Shikamaru Nara non
era di certo uno stupido, e questo lo
sapevano tutti. Tuttavia, nonostante il suo quoziente intellettivo
estremamente
alto, c'erano cose che persino lui non arriva a capire.
Le donne, ad
esempio.
Iniziando da sua
madre che lo seccava anche più del solito da
quando suo padre non c'era più. Lui aveva pensato che per i
primi tempi non
sarebbe stato facile per lei, che avrebbe sofferto più di
tutti, si aspettava
di sorprenderla a piangere di nascosto quando pensava di essere sola in
casa.
Ma non era mai successo nemmeno una volta, e non capiva.
Poi c'era la madre
di Ino, che al contrario della sua, si
era letteralmente chiusa in sé. Rimaneva quasi tutto il
giorno chiusa in
camera, non usciva mai di casa, era dimagrita notevolmente e quelle
poche volte
che la vedeva girare per casa aveva l'aspetto di un fantasma. Forse il
suo
comportamento tutto sommato era normale, ma decisamente
autodistruttivo, troppo
diverso da quello di Yoshino. Sapeva che ognuno poteva affrontare il
dolore in
modo diverso, ma era davvero possibile tutta quella differenza?
C'era anche la
madre di Chouji, che faceva avanti e indietro
tutto il giorno da casa sua per portare tutto quello che cucinava sia a
casa
Nara che Yamanaka, aiutava con le faccende di casa, si offriva di fare
la
spesa. Probabilmente non sapeva cos'altro fare, né come
comportarsi, e le
parole in quei casi spesso erano superflue e suonavano false pur non
essendole.
E infine c'era lei,
la sua più grande seccatura: Ino. I suoi
comportamenti erano un mix delle altre tre, probabilmente acquisiti
senza
volerlo negli anni, ma che proprio in momenti come quello risaltavano
maggiormente. Ino dopo la morte dei loro padri aveva avuto continui
sbalzi
d'umore; c'erano giorni in cui era depressa, altri stava bene, altri
era
furiosa con il mondo, altri trotterellava in giro a dare aiuto a
chiunque ne
avesse bisogno. Era un casino, insomma. Non riguardava solo lui e sua
madre,
c'erano anche altre due famiglie distrutte. E lui non capiva come
dovesse
comportarsi. Fare finta di nulla e assecondarle tutte? Non poteva
neanche dire
loro che non era quello il modo per superare tutto, perché
non era sicuro.
Magari stava sbagliando anche lui, comportandosi con indifferenza come
al solito,
beccandosi le occhiate accusatorie di sua madre e i rimproveri di Ino
per la
sua freddezza.
Era proprio una
seccatura.
Si diresse verso
casa di Chouji, spedito da Yoshino per
riportare indietro i contenitori che la madre usava per portar loro i
suoi
manicaretti. Ovviamente vuoti, altrimenti si sarebbe preoccupata ancora
di più,
continuando a cucinare per un esercito.
Shikamaru
ghignò. Aveva una bella famiglia, nonostante
tutto. Tutti loro ormai da anni si erano sempre considerati come tale,
e a lui
non era mai dispiaciuto, anzi. Aveva sempre potuto contare su tutti
loro,
nonostante le sue lamentele la domenica mattina sul fatto che volesse
restare a
dormire fino a tardi invece che andare dagli Akimichi per i loro soliti
pranzi
domenicali, la cosa gli aveva sempre fatto piacere. E un pisolino
riusciva a
schiacciarlo comunque, alla fine.
Gli sembrava tutto
già un lontano ricordo, e sentì una morsa
allo stomaco al pensiero che niente di tutto quello sarebbe
più tornato.
Trovò
Chouji in giardino che sistemava un'amaca,
probabilmente in vista all'arrivo dell'estate.
“Ehilà,”
lo salutò atono, mentre l'amico si illuminò
vedendolo.
“Ciao
Shikamaru!” Ricambio il saluto Chouji, decisamente in
modo più allegro del suo migliore amico.
“Come mai da queste parti?”
“Mi ha
mandato mia madre... a riportarvi questi,” gli disse,
mostrandogli due borse piene della loro roba.
Chouji sorrise,
posando a terra la corda con la quale stava
armeggiando fino in quel momento. Gli tolse le borse dalle mani,
invitandolo ad
entrare, dicendo che sua madre sarebbe stata contenta di vederlo, visto
che
ultimamente non avevano avuto occasione di passare un po' di tempo
insieme.
Shikamaru sorrise
amaramente, cercando di prepararsi
mentalmente alla sfilza di domande a cui sarebbe stato sottoposto da
lì a
breve. Ovviamente, da quando Shikaku ed Inoichi non c'erano
più, avevano
evitato come la peste di trovarsi tutti insieme, come se fosse la cosa
più
sbagliata e immorale del mondo. Stare insieme, ridere, scherzare, o
perlomeno
provarci, sembrava una mancanza di rispetto verso di loro, come se una
risata
potesse cancellare il vuoto che avevano lasciato. Ma probabilmente era
soltanto
una questione di tempo, prima che capissero quanto si sbagliavano, e
che si
poteva semplicemente restare uniti senza il bisogno di fare feste.
Seguì
Chouji in cucina, notando sua madre seduta al tavolo
con Ino accanto che parlavano tranquille. Le salutò
entrambe, e subito dopo la
signora Akimichi iniziò il suo interrogatorio, facendo
sogghignare Chouji e
sorridere Ino. Cercò di rispondere il più
esaustivamente possibile solo per
mettervi fine, e quando lei fu soddisfatta, li salutò per
andare a fare la
spesa.
“Solo
venti minuti, sei stato fortunato che dovesse uscire!”
lo prese in giro Chouji che si era già buttato sul
frigorifero a cercare
qualcosa da merenda.
“E tu
cosa ci fai qui?” Chiese Shikamaru ad Ino lanciandole
un'occhiata veloce per capire se stesse bene, notando che teneva
qualcosa tra
le mani.
“Sono
venuta ad aiutare Chouji a montare l'amaca!”
Trillò
entusiasta.
Shikamaru si
ricordò solamente in quel momento che ogni
anno, da quando erano bambini, qualche giorno prima dell'arrivo
dell'estate,
erano soliti montare amaca e altalena a dondolo per le sere
più calde durante
le quali organizzavano grigliate e giochi con l'acqua. I loro padri
avevano
continuato con questa specie di tradizione anche se poi erano
cresciuti,
prendendola come scusa per divertirsi, e ovviamente per mangiare e bere
a
volontà.
“Mi
dispiace, me ne sono dimenticato...” si scusò
sincero,
sentendosi in colpa. Si sentì ancora più stupido
quando ricordò anche che
montare l'amaca era sempre stato un compito di Inoichi. Diceva sempre
che lui
sapeva stringere tutto a dovere, che le sue prese ed i suoi nodi erano
persino
a prova di Chouza; avrebbe potuto saltarci sopra senza nessun problema.
“Non
è un tuo dovere Shikamaru, di cosa ti scusi?”
Chiese
Chouji mentre faceva fuori un panino.
“Probabilmente non la useremo nemmeno, ma Ino ha insistito
così tanto!” Cercò
di rassicurarlo l'amico.
Shikamaru vide Ino
abbassare velocemente lo sguardo, e si
avvicinò di più al tavolo, cercando di vedere
cosa tenesse tra le mani. Ma la
sua posizione giocava a suo sfavore e non voleva girare dalla sua parte
apposta
solo perché era curioso.
“Cosa
tieni lì?” Domandò quindi, infilando le
mani in tasca.
“Niente,”
mentì spudoratamente lei, cercando di nascondere
le mani sotto al tavolo.
“Non
è vero,” la riprese subito il ragazzo.
“Perché devi
essere così seccante?” Si lamentò lui,
arrendendosi alla curiosità e facendo il
giro del tavolo, abbassandosi sulle spalle di Ino.
La sentì
irrigidirsi un secondo, poi tirò fuori una foto che
la ritraeva da bambina dormire con Inoichi sull'amaca con un sorriso
pacifico.
Shikamaru
sentì come un macigno piombargli sullo stomaco.
Non disse nulla, si
limitò solo a metterle una mano sulla
testa, arruffandole un po' i capelli.
“Ho un
po' di tempo libero prima di andare dall'Hokage, vi
dò una mano.” Comunicò ad entrambi,
facendo sorridere Chouji in un modo che in
quell'ultimo periodo gli vedeva fare spesso. Sembrava un sorriso di
consapevolezza, come se sapesse qualcosa che a lui sfuggiva, come se
vedesse
cose di cui gli altri non si accorgevano. Glielo avrebbe domandato,
prima o
poi.
Ino
conservò la foto con cura nella borsetta che aveva
appoggiato su una sedia accanto a lei, poi uscirono tutti e tre in
giardino per
mettersi a lavoro.
Mentre sistemavano
una delle corde, Shikamaru notò come Ino
fosse stranamente silenziosa, anche se non sembrava arrabbiata o di
cattivo
umore. Era davvero raro vederla così, e capì che
probabilmente stava pensando
al padre. Sapeva esattamente cosa stesse provando. Osservò
Chouji allontanarsi
dall'altra parte del giardino per mangiare le sue patatine e si chiese
che
bisogno avesse di andare così lontano. Poi guardò
di nuovo Ino, e capì.
Probabilmente anche lui era preoccupato per Ino e voleva che le dicesse
qualcosa. Quella loro strana 'telepatia' stava iniziando a
preoccuparlo; ma
forse dopo una vita insieme poteva considerarsi normale, dopotutto.
“Dove
l'hai presa?” Iniziò lui, riferendosi ovviamente
alla
foto di poco prima, senza nemmeno degnarsi di nominarla. Certo che lei
avrebbe
capito lo stesso.
“Me l'ha
data Chouji, l'ha trovata mentre metteva a posto
delle vecchie foto...” rispose lei in modo tranquillo,
stringendo più che
poteva la corda e provando a fare un nodo, senza molto successo.
“Merda...”
imprecò tra i denti, facendo ghignare Shikamaru per quei
suoi modi non
esattamente femminili che venivano fuori di tanto in tanto.
Ino si
lasciò cadere sull'erba fresca sospirando e
guardandosi le mani arrossate. Non stava concludendo molto, e aveva
ancora un
mucchio di cose da fare.
“Devi
fare così,” la richiamò Shikamaru,
aspettando che lei
si rialzasse per guardarlo. Quando lo fece, le mostrò come
tirare e annodare,
sentendola unire le mani sorpresa.
“Shikamaru!
Sei bravissimo! Dove hai imparato?” Si
complimentò lei entusiasta, cosa che fece ovviamente
gongolare di piacere il
ragazzo, facendolo sentirei stupidamente orgoglioso.
“Da tuo
padre. Lo osservavo spesso...” le rispose lui
prendendo un altro pezzo di corda, porgendolo a lei per farla provare.
“Era
molto bravo, vero?” Gli chiese sorridente, sentendosi
fiera anche per una cosa abbastanza superficiale come quella.
Normalmente
Shikamaru avrebbe scrollato le spalle dicendo
che non era una cosa difficile, e che avrebbe potuto farlo chiunque,
facendola
sicuramente arrabbiare e finendo con il litigarci. Ma non quella volta.
Più la
guardava, più non voleva deluderla. Più lei
sorrideva, più non voleva
contraddirla dopo tutto quello che aveva passato.
Annuì
solamente, vedendo i suoi occhi brillare di più,
mentre afferrava la corda e provava a stringere come aveva fatto lui in
precedenza.
Shikamaru le si
mise accanto, aiutandola di tanto in tanto,
fino a che l'amaca fu ben legata ai tronchi degli alberi. Ino
sembrò
soddisfatta e volle provarla subito, farfugliando di quanto fosse stata
brava.
Lui sorrise nel
vederla così spensierata come un tempo,
voltandosi verso Chouji per avvertirlo del lavoro finito, trovandolo a
fissarli
ancora una volta con quello strano sorriso dipinto sul volto che
proprio non
riusciva a decifrare.
Shikamaru non era
di certo uno stupido; sapeva decifrare
codici, fare calcoli difficilissimi a mente, studiare le migliori
strategie in
pochi minuti, eppure, certi comportamenti ancora gli sfuggivano.
Nonostante
osservasse molto bene chi gli stava intorno, c'era sempre qualcosa che
non
riusciva a capire.
Chouji li raggiunse
velocemente, complimentandosi con
entrambi per l'ottimo lavoro svolto.
“Questo fine settimana i miei vogliono fare una piccola
grigliata, venite?”
Chiese speranzoso, ricevendo subito un sì da Ino che
probabilmente si era fatta
prendere dall'entusiasmo.
Shikamaru si chiese se davvero gli Akimichi conoscessero il significato
della
parola piccola, comprendendo
comunque
quello che stessero cercando di fare.
“Devo
portare mia madre?” Domandò grattandosi la testa,
pensando a quanto sarebbe stato seccante convincerla.
“Sì,
ma non forzarla!” Precisò l'amico, guardando poi
Ino. “Chiedilo
anche alla tua, Ino, mia madre sarebbe contenta!” Le disse,
vedendola annuire
subito.
“Ok, io
adesso però devo andare ... ci vediamo,” li
salutò
infine Shikamaru, avviandosi verso il palazzo dell'Hokage.
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Quando Shikamaru
arrivò a casa di Chouji, i suoi genitori si
precipitarono da lui e Yoshino, riempendoli di sorrisi, seguiti a
domande varie
e pacche sulle spalle. Erano così entusiasti che ebbe il
dubbio di avere
qualche osso fratturato, avvertendo poi uno sguardo su di lui mentre
tentava in
tutti i modi di divincolarsi.
Era Ino.
Lo guardava con un
sorriso che conosceva e che le aveva
visto poche volte in passato, quando lei pensava di non essere notata
da
nessuno. Sorrideva in quel modo quando stavano tutti insieme e li
vedeva
parlare e scherzare tra loro. Era anche il sorriso che lo accoglieva
ogni volta
che tornava da una missione importante, lo stesso sorriso del quale si
era
innamorato e sperava sempre di rivedere.
Si
avvicinò a lei alzando la mano per salutarla, riuscendo a
fuggire in qualche modo dai genitori di Chouji.
“Ciao,
Shikamaru.”
A lui non era mai
piaciuto particolarmente il suo nome,
troppo lungo per i suoi gusti; quando doveva presentarsi a qualcuno era
seccante, perdeva la voglia di dirlo ancora prima di farlo davvero.
Eppure, c'era
qualcosa nel modo in cui Ino lo pronunciava,
che gli faceva pensare di non averlo mai amato tanto, che non avrebbe
voluto
mai chiamarsi in un altro modo. Si sentita un po' patetico, per essersi
ridotto
in quel modo per una donna.
Per Ino Yamanaka.
“Tutto
bene?” Le chiese, retorico. Tanto sapeva che non gli
avrebbe mai detto, orgogliosa com'era, se qualcosa non andasse. Ma
ormai la
conosceva, riusciva a capirla comunque, anche con un solo sguardo.
Aveva
imparato nel corso degli anni a riconoscere tutti quei piccoli segnali
di
allarme che non lasciavano intendere niente di buono; come il
mangiucchiare le
pellicine delle unghie, torturarsi i capelli, grattarsi un braccio. Poi
c'erano
anche quelli più gravi: parlare come una macchinetta,
sbuffare, urlare,
insultarlo. Finendo poi per litigare con lui.
Quel pomeriggio
però Ino sembrava stranamente tranquilla,
forse l'idea della grigliata non era stata poi tanto cattiva. Persino
Yoshino
sembrava di buon umore, per quanto possibile. Anche la madre di Ino era
miracolosamente uscita di casa, sembrava un po' più viva
rispetto alle ultime
settimane.
Di certo la
mancanza di due figure come Shikaku ed Inoichi
si sentiva. Eccome. Nessuno però aveva osato parlare di
loro, forse per paura
di spezzare quel momento ricucito a fatica e pronto a rompersi in
qualsiasi
momento.
Shikamaru non
riusciva ancora a capire come comportarsi,
sapeva di non poterli ancora nominare, ma allo stesso tempo non gli
sembrava
giusto. Pensava che continuare ad ignorare la cosa avrebbe solo
peggiorato la situazione,
e anche se persino lui non l'aveva ancora accettata, andava affrontata.
Rimase
per un po' di tempo a pensare a cosa potesse fare o dire, si chiese se
non
fosse prima il caso di parlarne con Chouza, in fondo era un adulto e
avrebbe
saputo certamente meglio di lui cosa fosse meglio fare.
La serata trascorse
bene, e lui decise di lasciare le cose
com'erano, almeno per un po’. Rientrarono tutti in casa per
dare una mano a
riordinare, tranne Chouji che si era addormentato bellamente
sull'altalena a dondolo.
Si
guardò intorno e notò l'amaca che nei giorni
precedenti
aveva finito di mettere a posto insieme ad Ino, stupendosi del fatto
che lei
non l'avesse ancora usata nonostante avesse insistito per montarla,
come gli
aveva detto Chouji.
Gli venne
improvvisamente voglia di provarla, approfittando
del silenzio che si era creato e della frescura che stava arrivando
dopo quella
giornata parecchio calda. Si sdraiò sopra, sentendo il
piacevole rumore delle
corde contro il legno. Gli sembrò così rilassante
da fargli chiudere gli occhi,
lasciandosi cullare dal leggero vento, sospirando piano.
Non sapeva quanto
tempo avesse passato così, forse si era
anche addormentato e poco gli importava, fu svegliato dalla sua
compagna di
squadra che lo chiamava e richiamava più volte.
Si
ritrovò il viso di Ino a pochi centimetri dal suo che lo
guardava con aria seccata e dovette trattenere una risata per quanto
gli fosse
sembrata una bambina alla quale avevano appena rubato il giocattolo.
“Cosa
c'è?” Mugugnò richiudendo gli occhi,
sbadigliando.
“Quello
è il mio posto,” spiegò lei minacciosa,
come se
fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Non lo
sapevo, non ho visto il tuo nome scritto da nessuna
parte,” le rispose lui, rimanendo con gli occhi chiusi.
“Non fare
il saccente con me!” Lo rimbeccò lei afferrandogli
una guancia, stizzita.
“Ma che
diavolo, Ino! Sei una seccatura!” Si lamentò il
ragazzo, stavolta aprendo gli occhi. Poi si fermò un momento
a guardarla; aveva
sciolto i capelli e quel vestitino bianco le dava un'aria
così angelica che
probabilmente chi non la conosceva davvero avrebbe potuto scambiarla
facilmente
per una ragazza dolce e celestiale.
Avrebbe potuto
ammaliare chiunque in quel modo e Shikamaru
si rese conto di esserci dentro fino al collo.
“Se
smetti di seccarmi ti faccio salire, c'è posto per due
in fondo,” le disse contrariamente ad ogni previsione,
porgendole una mano per
aiutarla. Lei sembrò rifletterci su qualche secondo, poi
accettò senza dire
nulla.
Solo in quel
momento Shikamaru si accorse che teneva un
libro nell'altra mano, parecchio grosso.
Le fece spazio e
aspettò che si sistemasse come voleva,
osservandola lisciarsi il vestito e raccogliere i capelli da un lato,
sentendo
improvvisamente caldo.
“Cos'è?”
Le domandò, cercando di riprendere il controllo
come sempre.
“Un album
di foto!” Trillò lei, nuovamente contenta.
“Vuoi
guardarle?” Gli chiese senza nemmeno aspettare la risposta,
aprendo il libro.
“Perché
questa mania delle foto?” Chiese lui, ricordandosi
della foto che aveva qualche giorno prima.
Ino non rispose,
iniziando a sfogliare. C'erano solo foto
delle loro famiglie insieme; al mare, in montagna, a fare pic-nic, nel
giardino
degli Akimichi... momenti di vita normali, spesso buffi e strambi, ma
che
facevano parte di loro. Mentre guardava quelle foto, Shikamaru
capì che forse
quello poteva essere un buon modo per parlare delle loro perdite,
seppur
indirettamente. Rivivere insieme quei momenti, commentarli, sicuramente
li
avrebbe aiutati e sua madre e quella di Ino si sarebbero sentite meno
sole.
“Guarda
questa! Non l'avevo mai vista!” Esclamò lei,
stringendosi di più a lui e mostrandogli una foto che lo
ritraeva con lei da bambini
dormire sull'amaca pacificamente. “Quest'amaca dev'essere
magica! Guarda
come...” lasciò cadere la frase nel vuoto,
accorgendosi di come lui la fissava.
“Shikamaru?” Lo richiamò lei, sentendo
il suo sguardo penetrarla.
“Mh,”
rispose lui solamente, non staccandole gli occhi di
dosso. Improvvisamente, si era messo a pensare al fatto di quanto fosse
bella.
Non che non se ne fosse mai accorto, ma c'erano dei momenti in cui
semplicemente ne rimaneva incantato. Erano i momenti in cui desiderava
non essere
un compagno di squadra per lei, o un amico, per poterla baciare almeno
una
volta nella sua misera vita.
Ino rimase ferma a
guardarlo, rendendosi conto della strana
atmosfera che si era creata così all'improvviso. Era
piacevole, era in grado di
farle venire le gambe molli e un tuffo al cuore, ed era così
ormai da un po' di
tempo. Ma in cuor suo sapeva che non sarebbe mai successo nulla. Sapeva
quanto
Shikamaru tenesse alla loro amicizia, alla loro squadra, alle loro
famiglie.
Quindi con molta probabilità non avrebbe mai oltrepassato il
confine invisibile
che li divideva, anche se lei non era d'accordo. Pensava che valesse la
pena
rischiare, che se le cose fossero andate male sarebbero potuti tornare
amici
come prima. Non vedeva nessun problema.
Ma lo sapeva, le strade per farsi del male lei non le sbagliava mai.
Prima con
Sasuke, poi Sakura, e adesso con Shikamaru.
Rimasero a
guardarsi per svariati secondi, poi Ino fece un
sorriso rassegnato e abbassò la testa, sentendosi sconfitta.
Shikamaru
continuò a guardarla con un groppo in gola e le
labbra secche, osservandola riaprire l'album e continuare a guardare le
foto,
fino a quando si soffermò su un'altra foto che li ritraeva
un po' più grandi,
all'ultimo compleanno di Chouji che probabilmente aveva scattato la
foto senza
che se ne accorgessero. Ino era un po' brilla quella sera, e aveva
abbracciato
di slancio Shikamaru che era rimasto sorpreso mentre lei se la rideva
di gusto.
Il ragazzo vide le
dita sottili della compagna accarezzare
la foto in un modo che gli fece smuovere qualcosa dentro. Si
voltò di scatto
verso di lei, togliendole l'album dalle mani e chiudendolo di botto,
buttandolo
sull'erba, calcolando il modo giusto per non farlo rovinare. Non le
diede
nemmeno il tempo di protestare, né di capire cosa stesse
facendo, si sollevò su
di lei catturandole le labbra, forse un po' bruscamente.
Ma Ino non si
lamentò, anzi. Dopo la sorpresa iniziale
rispose al bacio lasciandosi completamente andare. Aprì di
più la bocca quando
Shikamaru cercò la sua lingua, ascoltando i suoi versi rochi
e il suo respiro
caldo contro la sua bocca, sentendo il cuore martellarle nel petto come
impazzito.
Cercò di prendere un po’ d'aria, e lui le diede
giusto un paio di secondi,
prima di rubarle un altro bacio. Quando poi lei gli toccò il
collo con una mano
il ragazzo la strinse maggiormente a sé, baciandola con
più foga.
Si scordò di tutto; ogni cosa, ogni problema, ogni persona,
era tutto sparito.
C'era solo lo scricchiolio dell'amaca, il rumore del vento, e il suono
eccitante dei loro baci. Se avesse saputo prima cosa si provasse a
baciare Ino
Yamanaka, non avrebbe aspettato così tanto tempo.
Immaginarlo, sognarlo... non
era niente al confronto. Si sentiva come rinascere ad ogni bacio e ad
ogni suo
tocco, si sentiva in grado di fare qualsiasi cosa.
Non avrebbe mai pensato di poter dire una cosa che suonasse
così mielosamente
romantica, eppure era la semplice verità.
Era come se fosse
arrivato ad un punto morto e baciarla
fosse l'unica via di salvezza.
Non si era mai
sentito così sicuro in vita sua. Non era
imbarazzato, né pentito, ed era pronto ad ogni possibile
conseguenza. Sentì Ino
pronunciare il suo nome un paio di volte mentre cercava di frenarsi, ma
quando
lui la accontentò separandosi da lei, la ragazza rimase
qualche secondo a
fissarlo, cercando di far tornare il suo respiro normale, per poi
tornare a
baciarlo a sua volta.
Stavolta
fu completamente diverso; lento, lentissimo, sensuale ed eccitante.
Lei sembrava completamente alla sua mercé e Shikamaru non
poteva fare a meno di
godere della cosa. Lei che era stata sempre incline a fare la
superiore, a
comandare, a fare e disfare... adesso era lì, sotto le sue
mani, totalmente
senza difese. Sogghignò tra le sue labbra, smettendo di
baciarla per sentirla
lamentarsi come sperava, avvicinandosi ancora una volta per un altro
bacio,
prima di sentire uno strano rumore provenire dall'altra parte del
giardino. Si
voltò di scatto istintivamente; ma non c’era
nessuno, a parte Chouji che
continuava a dormire sull’altalena a dondolo.
Inarcò un sopracciglio, sospettoso. Quella dondola si
muoveva un po’ troppo per
essere spinta soltanto dal vento...
“Che succede?” gli chiese la voce di Ino accanto a
lui.
“Uhm, niente,” si voltò nuovamente su di
lei, ancora titubante.
Questa volta Shikamaru provò una leggera nota di imbarazzo
mentre tornava a
guardarla, come se avesse realizzato soltanto in quel momento cosa
fosse
successo. Lei sembrò accorgersene e ridacchiò
piano, portandosi una ciocca di
capelli dietro l’orecchio.
“Siamo in imbarazzo?” Lo stuzzicò di
proposito, avvicinandosi di nuovo a lui
come poco prima.
“Mh? No.” Cercò di negare lui, sebbene
fosse leggermente arrossito.
“Ah no? E come mai sei tutto rosso allora? E’ la
seconda volta da quando ti
conosco che ti vedo arrossire!”
“Non è vero, non inventarti storie!”
“E’ stato quando ti hanno promosso a Chunin e siamo
andati a festeggiare con il
maestro! Hai messo il broncio e sei arrossito!” gli
ricordò, stranamente
tranquilla. Ino non parlava mai di Asuma, non lo aveva più
fatto da quando era
morto, e lui era sempre stato attento a non nominarlo, proprio come
stava
succedendo adesso con i loro padri.
Da quello capì che non avrebbe dovuto fare proprio nulla, a
parte rimanere
accanto alle sue famiglie. Probabilmente era vero quando si diceva che
il tempo
guariva ogni ferita, bene o male. Si era messo in testa di fare
necessariamente
qualcosa soltanto perché preoccupato, ma nessuno poteva
obbligare qualcuno a
non soffrire. Il dolore poi sarebbe scemato piano piano. Non sarebbe
andato
via, questo era certo, ma avrebbe potuto trasformarlo in qualcosa per
andare
avanti. Sapeva che potevano farlo, ce l’avrebbero fatta,
uniti come sempre.
Sorrise lievemente, sentendosi più tranquillo mentre si
avvicinava di nuovo
alla bocca di Ino con più voglia di prima di baciarla.
“Parli sempre troppo, seccatura.”
Ino non osò ribattere, chiudendo d’istinto gli
occhi. Sentiva il respiro del
ragazzo di nuovo su di sé, ma all’improvviso
sentì le voci degli altri, tra cui
quella di sua madre farsi più vicine, segno che stavano
uscendo di nuovo di
casa per andare sul giardino. Si tirò a sedere
immediatamente, tirando anche
Shikamaru, iniziando a blaterare qualcosa sulle stelle, puntando il
dito verso
il cielo.
“Ragazzi, è ora di tornare a casa!”
urlò Yoshino, mentre Chouza andava a
svegliare il figlio, scuotendo troppo l’altalena, fino a far
cadere qualcosa a
terra.
Shikamaru scese immediatamente dall’amaca, andando subito a
raccogliere
l’oggetto appena caduto, ricordandosi improvvisamente dello
strano rumore
sentito poco prima provenire proprio da quella parte.
Guardò Chouji con aria interrogativa, che per tutta risposta
si grattò la testa
imbarazzato, colto in flagrante, mentre pregava mentalmente che la sua
macchina
fotografica non si fosse rotta.
Shikamaru invece sospirò rassegnato, consapevole che da
lì a poco quella foto
si sarebbe aggiunta all’album di Ino.
N/a: Mi sono affezionata a questa storia. L'ho scritta totalmente di getto in quattro-cinque giorni, senza nessuna pretesa. Amo quando succede. :)
Al solito, la storia è stata betata da Solarial, ma se doveste riscontrare problemi, non esitate a dirmelo. :)
Buona estate!