Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Sansa Lannister    14/07/2013    2 recensioni
E se Joffrey avesse avuto una sorella gemella dal carattere forte e impavido ereditato da Jaime Lannister come sarebbe cambiata la storia all'interno dei Sette Regni di Westeros? Sarebbe riuscita a salvare suo fratello dalla follia? Oppure sarebbe sprofondata nello stesso baratro? Come si sarebbero pronunciati gli dei con la loro moneta?
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister, Joffrey Baratheon, Nuovo personaggio, Tyrion Lannister
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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No light

When you play the game of thrones you win, or you die. There is no middle ground.
Cersei Lannister

Robert Baratheon aveva sempre odiato il suono delle campane. Avevano suonato quando era entrato nella sala del trono e ad attenderlo aveva trovato il sangue del Re Folle sulle scale che conducevano a quell’immenso seggio rivestito di spade. Quel trono sussurrava e cantava le sue storie di morte e distruzione, di re e regine destinati a rimanere nella memoria di ogni sovrano successivo. Robert l’aveva odiato sin dal primo momento. Per un attimo aveva guardato il suo più fidato compagno, suo fratello, Ned, e aveva quasi sperato di vedere la corona sul suo capo. Ma Ned Stark era troppo virtuoso e troppo ligio al dovere per appropriarsi di qualcosa che non gli spettava di diritto. Aveva lasciato a lui la gloria. A lui l’onore e l’onere di governare i Sette Regni di Westeros. Mentre Ned ritornava alle sue amate nevi del Nord, dalla sua giovane moglie e dal suo figlio appena nato con un altro tra le braccia, Robert l’aveva richiamato a sé per l’ultima volta e aveva atteso per trovare le parole giuste e congedarsi. Non le aveva trovate. Non era un uomo capace nell’arte della retorica. Robert Baratheon era un guerriero. Preferiva i fatti e la concretezza. Per quello l’aveva stretto a sé e l’aveva chiamato fratello.  
Le campane avevano suonato anche quando aveva sposato l’erede di Casa Lannister, la splendida Cersei. Aveva poco più di quindici anni quando suo padre, Lord Tywin, il leone di Castel Granito, l’aveva accompagnata all’altare. Ma Cersei non era Lyanna. Nessuna era Lyanna. Nessuna avrebbe mai preso il suo posto nel cuore del giovane sovrano guerriero.
Cersei gli aveva dato un figlio un anno dopo il matrimonio, ma era morto due ore dopo essere nato. Febbre. Era un maschio. Robert aveva urlato di smettere di colpire quelle sciocche campane e inneggiare quei rintocchi metallici. L’erede al trono era morto. Non vi era nulla da festeggiare.
Quando, un anno e mezzo più tardi, sua moglie era entrata nuovamente in travaglio, Robert era fuggito a cavallo. Fuggito nella Foresta Reale. Cersei forse pensava fosse un codardo, ma Robert non voleva soffrire ancora. Aveva perso un figlio e non sapeva se al prossimo sarebbe toccata la stessa sorte del primo.
Però quando aveva udito i rintocchi delle campane, aveva compreso che quella volta suo figlio era nato sano. Doveva essere così. Le campane stavano suonando da quasi due ore.
Quando entrò nelle stanze che condivideva con sua moglie, la trovò distesa sul loro immenso letto dalle coperte dorate con al fianco il fratello gemello accomodato su una poltrona. Cersei aveva tra le braccia un neonato avvolto in una copertina bianca dai ricami dorati, un telo regale e troppo austero per un bambino nato solo da poche ore, e Jaime ninnava con il capo chino un altro avvolto in una semplice tela candida. Gemelli. Sua moglie aveva messo al mondo due piccoli gemelli. Sapeva che suo cognato stava sorridendo, non a caso era chiamato il cavaliere sorridente, e il bambino che cullava con tanta tenerezza, attento e paterno, rideva e agitava le manine paffute come per sfiorargli il volto e accarezzarlo. A Robert i quattro sembravano la famiglia perfetta. Per un attimo qualcosa si agitò nelle viscere che si attorcigliarono, ma la sensazione di disagio passò subito. Per un attimo aveva scorto il bel viso della sua Lyanna sul suo talamo. Per un attimo aveva sperato che l’ultimo drago non l’avesse rapita e non le avesse fatto del male. Per un attimo aveva sperato di entrare nelle sue stanze e abbracciarla, sorridendo al loro pargolo. Ma Lyanna era morta. Non era che una vaga memoria. Non esisteva più. Non sarebbe mai tornata da lui. E Cersei, per quanto affascinante e maestosa potesse essere, non avrebbe mai preso quel posto nei suoi pensieri.
« Moglie. Cognato,» li salutò sulla soglia quasi inespressivo mentre le campane interrompevano il loro canto. Cersei e Jaime alzarono il capo immediatamente, nello stesso momento e negli occhi verdi dell’uomo Robert poteva leggere la felicità e l’orgoglio.  Come se stesse cullando suo figlio e non un nipote. Il sorriso negli occhi dell’erede di Castel Granito si spense quando incontrò quelli del sovrano, ma il bambino continuava ad agitare le manine e a sfiorargli il bel volto glabro. Il neonato sembrava forte e in buona salute mentre quello avvolto tra le coperte riposava placidamente sul seno della madre.
« Vostra grazia,» lo accolse laconico Jaime prima di chinare lievemente il capo in segno di deferenza. Era al cospetto del Re nonostante tutto e lui era un membro della Guardia Reale. Alle volte si stupiva lui stesso della propria decisione. Nonostante avesse ucciso il Re folle, l’aveva accolto nuovamente all’interno di quella elite di cavalieri nata con il trono di spade. Ma Cersei aveva insistito così tanto che non aveva potuto negarglielo. Sua moglie era testarda e abituata ad ottenere tutto ciò che desiderava. Pessimo connubio.  Robert non riusciva a comprendere il rapporto instauratosi tra lei e il suo gemello. Non aveva una sorella e, per quanto per un uomo fosse difficile da ammettere, non aveva mai nutrito molto affetto nei confronti dei suoi fratelli minori.
« Due bambini?» domandò poco interessato avanzando lentamente verso l’alcova della moglie. In verità avrebbe dovuto preoccuparsi. Se fossero stati entrambi maschi, allora gli eredi al trono sarebbero stati due. Il favore degli dei sarebbe stato di difficile interpretazione e forse sarebbe scoppiata una guerra per favorire l’uno o l’altro erede.
« Un bambino e una bambina,» chiarì prontamente suo cognato, sventando quei pensieri infausti. Tra le coperte impreziosite vi doveva essere il suo erede. Robert osservò il bambino e notò che era sveglio e intento ad osservare il bel viso di sua madre con un’adorazione quasi celestiale. Robert in quel momento si ritrovò a sperare che non s’attaccasse così tanto alle sottane di sua madre da essere un pessimo guerriero.
« Entrambi in ottima salute,» soggiunse Cersei con un sorriso soddisfatto. Alquanto inquietante per lui. Sua moglie non sorrideva spesso quando era al suo fianco nonostante fosse sempre discreta e di compagnia. Era stata educata ad essere una regina ed era ciò che era. Robert sapeva che nessun’altra sarebbe stata una regina migliore di Cersei Lannister. I sorrisi però rimanevano in superficie. Non erano profondi e sentiti, innocenti e vividi come quelli di Lyanna Stark. Ma quello che rivolse al bambino arrivò sino agli occhi e Robert fu certo che sarebbe stata un’ottima madre.
« Ti credo sulla parola,» annuì in risposta prima di avvicinarsi al letto. Si posizionò tra sua moglie e suo fratello per poter scorgere entrambi i bambini dalla carnagione perlacea e i capelli chiari. Avevano la bellezza dei Lannister, i loro tratti e i loro occhi, « Come li hai chiamati?» aggiunse più curioso.
« Attendevo. Pensavo avessi voluto scegliere tu dei nomi per loro,» lo invitò porgendogli il primogenito. Robert lo osservò critico per un attimo. Pochi ciuffi biondi gli ornavano il capo e un paio di occhi verdi screziati d’oro illuminavano il viso pallido. Quando tentò di prenderlo in braccio e scansarlo dalle braccia protettive di sua madre, il bambino scalciò e cominciò a piangere e a strillare. Agitò le gambine energiche e le piccole mani. Allora Robert decise di restituirlo alla madre quasi allontanandolo bruscamente. Non aveva mai gradito le lacrime né le grida. Era accaduto lo stesso con il suo fratello più piccolo, Renly, e Robert aveva avuto la stessa reazione. In una tacita domanda il re sporse le mani verso suo cognato che prontamente lasciò scivolare la piccola creatura tra le sue braccia forti. Robert la portò a sé a pochi centimetri dagli occhi azzurri come il mare di Capo Tempesta. Era quasi identica al fratello. Stessi capelli biondi e radi. Stesso colorito roseo. Stessi occhi smeraldini e grandi. Stesse piccole labbra a cuore. Ma la bambina lo osservava incuriosita, come se avesse compreso di essere tra braccia sconosciute ma sicure. E Robert le sorrise sinceramente. Quella bambina era diversa. Quella bambina avrebbe potuto renderlo fiero.
« Kassidy,» esclamò rimembrando sua madre Cassana. La bambina non le somigliava in nulla, tranne per la pacatezza e il candore, ma Robert avrebbe desidero che qualcosa gli potesse riportare alla mente i tratti gentili dell’amata madre morta dinanzi ai suoi occhi,  « Non ti piace?» domandò quando la bambina sciolse il sorriso e agitò le manine per protestare. Dopo sua madre vi era stata soltanto un’altra donna che aveva amato così tanto da poter ricordare nel nome di sua figlia, « Lydia?» La bambina tornò a sorridere e dalle sue labbra fuoruscì un mugolio che sembrava quasi un assenso. Robert sorrise di rimando e poi tornò a guardare Cersei.
« Con il tuo permesso ho deciso di chiamare il bambino Joffrey,» mormorò sua moglie continuando a cullare il neonato che tra le braccia di sua madre era tornato ad essere calmo e placido. I bambini erano ignari del proprio destino, del proprio cognome, del loro ruolo all’interno del mondo. Grevi doveri gravavano sulle loro spalle innocenti. Non potevano ancora sapere di essere due membri della famiglia reale, ma presto avrebbero compreso il loro destino. Presto avrebbero scoperto di essere il principe e la principessa di Westeros.
« Ebbene così sia. Benvenuti al mondo, Joffrey e Lydia.» 
  
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