Ti odio o ti amo, Albus?



 

È passato tanto tempo, Minerva, tanto da quando Albus ha lasciato questo mondo, eppure ancora porti fiori bianchi sulla tua tomba.
Mai essa rimane spoglia delle tue lacrime.

È passato tanto tempo, molte cose sono cambiate, ma ancora il suo ricordo non sbiadisce, vive nitido nella tua memoria, tormentandoti dal momento in cui la Morte l’ha preso con sé, togliendoti il sorriso e la luce dagli occhi. Lo rimpiangi ancora, Minerva, ogni qualvolta che una decisione difficile si presenta sulla sua scrivania: lo invochi con la mente, chiedendoti cosa farebbe al tuo posto, e mai una risposta giunge. Non è sufficiente la sua pallida imitazione sulla tela, nel quadro che riposa appeso a una parete del suo ufficio.

Rimembri il suo sorriso, Minerva?
Oh, troppo lo ricordi, così tante volte si ripresenta davanti ai tuoi occhi, che vorresti quasi non averlo mai conosciuto, perché certo il tuo dolore sarebbe minore, sarebbe inesistente; ma poi ricordi i suoi gesti, le sue parole, quel che ha fatto per te, e ringrazi chiunque ci sia lassù perché lo ha posto sulla tua strada, e allora non sai più se odiarlo, per il dolore che ti procura, o amarlo, per quello che in passato ti ha aiutato a sopportare.

E nelle lunghe notti piene di stelle, quando il tuo sonno è profondo e la sottile falce di luna brilla in cielo come una regina, ti svegli ancora, e scorgi il suo fantasma, e allora non sai più se è sogno o realtà quello che vivi.
E senti un grande dolore appesantirti il petto, stringerti il cuore in una morsa violenta, e le lacrime premere per uscire, e ogni volta le trattieni, perché lui avrebbe voluto così, perché devi continuare ad essere forte, forte per tutti coloro che ti sono al fianco, perché c’è un’intera scuola che dipende da te.

Ogni giorno ti alzi, osservi la tua immagine riflessa in un austero specchio, e respiri profondamente.
Costringi la determinazione a ritornare nei tuoi occhi, e ripeti a te stessa che la vita non è ancora terminata, che c’è molto da fare in questo mondo prima che la Morte ti porti via con sé, da lui.
 

I giorni si trascinano lenti, immoti, mentre tutto attorno a te freme di vita rinnovata, freme di libertà, ma sebbene tu contribuisca alla ricostruzione di questo mondo, sai che non potrai goderne, né con il corpo, troppo vecchio per resistere ancora molti anni, né con la mente, che troppo spesso corre all’Invisibile e fugge la realtà.

Quanto vorresti che ci fosse almeno Fanny ad alleviare, con il suo canto, la sofferenza che senti nel cuore. Ma la fenice ha lasciato questo castello molto tempo fa, assieme al suo amico, ed è scomparsa.
Il suo canto non riecheggia più tra le mura di quest’antico castello, come non vi riecheggia più la voce di Albus.

E queste mura sono strane, senza di essa: dal primo istante in cui mettesti piede a Hogwarts, la udisti, e l’hai udita sempre, da quel giorno, tra queste vecchie mura. Adesso che non c’è più, ormai da dieci anni, ti sembra che regni un silenzio strano, diverso.

Ma, dopotutto, molte cose sono cambiate, Minerva.