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Autore: zollettaa    13/07/2013    2 recensioni
Eppure, lui era la persona che riusciva a mettermi più a disagio di tutte. Quando mi fissava, sentivo come se volesse che io morissi; insomma non era quello che avrebbero voluto tutti da me? Che io mi suicidassi e ponessi fine alla mia vita una volta per tutte?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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1.One meal less

 
Un pasto in meno, perché mi sento di troppo.
 
Mi sento di troppo, mi sono sempre sentita di troppo. Troppo grassa, troppo bassa, troppo rispetto alla situazione. Troppo paffutella, e quando le signore ti guardavano e ti dicevano “ma come sei morbida, come sei tenera” dentro non ridevo. Per quale assurdo motivo una ragazzetta grassottella doveva essere tenera?
 
Un pasto in meno, perché sono troppo grassa.
 
E’ brutta la parola grasso, forse sono le troppe esse che rendono l’ idea.. non saprei, ma sicuramente ne ho sempre avuto troppo addosso. Da bambina se mi sedevo arrivo ad avere quattro piccoli rotoli che mi facevano assomigliare ad una piccola balenottera azzurra, od ad un tricheco, e con il passare del tempo capii che me ne dovevo sbarazzare. Dovevo fare in modo da non essere imbarazzante, per me, per gli altri.
 
Un pasto in meno, perché non sono abbastanza bella.
 
L’ idea di bellezza, ecco. Diciamocelo, a quante persone interessa davvero la bellezza interiore? A nessuno, tutti guardano solo ed esclusivamente quella esteriore, e se non sei una cima, se non hai due pozzi o due smeraldi al posto degli occhi, se non hai un bel naso, un bel volto, nessuno ti calcolerà mai. Non passerai mai in evidenza, resterai soltanto invisibile, una nota di sfondo. E chi è che vuole essere davvero una nota di sfondo? Nessuno. Nessuno di abbastanza stupido da poterlo pensare.
 
Un pasto in meno, perché sono imperfetta.
 
Imperfetta, il contrario di perfetta. Essere perfetti pensavo fino a poco fa che rasentasse l’ utopia, ed invece è una cosa più presente di quanto non pensassi. Ragazzi, e soprattutto ragazze, che sfiorano la perfezione. Non hanno nulla che io abbia, e tutto di ciò che io non abbia. Ecco perché c’è da vergognarsi, perché nessuno ti accetterebbe mai, nessuno accetterebbe qualcuno che non è all’ altezza delle aspettative altrui, qualcuno che desidera essere ammirato ma che invece ammira.
 
Un pasto in meno, perché sono me stessa.
 
Non ho mai voluto avere questa vita, mai voluto avere questo corpo, e mai voluto avere, soprattutto, questo carattere, eppure Madre Natura mi ha voluta così.
Così schifosamente imperfetta.
Ho qualche dubbio di poter riuscire veramente a piacere ad una persona. Nessuna persona sana di mente lascerebbe che un tale fallimento entri nella propria vita, e sapendolo benissimo ero direttamente io che non entravo nelle vite degli altri e che mi allontanavo dagli altri.
Ho sempre odiato tutti –sempre detto così- quindi per quale motivo avrei, ora, dovuto far entrare qualcuno nel mio spazio vitale?
Pensandoci, io odiavo tutti perché tutti odiavano me, ma erano dettagli trascurabili, visto che in fondo il risultato era lo stesso.
 
Sospirai, lasciando che i capelli mi ricadessero morbidi sulle spalle, e che mi incorniciassero il volto. Puntai il mio sguardo nello specchio e mi osservai, a lungo. I miei occhi marroni non avevano niente di speciale, nulla che potesse essere ricollegato a qualcosa di meraviglioso.. l’ azzurro può essere collegato ad un mare in tempesta, il verde a degli smeraldi, il grigio alla nebbia, ma il marrone è un colore così banale, che l’ unica cosa a cui assomiglia è la cacca, nemmeno il cioccolato, la cacca.
Aprii l’ armadio, estraendone una felpa con cappuccio rosso ed indossandola.
Scesi le scale, e senza neanche dare un’ occhiata alla colazione posta sul piano cottura afferrai il mio zaino colmo di libri e posai una mano sulla maniglia del portoncino d’ entrata pronta ad uscire, ma una voce mi fermò.
 
“Alicia, aspetta” mi richiamò la voce di mia zia, quella con la quale vivevo da quando i miei genitori morirono, lasciandomi sola al mondo. “Dovrebbe arrivare Harry tra poco, può accompagnarti lui, a scuola” disse con la solita voce aggraziata che la distingueva, con il suo solito tono di cortesia.
Quella mattina non mi aveva nemmeno chiesto di mangiare, forse ormai abituata.
 
“No zia, tranquilla, vado a piedi. Un po’ di movimento mi farà bene” sfoderai un piccolo sorriso sincero ed aprii finalmente il portoncino che mi separava dal mondo, facendomi inspirare l’ arietta fresca che tirava solitamente nelle mattinate di settembre, abbastanza presto.
 
Sospirai, accennando un sorriso e socchiudendo l’ occhio per evitare che il sole mi accecasse la vista, confidando il quella giornata di inizio anno per cominciare un anno magari diverso dagli altri. Magari senza disturbi inopportuni; in fondo quello era l’ ultimo anno, perché il fato non poteva accontentarmi?
Arrivai davanti all’ ingresso della scuola, e stranamente non c’ era nessuno, forse perché ero un po’ più in anticipo del solito. Appoggiai una mano sul cancelletto nero laterale, e lo spinsi appena in modo da poter accedere al cortile anteriore alla scuola.
Mi sedetti su di una panchina poco più in là, aspettando che aprissero le porte principali, ed incrociai le gambe, posandoci nel mezzo le braccia e lo zainetto nero.
A dire il vero quello zainetto non lo avevo scelto io, ma mi era capitato per caso quando lo avevo pescato dalla soffitta della mia vecchia casa. Molto probabilmente doveva appartenere a qualche lavoretto che faceva mio padre.. magari lo utilizzava per metterci dentro gli attrezzi.
 
Alzai di scatto lo sguardo, e spostai la mia attenzione verso il cancello centrale, quello più grosso, da dove sentivo provenivano un brusio di voci.
La gente stava incominciando ad affluire verso la mia direzione.
Mi alzai, quasi correndo, cercando più che altro di non andare incontro alle persone sbagliate o di dare nell’ occhio, ed entrai dalle porte principali che non essendomi accorta avevano già aperto da cinque minuti buoni.
Camminai quasi strusciandomi, cercando di fondermi, contro gli armadietti blu, sino ad arrivare al primo piano e sceglierne uno, infilandoci lo zaino.
Presi il foglio delle lezioni, e dopo averlo osservato attentamente prelevai il libro di storia con l’ astuccio, per poi chiudere l’ armadietto con un nuovo lucchetto a combinazione. L’ armadietto lo avevo scelto in una posizione abbastanza strategica, in modo da averlo vicino a quasi tutte le materie, tranne appunto per storia dove sarei dovuta andare sino al terzo piano.
Annaspai sino alla soglia della classe, dando un po’ di spallate a destra e manca contro gli studenti che erano arrivati all’ ultimo e cercavano posto.
 
Ero sempre stata una ragazza abbastanza diligente, difatti scelsi uno degli unici posti rimasti, cioè a circa metà dell’ aula.
Buttai un occhio in giro al resto degli alunni seduti per vedere se erano già volti nuovi, ed intravidi Brenda che mi faceva un saluto con la mano sorridendomi.
Ricambiai, sorridendo appena.
Non ero mai stata brava con i sorrisi, forse perché la maggior parte di quelli che facevo erano finti, forzati, ed ormai non sorridevo per davvero da tantissimo tempo.
 
“Ciao” sussurrò una voce maschile alle mie spalle che mi fece raggelare.
Spostai lo sguardo alla mia destra, verso il banco che sino a pochi secondi prima era rimasto vuoto ma che ora era occupato.
 

“C-ciao Grent..”
  
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