: «Come fai ad essere così tranquilla? E come fanno quei due a dormire, già?!»
«Non siamo mica soli! Sono tranquilla per quello» si accoccolò nel cappotto e cercò di prendere sonno, mentre il ragazzo tamburellava con il piede sul pavimento.
«Con questi suoni ritmici ripetuti non mi faciliti proprio il sonno…»
«Facciamo i turni? Mi svegli se succede qualcosa, quanto tocca a te stare sveglia?»
«D’accordo.» acconsentì lei con un sorriso e una carezza sulla mano «Ora però, buonanotte. Almeno per due ore.»
«Buonanotte» rispose lui, osservando entrambe le porte accuratamente, come se potessero mangiarlo, e spense la luce della stanzina. Si sedette accanto alla panca di Amanda ed attese.
«Amanda? Amanda, sono le due e mezza…» sentì la ragazza saltare su spaventata, pronta ad urlare e le piazzò una mano davanti alle labbra, allora le si avvicinò facendosi luce col telefono e si fece vedere «Sono Eddie. E vorrei dormire un po’…»
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e lo lasciò stendere sulla panca, sedendosi accanto ad essa e guardandosi intorno. Era tutto buio, e il tempo non passava. Voleva passare il tempo controllando i social network ma la batteria era al venti per cento e non sapeva come stessero quelle degli altri… ed era notte fonda. Ed erano semi-perduti in un bosco vuoto, quindi non era il caso. Però controllò gli sms: non aveva calcolato il telefono per tutta la giornata.
Trovò soltanto due sms di Josh – si era sprecato davvero! – che le chiedevano se fosse tutto a posto a cui lei rispose dicendo che erano in una stazione, appostati lì per una scampagnata andata male, ma… nessuna risposta. Eppure era pomeriggio… non si preoccupò ulteriormente ed iniziò ad osservare le porte attentamente, cercando un bastone nella stanza… nel caso in cui avesse dovuto usarlo. Ma trovò solo un remo, e con quello si piazzò al sedile di prima.
Non seppe quale fosse l’ora, ma delle foglie si movevano con forza e vedeva delle luci fuori dalla casina. E non erano le luci dell’alba.
«Eddie… Eddie! C’è qualcuno fuori» sussurrò al suo orecchio, facendolo saltare su: «Chi?»
«Non lo so, vedo delle luci…» il ragazzo si alzò e prese il remo che le porgeva la ragazza, iniziando ad avanzare verso la porta indicatale da Amanda, che lo seguiva da dietro.
Aprì la porta lentamente e aggirò la casa, ritrovandosi una torcia puntata addosso e un signore che li guardava in malo modo: «Chi siete voi?»
«Chi è lei?!»
«Io sono il custode, e voi non dovreste essere qui. E soprattutto non dovreste puntarmi un remo come se potesse essere un’arma.»
Amanda uscì da dietro il suo nascondiglio umano per prendere parola: «Salve, ci siamo persi questo pomeriggio e quando siamo arrivati in stazione, per ripararci, i trenini non partivano più… e abbiamo pensato che fosse meglio ripararci qui per la notte, fin quando non sarebbero ripartiti.»
«Ecco perché c’era un auto in più nel parcheggio. È per quello che sono qui: la sicurezza mi ha avvisato che quell’auto non se n’era andata e quindi sono venuto a controllare… temevo di trovare qualcuno morto per il parco.»
«No, siamo tutti vivi. Possiamo ritornare al parcheggio?» rispose frettolosamente la bionda, notando il cartellino dell’uomo sull’uniforme.
«Tutti?..»
«Siamo in quattro…» rispose Eddie «Li andiamo ad avvisare… lei può accompagnarci al parcheggio? Ha un’auto?»
«Certo, secondo lei sono venuto a piedi in mezzo ad un bosco, da solo, per cercare dei morti?!»
«Non siamo morti!» ribatté Amanda, piccata «Vado ad avvisare Sam e Aaron.» così dicendo s’introdusse nella casina e li svegliò «Ragazzi… è arrivato il custode, ci porta all’auto.»
«Che cosa?!»
«Che schifo, Sam! Mi hai sbavato tutto il cappotto!» ribatté Aaron, alzandosi e seguendo Amanda insieme all’altra ragazza.
«Siamo pronti!»
«Da questa parte» fece il custode, burbero.
Quando finalmente furono all’auto tirarono un sospiro di sollievo e si rintanarono dentro, non prima di aver ringraziato il custode del passaggio. E si allontanarono, prendendo subito l’autostrada. Arrivarono all’hotel alle cinque del mattino della domenica e non vedevano l’ora di arrivare nelle loro stanze: presero l’ascensore direttamente dal garage e non erano per nulla intenzionati a fare conversazione.
Eddie accompagnò automaticamente Amanda alla sua camera – anche perché era al suo stesso piano – e si fermò per salutarla: «Buonanotte…anche se forse dovrei dire buona giornata.»
La ragazza gli sorrise e gli baciò una guancia: «Grazie della giornata fuori. Anche se sarebbe dovuta andare diversamente… grazie del quaderno, per esserti svegliato… e per il remo!»
Fu il turno di Eddie di ridere, immaginandosi come doveva essere per il custode trovarselo davanti con un innocuo remo in mano: «Di nulla. Alla prossima, davvero, città!»
«Senz’ombra di dubbio.» rispose quella con un sorriso, chiudendo poi la porta.
Era davvero amorevole. Carina e dolce. E ancora una volta, non era stato l’alcol a parlare.
 
«Let us take to the streets with no doubt in our hearts, but a jubilant shout, they will come one and all, they will come when we call!»
«Stooop!» gli interni del cafè ABC erano molto belli per come erano stati costruiti, e lei era lì per aspettare che Eddie e Aaron terminassero le scene della giornata.
«Ferma il luccichio degli occhi, Redmayne, che assomigli troppo a Marius se la guardi così!» lo motteggiò Aaron, facendolo arrossire «Dimenticavo, Sam mi ha detto che non può venire con voi stasera… e io ho da fare. Fate l’uscita romantica?»
«Shhhh!» ribatté Eddie, sempre più rosso in viso «Ora sembrerà anche fatto apposta!»
«Fatti avanti, dongiovanni!» lo salutò con una mano e si diresse ai camerini, mentre l’altro raggiungeva dietro le telecamere Amanda.
«Allora, siamo pronti?»
«Io ci metto dieci minuti… ma Aaron mi ha appena detto che lui e Sam non possono esserci. Quindi se ti va ancora di uscire…»
«Certo!» batté lei le mani, entusiasta «Voglio vedere che hai organizzato in città! Nella speranza che non finisca come la nostra gita in campagna» ridacchiò la biondina, facendolo arrossire nuovamente.
«D’accordo, allora ci vediamo tra dieci minuti fuori dal mio camerino?» la biondina annuì ed iniziò ad aggirarsi là intorno, mentre lui, ancora più inquieto, si diresse ai camerini.
Non appena terminò la doccia – si premurò di non asciugarsi i capelli, o non ce l’avrebbe mai fatta in tempo – si vestì, infilò un cappottone e un cappello di lana ed uscì, trovando Amanda esattamente là fuori con il suo adorabile cappotto azzurro e una sciarpa rosso acceso attorno al collo.
«Non vorrei farti una maternale sul torcicollo… ma ti sei asciugato i capelli?» chiese lei, posando una mano sulle orecchie gocciolanti del ragazzo.
«No, ma sotto quel cappello sicuro non prenderanno freddo…»
«Spero davvero che tu abbia ragione. Allora, dove si va?»
«All’auto. Ho un bel tour in mente.»
«Non vedo l’ora!» rispose lei, battendo le mani e trotterellandogli dietro.
 
Aveva avuto in mente un giro sul London Eye – perché non si poteva non vedere Londra dall’alto – una cenetta sul Bateaux London – che senza gli altri due amici poteva diventare qualcosa di esageratamente romantico – e una passeggiata lungo il Tamigi. Sperava davvero che Amanda non fraintendesse il tutto, sebbene forse, inconsciamente, aveva pianificato tutto quello, così, per lei.
«Qual è la prima tappa?»
«Adesso lo scoprirai!» s’incamminò verso l’entrata del “cinema” che precedeva la corsa nell’enorme ruota panoramica, mentre Amanda aveva capito la direzione ma non perché fornissero loro degli occhialetti 3D. Lo comprese quando iniziarono a guardare – in piedi – un mini-video elogiativo su Londra… alla fine avevano anche gettato loro addosso dei fiocchi di neve! O almeno, quello sembravano.
Estasiata, continuò lungo il percorso guidato, seguendo Eddie, che la prese per mano e la trascinò correndo alla fila per la ruota. Era davvero grandissima: probabilmente all’altezza massima si sarebbe sentita male. Centotrentacinque metri di distanza dalla terra, sul fiume… non era poco. Però seguì il rosso in una cabina di vetro che condividevano con altre quattro persone che se ne stavano per conto proprio e si appoggiò al passamano, affiancandosi al ragazzo.
«Allora, cosa ne pensi?»
«Di Londra, della ruota panoramica gigante o della serata che hai pianificato e che non so ancora cosa sia?»
«Di quello che hai visto finora!»
«Per ora… è tutto abbastanza normale, penso!» rispose quella, osservando il Parlamento e il Big Ben da sempre più in alto. Si saliva lentamente… e forse questo le metteva ancora più ansia.
«Dai, c’è bisogno di qualche foto e delle prove che sei davvero salita qui sopra!» Eddie tirò l’I-Phone fuori dalla tasca e immortalò Amanda che sbuffava con gli occhi al cielo: poi la immortalò sorridente che indicava il Big Ben e poi era finito anche lui nella foto, trascinato dalla ragazza che si era ribellata perché “non poteva apparire solo lei nelle foto!”. Continuarono così per tutta la salita e la permanenza alla massima altezza, senza rendersi conto del tempo che passavano: alla fine della discesa avevano fatto tante foto e tante risate.
«Che ore sono, bionda?»
«Sette e venticinque, rosso!» rispose quella, arricciando il naso.
«Diamine, siamo in ritardo per la prossima tappa!» la prese per mano e prese a correre verso il ponte, e ancora sul ponte fino ad arrivare di fronte ad un enorme battello dal nome “Harmony” all’Embankment Pier. Dove aveva intenzione di portarla?!
Stavano davvero salendo su quella nave. Che cos’era?!
«Ho prenotato a nome Redmayne…»
«Il tavolo per quattro?»
«Sì, ma siamo solo in due, alla fine…»
«Perfetto, seguitemi.» seguirono per davvero il pinguino fino ad una sala enorme, piena di tanti tavoli… e si sedettero ad uno di quelli. Ringraziò il cielo di non essersi vestita male come ogni volta che usciva a portare il cane. Certo, quella era una serata tra amici, ma… ringraziò mentalmente il momento nel quale aveva deciso di indossare il tubino rosso invece di un paio di pantaloni da ginnastica.
Lasciò cappotto e sciarpa al suddetto pinguino e si sedette di fronte ad Eddie: sapeva che aveva prenotato per quattro, ma in quel momento sembrava tutto così… intimo. E romantico. Era una cena romantica per due, quella. Inizialmente non doveva essere quello.
Il pinguino portò i menù poco prima delle otto e mentre stavano bevendo Champagne – Champagne!!! – il battello elegante partì.
Con il menù davanti non riusciva a staccare gli occhi da Eddie, che di fronte a lei osservava il menù con fare interessato: era vestito in modo casual, ma elegante. Era il solito Eddie, un po’ elegante, un po’ casual e con un tocco di indie. Ed era perfetto in qualsiasi occasione così.
«Signorina, lei cosa desidera?» quando era tornato all’attacco il pinguino? E quando si era persa negli occhi del suo accompagnatore?
«Il primo con gli asparagi, il petto di pollo del Sussex e il sorbetto…»
«Il sorbetto è incluso.» voleva farla apparire una cretina, quel pinguino?!
«Per i dolci vediamo dopo?» chiese Eddie, facendola trasalire.
«Certo» rispose quella, annuendo. Si sentiva stranita, molto stranita in quella situazione.
«Eddie, caro?» il pinguino se n’era andato da poco, ma le sorprese non erano finite, e questa volta non c’entrava lui.
Una coppia di mezza età si avvicinò loro, sorridente.
«Mamma, papà? Cosa ci fate qui?»
«Una cenetta romantica fuori dal comune…» rispose la madre, accarezzandogli la spalla «E tu, con questa bella ragazza?»
Amanda arrossì e non fu l’unica: Eddie diventò paonazzo ma fu costretto a parlare «Amanda, ti presento i miei genitori: Richard e Patricia Redmayne.»
«Piacere di conoscervi» la sua voce riuscì ad essere comunque dolce e melodiosa, sebbene lei fosse parecchio sconvolta: si alzò e strinse le mani ad entrambi, sorridendo loro apertamente.
«Perché siete qui? Fatevi spostare nella Albert Room con noi, così siamo solo noi quattro!» propose la madre, entusiasta: nessuno si oppose a quella richiesta improponibile, così si ritrovarono trasferiti in quella saletta privata con i genitori di Eddie. L’imbarazzo era alle stelle, ma Amanda riusciva a gestirlo bene: sembrava nella migliore delle situazioni possibili. Differentemente, Eddie era di poche parole e arrossiva frequentemente.
«Dai, mamma, smettila di raccontarci storie che già conosciamo sulla mia imbarazzante infanzia…»
«Amanda non le conosce! E poi eri così adorabile quando indossavi le parrucche di tua sorella per far finta di recitare!» ribatté Patricia, mentre Amanda ridacchiava sommessamente ed Eddie arrossiva nuovamente.
«Richard, c’è “Dream a little dream of me!” nella sala grande! Andiamo a ballarla!» Patricia trascinò il marito nella sala principale, lasciando i due giovani soli nella sala privata.
«Sono profondamente, immensamente dispiaciuto di come la serata sia andata a finire. Dovevamo essere quattro… ma gli altri due non dovevano minimamente essere i miei genitori!»
«Oh, non preoccuparti» Amanda gli posò una mano sulla sua «Mi sto divertendo a sapere gli aneddoti sulla tua travagliata infanzia. Tra parrucche rosa e parole storpiate.»
«Non prendere in giro!»
«Quello non posso garantirtelo… ma sicuro i tuoi segreti sono al sicuro con me!» rise poi lei, ripensando a tutte le cose che aveva scoperto in quell’ora e mezza.
«Saliamo sul ponte?» chiese lui, porgendole la mano.
«Sì, ma avrò bisogno del mio cappotto per affrontare la fine del gelido inverno londinese» accettò quella, prendendola e lasciandosi condurre prima al deposito cappotti e dopo sul ponte della nave.
«Una cosa positiva però c’è: stando con “Mamma e Papà” tireranno fuori i soldi loro due… quindi oltre all’imbarazzo diffuso possiamo bere e mangiare a volontà» dichiarò lui una volta sul ponte, prendendo un bicchiere di Champagne posato su un vassoio tenuto in bilico da un cameriere.
«Concordo pienamente!» convenne Amanda, imitandolo e prendendo lei stessa dello Champagne.
«Mi piace questa canzone.» dichiarò la ragazza dopo qualche minuto di silenzio sul freddo e quasi completamente vuoto ponte.
«Vuole concedermi questo ballo, milady?» Eddie ammiccò alla ragazza, che scoppiò a ridere.
«Sul ponte della nave?!»
«Non mi sembra che ci sia molta gente che possa indispettirsi… e poi possiamo sempre incolpare lo Champagne» indicò i bicchieri pieni che avevano preso nuovamente qualche momento prima, mentre Amanda, ormai sicura, afferrò la sua mano e si lasciò condurre nel lento improvvisato sulle note di “La Vie en Rose” di Edith Piaf.
 
Alla fine erano stati trascinati dai genitori di Eddie in un’infinita passeggiata lungo il Tamigi e riuscirono a liberarsi solo per la mezzanotte, con la scusa che l’hotel era molto lontano e probabilmente ci avrebbero messo un bel po’ per tornare.
Al che la madre propose di rimanere alla casa in città di Eddie, ma lui uscì una scusa su alcune riprese che avevano da rivedere il giorno dopo e riuscirono a riprendere la strada dell’hotel. Arrivarono sfiniti a destinazione all’una di notte, troppo distrutti per mettere in tavola una discussione decente durante il viaggio di ritorno.
Come ogni volta che uscivano tutti insieme, Eddie la accompagnò alla porta della camera per darle la buonanotte: era una routine troppo dolce per passare inosservata dopo una serata del genere.
Non avevano ancora fiatato, ma Amanda lo abbracciò improvvisamente e lui ricambiò. Poi si separò da lui, lo guardò negli occhi e le sue manine scesero sul suo petto… e complice lo Champagne di troppo che fece perdere un po’ di inibizioni e la serata trascorsa troppo piacevolmente, nonostante tutti gli intoppi, Eddie non poté non avvicinarsi cautamente a lei, come per vedere se lei si fosse allontanata, e non baciarla. Doveva baciarla, era un’urgenza troppo forte che si era fatta viva, dirompente, in quel momento. Soprattutto quella sera vi era stato un crescendo di emozioni, sguardi, sfioramenti che non potevano non culminare in quello.
E lei, paradossalmente, aveva risposto attivamente a quel bacio, passando una sua manina tra i capelli rossi di lui e l’altra sul suo volto, ricambiando con la stessa intensità del ragazzo.
Le sue mani corsero sotto il cappotto blu a stuzzicarle la schiena, provocandole brividi di aspettativa e si lasciò liberare del cappotto, iniziando a spogliare a sua volta lui.
Fin quando non ebbe l’unico, orrendo momento di lucidità nel quale si ricordò di essere ancora fidanzata, sebbene non sapesse che fine avesse fatto il cosiddetto fidanzato.
«Eddie… non posso.» si allontanò impercettibilmente da lui, guardandolo negli occhi mordendosi il labbro inferiore «Per quanto non voglia smettere…sono ancora fidanzata. Con un cretino bifolco, lo puoi pensare e dire, ma non posso tradirlo. Il tradimento non è una cosa che posso accettare, non io.» vide le aspettative crollare nell’espressione del ragazzo ma, inaspettatamente, lui comprese.
«Buonanotte, allora.» disse semplicemente, baciandole la guancia.
«Anche a te.» gli baciò anche lei la guancia, soffermandosi su di essa per qualche frazione di secondo in più, lasciandosi poi cadere sul letto con il vestito slacciato non appena il ragazzo era uscito chiudendosi dietro la porta.
 
«Ma alla fine com’è andata sabato?» chiese Aaron, ammiccando con lo sguardo.
«No comment.»
«Dai, Redmayne, che è successo? Sai che voglio saperlo»
«Oh, lo so eccome.» annuì il ragazzo sul set, nei panni di Marius. Stavano aspettando di riprendere a girare.
«Dai! Sono curioso, sono una comare nata, ti prego, muoio se non me lo dici!»
«L’ho portata sul London Eye. Poi sul Bateaux London, dove abbiamo per caso incontrato i miei… e ci hanno invitato – o meglio, costretto – a cenare con loro in una saletta privata del battello. E poi mamma voleva che rimanessimo a casa mia a Londra…»
«Tua mamma è la prima shipper Amandie?»
«E siamo tornati in Hotel. E l’ho baciata…»
«Che cosa?!» Aaron aveva terminato di prenderlo in giro non appena aveva sentito la confessione. E aveva anche urlato il “che cosa?!” infatti parecchie persone si erano voltate a guardarli.
«Shhhh! L’ho baciata, comunque.»
«L’avevo capito. Non ti credevo così intraprendente…»
«Nemmeno io, possiamo attribuire un minimo di colpa allo Champagne… ma poi siamo stati molto bene tutta la serata, e lei ha risposto al bacio… stavamo per andare oltre, avremmo entrambi voluto andare oltre…»
«Entrambi?! Cioè te l’ha anche detto?!» Aaron era basito, non cambiava espressione da quando Eddie aveva iniziato a parlare.
«Ma lei non potrebbe mai tradire nessuno, nemmeno il “cretino bifolco” che è il suo fidanzato attualmente. Ah, sono le sue parole queste.»
«Amanda ci starebbe ma non può perché è fidanzata… ha un non so ché di ilare tutto ciò, amico»
«Non farmici pensare.»
«Quindi, dobbiamo cercarti una nuova fiamma per farti dimenticare la biondina americana?»
«Uhm…forse sì, dai, ma per ora concentriamoci alla ribellione.» scherzò, indicando con il capo i fucili lasciati poco più in là.
«Non fare l’Enjolras della situazione! Sono io quello!»
«D’accordo, d’accordo!» ribatté Eddie, alzando le mani al cielo e ritornando in posizione, poiché le riprese stavano per ricominciare.
 
“Amore, sono appena atterrato ad Heathrow. :) ”
«Che cosa?!» non era pronta ad affrontarlo e fare la faccia di bronzo così presto. E se fosse venuto per lasciarla, al di là di quello che sentiva per Eddie?
No, non era decisamente pronta. Si alzò dalla seggiola con su scritto il suo nome e andò al tavolo per versarsi un bicchiere d’acqua fresca: lo buttò giù tutto d’un fiato e ritornò alla sua seggiola, crollando su se stessa.
Aveva chiamato un fisioterapista per il suo dolore pressoché costante al collo e quegli le aveva piazzato due aghi nella mano e due nel collo, aveva appena finito che la ragazza fu chiamata sul set: «Amanda, sei pronta? Vieni al set numero cinque, giriamo la scena quando Cosette incontra Marius per la prima volta…»
«Arrivo!» trotterellò fino al set non rendendosi conto del fatto che era all’aperto – e soprattutto c’era una marea di gente!
E faceva tanto caldo per essere marzo: ma doveva essere colpa del set in sé per sé. Iniziarono a girare, si voltò verso Marius – sebbene tutto quello che poteva vedere fosse solo Eddie – e poi non sentì più nulla. Un giramento di testa e non ricordò più nulla.
Quando si risvegliò da quello che poteva esser stato solo uno svenimento si ritrovò un Eddie preoccupato ed in silenzio che la osservava da qualche metro, Hugh che le massaggiava il collo e Russell che le teneva i piedi in alto.
«Che cosa—
«Sei svenuta… riprendiamo tra poco!» disse Tom, assicurandosi che stesse bene e poi lasciandola nelle mani di quei due. La testa le girava ancora un po’ ma riuscì ad alzarsi e a raggiungere il suo camerino, stendendosi finalmente su un letto.
Certo, quel vestito non era per nulla comodo, ma avrebbero ripreso in pochi minuti e di certo non poteva fare quel che voleva con esso. Sentì bussare e sperò vivamente che non fosse Eddie, perché non era pronta ad affrontare nemmeno lui: e a quanto pare lui doveva star provando lo stesso, perché era Sam.
«Sì?»
«Volevamo sapere come stessi…»
«Chi?»
«Bé io, Aaron e…»
«Eddie. E ovviamente non è venuto lui a chiederlo…»
«Tu hai detto che sei fidanzata, come minimo non poteva venire lui!»
Amanda la guardò stranita, diventando poi sconvolta.
«Non me l’ha detto Eddie, me l’ha detto Aaron a cui l’ha detto Eddie.»
«E come sapevate che?...»
«Si vedeva lontano un miglio che fondamentalmente Eddie organizzava tutto per te. O perlomeno…aveva un occhio speciale per te.»
«Ero l’unica a non saperlo?!»
Sam stava annuendo da diversi secondi col vestito di scena: «Sì, sì, sì e sì.»
«Oh cielo.»
«Non voglio farti svenire di nuovo..» fece Sam, posandole una mano sulla sua.
«Josh è appena atterrato a Heathrow»
«Oh, diavolo.»
«Ecco.»
«E tu…»
«Io penso sia qui per mollarmi. Al di là di Eddie…»
«Oh… dai, io e Anne siamo qui, in caso. Anche se vuoi prendere a pugni qualcosa o qualcuno…»
«Non voglio prendere a pugni Eddie» rispose Amanda, sorridendo.
«Oh, lo so. Ma potresti voler prendere a pugni qualcun altro… quindi noi siamo qui per questo.»
«D’accordo…» sospirò quella, lasciandosi cadere tra le braccia della ragazza.
Quando aveva saputo che Josh era arrivato l’aveva presa male: ma aveva continuato ad evitare Amanda fin quando non avrebbe saputo che il compagno americano era tornato in patria. Non aveva molta voglia di incontrarlo, ma Aaron gli aveva detto che se n’era andato, quindi… poteva andare a parlare con Amanda. Con calma, magari.
Bussò alla porta e si appuntò di doversi arrabbiare con Aaron, perché Josh era ancora lì ed era proprio venuto ad aprirgli la porta.
«Ciao, per caso sai se— non ebbe il tempo di finire di parlare che si ritrovò un pugno ben piazzato nell’occhio e una porta in faccia giusto in tempo per sentire: «Questo è perché mi ossessiona parlando di te e perché l’hai portata a cena su un battello romantico.»
«Ma che cazzo?!» sbuffò pesantemente, sentendo l’occhio dolergli e iniziando ad avere un forte mal di testa. Non sapeva se tornare in camera o andare da Aaron, ma optò per la seconda. Almeno quando l’occhio sarebbe diventato nero lui non sarebbe stato solo.
 

Tu avresti bisogno del nuovo romeo
Che parla soltanto di business e legge riviste di fitness
Sfoga lo stress giocando a squash e fa yes yes se parla col boss
Ma io no
Però senza dubbio tu sei quella che si merita il meglio che c’è
Se lui è il dolcificante io una caramella e lascio scegliere a te
  

«Beh, perlomeno abbiamo arginato il danno… l’occhio è gonfio e violaceo, ma non nero! E con un po’ di trucco si può facilmente nascondere…» Aaron cercava gli aspetti positivi della situazione, non sapendo come scusarsi col ragazzo, che non aveva avuto alcuna colpa per meritarsi quel pugno… e inoltre era stato lui a fornirgli un’informazione sbagliata.
«Mi fa male, non mi importa che sia viola…»
«Il mal di testa?»
«L’aspirina l’ha alleviato… un po’. Perché, perché son voluto andare da Amanda…» si portò una mano alla tempia, dolorante.
Non capì che successe nei secondi successivi, si rese solo conto di avere una chioma bionda addosso e sentiva i singhiozzi di qualcuno vicino a lui… e Aaron che lasciava la sua stessa camera con qualche scusa.
Si voltò verso la produttrice dei singhiozzi e si rese conto che era proprio Amanda.
«Mi dispiace per il pugno, non ho capito che gli sia preso…»
«Oh, ma non c’è bisogno di piangere per questo, a parte il dolore sto bene!» si dispiacque del fatto che stesse piangendo per lui, non ce n’era bisogno…
«Idiota*, sto piangendo perché mi ha lasciato!» ribatté lei, tra le lacrime.
«Come sei diventata inglese*. “Idiota” detto così, con quell’accento…» Amanda gli tirò una spallata lieve, ridacchiando tra le lacrime «Ma se voleva lasciarti perché io mi sono beccato un pugno?»
«Perché quello è un altro cretino idiota stupido bifolco americano. E lo sapevo che cambia ragazza come cambia le mutande ma mi sono voluta illudere che fosse un po’ diverso, ma invece trovo sempre i soliti stronzi.» piangeva o stava per avere un attacco di panico? Era difficile da capire, se non altro perché non stava più riuscendo a distinguere le cose che diceva, tra le lacrime che bagnavano il letto, il muco che le colava dal naso e il suo respiro per nulla regolare.
Allora scostò la mano col ghiaccio dall’occhio destro e aprì le braccia per aggiungere un’Amanda singhiozzante più di prima: «Perlomeno non mi avvicinerò mai più a lui, sapendo delle sue abitudini intime…» Amanda, piangendo, alzò lo sguardo verso il volto del ragazzo per rivolgergli un’occhiata perplessa «Se cambia le mutande ogni due mesi…»
La ragazza scoppiò a ridere tra le lacrime, coinvolgendo anche il dolorante Eddie, che si portò nuovamente una mano alla testa. Poi si seppellì nel suo abbraccio, poiché era l’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
 

Perché senza dubbio tu sei una che si merita il meglio di me
Senza ombra di dubbio ne vali la pena
E quindi è tutto per te

 
Le riprese erano finite da tempo, erano iniziate quelle di altri e diversi film, e aveva anche saputo che Eddie si era impegnato con una pubblicista… ma era tutto quello che sapeva, e non voleva sapere altro. Era tornata nella sua LA, dal suo Finn, l’unico essere di sesso maschile che meritava davvero il suo affetto più incondizionato: aveva avuto altre storielle, ma non aveva smesso di pensare ad Eddie, a quello che era successo, a come erano rimasti i loro rapporti. Non si era chiarito nulla e continuavano ad essere palesemente affettuosi, senza che ci fosse una relazione di base che giustificasse quei comportamenti strani. Difatti, con tutte quelle interviste che si erano ritrovati a fare insieme, di nuovo a Londra, i giornali avevano iniziato a parlare. E lei rideva tra sé e sé, perché non sapevano la verità…e non l’avrebbero mai saputa.
Era quasi arrivata con l’auto – tappezzata di scritte di Les Mis – a Leicester Square, pronta per il red carpet, le foto e gli autografi. Uscì dall’auto e trovò Eddie, anche lui appena arrivato, e andò a salutarlo.
«Non mi hai più detto se ti sei ripreso da quel pugno… o hai avuto danni permanenti?» gli disse lei, sussurrandogli nell’orecchio, mentre con le manine a mo’ di pugno si avvicinava al suo costato.
«Cretina!» gli rispose lui, avvicinandosi all’altro orecchio, mentre i fotografi impazzavano e facevano milioni e milioni di foto «Per la tua informazione, sono rimasto perfettamente intatto!»
«Mi fa piacere, rosso!»
«Temevo volessi il mio male, bionda!» Amanda scoppiò a ridere, ricordandosi l’ultima volta che si erano chiamato così «Vogliamo andare?»
«Con piacere, Monsieur Pontmercy!»
«Sta’ zitta!» ribatté quello, ridendo e accompagnandola sul red carpet.
«Mi farai inciampare nelle mia stessa gonna se la tiri così!»
«Inciampi non per colpa mia, ma perché stai su due trampoli…» si difese quello, aiutandola a non crollare davanti a tutti. Fecero qualche altra foto e poi si separarono per fare gli autografi e le foto con i fan… per poi ritrovarsi solo all’interno del teatro, dove trovarono fortunatamente anche Sam.
 

Tu avresti bisogno di un vero uomo
Che si sveglia al mattino e prende in mano il destino
Fino a partire alla conquista del trono
E portartelo in dono sfondando anche il muro del suono
Ma io quello non sono
È che senza dubbio tu sei una che si merita il meglio che ho
Io invece purtroppo certezze nessuna
Però una cosa la so
Il taglio sul ginocchio, la bici nel fosso, il pugno nell’occhio, ogni semaforo rosso
Fu per arrivare a te
Dormire alla stazione, la manifestazione, il quaderno con su scritto il testo della canzone
Fu per arrivare a te.

 
Quell’intervista faceva brutti scherzi, le aveva fatto ritornare in mente troppi ricordi. Ed era passato più di un anno dalle riprese, e sette mesi dall’intervista, dalla premiere, da tutti quegli episodi… era finito tutto ed era calma. Per l’appunto, sola con il suo Finn.
E perché diavolo Los Angeles aveva deciso di far piovere quel giorno?! Le ricordava Londra. A Los Angeles non piove mai, c’è il deserto, la pioggia non è il suo tempo meteorologico ricorrente.
Raggiunse Finn, che inaspettatamente iniziò ad abbaiare, apparentemente senza nessun motivo: «Tesoro, perché diavolo stai guaendo ora?» lo accarezzò e coccolò fin quando non sentì bussare alla porta.
«E ora chi è alla porta? Alle tre del pomeriggio…» si trascinò fino alla porta d’ingresso, bloccandosi davanti allo specchio per vedere se fosse presentabile: no, per nulla, i capelli sembravano paglia ammassata in un enorme carciofo biondo sulla testa, la maglia grigia era sporca e i leggings bucati. Ma tanto, a quell’ora sarebbe potuto essere solo un postino in ritardo, che avrebbe potuto vedere tranquillamente le sue imbarazzanti ciabatte fucsia mezze rotte.
Ma quando aprì la porta non trovò alcun postino ritardatario: piuttosto un inglese, rosso, pulcino bagnato in ritardo. In ritardo di mesi?
«Eddie, cosa diavolo ci fai qui?»
«Mi manchi. Mi manca il tuo profumo, mi manca il tuo umorismo, mi manca il tuo prendermi costantemente in giro… mi manchi tutta, il pacchetto completo.»
Non riusciva a farlo entrare in casa, sebbene fosse completamente fradicio, causa la pioggia torrenziale. E non riusciva neanche a rispondergli qualcosa, se non uno stupido: «Ma non eri pazzamente innamorato di Hannah? Lei dov’è ora?»
«Sto bene con lei, sono innamorato di lei. La mia vita con lei è perfetta, ma… è stata proprio lei a mandarmi qua.»
«Come scusa?!» ora doveva sentire che aveva attraversato un oceano e percorso cinquemilacinquecento miglia solo perché gliel’aveva detto la fidanzata?! Avrebbe potuto prenderlo a schiaffi per quanto le stavano prudendo le mani in quel momento.
«Intendo dire… Hannah se n’è accorta. Che pensavo ancora a te, che avevo una faccenda irrisolta con te. Io sto bene con lei, ma non so cosa tu pensi. Non so perché ci siamo sempre comportati in modo ambiguo, e quando poi ti sei liberata non abbiamo più affrontato il discorso…»
«Quindi la tua fidanzata ti ha detto “Corri a Los Angeles a vedere se la rivale ti vuole ancora”? Ma che ragionamento è?!»
«Lei tiene a me, e probabilmente si aspetta che ritorni. Perché questa è tutta una pazzia, e a quanto pare, tu nemmeno ci tieni, quindi…»
Però aveva ragione. Non c’erano impedimenti. O meglio, solo la sua fidanzata, che a quanto pare l’aveva mandato oltreoceano per esplorare i suoi sentimenti ormai stagnati per un’americana con cui non parlava da mesi, ormai.
«Io tengo a te, cretino! Non hai nemmeno idea di quanto io ci tenga!» gli urlò dietro, mentre quello era già a metà strada sul vialetto di casa sua. Ma inaspettatamente, si bloccò. Non si voltò, ma si fermò. Era stupido e incosciente, aveva una ragazza perfetta che amava e che era stata disposta ad aspettarlo a casa, ad aspettarlo tornare da quell’impresa folle… ma non poté non bloccarsi.
Era dall’anno prima che era rimasto stregato da Amanda e non poteva negarlo. Poteva cercare di dimenticarlo, di passarci sopra, di  non pensarci… ma ogni tanto tornava prepotentemente. E non poteva non pensare a lei, non pensare a come sarebbe potuto essere se ci avessero provato quando i sentimenti erano rimasti immutati e lei era finalmente libera… e non aveva mai provato a scoprirlo. Non poteva andare avanti in una relazione seria con la sua Hannah senza scoprirlo. Non era giusto nei suoi confronti, ma nemmeno in quelli di Amanda o nei suoi. Doveva sapere, prima di continuare ancor più seriamente. E rimaneva sul vialetto, con le spalle rivolte alla porta di casa, presumibilmente ancora aperta. E si stava bagnando come non mai, probabilmente sarebbe finito con una bella influenza… ma non riusciva a voltarsi.
Improvvisamente, però, sentì una manina conosciuta stringergli la sua: «Questa è follia pura, non posso darti la certezza che può darti lei, e non posso dirti già che ti amo. Sarebbe affrettato e ingiusto… ma so che ti voglio tanto, tanto bene. Ci tengo parecchio. E penso ancora a te, a noi, e a quello che saremmo potuti essere se le situazioni fossero state diverse… sono diverse ora?» allora si voltò. Perché era un segno la sua domanda. Lei ci sarebbe stata, in quella pazzia. Gliel’aveva appena fatto capire in un modo molto contorto.
«Possono essere diverse.»
«Viviamo in due continenti diversi…»
«Ma io vengo spesso negli Stati Uniti»
«E io sono spesso a Londra.»
«Lo so…» rispose automaticamente lui, guardandola finalmente negli occhi. E i suoi occhi azzurri sorridevano come le sue labbra.
«“It’s some kind of madness… that started to evolve”»
«Perché diavolo stai citando, cantando, i Muse?!» proruppe Eddie, scoppiando a ridere mentre era abbracciato a lei.
«Mi sembrava appropriato…» rispose quella, facendo spallucce nella sua stretta.
«Appropriatissimo! Ti faccio vedere io qualcosa di appropriato…»
Amava il suo accento. Come aveva fatto a dimenticare quel particolare?! Il suo magnifico, fantastico accento inglese. E i suoi capelli rossi! E il suo essere così tremendamente secco. Non era solita amare certi particolari, ma erano caratteristici di Eddie, e li amava tutti.
Però aveva ragione, quel bacio era decisamente molto più appropriato del suo commento… e con la pioggia… avrebbe smesso di pensare a tutte quelle cose contemporaneamente.
«Sento la tua testa macchinare e fumare…»
«Non preoccuparti, ora la smette.» ormai con gli occhi chiusi, sentì le enormi labbra del ragazzo aprirsi in un sorriso per poi riprendere a baciarla dolcemente e con passione come solo lui sapeva fare… come voleva che solo lui sapesse fare.


Note finali:
*= ho messo l'asterisco perché nella mia testa la scena l'avevo immaginata con Amanda che diceva "You, moron!" ma non sapendo il luogo natio della parola "moron" e quindi non sapendo se è usato in modo particolare più dagli inglesi che dagli americani, mi sono costretta ad immaginarla che chiama Eddie "dork". Per chi sa un po' di inglese capirà le differenze/mi potrà aiutare perché spesso immagino le cose così e partono i trip mentali e le ricerche su cose così stupide, anche se sto scrivendo in italiano. :)

  
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