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Autore: Giuls_BluRose    14/07/2013    1 recensioni
Una storia basata sul personaggio di Mirai Gohan sulle note della canzone Vagabondo dei Nomadi.
Spero vi piaccia....
"Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò, ma un bimbo che ne sa? Sempre azzurra non può essere l'età......"
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mirai!Gohan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nel futuro di Mirai Trunks'
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Stavo ascoltando la canzono "Vagabondo" dei nomadi e non so come mai mi sia venuto in mente Mirai Gohan, ecco quindi a voi cosa ha partorito la mia mente......
Spero vi piaccia e spero in qualche recensione, alla prossima :D Baci :*
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Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò.

Ma un bimbo che ne sa? Sempre azzurra non può essere l'età...”

 

Gohan si chiedeva dov'era finito quel bambino spensierato, che non si faceva tanti problemi, ma che viveva e basta senza preoccupazioni. Lui era stato costretto a diventare grande a soli quattro anni, costretto a diventare un guerriero senza pietà, pronto a combattere contro tutto e tutti. Aveva conosciuto troppo presto il dolore e la sofferenza maturando in un mondo che non sentiva più suo, adesso anche quest'ultima minaccia si stava facendo sempre più pesante: la Terra sembrava finalmente in pace ma arrivarono i cyborg a scombussolare tutto. Da quel momento la sua infanzia era completamente finita, tutti i giorni erano buoni per allenarsi mentre doveva sopportare impotente la vista di tanta crudeltà insensata. Gohan non vedeva l'ora di crescere e diventare abbastanza forte per poter sconfiggere quei terribili mostri che avevano ucciso tutti i suoi amici più cari, l'avrebbero pagata un giorno.

 

Poi una notte di settembre mi svegliai:

il vento sulla pelle,

sul mio corpo il chiarore delle stelle.

Chissà dov'era casa mia

e quel bambino che giocava in un cortile...”

 

Aveva finalmente preso una decisione: non voleva che i cyborg trovandolo facessero del male anche a sua madre e a suo nonno, avrebbe lasciato quella casa per vivere in strada, era meglio in quel modo e lui lo sapeva: voleva solamente proteggere la sua famiglia dalle grinfie di quei robot privi di cuore e pietà. Adesso passava le notti tormentate in un prato, aveva costruito il suo nido in un luogo sperduto in montagna: le notti erano limpide e lui le passava a fissare le stelle, che ai suoi occhi erano i mille sorrisi dei suoi amici.... una farfalla improvvisamente si posò vicino lui e vedendola sorrise: aveva sempre sentito dire che le farfalle erano i defunti che venivano a fare visita ai cari ancora in vita. Un sorriso amaro si stampò sul suo volto mentre una lacrima solitaria rigava la sua guancia: ricordava dolcemente i giochi fatti in giardino con suo padre, quando lui era ancora vivo e la Terra viveva in pace.

 

Io, vagabondo che son io

vagabondo che non sono altro

soldi in tasca non ne ho

ma lassù mi è rimasto Dio

Vagabondo che son io....”

 

Gohan era solito girare per le città senza una meta precisa: voleva solamente scoprire dove si trovavano i due androidi per scontrarsi con loro e non era difficile individuarli: bastava seguire la scia di distruzione che lasciavano dietro di loro. Altre volte invece si rifugiava per un po' alla Capsule Corporation per passare un po' di tempo in pace con Bulma e il piccolo Trunks. Quest'ultimo considerava Gohan come un eroe e un punto di riferimento: non aveva conosciuto suo padre e lui era diventato la sua guida, il suo mastro o semplicemente il suo migliore amico.

Gohan invece continuava a sperare in un mondo migliore, viveva di elemosina, grazie alla gentilezza della gente e ogni sera si rifugiava e pregava per ore intere, rivolgendosi a un Dio che sembrava essersi dimenticato della Terra e del suo destino..... ma lui non perdeva la speranza e andava avanti, nel bene e nel male!

 

Si, la strada è ancora là

un deserto mi sembrava la città...

Ma un bimbo che ne sa?

Sempre azzurra non può essere l'età”

 

Varie volte si era fermato a vedere impotente i resti e le macerie delle città distrutte, dei veri deserti desolati. In quei momenti una grandissima rabbia lo assaliva e per calmarsi gli ci voleva un sacco di tempo. Adesso lui era lì, un guerriero pronto a tutto per salvare più vite possibili, aveva imparato a sopportare tutto, ma ancora era impotente e incontrollabile dinanzi alla morte. Continuamente si chiedeva dove si trovasse quel bambino innocente che era nella sua mente, nei suoi ricordi. Faticava a trovare dei momenti veramente felici nella sua vita e quando ci riusciva si perdevano nel vento in un solo momento lasciandolo solo con le sue paure e i suoi tormenti.

 

Poi una notte di settembre me ne andai

il fuoco di un camino non è caldo come il sole del mattino

Chissà dov'era casa mia?

E qual bambino che giocava in un cortile...”

 

Come un lampo, in un momento però la sua vita era cambiata: aveva incontrato una ragazza fantastica che lo aiutava e lo sosteneva in ogni momento della giornata e il nome di questo miracolo, il nome del suo angelo custode era Videl. Ma era troppo importante per lui, non poteva permettere che le succedesse qualcosa di male così la lasciò alle cure della madre e andava a trovarla spessissimo. Provava delle belle sensazioni a casa usa ma nulla era paragonabile al sole che gli illuminava il volto la mattina o il vento sulla propria pelle, in fin dei conti si er abituato a vivere nella natura e ciò non gli dispiaceva...

 

Io, vagabondo che son io

vagabondo che non sono altro

soldi in tasca non ne ho

ma lassù mi è rimasto Dio

Vagabondo che son io....”

 

Le lotte diventavano sempre più dure e Gohan diventata sempre più forte: trovava la forza in quella ragazza dolce e generosa che gli dava la voglia di continuare a vivere, di sperare in un futuro migliore. Trovava la forza anche continuando a pregare, rivolgendosi a quel Dio che sembrava averlo abbandonato per sempre, ma lui continuava a sperare. Sperava in un futuro migliore e sapeva che prima o poi ciò sarebbe successo, era solo questione di tempo......

   
 
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