Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: jasonmccann    13/07/2013    12 recensioni
«Il fatto è che quello ad essersi innamorato ero io e non lei. Io stavo cadendo di nuovo nella sua trappola d'amore e lei avrebbe dovuto salvarmi, tenendomi tra le sue braccia. Ma se lei non provasse lo stesso sentimento? Se non fossi riuscito a completare la mia "missione"? Cosa sarebbe successo se lei avesse perso la vita? Probabilmente, l'avrei persa anche io. Dopo di lei.»
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



2.
'shake-up'







 

 

Piove. Tante piccole gocce di pioggia che sbattono sul vetro e lo imperlano, a volte si uniscono con le compagne e crescono fino a diventare troppo pesanti perché rimangano attaccate alla superficie trasparente.

Piove, e il ritmo aumenta. Le parole della professoressa fanno da sottofondo ai miei pensieri; c’erano momenti in cui il caldo della California e le sue spiagge mi mancavano. Perché i miei si erano messi in testa di trasferirsi in questo piccolo paesino del Canada tre anni fa? Il lavoro per mio padre era tutto, dopo la famiglia. Almeno mi ero fatta un paio di amici, lì dentro.

Tutti mi vedevano come la tipica ragazza californiana, quella con gli occhi verdi e i capelli di un castano chiaro, la tipica cheerleader. Ma io non ero quel tipo di persona. Eppure, in quella scuola, nemmeno il gruppo delle ragazze pompon mi voleva nel loro gruppo. Quindi, decisi di fare parte di quello di teatro. Una palla totale.

Elizabeth Morgan.” La voce della Welch riecheggiò nell’aula. Girai di scatto la testa, facendo finta di essere attenta, cercando inutilmente di farle capire che stavo seguendo la sua lezione di chimica. “Si?” sussurrai, abbozzando un sorriso e guardandola negli occhi.

Stavamo cercando di fare l’appello” disse lei sorridendo, camminando verso di me per guardare che cosa stessi facendo.

Che stava facendo, signorina?” mi chiese avvicinandosi al mio viso con il suo naso esageratamente lungo, abbozzando uno dei suoi soliti sorrisetti irritanti. “Niente” sbottai, guardandola in quei suoi occhi neri. “Sì, certo” disse sbuffando “non stare attenta è fare niente, signorina?” domandò di nuovo, inutilmente; lei sapeva già la risposta. O meglio, lei pensava che sarei rimasta lì in silenzio, fingendomi stupida. Io non lo feci.

Anzi, sorrisi e le risposi. “Sì, non stare attenta alle lezioni interessantissime di una professoressa come le altre è fare niente” dissi alzandomi. “Hai imparato dal tuo amichetto Bieber?” mi chiese sorridendo, irritandomi parecchio; io non avevo nulla a che fare con quel ragazzo, era solo il mio vicino di banco nella classe di chimica e di filosofia e quello mi bastava. Anzi avrei preferito stare accanto ad un’altra persona e non a quel ragazzo che era costantemente incazzato con me soltanto perché, tre anni fa, alle medie, lo avevo rifiutato davanti a tutta la scuola, rendendolo uno di quei ragazzi carini che erano continuamente presi in giro per un solo episodio della loro vita che non era andato nel verso giusto.

 Non faccio uscire le ragazze, solo i maschi” continuò, indicando il mio banco. Ed io feci quello che mi aveva ordinato. Purtroppo.

Non volevo rischiare la bocciatura e non volevo essere rimandata in quella materia, anche perché me la cavavo in chimica. Non volevo fare quei maledetti corsi di recupero estivi.

Comunque” iniziò a dire Mrs. Welch, alzandosi dalla sua postazione, attraversando tutta la stanza, arrivando all’ultimo banco a sinistra, vicino alla finestra, per poi avvicinarsi a me, di nuovo, con un foglio in mano. Sapevo cosa mi avrebbe detto. “Devi fermarti in... ” la interruppi, strappandole in foglio di mano, cercando di sembrare la più tranquilla possibile. “Detenzione” terminai la sua frase, sorridendo e appoggiando sotto il diario quello che la donna mi aveva appena consegnato.

Ritornò alla sua cattedra. “Puoi andare in biblioteca, così fai qualcosa di utile, ripassa qualcosa. Il professore di filosofia si è lamentato” borbottò. Mi accorsi che il banco vicino al mio era vuoto. Assente. Fortunatamente.

La donna iniziò a leggere l’elenco e i miei compagni di corso alzavano la mano velocemente, mentre sussurravano un “presente”, oppure un “ci sono”. L’appello durava così poco. Con Warren, il professore di storia che io adoravo, era tutto più divertente. Quell’uomo faceva sempre battute, regalava sorrisi e complimenti. Era il professore perfetto. Un po’ troppo vecchio ma perfetto lo stesso.

Scusate.” Il ragazzo entrò con le mani in tasca, rivolgendo un sorriso alla Welch e affrettandosi a raggiungere il mio banco. “Bieber” sussurrai il suo cognome salutandolo, quando si sedette al suo banco, vicino al mio. “Salve Morgan, cosa stava dicendo l’Aquila?” mi domandò facendomi sorridere. Sfortunatamente.

Non ha detto niente” mormorai, aprendo il libro di chimica. “Bieber” lo chiamò la professoressa e Justin le rispose, esclamando un semplice “presente”, sorridendo, cercando di sembrare sereno, anche se, evidentemente, non lo era. “Ho visto che è presente, non sono cieca” gli disse cercando di sembrare simpatica “venga a prendere anche lei il foglio della detenzione” terminò, sorridendo, contenta come se gli stesse facendo un bellissimo regalo. Justin, senza farselo ripetere due volte, si alzò a prendere il foglio. “Ah” continuò l’insegnante “sarebbe meglio che tu vada in biblioteca a ripassare chimica. Il test non è andato benissimo.

Aspetta.

Anche io dovevo andare in biblioteca dopo la scuola. E ci sarebbe stato anche lui? Oh merda. Quando ritornò al banco, si avvicinò a me, piegando il foglio e mettendoselo nella tasca dei pantaloni neri. “Ehi, piccola. Sai perché la Welch ha detto ‘venga a prendere anche lei’? Ha dato altri fogli?” mi chiese sorridendo, cercando di non farsi notare, parlandomi con un tono quasi dolce, diverso da quello che usava ogni giorno. “Perché l’ha dato anche a me  borbottai, guardandolo negli occhi.

Che sfortuna” sospirò lui, aprendo il suo libro di chimica. Evidentemente aveva capito che si stava comportando in un modo abbastanza diverso.

Sfortuna? Aveva appena detto sfortuna? “Intendi il test?” gli chiesi, sorridendo mentre la Welch si alzava dalla cattedra con una ventina di fogli in mano, iniziando a distribuirli. “No, intendo passare un’ora con te” sbottò lui facendo una smorfia, per poi iniziare a ridacchiare.

Che idiota.

Mrs. Welch si avvicinò ai nostri banchi, sorridendomi. “Morgan, impeccabile, come sempre” disse felice, come se avesse dimenticato di quello che era successo prima “ma stia attenta con la disciplina” terminò. Ecco, lo sapevo che me l’avrebbe detto, l’Aquila non dimenticava le cose così velocemente. Un’A+. Ancora una volta. 

Mentre lei, Bieber, quando si deciderà a studiare?” gli chiese porgendogli il suo compito: una D. Ancora una volta.

La professoressa si allontanò, avvicinandosi alla cattedra, dopo aver consegnato tutte le verifiche. “Voti troppo bassi, ragazzi” sussurrò come se stesse parlando a se stessa, cercando di convincere la sua mente che la sua classe di chimica era la peggiore dell’istitut0, facendo una delle sue espressioni scioccate, quasi schifate.

Justin borbottò qualcosa, nascondendo la verifica tra le pagine del quaderno. “Una schifosa e insignificante D, come sempre” sospirò facendo il broncio, iniziando a giocherellare con le pagine di quel libro che tanto odiava.

Sospirai anch’io, imitandolo e iniziando a guardare fuori dalla finestra. Mi girai di nuovo verso di lui. “Se la Welch mi fissa, avvertimi” gli ordinai, spostando di nuovo lo sguardo e fissando le gocce scorrere sui vetri, iniziando a pensare alla mia amata California.

C’erano dei momenti in cui la spiaggia e l’oceano mi mancavano. Avevo nostalgia di quel periodo della mia vita, in cui il cielo era perennemente azzurro –o almeno, lo era per la maggior parte dell’anno- e i caldi raggi mi scaldavano la pelle. Eppure, nonostante tutta quella luce, i miei giorni erano così opachi.

A volte, in quei posti, mi sentivo solo come una spettatrice. Non mi divertivo troppo e le giornate erano le stesse. Elizabeth, una semplice ragazza, con semplici amicizie, senza un ragazzo. E in fondo, mi andava bene così. Non mi ero mai lamentata, ma non andavo matta per quello che stavo vivendo. Era tutto così mediocre e semplice. Tranquillo, ecco.

E, tre anni fa, lasciai il forte sole di Los Angeles per incontrare la sua versione più debole, quella timida, nascosta tra le grandi nuvole grigie e tra i fiocchi di neve. Lasciai la luce accecante che si rifletteva su ogni grattacielo per immergermi nelle cupe strade canadesi. Lasciai quella specie di vita, per viverne una vera. Però mi mancava ancora qualcosa: una ventata d’aria fresca, elettrizzante, assurda e romantica che travolgesse la mia vita. Dopotutto, gli amici, quelli che per me contavano più di tutto, erano al mio fianco. Pochi ma buoni. E Justin, beh, lui non era tra quelli. Sorrisi, pensando a quanto fossi simpatica. E modesta.

Elizabeth.” Justin mi diede una gomitata, chiamandomi. “Ehm, si?” mi girai, per guardarlo. “Che succede?” gli chiesi. “Tra poco suona la campanella” sorride “e poi detenzione” terminò la frase, dandomi una pacca sulla spalla. Io sorrisi, senza dire niente, iniziando a fissare la sua felpa rossa.

Ti piace? mi domandò, guardandomi negli occhi. “E’ carina, ma tu sembri un pomodoro. Non  ti dona” sbottai, cercando di non fargli complimenti. “Senti freddo?” sussurrò con un tono che non avevo mai sentito prima, quasi premuroso, appoggiando una mano sulla mia per farmi notare che stavo tremando.

No, non sento freddo.” Iniziai a seguire la lezione di chimica, aspettando impazientemente il suono della campanella. “Se lo dici tu”, si strinse nelle spalle, sorridendo e rivolgendo uno sguardo al suo orologio, per poi chiudere il libro. Justin mi rispose poco prima di quel segnale che ci avrebbe detto che le lezioni della giornata erano terminate e noi potevamo andare a casa. Tutti, tranne me e il ragazzo seduto al mio fianco.

Appena la campanella si decise a suonare, tutti gli studenti si alzarono dal loro banco, salutando cordialmente la professoressa prima di uscire dalla stanza. Justin, come sempre, dopo aver lasciato il suo posto, si appoggiò al muro vicino alla finestra, dietro di me e mi aspettò pazientemente. Mi girai per guardarlo e cercai di capire il perché di quel comportamento. Ma perché si comportava così? Lui mi odiava. E io odiavo lui. Sbuffai. Non voleva lasciarmi da sola, probabilmente.

Perciò presi tutta la calma che una persona poteva prendere e, lentamente, riordinai le mie penne e gli oggetti scolastici, per poi riporre nello zainetto i libri e l’astuccio. “Morgan, sbrigati. Voglio andare a prendere qualcosa da bere ai distributori e poi voglio fumarmi una sigaretta. Dobbiamo essere in biblioteca per le quattro e mezza, giusto?” mi fece quella domanda anche se sapeva già la risposta, iniziò ad avvicinarsi a me, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.

Mi sforzai di sorridere, cercando di mostrarmi la più tranquilla possibile, ma tutto quello che riuscii a fare fu muovermi un po’, per fargli capire che il suo modo di comportarsi mi dava fastidio. “Elizabeth, rilassati”, disse, iniziando a massaggiare lentamente, cosa che faceva ogni santo giorno ad ogni ragazza. Ma non a me. Justin stava sorridendo in quel modo che m’irritava così tanto; non riuscivo a vedere il suo viso, ma io ci avrei messo la mano sul fuoco.

Andiamo” gli dissi, lasciando il mio banco con lo zaino sulle spalle, iniziando a camminare verso la porta. “Beth, aspettami” esclamò, ridacchiando, sapendo che quel soprannome mi dava molto fastidio. Mi fermai, iniziando a pensare a quel pomeriggio che mi avrebbe aspettato e che avrei dovuto passare con lui. “Finalmente ti sei fermata, hai dei soldi da prestarmi?” mi domandò sorridendo. “Mi hai fatto aspettare solo per chiedermi i soldi?” domandai a mia volta, guardandolo negli occhi. “Ehm, si” rispose sorridendo “ora mi dai i soldi?” continuò, allungando la mano verso la mia.

Sono al verde” risposi acida, con un tono caratterizzato da un pizzico di autorevolezza, dirigendomi velocemente verso la biblioteca, amareggiata.

Ci pensai un attimo: Bieber con me non voleva avere nulla a che fare.

Mi girai per controllare dove si stesse dirigendo Justin: aveva deciso di sbaciucchiare una del primo anno, una biondina, la classica figlia di papà che sbavava per lui, il ragazzo misterioso che frequentava il secondo anno, da settembre. Anche lui si girò e mi vide, sorridendo sulle labbra della ragazza. Si allontanò da lei, per poi prenderle di mano i soldi, facendomi una smorfia e girandosi, avviandosi verso le macchinette senza nemmeno salutare la ragazzina.

L’aveva baciata per dei soldi? Quel ragazzo mi faceva vomitare. Iniziai a camminare velocemente verso la biblioteca.

***

Beth” mi chiamò la voce del ragazzo, riportandomi alla realtà. Alzai gli occhi dal libro di filosofia e diedi un'occhiata al mio cellulare. Erano già passati venti minuti ed io, come sempre, non avevo capito nulla di tutto quello che c'era scritto in quelle pagine. Sentivo i suoi passi, si stava avvicinando al mio tavolo. “Questa è per te” disse appoggiando una lattina di coca-cola, vicino al mio libro di filosofia. Mi girai a guardarlo negli occhi mentre pronunciavo un semplice “grazie”. Perché mi aveva comprato quella bibita?

Senti freddo?” mi domandò di nuovo, come aveva fatto un’oretta fa. “No” risposi di nuovo, ma lui non mi sentii, o almeno fece finta di non sentirmi. Si tolse la felpa, rimanendo con quella leggera maglietta bianca, appoggiandomela sulle spalle. “Lasciami studiare” sbottai e, mentre lui sorrideva, seduto vicino a me, io indossai l’indumento che mi aveva appena prestato.

Sì, a te la mia felpa rossa dona di più” borbottò ridacchiando, continuando a guardarmi mentre fissavo il mio libro di filosofia.

Vuoi che io ti aiuti?” mi chiese lui con un sorriso, avvicinandosi a me con la sedia, cercando di fare quello che ci aveva ordinato la Welch. “No” sbottai, staccando per un attimo gli occhi dal libro, per guardarlo. “Non senti freddo?” gli domandai. Ma lui non rispose. Si limitò ad alzarsi, raggiungendo un scaffale qualsiasi per prendere un libro a me sconosciuto.

Non volevi studiare?” chiese lui, usando un tono di voce freddo, quasi irritato, quando si accorse che lo stavo fissando. “Sì, è quello che stavo facendo.”

Quell’oretta sarebbe passata davvero lentamente. Purtroppo.

  _______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

I'm on some risky business,
I like women and French kisses.





Hola gurls,
tutto bene? fidanzatino? vacanze? salute? io si, diciamo.
cioè la mia vita è veramente triste, non faccio niente da mattina a sera
(anzi, sparo cagate con le ragazze della #biebership, tutto questo è molto swaggy, sisi).
capitolo abbastanza lungo, pieno di descrizioni. si, amo descrivere.
non sapevo come terminare il testo quindi ho optato per una frase idiota che solo la Morgan sarebbe capace di dire.
Bieber invece è tipo tutto filosofico e poi il suo carattere.. beh, è cambiato, sisi.
vorrei ringraziare le dodici persone che hanno recensito questa merda di fanfiction lmao

Non so più che scrivere, tra un po' questa parte diventa più lunga del capitolo.
Vi lascio, gente.

ps: vorrei continuare quando raggiungo le dieci recensioni, ma se aggiorno più tardi,
non preoccuparvi. sono peggio di bieber e "heartbreaker" che uscirà nel 2067.
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: jasonmccann