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Autore: Conny Guitar    13/07/2013    1 recensioni
Doveva essere una bella vacanza. Ed invece si trasformerà in una vera prova per Chiara, la protagonista. Chi è Ombra, la misteriosa nuova vicina di casa? E cosa significano i ricordi che Chiara credeva di aver dimenticato?
Un passato difficile che non vuole andarsene, un presente in cui nulla è come sembra ed un futuro incerto. Ma la realtà a volte può sul serio sembrare un film?
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Signorina, mi sente?! Si svegli!-
Una voce maschile continuava a chiedermi se ero sveglia, se ci sentivo. Gli avrei volentieri urlato in faccia di lasciarmi stare, porca miseria, stavo così bene! Ma non riuscivo quasi a muovermi, riuscii soltanto a fare un cenno con la mano. C'era una luce fortissima, non riuscivo ad aprire gli occhi. Sentivo varie voci, poi qualcuno che mi toccava e mi muoveva piano. Provai un dolore fortissimo e di nuovo persi conoscenza. Iniziai a vedere strane forme colorate che mi sfrecciavano davanti. "Non è un sogno questo" pensai. Ero bloccata e mi sembrava di cadere. Mi resi conto di essere come su un letto che pian piano scivolava sempre più giù, sempre più giù verso l'ignoto. Poi iniziò la caduta nel vuoto. Mi sembrava di essere in un tunnel verticale di motivi psichedelici da far venire mal di testa. "Mi sono drogata?" mi chiesi. Eppure no: ricordavo perfettamente ciò che era successo, la tempesta eccetra. Mi ero addormentata sulla spiaggia, poi mi ero risvegliata, avevo senito un dolore terribile e mi ero riaddormentata. Ora ero in questo incubo di giochi caleidoscopici e immagini fantastiche. Sembrava il racconto di Albert Hofmann sulla prima volta che aveva preso il suo "bambino difficile", ovvero l'LSD. Mi girava anche la testa e mi sentivo strana, inquieta, ansiosa, ma anche euforica e con la sensazione che un nuovo mondo si stesse aprendo davanti a me. "Le porte della percezione" pensai "si stanno schiudendo. Porca miseria, mi sembra di essere finita nel video di Lucy in the Sky with Diamonds. Mi sembra quasi di sentirla. E anche qualcosa che somiglia ai Pink Floyd. Forse fa male ascoltarseli prima di venire in spiaggia, considerato quello che mi è successo". Mi sembrava di sentire la melodia di Time, e improvvisamente vidi ciò che sembravano degli orologi. Direte che è normale, vista la canzone. Sembravano La persistenza della memoria di Salvador Dalì; il quadro con gli orologi molli.
Come colta da un presentimento, abbassai lo sguardo per osservare il mio corpo. Addosso non avevo più neanche il mio due pezzi, già con un motivo decisamente psichedelico stampato sopra. In compenso ero diventata tutta colorata a strisce. Sembravo soltanto un'insegna al neon. Sì, fu quello che mi venne in mente. Ero diventata un'insegna al neon di qualche night club. Ero colorata a bande azzurre, verdi, gialle e rosa che lampeggiavano velocemente come un'insegna che sta per bruciarsi.
"Tra un po' mi spegnerò" pensai "e allora non ci sarò più". Ma non mi spensi. Continuai a cadere in quel tunnel. Sembrava infinito, al fondo non si vedeva nulla, neppure una piccola, dannatissima luce. "La luce in fondo al tunnel, se la vedo la mia solita sfiga farà sì che sia un bel treno in corsa!" pensai amaramente. Ma niente, quel tunnel continuava. Ormai non avevo più paura, mi sentivo tranquillissima e quasi mi piaceva continuare a precipitare così. Evidentemente al mio cervello bacato non doveva piacere troppo il rilassamento e la felicità che provavo, perché improvvisamente iniziai a vedere alte figure nere che mi sovrastavano. Ce n'erano a migliaia, e mi chiesi come facevano a stare nel tunnel, dato che mi sembrava molto stretto. è solo una creazione della tua mente, per questo ci stanno. Non è un tunnel reale, con un volume ben definito, ricordava la mia coscienza. "E che diavolo, piantala! Tu e 'ste cazzate da matematico cerebroleso! Sentiamo, da quando ti piace la matematica?". Come al solito, non rispose, da sempre preferisce il silenzio quando si accorge che l'ho vinta io.
Intanto le sagome erano poste in cerchio e continuavano a stringersi verso il centro. Il centro, ovviamente, ero io. Iniziai a sentirmi soffocare, come sempre quando facevo questi incubi su Alessandro. Erano già passati cinque anni. Tanti, alla mia età. Cinque anni da quando aveva preso per l'ultima volta la sua Vespa, per venire da me e chiarire il nostro ultimo litigio e le mazzate che avevo dato al suo motorino. Apparentemente non sembrava troppo danneggiato. E invece pare lo fosse. In realtà non si seppe mai bene. Dopo essersi incastrato sotto un tir, non era rimasto molto. La testa di Alessandro si era spaccata a metà come un melone, tanto che dovettero fargli il test del DNA per identificarlo. Forse gli avevo danneggiato i freni, forse aveva sbandato lui stesso, forse era semplicemente destino che dovesse morire un ragazzo di 17 anni.
Avevamo litigato di brutto. Non era mai successo che litigassimo così. Sì, c'erano state qualche discussione, ma cose assolutamente tranquille. Insomma, è normale che in una coppia si abbia qualche divergenza di idee.
Ma quella volta avevamo litigato come matti. E tutto per colpa di quel coglione del batterista della mia band, i Southern, che ci aveva provato con me. Ed io a cercare di convincere Essand, come lo chiamavo affettuosamente, che con quell'idiota non c'era stato niente. Figurarsi se ci andavo a letto. Era uno stupido, e poi io amavo Alessandro. Lo amavo davvero. Era stato un vero colpo di fulmine. Eravamo in classe insieme al liceo linguistico, lui aveva perso un anno a causa di un incidente in macchina. Suo fratello lo stava portando dai nonni ed aveva bevuto un po'. Erano finiti fuori strada, tutti e due discretamente a pezzi, ma Alessandro era quello messo peggio. Così si era ritrovato, nonostante fosse un buono studente, a dover ripetere l'anno. Allora aveva iniziato ad andare male e ad essere scontroso con tutti. Lo prendevano in giro perché pensavano che se la fosse presa per la perdita dell'anno scolastico. Quando ci conoscemmo meglio, capii le sue ragioni. Il fratello aveva problemi con l'alcool, e lui sospettava che ci stesse andando di mezzo anche la droga. I loro genitori erano ricchi, ma ormai stavano insieme soprattutto perché avevano due figli. Diciamo uno, perché il maggiore, di 22 anni, viveva per conto suo, dividendo l'appartamento con un amico presumibilmente coltivatore di cannabis. Ale mi ripeteva sempre che, dopo tutto, forse i suoi avrebbero dovuto separarsi. Il padre aveva uno studio da geometra che aveva ereditato da suo papà, la madre era un avvocato, quindi erano perfettmente autonomi dal punto di vista finanziario. Insistevano a stare insieme, ma non si sopportavano più ed erano molto stressati da questa situazione. -Se divorziassero- mi diceva -potrei vivere con entrambi, sai, farei una settimana da uno e una settimana dall'altro. Sono stufo dei loro litigi, ripetono che devono stare insieme perché hanno ancora un figlio in casa. Ed io mi chiedo "dunque, se me ne vado, finalmente si lasceranno con beneficio di tutti?"-.
Alessandro si era convinto che era lui la causa delle loro tensioni e del loro stress, era colpa sua perché stava ancora tra le palle. Per questo si era depresso. Era incazzato con il mondo, ed era convinto che soltanto Marilyn Manson avrebbe potuto capirlo, dato che si trovava nella stessa situazione. Per questo lo ascoltava quasi maniacalmente. Ho sempre trovato questa sua affermazione su Manson decisamente idiota, ma ripensandoci, credo che avesse bisogno di qualcuno. Qualcuno che capisse minimamente come si sentiva. E magari aveva visto in una rockstar che urlava a Dio e al mondo quanto facessero schifo l'unica persona che potesse capirlo, se mai l'avessee incontrato.
Per quanto mi riguardava, i miei si erano già separati da un po', mia madre aveva lasciato anche il suo amante e viveva da sola con me e mio fratello, sempre più depressa e isolata. Ho sempre pensato che sia una prerogativa di alcune donne, quella di non riuscire a trovare l'uomo adatto. Ci provano e ci riprovano, ma non cè niente da fare, non lo trovano. Avevo sempre avuto il terrore di finire come lei, ma, alla luce delle ultime scoperte, la ricerca della mia metà si prospettava ancora più ardua. Trovare una donna, lesbica e, soprattutto, intenzionata a dichiararlo... "E se smettessi di pensare a queste cose? Insomma, non è umanamente possibile che uno scopra di essere omosessuale solo perché vede nuda la sua vicina di casa che probabilmente si droga! Va bene che mi trovavo bene alla discoteca LGBT in cui mi aveva trascinata mio fratello, ma non vuol dire NIENTE!! Non posso correre a queste conclusioni affrettate su un argomento così delicato e importante come il mio orientamento sessuale. Sono semplicemente rimasta confusa da quella là. Cioè, ti trovi una che balla nuda senza musica nel giardino accanto, sant'Iddio!".
Tutti questi ricordi mi tornarono alla mente, uno sull'altro. Cosa diavolo mi stava succedendo? Mi sovveniva un passato che non volevo più ricordare. "Sono una cogliona. Ma cosa pensavo? Che il passato se ne sarebbe stato buono buono in un angolino come una tigre ammaestrata, senza tornare qualche volta con le unghie sguainate? Brava furba! E adesso si avvinghia a te. La tigre, d'altra parte, ha fame. Ogni tanto bisogna pur darle da mangiare. Ed il suo cibo è la mia sofferenza, i miei ricordi, i miei incubi. C'è gente che quando la sua tigre mangia, sta bene ricordandosi dell' iPhone ricevuto a Natale o del bel voto all'esame. E c'è gente come me che sta male, ricordandosi del padre alcolizzato o del fidanzato morto a 17 anni perché voleva soltanto parlare con me con quel suo tono rassicurante. Avremmo parlato e avremmo fatto pace, lo sapevo. Forse avevo mazzato e rigato il motorino soltanto perché lui venisse da me senza doverlo chiamare, intaccando il mio orgoglio. Ho sempre avuto rimorsi per questo. Se non l'avessi fatto... magari sarebbe successo lo stesso. Magari un giorno sarebbe venuto da me per andare in giro insieme ed avrebbe avuto comunque quell'incidente. E la cosa terribile sarebbe stata che si era ammazzato per incontrare la sua fidanzatina. Che la gente avrebbe lasciato bigliettini davanti a casa sua e sulla tomba del tipo: "Addio angelo", oppure "Proteggila. Proteggi Chiara da lassù". Vomitevole. Invece nessuno lasciò nulla da nessuna parte. Soltanto io ero riuscita a far mettere nella bara il mio plettro, quello con la mia inziale scritta sopra a pennarello. Lui ne aveva uno con la sua, e avevamo giurato che, una volta morti, dovevamo avere nella bara uno il plettro dell'altra, così da non dimenticarci mai e ritrovarci nell'aldilà. L'avevo consegnato a quello che gli aveva preparato la bara, facendogli compassione. Comunque non l'avevo visto, dato che, dopo essere stato letteralmente distrutto (-Il suo cervello è schizzato su tutta la strada- ci disse la polizia) ed aver subìto un'autopsia, era stato meglio sigillarlo nella cassa. Logicamente non facevano vedere quello spettacolo macabro. Io riuscii ad ottenere un paio di foto dalla polizia che aveva documentato l'incidente, quelle meno chiare. Nonostante l'impressione, le ho ancora in un cassetto. Alessandro fu sepolto nella terra, i suoi genitori non avebbero mai voluto ridurlo ad un mucchietto di cenere, per poi magari spargerle sul Monte Soglio, quel luogo che amava così tanto e dove si sentiva se stesso. Troppo cazzata New Age spirituale. Nella sua famiglia, solo Ale era religioso, diceva sempre di volersi convertire al buddhismo tibetano. -Sessantottino idiota- gli avevo detto.
Sua madre, finita la funzione, mi aveva consegnato il plettro del figlio. -Voleva che fosse tuo. Mi raccontava di questa cosa dei plettri da scambiarsi. E non ti dispiacerebbe avere anche il suo basso? Io non ce la faccio a guardarlo-. Così a casa mia arrivò anche il suo bellissimo Ibanez color ocra bordato di nero, con la mia firma che troneggiava tra i pick-up. Mi ci volle un anno per riuscire anche solo a guardarlo senza scoppiare in lacrime. Dopo due anni sono riuscita a toccarlo e dopo tre a strimpellare qualche nota ad orecchio o qualche giro che gli avevo sentito fare. Non mi sono mai impegnata seriamente, sono una chitarrista, però con il mio gruppo, dopo che liquidammo il primo batterista, a volte sostituivo il basso nelle prove per puro divertimento. è un bello strumento, ottimo per chi non vuole un ruolo centrale in un gruppo, dovendo tenere il ritmo. Infatti non faceva al caso mio. Ho sempre cercato di spiccare, scatenarmi durante gli assoli, fare il personaggio. Forse perché, nella vita, non sono mai stata al centro di qualcosa.
La tigre doveva proprio aver fame. Era da un po' che non le davo più da mangiare. La gente pensa che il passato non abbia questa "vita propria", ma non è così. In generale, tutti coloro che suonano strumenti a corde, sostengono che le corde siano dotate di questa vita propria, altrimenti perché si spezzano proprio mentre uno sta suonando e non mentre è a casa, tranquillo? Per il passato vale lo stesso principio. Solo che uno lo dice ridendo che le corde sono esseri pensanti, ma chi come me si porta un bel fagotto sulle spalle di morti, dipendenze varie ed emarginazione nell'adolescenza, non ride più tanto sulla vita del passato. Pensavo spesso a cosa potevo aver fatto, magari in una vita precedente, per meritarmi ciò. Come dice Lydia Sinclair, un personaggio del film "La leggenda del re pescatore", a proposito della sua vita sentimentale praticamente nulla: "Ho sempre avuto idea di essere stata un uomo in una vita precedente, uno che usava le donne per il suo piacere. E adesso ne sconto la pena...". Forse per me vale lo stesso principio. Magari, senza cambiare sesso, in una vita precedente sono stata una bulla, una stronza di prima categoria. Come Caterina. Forse lei in una vita futura sarà una sfigata. O forse no. Forse non esiste la reincarnazione, è semplicemente un caso che io sia così, perché siamo tutti artefici del nostro destino.
Può darsi che ci sia l'aldilà e sia una specie di magazzino di anime. Quando viene concepito un bambino allora qualcosa (Dio, direbbero alcuni) sceglie un'anima a caso e la mette in quel corpo. E se gli va bene esce fuori Jon Bon Jovi, mentre se gli va male esco fuori io. Ho sempre immaginato così la vita dopo la morte. Forse mi faccio troppe seghe mentali.

Tutti questi pensieri continuavano ad assalirmi mentre venivo soffocata dagli spiriti neri. E continuano ad assalirmi anche ora, nonostante tutto. Quel giorno, che non scorderò mai, parlavano anche, continuavano a sussurrare frasi sconnesse. Fu questo il particolare che non avrei mai dimenticato. Pronunciavano parole sconosciute. In realtà non sembravano neanche parole, soltanto dei versi. "Forse è una lingua" pensai "tipo un idioma di qualche popolo sperduto in culo ai lupi. Ma poiché sono creazioni della mia mente, come faccio io a conoscere questa lingua?". Magari la tua anima di sfigata è appartenuta a un componente di queste tribù!, disse sua signoria la mia coscienza. Inchiniamoci tutti alla sua volontà! Forse stavo impazzendo. Ma quelle figure si stringevano sempre più...
Mi svegliai con un urlo, accorgendomi che era stato solo un sogno.
-Ehi, tranquilla, stai calma!- disse una dolce voce. Mi girai verso la sua provenienza, e urlai più forte di prima.

The corner: per questo capitolo sono andata pesante con i Pink Floyd, per "psichedelizzarmi" senza dover rivolgermi ad uno spacciatore. 
Un ringraziamento speciale ad amastuki Yuki perché segue questi miei sogni/prove della mia pazzia che si concretizzano in questa storia.
   
 
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