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Autore: PasifiKStaR    15/07/2013    0 recensioni
Una serie di oneshot dedicate a Squall e Rinoa, basate sull'idea che Squall e Seifer scrivano anonimamente novelle per la rivista di Ellione. Una specie di crack-fic che contiene una storia post-game, un'AU moderna, una favola e una storia soprannaturale, collegate tra loro alla fine di ogni capitolo con uno sguardo su Squall e Seifer che lavorano sodo.
Genere: Commedia, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Tre: Seifer Fraintende "Fairy"-tale

Una mano pallida gli strinse forte la sua, e tristi occhi azzurri guardarono l'uomo steso nel letto. Aveva la pelle tesa, più pallida del solito, e il solito sorrisetto era assente in maniera disturbante. A prescindere da cosa provasse il cavaliere dall'altra parte della stanza per il re malato, nessuno voleva vederlo morire - soprattutto perché avrebbe spezzato il cuore della loro amata regina.

"I medici reali non hanno potuto fare niente?" domandò solennemente, in piedi accanto alla porta.

"Nulla che abbiano portato è riuscito a guarirlo o anche solo ad alleviare i sintomi," disse piano la donna, seduta sul bordo del letto. "Ho quasi perso la speranza."

"Non dirlo, Maestà!" insistette il cavaliere. "Hai già convocato l'Oracolo. Di certo può aiutarci."

Qualcuno bussò alla porta, e la regina spostò gli occhi a guardarla. "Avanti," disse. La porta si aprì e una giovane donna minuta con corti capelli castani fece un inchino.

"Mia regina," cominciò la messaggera. "L'Oracolo è venuto, come da vostra richiesta." Si fece da parte, e una donna snella vestita di abiti azzurro cielo e bianchi entrò. Fece un cenno della testa alla regina.

"Regina Quistis," la salutò.

"Sono onorata per la vostra visita, Oracolo. Grazie per essere venuta," le disse rispettosamente Quistis.

"La vostra richiesta era difficile da ignorare, giovane regina... anche se la vostra offerta era molto allettante. Sono stata felice di venire, e accetterò il vostro accordo. Ditemi," domandò pensierosa la donna, "siete ancora d'accordo?"

Quistis chinò di nuovo la testa. "Sì. Accetto mille volte, se devo. Come già sapete, la salute del mio caro marito sta svanendo." Come per esagerare la frase, l'uomo sul letto tossì e si mosse a disagio sul materasso.

"Sono consapevole della situazione, regina Quistis," rispose l'Oracolo. "Ho paura che non ci sia nulla prodotto da mani umane che possa salvare vostro marito."

Quistis boccheggiò e strinse la mano del marito. "Quistis... troppo stretto," grugnì il re dal letto.

"Mi dispiace," borbottò lei. Guardò l'Oracolo con espressione implorante. "Ma di certo deve esserci qualcosa! Non c'è davvero modo di salvarlo? So che non è l'uomo più intelligente, affascinante, compassionevole-"

"Sto morendo e sono coricato proprio qui..." grugnì una voce accanto a lei. Lei lo ignorò prontamente.

"Solo che non sono ancora pronta a separarmi da lui," insistette Quistis. "Per favore, Oracolo! Deve esserci qualcosa."

La donna sollevò leggermente la testa, e poi la piegò da una parte. "C'è una possibilità," indicò riluttante. "Ma è un compito quasi inaudito."

"Lo farò io volentieri," disse il cavaliere. "Qualsiasi cosa per la mia regina."

"Grazie, sono contento che pensiate a me..." borbottò ancora una volta il re.

"Non è un compito semplice, buon cavaliere," disse l'oracolo. "Richiede una camminata fino ai confini di Esthar."

"Esthar?" Quistis alzò la testa, con gli occhi spalancati. "Ma è proibito agli umani entrare!"

"Le creature mangeranno vivi i cavalieri," rantolò suo marito. Fece un leggero sorrisetto. "La tua dedizione al tuo re lo compiace."

"Sta' zitto, Seifer," sbottò il cavaliere. "Lo faccio per Quistis."

"Sto morendo e tu mi aggredisci? Hai sentito Quistis? Che poco rispetto!" Prima di poter continuare, iniziò a tossire. Quistis alzò gli occhi al cielo, ma gli accarezzò amorevolmente il petto.

"In ogni caso, cosa devono fare i cavalieri una volta arrivati nel territorio proibito?" domandò esitante Quistis.

"Devono catturare una fata," disse seria l'Oracolo.

Il cavaliere socchiuse gli occhi. "Cosa?"

"Dovete catturare una fata," ripeté l'Oracolo. "Quello che cerchiamo sono le ali, ma dovete fare attenzione. Le fate non vivono a lungo in cattività, e la cura per la malattia del re può essere raccolta solo dalle ali di una fata viva."

"Fatemi capire," iniziò il cavaliere con voce piena di incredulità. "Volete che porti le mie truppe al confine di un territorio proibito per cercare di catturare una creatura immaginaria che poi va portata qui - viva?" Il cavaliere grugnì. "Mi state prendendo in giro?"

"No, le parole dell'oracolo sono vere. Non ha motivo di mentire," confermò Quistis. Il cavaliere la guardò come se avesse detto qualcosa di incredibile. "Dobbiamo fidarci di lei e cercare una fata."

"Ma non esistono nemmeno-"

"Esistono!" ringhiò Seifer lanciando un'occhiataccia al cavaliere.

"Per favore," supplicò Quistis. "Non sei solo il mio cavaliere, ma una mia amica. Ti imploro, per favore trova una fata e portala qui per mio marito." Il cavaliere sembrò incerto. Comunque, praticamente doveva a Quistis la vita.

Rinoa fece un profondo respiro e annuì. Fece un inchino rispettoso. "Selphie!" chiamò fuori dalla porta. "Chiama Sir Kinneas e Sir Dincht!" Si raddrizzò e si voltò, dirigendosi alla porta. "Dobbiamo trovare una fata!"

"Oh! Un'avventura!" cinguettò eccitata la messaggera. "Non vedo l'ora!"

"È una missione, Selphie. Ed è urgente, per cui andiamo a fare i bagagli!" asserì Rinoa mentre camminavano lungo il corridoio.

"Ooh! Sai, dovrei dire ai ragazzi di portare i loro strumenti così potremmo avere musica nel nostro viaggio epico!" disse Selphie. "Dovrei portare il liuto o il flauto di Pan?"

Seifer socchiuse gli occhi, guardando la porta. Strinse velocemente la mano di Quistis e la guardò. "Morirò, vero?"

*~*~*~*~*

"No, funzionerà assolutamente!" insistette Selphie. "Si dice che la musica attragga bestie e spiriti!" Davanti a lei, seduto sull'altro lato del fuoco da campo, Zell morse un salsiccia che aveva finito di arrostire sul fuoco, e scosse la testa.

"Già," riuscì a dire mentre masticava. "Ma penso che intendano musica bella."

Selphie arricciò il naso, insultata. "Cosa stai dicendo del mio flauto di Pan?!" esclamò. "Mi sono esercitata e tutti alla Taverna di Trabia dicono che la mia musica è stupenda!"

Rinoa morse in silenzio la sua salsiccia, ed evitò disinvolta gli occhi di Selphie. Non che Selphie fosse migliorata molto; era solo che Selphie piaceva in generale a tutti, e nessuno aveva il cuore di dirle che quando suonava il flauto di Pan quasi faceva male ascoltare.

"Sono sicuro di sì, Selphie," cercò di calmarla Irvine. "Ma si sta facendo tardi e abbiamo viaggiato tutto il giorno," disse con un'espressione quasi implorante. "Perché non lo metti via e basta, così possiamo rilassarci con i suoni della foresta."

"Vedi, perfino Irvine pensa che sia pessima," sorrise Zell. Irvine gli lanciò un'occhiataccia e Selphie guardò delusa il suo strumento.

"Selphie, non hai nemmeno toccato la cena," disse Rinoa sperando di distrarla. "Finisci e poi preparati a dormire. Abbiamo davanti una lunga giornata."

"Rinoa ha ragione," concordò Irvine tirando fuori una mappa rovinata. "Domani entreremo nella zona proibita. Nessuno è entrato ad Esthar e ne è tornato..." disse a voce bassa, quasi sussurrando.

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Se è vero, allora come hanno fatto a fare la mappa che stiamo usando?"

"Nessuno è andato ad Esthar ed è tornato da quando è stata fatta e pubblicata questa mappa..." Irvine la girò e cercò una data. "Venti anni fa!"

Rinoa sospirò e si grattò la radice del naso. In effetti, quando avevano lasciato il castello nessuno aveva davvero pensato alla missione. Tutto quello che sapevano era che dovevano trovare e catturare una fata - viva, ovviamente - per il bene della loro amata regina... e indirettamente del loro re, che lei amava altrettanto... credeva. Comunque, mentre camminavano lungo il regno, ne attraversavano un altro, per trovarsi poi al confine della zona proibita, erano arrivati a rendersi bruscamente conto che c'erano pochissime possibilità di successo.

Selphie e Irvine avevano preso ogni mappa e ogni materiale che potevano trovare, ma anche così c'era pochissimo su Esthar. Era un regno misterioso e leggendario.

"Vent'anni fa non è così tanto," sottolineò Rinoa. "Inoltre, non possiamo nemmeno essere sicuri che siano davvero arrivati a Esthar. I racconti che abbiamo trovato erano solo descrizioni di foreste e fiumi che già si sapeva che la attraversavano. Non c'era nulla sul popolo."

"Tanto meno sulle fate," ammise delusa Selphie. Guardò Rinoa. "Pensi che ne troveremo una davvero?"

Non era sicura. "Sì," disse con più decisione possibile. "Dobbiamo. Per il bene di Quistis."

Selphie sorrise e Zell annuì, ma lei capiva che avevano ancora i loro dubbi. Comunque, era il loro capo; il capitano dei cavalieri personali della regina Quistis. Parte del suo lavoro era tenere alto il morale.

"Allora perché non ci ritiriamo per la notte," suggerì Rinoa. "Abbiamo davanti una lunga giornata domani, e voglio tutti il più svegli possibile."

La squadra concordò e in pochi minuti si sentiva il russare di Zell che riempiva il piccolo accampamento, mentre Selphie aveva nascosto il viso nel cuscino del suo sacco a pelo. Rinoa era stesa sul fianco, ad occhi chiusi, ma non riusciva a dormire per i pensieri di fallimenti e di delusione dei suoi amici.

C'erano troppe domande: e se non riuscivano a trovare una fata? E se non esistevano e l'Oracolo si sbagliava? E se la trovavano, ma era troppo tardi e tornavano a Centra da un re morto e una regina vedova e addolorata? Che effetto poteva avere un fallimento simile su Selphie, Irvine e Zell, la cui vita dipendeva dalle loro posizioni? Doveva così tanto a tutti loro dopo che l'avevano accolta, una profuga della guerra di Galbadia.

Spostò le coperte, alzandosi a sedere sul suo sacco a pelo.

"Rinoa?" Irvine alzò gli occhi dal suo posto contro alcuni pacchi accanto a Selphie, e la guardò incuriosito. "Pausa bagno?"

"Nah, non stavolta." Lei scosse la testa e si chinò accanto al sacco a pelo e lo piegò attentamente prima di alzarsi. "Vado a fare una passeggiata."

L'altro cavaliere inarcò un sopracciglio. "Di notte?"

"Non riesco a dormire." Rinoa scrollò le spalle. "Non ci metterò molto."

Il ragazzo sembrò esitante, ma Rinoa era il suo ufficiale in comando... in qualche modo. Quindi non poteva fermarla. Irvine si avvicinò al fuoco. "Ti serve una torcia?" domandò invece, frugando alla ricerca di qualcosa da darle. "Dov'è l'altra lanterna?"

"Non serve, c'è la luna piena. Posso trovare la strada," assicurò Rinoa con un sorriso. "Se non torno tra un'ora o due, manda la squadra di ricerca."

"Se sei sicura, Capitano," disse con un cenno affermativo del capo mentre si toccava il cappello. "Sta' attenta e cerca di restare vicina all'accampamento. Sono boschi pericolosi."

Rinoa alzò gli occhi al cielo. "Non siamo ancora nel cuore di Esthar." Giusto in caso, si armò comunque dell'arco, e cominciò a camminare nel bosco. Man mano che la luce del fuoco svaniva dietro di lei, insieme al russare di Zell, rallentò il passo e lasciò che gli occhi si adattassero alla luce della luna che filtrava tra gli alberi.

Quando era bambina, a Galbadia, sua madre le raccontava storie sul regno fantastico di Esthar. Era una terra bellissima e pacifica abitata da creature bellissime e pacifiche. C'erano fate e unicorni e ninfe. Rinoa si addormentava con le visioni di queste creature che le danzavano in testa. Quando aveva chiesto a sua madre se poteva andare ad Esthar, Julia aveva scosso la testa.

C'erano molti umani gelosi della bellezza di Esthar, e avevano attaccato il regno. Era scoppiata una guerra, e molti cittadini di Esthar erano stati portati via come premi, e molti di più avevano sofferto. Se fosse continuata, Esthar sarebbe stata rovinata, quindi l'elegante regina delle fate aveva vietato agli umani di entrare nuovamente. Aveva chiuso Esthar agli umani, usando guardie per cacciare le persone, per salvare la propria gente.

Rinoa aveva cambiato espressione. "Quindi non vedrò mai Esthar?" Ecco dove finivano i sogni di cavalcare un unicorno in un campo di fiori...

Julia le aveva sorriso. "Si dice che la regina Raine abbia messo le guardie per cacciare i malvagi di cuore, ma quelli che sono degni, i puri di cuore, possono ancora entrare ad Esthar." Poi era seguita una morale sul fare la brava, e crescendo Rinoa non aveva pensato molto alle favole di sua madre.

Dopo tutto, era scoppiata una guerra civile nel suo paese natio, e la sua famiglia era stata tirata in mezzo. La fazione della sua famiglia aveva perso. I suoi genitori erano stati uccisi; sua madre durante un raid, e suo padre, un Colonnello Reale Galbadiano, in battaglia. Sopravvivere era diventato il suo obiettivo primario. Era stata costretta a scappare e aveva superato il confine senza saperlo, e lì aveva incontrato la figlia di un nobile, che faceva un picnic con gli amici.

Quistis l'aveva salvata, e Rinoa aveva giurato di servirla. Quando aveva sposato il principe di Centra, una persona che la loro cerchia di amici in genere riteneva indegna dell'elegante e intelligente Quistis, Rinoa aveva esteso il giuramento a lui. Se fosse stato orribile, non avrebbe fatto quel viaggio, ma era buono con Quistis - praticamente adorava il terreno su cui camminava, quando lei non guardava, e nonostante i loro battibecchi spesso bruschi, la trattava anche bene.

Seifer era quello che aveva manovrato e le aveva fatto ottenere la cittadinanza. Era stato lui a scrivere la raccomandazione perché lei potesse diventare un cavaliere. Era stato lui ad averla assegnata a Quistis, così non si sarebbero separate. Non era una cattiva persona, solo che a volte era un cretino. Quindi il suo obiettivo di curarlo era un gesto sentito.

"Va abbastanza bene per entrare ad Esthar, non è vero, mamma?" domandò piano. Questo non la rendeva abbastanza degna? Rinoa scosse la testa. Non era più una bambina, eppure una parte di lei si aggrappava ancora alla speranza che i suoi obiettivi generosi fossero ripagati. In qualche modo.

Continuò a camminare e sentì il borbottare familiare di un ruscello, e voltò la testa verso quella direzione. Inconsciamente, iniziò a camminare verso quel suono, ascoltandolo man mano che cresceva. Rinoa socchiuse gli occhi, guardando il terreno della foresta per camminare meglio su quel territorio straniero. Sembrava che fosse un sentiero abbastanza usato.

In teoria erano proprio al confine di Esthar; forse gli altri viaggiatori erano arrivati fin lì più spesso di quanto pensassero?

Continuò a seguire il sentiero fino ad emergere dai cespugli, e si fermò prima di mettere piede sulle rive costeggiate da ciottoli di una baia. Sbatté le palpebre, cercando di aggiustare gli occhi al flusso di luce della luna, guardando la piccola pozza d'acqua che era stata scavata da una piccola cascata rocciosa.

Spalancò gli occhi nel guardarsi intorno. Per un attimo, tutti i pensieri della caccia alla fata svanirono. L'acqua non era troppo forte nella baia, e sembrava limpida. Piuttosto accogliente, in realtà. Sarebbe stato un posto ideale per raccogliere acqua, al mattino, e anche per fare il bagno prima di ripartire. In effetti, pensava che alcuni dei suoi compagni si stessero facendo un po' luridi...

Rinoa si chinò accanto al bordo dell'acqua e tese una mano, sperando di valutare la temperatura della baia.

Davanti a lei risuonò un forte spruzzo e lei tirò su di scatto la testa. Qualcosa balzò fuori dall'acqua, mandando piccole onde verso la riva, e lei sentì lo spruzzo dell'acqua fredda contro le guance. Il movimento improvviso e inaspettato fece scattare il suo istinto di difesa, e prima di potersi fermare alzò l'arco e lanciò una freccia.

Sentì il rinculo dell'arma contro il braccio e barcollò indietro, ancora scioccata. Davanti a lei sentì uno spruzzo aggiuntivo e altra acqua venne sollevata, e un grido addolorato - più che altro irritato - riempì la baia. Quando l'acqua si calmò e Rinoa abbassò l'arma, poté finalmente vedere l'uomo pallido che si toglieva qualcosa dalla spalla destra.

Era ancora bagnato, e gli cadeva dell'acqua dai capelli castani e disordinati mentre tirava forte la freccia che lo teneva fermo contro un grosso masso.

Rinoa quasi spalancò la bocca. No, non era che bloccasse lui. I suoi arti erano a posto. Non c'era sangue, non c'erano ferite aperte. La freccia aveva attraversato la parte alta di qualcosa di lungo, chiaro, e in qualche modo luccicante che gli spuntava dalla schiena. Lei aveva visto la stessa forma e lo stesso aspetto, anche se molto più piccolo, nelle libellule, ma non su un uomo adulto.

"Che fai qui?! E questo cos'è?!" ringhiò mentre finalmente rimuoveva la freccia dalla fessura nella pietra. Fece una smorfia togliendosela dall'ala, provocando una piccola folata di polvere fine e luccicante sul buco creato da Rinoa. Alzò la freccia voltandosi a guardare lei ad occhi socchiusi e con espressione feroce. "Stai cercando di uccidermi?!"

Avanzò verso di lei, tenendo la freccia in mano e scalciando l'acqua mentre arrivava a riva. Rinoa rimase ferma dov'era, incapace di distogliere lo sguardo.

Ali. Aveva delle ali! Le guardò ritrarsi e poi andare su e giù ad ogni passo. Quasi non riusciva a respirare. Era uno di loro? Doveva esserlo... ma perché non era piccolo? Non avrebbe dovuto essere più piccolo?

Esaminò il suo corpo. Era evidentemente di dimensioni da adulto. Anzi, era sicura che fosse più alto di lei. Muscoli snelli, pelle liscia, lineamenti molto belli. I suoi occhi si bloccarono.

"Parlo con te," disse lui fermandosi con l'acqua alle caviglie, a soli pochi passi dal cavaliere silenzioso. Rinoa non rispose. Lui si accigliò ancora di più. "Questo non è territorio umano. Non dovresti essere..." Si interruppe e seguì infine il suo sguardo. Gli scappò un ringhio basso e alzò gli occhi al cielo. Umani. Si chinò, cogliendo il suo sguardo fisso e lanciandole un'occhiataccia. "I miei occhi sono quassù."

Il suo viso comparve nel campo visivo di Rinoa, e lei sollevò la testa di scatto. Indietreggiò di qualche passo, con gli occhi spalancati e il viso rosso. Lo indicò con il dito. "Sei reale!" Lui riuscì solo a guardarla come se fosse impazzita. "Sei reale!" sottolineò Rinoa avvicinandosi di qualche passo, e allungò la mano. Esitò a toccarlo, temendo all'improvviso che lui sarebbe sparito se l'avesse fatto. Alzò la testa e lo guardò di nuovo negli occhi. "Sei uno di loro, vero?"

L'espressione di lui era impassibile, e rimase in piedi, nudo, con l'acqua alle caviglie. "Non so di cosa stai parlando."

"Una fata! Sei una fata, giusto?!" disse Rinoa, con la speranza che le gonfiava il petto. Guardò oltre le spalle le ali che gli spuntavano dalla schiena. "Voglio dire... quelle sono ali! Solo le fate hanno ali come quelle! Almeno così dicono i miei libri," borbottò accigliandosi. "Ho anche pensato che saresti stato più piccolo, ma sei come me!" Non vide il movimento all'angolo dell'occhio di lui. "Sei molto più grande di quanto pensassimo." Abbassò gli occhi. "Già... molto più grande."

Un tic nervoso gli fece contrarre un occhio. "Ecco la tua freccia." Rimase davanti a lei per un altro momento prima di gettare la freccia ai suoi piedi e voltarsi. Iniziò a camminare nell'acqua e Rinoa si lanciò in avanti.

"Aspetta! Dove vai?! Non puoi andartene!" gridò lanciandosi nell'acqua dopo di lui. Lui sembrò non prestarle attenzione; sollevò invece l'ala e voltò il viso per ispezionare il buco causato da lei. Era abbastanza piccolo, ma volare lo avrebbe solo peggiorato, e l'ala non sarebbe guarita bene. Si accigliò e continuò a camminare. A quanto pareva sarebbe dovuto tornare a casa a piedi. "Un attimo!" gridò dietro di lui.

Rinoa lottò per stargli dietro. Lui si allontanava sempre di più, e se non l'avesse fermato con lui se ne sarebbe andata la loro possibilità di curare Seifer. Raccogliendo tutta la sua forza, si lanciò avanti alzando le braccia.

Lui sentì un corpo piombargli addosso e all'improvviso aveva la testa sott'acqua. Agitò le braccia ai fianchi mentre lei lo afferrava, aggrappandosi alla sua schiena mentre cadevano in acqua. Lo aveva appena placcato?

Lei lo sentì agitarsi sotto la sua presa. Bolle d'aria salivano tutt'intorno a loro, e persino aprendo gli occhi non riuscì a capire cosa stava succedendo. Lo sentiva scivolare via dalla sua presa.

Era una semplice questione di voltarsi e usare le ali per allentare la presa su di lui. Si separò da lei in fretta e facilmente, rimettendosi in piedi sul fondo della baia. Lui abbassò lo sguardo e notò il continuo spruzzare d'acqua. Chiaramente lei non riusciva a rimettersi in piedi. Alzando gli occhi al cielo, si abbassò e le prese un braccio.

Rinoa si sentì tirare su. Mise la testa fuori dall'acqua e tossì, facendo una smorfia quando l'acqua fredda del fiume le uscì dalla bocca. Cercò di raddrizzarsi, ma scoprì che i suoi stivali scivolavano sui ciottoli lisci, e cadde ancora una volta.

"Scusa!" sputacchiò mentre afferrava le sue braccia e cercava di tenersi in equilibrio. "Aspetta.... e basta! Resisti! Ci sono quasi!"

Lui alzò gli occhi al cielo mentre lei si aggrappava al suo corpo, cercando con attenzione l'equilibrio finché riuscì a stare in piedi. "Fatto?"

"Sì!" disse lei sollevata.

"Bene." Lui la lasciò andare e fece un passo indietro. Rinoa spalancò gli occhi.

"Aspetta!" gridò. Fece un passo per seguirlo. Fu un errore. Tornò immediatamente in acqua. Sputacchiando, si spinse via i capelli e si accigliò. La fata non si fermava. Socchiudendo gli occhi per la determinazione, alzò una gamba e la usò per agganciare quella di lui mentre le passava accanto. Squall spalancò gli occhi mentre la sua gamba all'improvviso veniva strattonata.

Emise a malapena un grido sorpreso cadendo in avanti e nell'acqua. Rinoa si affrettò a fiondarsi avanti, gettandosi in pratica su di lui per evitare che scappasse.

"Che stai facendo?" gridò lui. "Togliti di dosso!"

"No!" gridò lei di rimando. "Irvine! Selphie! Zell!" Urlava a squarciagola. Sotto di lei, lui impallidì e voltò la testa verso la riva, aspettandosi che arrivassero all'improvviso altri tre umani. "Ne ho presa una!"

"Tu non hai preso nessuno!" disse lui. Digrignò i denti e riuscì facilmente a rotolarle addosso.

"Oh no, non lo farai!" Rinoa si imbronciò, mettendogli le braccia al collo. Alzò le gambe e gliele strinse intorno ai fianchi. Al diavolo la nudità! Lei era in missione! Sì... ecco cos'era. "Non vai da nessuna parte senza di me!"

La fata maschio socchiuse gli occhi, e per la prima volta lei vide il loro azzurro limpido. Mentre lei era distratta, lui le spruzzò dell'acqua in viso. Quasi immediatamente lei lo lasciò e ricadde in acqua.

"Fuori da qui, umana," sbottò lui alzandosi e guardandola truce. "Non appartieni a questo posto!"

"Me ne andrò quando sarò pronta!" Rinoa gli afferrò una gamba e lo fece cadere di nuovo con un movimento delle gambe. "Dove pensi di andare!" Sorrise trionfante quando lui ricadde in acqua con lei.

Lui la respinse, facendola rotolare facilmente sulle schiena e tenendola giù, ringhiando sopra di lei. "A prendere i vestiti!"

"Penso che avresti dovuto prenderli prima di placcare il nostro capitano," disse dietro di lui una bassa voce maschile. L'uomo alato si tese. Non aveva sentito arrivare nessun altro. Aveva prestato attenzione solo alla donna sotto di lui, che ansimava.

"Rinny, stai bene-" Selphie boccheggiò bruscamente, fermandosi accanto a Irvine. Il cavaliere aveva l'arco pronto, e mirava l'uomo nudo che torreggiava sul loro capitano bagnato fradicio. Gli occhi spalancati di Selphie sembrarono raddoppiare quando li vide. "Wow."

"Ragazzi!" sorrise Rinoa per il sollievo di vederli. Alzò le braccia e le strinse intorno al collo della fata, come per evitare che scappasse. "Ne ho presa una!" gridò trionfante. Sopra di lei, la fata abbassò semplicemente la testa ed emise un sospiro sconfitto, abbassando le ali.

Zell raggiunse il limitare della foresta e mosse di scatto la testa. Guardò Irvine, con l'arma pronta, e l'uomo con le ali sopra Rinoa. In silenzio, guardò la gabbietta di metallo che aveva preso dal suo cavallo prima di correre lì.

"Penso che ci servirà una gabbia più grossa."

*~*~*~*~*

Poteva quasi sentire il suo sguardo duro che le scavava buchi nella schiena, e onestamente non poteva biasimarlo se era arrabbiato. Lo avevano costretto, con la minaccia dell'arco, ad andare a riva, e poi Rinoa gli aveva legato i polsi, assicurandogli che era solo temporaneo e che non l'avrebbero ucciso; avevano solo bisogno che lui lasciasse casa sua e li seguisse spontaneamente, vivo, attraverso due nazioni, così che potessero sfruttare le proprietà curative delle sue ali.

Certo, probabilmente non era una delle offerte migliori.

Irvine stava per portarlo all'accampamento quando lui finalmente aveva chiesto i suoi vestiti, e a quel punto Selphie era sembrata molto delusa e aveva detto, "ooooh... ha i vestiti?" Anche Rinoa aveva sentito una fitta di delusione mentre Zell li raccoglieva da dietro una curva.

Il resto della notte era passata con due persone di guardia per assicurarsi che la cura ambulante del loro re non cercasse di scappare. Quella mattina lo avevano messo sul cavallo di Selphie, lo avevano legato goffamente alla sella, e poi avevano iniziato il trionfante viaggio di ritorno a Centra.

Nonostante il cipiglio costante e il fatto che sembrava che non dormisse, la fata sembrava ancora sveglia e attenta. Forse era uno dei loro poteri? Lui mantenne l'espressione dura degli occhi blu e Rinoa non poté evitare di chiedersi se stesse pensando di scappare. Lui rimase seduto sospettosamente collaborante sul cavallo di Selphie, con una coperta sulle spalle per tenere nascoste le ali, per evitare di attirare l'attenzione. I polsi legati erano davanti a lui, e teneva le redini, seduto ben diritto. Se non fosse stato per la corda legata alla sua vita e collegata alla sella, nessuno avrebbe sospettato che fosse un loro prigioniero.

"Pss pss..." sussurrò Zell avvicinando il cavallo al suo. "Rinoa," la chiamò. Guardò con diffidenza la fata a cavallo, che avanzava accanto al cavallo di Irvine. Selphie era seduta dietro di lui, e faceva domande, tutta allegra. La fata colse lo sguardo di Zell e socchiuse gli occhi. "Sei sicura che è una fata?"

"Certo, sono sicura," gli disse Rinoa con fermezza. "Ha le ali, no?"

Il ragazzo non sembrò convinto. "E se sono false?"

"Si muovono, Zell, le hai viste. Inoltre hanno quella polverina sottile come ha detto l'Oracolo," aggiunse Rinoa a bassa voce. "Sono sicura che sia una fata."

Zell guardò di nuovo oltre la spalla e incontrò un'altra occhiataccia furiosa. Si ritirò. "Uhm... che ne dici se vado avanti e cerco di prenotare delle stanze all'albergo della città? Dovremmo essere vicini, giusto?"

"Giusto," gli disse Rinoa. "Vedi se puoi anche trovare del cibo per i cavalli."

"Capito!" Zell agitò la mano e partì al galoppo.

"Dove va Zell?" domandò Selphie, distogliendo l'attenzione dal loro nuovo 'compagno d'avventure'.

"In città a prendere delle stanze," le disse Rinoa.

"Oh, ok." La ragazza annuì, soddisfatta, e poi tornò a guardare il ragazzo sull'altro cavallo. "Allora, dove eravamo? Ah sì!" Sorrise radiosa. "È vero che bevete da tazze fatte di fiori? C'è del nettare nella tazza? Potete ubriacarvi con quello? E dato che sei molto più grande di quanto pensassimo, quelle tazze, tipo, vengono da fiori grossi? Quanto ne serve per ubriacarsi?"

Davanti a lei, Irvine si grattò la radice del naso. "Selphie, tesoro, penso che il nostro... ospite... non abbia davvero voglia di parlare."

"Ma quando potrò fare nuovamente domande a una fata vera e propria?" si imbronciò Selphie. "Ne ho così tante altre - oh!" Si voltò verso di lui. "Me ne ero quasi dimenticata. Come ti chiami?"

Rinoa si raddrizzò sulla sella. Giusto; non gli avevano mai nemmeno chiesto il suo nome. Guardò al di sopra della sua spalla, in attesa. Persino Irvine sembrava interessato. La fata continuò a essere irritata.

"Ok, beh... se non ci dici come ti chiami, possiamo darti un nome noi?" chiese esitante Selphie. Irvine avrebbe potuto giurare che la fata fosse impallidita.

"Squall," rispose, guadagnandosi un sorriso eccitato e luminoso dalla ragazza. "Mi chiamo Squall."

"Oh! Io sono Selphie! Questo è il mio fidanzato, Irvine. Zell è andato avanti. Siamo tutti cavalieri di Centra, e lei," continuò Selphie indicando Rinoa, "è il nostro capitano! Capo dei Cavalieri Reali della Regina Quistis! Capitano Rinoa Heartilly!"

Davanti a loro, il capo era tornato a guardare avanti, ripetendosi ancora e ancora il suo nome. Era un nome peculiare, ma adatto. Si morse le labbra per evitare di dirlo ad alta voce.

Quando arrivarono in città, seguirono la via principale. Il sole stava tramontando, e sembrava che i paesani si stessero preparando a tornare nelle loro case. Non ci misero molto a trovare Zell che li aspettava davanti alla Locanda & Taverna Lockhart. Agitò le braccia eccitato e Rinoa sospirò pesantemente. Stava già mangiando quella che sembrava una salsiccia.

"E non è riuscito ad aspettarci..." Irvine sospirò. Guardò Rinoa. "Allora, Capitano, come ci dividiamo le camere? Dobbiamo fargli la guardia," disse indicando Squall con la testa.

"Lo terremo in una stanza e faremo a turno," disse Rinoa. "Non possiamo rischiare che scappi prima che arriviamo al castello." Gli altri due annuirono.

Raggiunsero Zell e smontarono da cavallo. Irvine aiutò Squall a scendere e si assicurò di tenergli ben stretta la spalla mentre entravano nella locanda. Selphie si precipitò all'osteria, chiamando con entusiasmo una donna formosa che serviva da bere. Zell diede loro le chiavi e disse in che stanza dovevano andare prima di andare a prenotare un tavolo per cena.

Rinoa scelse di tenere il prigioniero nella stanza in mezzo alle altre due. Zell sarebbe stato in una; nessuno voleva mai stare in camera con lui. Selphie e Irvine sarebbero stati nell'altra, e dopo il suo turno di guardia, quella notte, si sarebbe scambiata con Irvine per dormire un po'.

"Fai quattro ore di turno al massimo," le disse Irvine mentre finiva di legare Squall a una sedia di legno, e poi legava la sedia al letto. Irvine non era niente di meno che preciso. "Dopo il mio turno, mi sostituirà Zell e questo dovrebbe bastare fino a mattina."

"Quella rumorosa non mi farà la guardia?" domandò Squall, curioso.

"Solo se vuoi che ti sanguinino le orecchie," replicò sfacciata Rinoa. Gettò i guanti da cavallerizza e la borsa sul cassettone accanto alla porta. "Andiamo a prendere qualcosa da mangiare," lo informò mentre Irvine la superava. "Vuoi qualcosa? Nettare, giusto?"

"Tifa ha un giardino," sottolineò Irvine. "Quindi se ti serve nettare-"

"Caffè," rispose la fata. "Prendetemi solo caffè."

"Caffè sia," concordò Rinoa. Lei e Irvine si diressero alla porta. Rinoa indugiò sulla soglia prima di chiudere la porta. "E non cercare di scappare," lo avvisò con espressione seria. "Torno presto!"

La porta si chiuse e Irvine la guardò da sopra le scale. "Sei sicura di non voler rimanere di guardia? Posso farti portare su qualcosa da mangiare insieme al caffè per lui."

Rinoa grugnì. "Già, no. L'ultima volta che mi avete 'mandato su da mangiare', ero allergica."

"A nostra difesa, non sapevamo che così tante persone fossero allergiche a quelle bacche."

Squall chiuse gli occhi e contò fino a venti. Poi iniziò ad agitarsi e ad allentare le corde che lo tenevano legato alla sedia. Non appena ebbe le mani libere, iniziò a lavorare sui nodi che gli tenevano legate le gambe. Proprio mentre si alzava in piedi, sentì avvicinarsi dei passi.

Spalancò gli occhi e corse alla finestra.

La porta si aprì ed entrò Rinoa, con un vassoio che conteneva una tazza. "Non sapevo se lo volevi zuccherato o-" Boccheggiò quando venne interrotta da uno schianto. Il vassoio cadde ai suoi piedi, mentre guardava l'uomo alato con un piede sul davanzale, pronto a saltare. Abbandonò il caffè e si lanciò immediatamente in avanti.

Lui ebbe a malapena il tempo di capire che lei lo stava seguendo prima che gli balzasse addosso. Brevemente, si chiese se semplicemente le piacesse placcare la gente. Lei lo afferrò alla vita e praticamente si aggrappò a lui, trascinandolo di nuovo dentro la stanza. "Non puoi andartene!" gridò. "Abbiamo bisogno di te!"

"Non vedo motivo di restare," affermò Squall in tono monotono. Cercò di togliersela da dosso, ma scoprì che era sorprendentemente forte.

Lei alzò la testa e lo guardò implorante. "Non capisci. Abbiamo davvero bisogno di te!"

"Come? Come trofeo? So di cosa fate voi umani alle fate che catturate," le disse lui irritato. "Non intendo restare e farmi cavalcare le ali."

"Non vogliamo cavalcare le tue ali!" insistette Rinoa. "Ci serve solo la loro polvere!"

"Sì, raccogliere la polvere e cosa?" sbottò lui a occhi socchiusi. "Venderla? Tenermi incatenato in una stanzetta e sfruttarmi?"

Rinoa non lo lasciò, né allentò la presa. "Il nostro re è molto malato, e non siamo riusciti a curarlo con nulla. Ci è stato detto dall'Oracolo che la polvere delle ali di fata lo guarirebbe, ma ci serve una fata viva, perché deve essere fresca o una cosa così!"

Squall la fissò, senza sapere se crederle oppure no. "Mi hai sparato nell'ala e mi hai legato solo per poter aiutare il tuo re?" Si accigliò.

"Sì!" disse Rinoa. "Sta morendo, e ci serve il tuo aiuto! Per favore, Squall, ti supplico!" pregò Rinoa.

"E dopo che piani hai per me?" chiese lui freddamente.

"Nulla!" insistette Rinoa.

"È una bugia."

"Non è così!"

Squall riuscì a prenderle le braccia e togliersele da dosso quanto bastava per liberarsi la gamba. "Non so nemmeno come sei riuscita ad entrare ad Esthar con degli obiettivi così malvagi-"

"Per favore!" gridò Rinoa stringendogli i vestiti e trattenendolo. "Squall, è il marito della mia migliore amica, e lei sarà devastata se lui muore! Voglio solo che stiano bene e siano felici, e farò qualsiasi cosa!" insistette, stringendo sempre di più i suoi vestiti. "Per favore..." ripeté. "Non voglio che Quistis perda l'uomo che ama."

Squall si trovò immobile. Abbassò la mano che aveva posato sulla finestra, e guardò la donna che ora era ai suoi piedi, con un'espressione disperata sul viso. "Stai dicendo la verità," disse lui piano.

Rinoa annuì ancora una volta. "Ti prego, per favore," sussurrò lei. "Farò qualsiasi cosa se verrai con noi e ci darai un po' della tua polvere."

Lui guardò Rinoa con un'espressione indecifrabile. Vedeva l'evidente disperazione nei suoi occhi, e si sentì sospirare pesantemente.

"Giuri," cominciò con attenzione, "che sarò liberato dopo avervi aiutato?"

Lei annuì freneticamente. "Lo giuro sulla mia vita," gli disse seria. "Non abbiamo mai pensato di fare altro che portarti al castello, e se dovessero insistere per fare altro ti salverò io. Ti accompagnerò a casa io stessa."

Le labbra di lui si piegarono quasi in un sorriso a quel giuramento. Nessuno aveva mai promesso di salvarlo, prima. Si voltò e allungò una mano. Si tolse le mani di lei dai vestiti, ma le trattenne, tirandola in piedi.

"Verrò con voi fino al castello del vostro regno," le disse lentamente. Lei spalancò gli occhi, piena di speranza. "Quando arriveremo, vi darò un po' della polvere delle mie ali, ma," sottolineò ad occhi socchiusi, "devi giurare che mi lascerai tornare indietro."

Lei fece un largo sorriso. "Lo giuro!" Rinoa alzò le braccia e balzò in avanti, avvolgendogli immediatamente le braccia al collo e stringendolo forte. Squall spalancò gli occhi e rimase rigido davanti a lei, con le braccia lungo i fianchi, a disagio.

Rinoa ridacchiò stringendolo forte, incapace di contenere l'eccitazione. Proprio mentre si riaveva e si rendeva conto di stare abbracciando praticamente un estraneo, lo sentì.

I movimenti di lui erano lenti ed esitanti, ma lei li sentì. Anche lui la avvolse tra le braccia. Erano premute sulla sua schiena e sulla curva della sua spina dorsale, anche se in maniera goffa, all'inizio. Per un attimo, sembrò che lui non fosse sicuro se doveva stringerla a sua volta oppure no.

Rinoa rimase contro di lui, mordendosi il labbro e aspettando di vedere cosa avrebbe fatto lui dopo. Lui la strinse di più, e lei sembrò rilassarsi tra le sue braccia. Lei lo strinse ancora una volta e gli posò la testa sulla spalla. Una sorta di formicolio la riempì, eppure non poteva evitare di sentirsi calma tra le sue braccia.

Chiuse gli occhi, felice di stare lì, alla finestra, ad abbracciarlo per sempre.

"Per quanto tempo si abbracciano gli umani?" domandò infine lui. Lei aprì gli occhi. Sentì il rossore sulle guance e si morse le labbra, facendo lentamente un passo indietro dal ragazzo, ormai ovviamente ben allenato.

Mentre indietreggiava, sorrise in fretta, sperando che lui non cogliesse l'imbarazzo dei suoi occhi mentre li distoglieva ed evitava quelli di lui.

"Uhm... per un po' di tempo in realtà... a volte," disse stupidamente. Fece un altro passo indietro. "Lascia che ti prenda altro caffè!"

Si abbassò accanto alla tazza caduta e la sollevò da terra prima di correre alla porta. Rubò un'ultima occhiata alla fata confusa prima di arrossire e chiudere la porta dietro di sé.

Rinoa si appoggiò contro di essa e fece un profondo respiro, alzando una mano a farsi aria al viso. Sarebbe stato un lungo viaggio, ma non avrebbe avuto problemi a intraprenderlo con lui.

*~*~*~*~*

"Beh... niente bandiere nere," disse Irvine mentre entravano nel primo cancello della città. Su una collina sopra di lui, il castello era proprio come lo avevano lasciato. "È un buon segno."

"Il regno sarebbe ancora in lutto se fosse successo qualcosa," affermò Rinoa socchiudendo gli occhi. Guardò il sole che tramontava oltre il castello, e strinse più forte le redini. "Dai! Siamo arrivati fin qui; non rilassiamoci solo perché abbiamo superato i cancelli!"

"Se vuoi una gara, Capitano, avrai una gara!" gridò teatralmente Selphie. Si sporse in avanti. "Tieniti forte, Irvy!" gridò al di sopra della spalla.

Il ragazzo dietro di lei la guardò confuso. "Cosa?" Fu sbalzato in avanti quando il loro cavallo prese a galoppare, correndo lungo la strada di ciottoli che portava al castello.

"Hey!" gridò Zell dietro di lei. Diede un calcetto al suo cavallo. "Aspettami!" Volò accanto ai cavalli rimasti.

"Selphie!" gridò Rinoa. Sospirò e si lasciò cadere sulla sella. "Zell! Non è una gara..."

"Forse sì, avevi piuttosto fretta di arrivare," le disse Squall.

Rinoa annuì. Lo guardò, seria in viso. "Squall, prima che arriviamo... voglio solo... ehm... dire... ehm... grazie," gli disse imbarazzata. Si maledì in silenzio. Di solito parlava in maniera eccellente. "Non dovevi venire con noi o anche solo aiutarci nel nostro viaggio, ma l'hai fatto. Sei stato parte della squadra... anche dopo che ti abbiamo costretto a uscire nudo dall'acqua e ti abbiamo legato a un cavallo."

Squall annuì lentamente. "Ti ho dato che la mia parola che sarei venuto e avrei fatto il possibile. La manterrò," la rassicurò lui. Rinoa annuì ancora una volta.

"Cosa stavi facendo, comunque?" domandò lei. "Era tardi quando ti ho trovato, quella notte."

Squall tornò a guardare il sentiero davanti a loro. "Aspettavo," le disse piano. Lei strizzò gli occhi.

"Cosa?" Passò tra loro qualche altro momento di silenzio. Poi lui si voltò a guardarla negli occhi.

"Qualcuno di importante." Il cuore di lei accelerò quando lui la guardò negli occhi a lungo. Prima che lei potesse fare domande, lui voltò la testa. "Dovremmo muoverci e raggiungerli," disse Squall dietro di lei. La guardò seriamente. "Prima arriviamo dal tuo re, prima posso assistervi e tornare indietro."

Rinoa sentì una piccola fitta di tristezza quando lui le ricordò perché era lì. Fece un sorriso ironico e annuì leggermente. Strinse le mani sulle redini.

"Lo so," disse lei. Guardò avanti, evitando i suoi occhi mentre incoraggiava leggermente il suo cavallo e lo spingeva avanti. "Facciamola finita."

Lui inarcò un sopracciglio, ma tacque e la seguì lungo il sentiero di pietra. Senza Selphie e gli altri che parlavano, l'aria tra loro era silenziosa e tesa. Rinoa rimase seduta rigidamente sulla sella, cercando di fingere che Squall non fosse proprio accanto a lei, e che non voleva che lui sparisse semplicemente dalla sua vita dopo che Seifer fosse stato curato.

Sapeva quali erano i termini del patto quando lo aveva accettato alla locanda, ma era successo settimane prima. Non lo conosceva, allora. Da quel momento le cose erano cambiate. Un'amicizia, o almeno così pensava, si era formata. Lui aveva dato una mano a nutrire e curare i cavalli, aveva risposto alla quantità infinita di domande di Selphie, aveva dato consigli sulla cura dei capelli ad Irvine, e aveva persino combattuto con Zell.

Avendolo guardato quel pomeriggio, le venne in mente che tutte quelle volte che lo aveva afferrato lui avrebbe potuto farle facilmente del male, ma non l'aveva fatto. La frustrava il fatto che un tale pensiero la affascinasse. E la faceva rabbrividire come quando la toccava.

Lui avrebbe potuto fuggire in ogni momento. Avrebbe potuto farle perdere i sensi e scappare nella foresta, ma non l'aveva fatto. Manteneva la parola data di seguirli, e lei vedeva dell'onore in questo. Squall non era obbligato a stare di guardia con lei e farle compagnia. Non era obbligato a tenerle la testa contro di sé quando lei cedeva al sonno, e si svegliava poi a sbavargli sulla spalla in maniera umiliante. Non era obbligato a rivolgerle un dolce sorriso divertito e dirle che andava tutto bene e che si sarebbe assicurato la sera successiva che lei fosse altrettanto comoda.

Era quasi morta a ricordarlo. Gli altri tre cavalieri fortunatamente non avevano sentito, ma lei non era sicura che non vedessero quanto era attratta. Per quanto strani fossero, erano ricettivi. Troppo ricettivi per non aver notato che Rinoa fissava Squall. Rinoa grugnì mentalmente. Era un cavaliere della sua regina; rimuginare su un uomo alato ingiustamente affascinante che era abbastanza paziente da rispondere a Selphie dopo giorni di interrogatorio era inadatto al suo ruolo.

"Rinoa, credo che siamo arrivati." E la sua voce le faceva tremare le gambe, solo un po'. Lei si riscosse dai suoi pensieri e guardò intorno nel cortile. Alcune guardie stavano arrivando ad aiutarli a smontare e occuparsi dei cavalli.

"Selphie è andata a chiamare Quistis, e Irvine a prendere i medici," disse Zell da una delle porte di pietra. "Selphie ha detto che ti avrebbe incontrata nella sala del trono."

Rinoa scese dal suo cavallo e annuì. Guardò Squall e annuì anche a lui. "Non preoccuparti," lo rassicurò. "Te l'ho già detto, potrai tornare a casa."

"E se non sono d'accordo?" domandò Squall quasi di proposito.

"Allora ti accompagnerò comunque io stessa per assicurarmi che arrivi a casa," affermò lei. Tenne la testa alta mentre cominciava a camminare. Lui la seguì. Le guardie cominciarono ad affiancarli mentre entravano nel castello, e marciarono in formazione dietro di loro mentre camminavano lungo un corridoio. Rinoa si accigliò. Se Squall non aveva cercato di andarsene prima, non l'avrebbe fatto adesso.

"Eccovi!" disse Selphie quando la trovarono in attesa accanto alle porte aperte. "Irvine non è ancora tornato con i medici, ma saranno qui presto."

"Allora lo presenteremo a Quistis," annuì Rinoa. Guardò Selphie quasi riluttante. "Come sta Seifer, a proposito?"

Superarono le grosse doppie porte e camminarono su un tappeto rosso che portava ai due troni. "Non bene." Selphie scosse la testa.

"Rinoa?" I tre guardarono verso i troni, mentre una donna alta e snella si alzava. Ignorò qualsiasi protocollo reale e scese velocemente gli scalini, correndo loro incontro.

Il capo dei cavalieri sorrise con più calore possibile in quelle circostanze stressanti, e accelerò il passo. Abbracciò forte la donna prima di fare un passo indietro e guidare Quistis dallo sconosciuto.

"Lo abbiamo trovato, Quistis," disse con affetto all'amica. "Lui è Squall."

Quistis si fermò davanti a lui. Sembrava confusa. "Lui... non è una fata."

"Lo sono," disse Squall prima che Rinoa o Selphie potessero rispondere per lui. "Mi chiamo Squall. Sono il figlio di Raine e Laguna di Esthar." Rinoa piegò la testa di lato. Quei nomi sembravano familiari. Si scrollò la sensazione di dosso e guardò Squall che si toglieva la coperta che aveva ancora sulle spalle per dimostrare chi era.

Non appena vide le ali, Quistis quasi svenne per il sollievo. Si portò una mano al petto e chiuse forti gli occhi. "Grazie," disse con voce strozzata e contraendo le labbra. "Non hai idea di quanto sia vicina a perderlo." Fece un cenno del capo al nuovo arrivato. "Non posso ringraziarti abbastanza."

"Ho portato i medici!" gridò da un lato la voce di Irvine. Il gruppo si voltò verso di lui e vide tre uomini vestiti di scuro che correvano avanti. Tutti e tre sembrarono stupefatti alla vista dell'uomo con le ali limpide e luccicanti.

"Veloci!" Rinoa si accigliò quando li vide fissare Squall. "Non statevene lì impalati a fissarlo!"

"Rinoa ha ragione," disse con orgoglio Quistis. Guardò Squall con un'espressione più dolce di quella riservata ai medici. "Signore, per favore... possiamo avere un po' di polvere?"

Squall annuì e tese una delle sue quattro ali sottili. "Basta che le tocchiate con una ciotola," disse. "La polvere cadrà dentro."

I medici annuirono, ognuno con due ciotole. Uno ad uno, presero la polvere delle sue ali in ciotole di pietra.

"Che altro serve?" domandò Irvine. "Acqua? Olio?"

"Acqua! L'Oracolo ci ha detto di dare questa polvere al re mescolandola con acqua calda," disse loro uno dei medici.

"Chiamate un servitore!" gridò Irvine.

"L'acqua calda è già pronta. Seifer ne ha già una pentola in stanza," disse loro Quistis. Si voltò, con le gonne che fluttuavano dietro di lei mentre camminava. "Svelti, seguitemi!"

"Devo controllare i cavalli," disse Selphie. Guardò Squall e Rinoa. "Andate pure avanti."

"Fateci sapere come la prende il Re Scontroso," disse Irvine. Rinoa annuì e fece cenno a Squall di seguirla. Lui la seguì esitante, sentendosi un po' in imbarazzo quando emersero di nuovo in corridoio e vennero subito fiancheggiati dalle guardie.

Né Quistis né i medici sembravano prestar loro attenzione mentre attraversavano il castello diretti alle stanze del re. Le guardie alla sua porta fecero un inchino alla presenza della regina mentre lei si fiondava nella stanza.

I medici la seguirono e Rinoa sbirciò nella stanza dalla soglia. Spalancò gli occhi. Seifer era ancora steso a letto. Aveva la bocca aperta e respirava molto a fatica.

"I medici sono qui con l'elisir, Seifer," gli disse Quistis indicando la teiera bollente sul tavolo. Uno dei medici vuotò velocemente un po' d'acqua calda in una ciotolina di pietra e mescolò con un cucchiaio di legno.

"Cercate di farlo tirare su a sedere," disse un medico. Quistis si sedette accanto al marito, occupandosi di sollevarlo e tenerlo diritto contro di sé, mentre il primo medico gli metteva in bocca una cucchiaiata di medicina.

Poi ancora un'altra, e un'altra. Guardarono attentamente il re, prendendo nota di quando inghiottiva, della diminuzione del pallore o altri movimenti.

"Ha finito la prima ciotola... non sembra che ci siano cambiamenti." Il primo medico si accigliò. "Portatene un'altra!"

Stavolta Quistis si accigliò. "È una cosa sicura? La medicina non deve fare effetto, prima?"

"Non sappiamo nemmeno se stia funzionando, vostra grazia," disse il secondo medico. Cominciò di nuovo a cacciare il liquido in bocca a Seifer.

Dalla soglia, Rinoa strinse i pugni, desiderando in silenzio che il sovrano guarisse. Sentì una mano calda accarezzarle la sua e quasi sobbalzò, voltandosi. Squall era dietro di lei con un sorriso dolce.

"Starà bene," le promise a voce bassa.

Lei guardò le loro mani unite e sorrise. Gli strinse gentilmente le dita. "Mi fido di te."

"Non sta funzionando," dichiarò un medico, irritato dopo aver somministrato la terza ciotola. Scosse la testa. "Tre ciotole e non è cambiato nulla!"

"No..." disse Quistis tenendo suo marito contro di sé. Poteva sentire che il suo respiro affaticato migliorava. "No, riesco a sentirlo."

I medici socchiusero gli occhi e si sporsero in avanti. Seifer era ancora pallido e ansimante. Muoveva la bocca, e il medico tese la mano. "Datemi la quarta!"

"Non è già troppa?" domandò Rinoa dalla soglia. "Ne ha già prese tre ciotole. Dovremmo aspettare di vedere-"

"Non c'è molto tempo, Sir Heartilly!" sbottò un medico mentre tutti e tre le lanciavano un'occhiataccia. "Hai fatto il tuo lavoro, ora lasciaci fare il nostro!"

Lei li guardò male. Squall le tenne stretta la mano. "Non preoccuparti, troppa non avrà effetti negativi," la rassicurò. Rinoa annuì.

Dall'altra parte della stanza, Quistis socchiuse gli occhi incuriosita mentre li guardava interagire. Spostò gli occhi sulle mani unite. Di certo prima non l'avevano fatto...

Prima che potesse chiedere, sentì che Seifer era preso da convulsioni contro di lei. Spostò immediatamente l'attenzione su suo marito e lo afferrò mentre lui si spingeva avanti, buttando fuori il liquido caldo che gli era stato somministrato.

"Che sta succedendo?!" domandò Quistis. "Cosa sta succedendo?!"

"Il suo corpo rifiuta la medicina!" gridò uno dei medici. Seifer iniziò a tossire ancora, con il liquido che colava agli angoli della bocca. Il medico si voltò e fissò gli occhi su Rinoa e Squall. "Sei sicura che la creatura è una fata?!" domandò.

Rinoa arrossì. "Ne sono sicurissima!" gridò di rimando, entrando furiosa nella stanza. "Non ha dato quello che gli è stato chiesto?!"

"Allora perché sua maestà rifiuta il medicinale?!" interruppe un altro medico.

"Seifer! Seifer, respira!" lo incoraggiò Quistis. L'uomo, pallido, era ancora sporto in avanti e cercava di smettere di tossire.

"Non sarebbe successo con una vera fata!"

"Lui è una vera fata!" gridò Rinoa. Squall cercò di intromettersi per calmarla, ma si trovò bloccato dalle guardie.

"Allora spiega perché sua maestà sta peggiorando!"

"Gli avete dato di forza molte ciotole di acqua calda!" ribatté Rinoa.

"Guardie!" disse un altro medico. "Arrestate quell'impostore!" Rinoa alzò la testa di scatto. Dietro di lei Squall sembrò sorpreso. Mani pesanti gli presero le spalle, e lui fu strattonato bruscamente all'indietro.

"Squall!" gridò Rinoa. Si voltò. "Basta! Lasciatelo subito!" ordinò alle guardie.

"Portatelo nei sotterranei!" disse il medico invece. "La sua polvere finta ha indebolito il re!"

"Cosa?" strillò quasi Rinoa, voltandosi ad affrontare il medico. "No! No invece!" gridò sopra al rumore delle guardie, dei medici, delle grida di Quistis e della tosse di Seifer. Si voltò di nuovo verso la porta. Squall era rigido su un lato, e lasciava che gli legassero di nuovo i polsi, circondato da una manciata di guardie reali, con le lance tese che lo minacciavano. Il cavaliere spalancò gli occhi. "Basta! Cosa state facendo!"

"Portatelo nei sotterranei!" gridò un medico. "Finché non saremo sicuri che non è un impostore, non possiamo lasciarlo andare via!"

"Un attimo!" gridò Rinoa. Si mosse in avanti, cercando di seguire le guardie reali che portavano via il ragazzo, ma sentì svariate mani che la trattenevano. "Non è un impostore! Posso provarlo!"

"Qualcuno fermi Sir Heartilly!" gridò qualcuno.

"Squall!" gridò Rinoa mentre le guardie la trattenevano per le braccia impedendole di seguirlo. Lei strattonò, buttandosi in avanti e gridando mentre cercava di continuare a guardarlo. "Squall!" gridò, con i capelli davanti al viso mentre riusciva a liberarsi da una guardia. Altre due accorsero per bloccarla. "Ti farò uscire! Non preoccuparti!" gridò.

Con le spade puntate contro e le guardie che lo trascinavano avanti, Squall guardò ancora una volta al di sopra della spalla. Lei lo guardò negli occhi, continuando a lottare per raggiungerlo. "Verrò da te!"

*~*~*~*~*

"Sir Heartilly." Sentì qualcuno dire il suo nome e sollevò la testa stanca in direzione del suono.

"Ho il permesso di parlare con il prigioniero." Squall socchiuse gli occhi. La sua voce sembrava roca. "Ecco. Il sigillo della regina Quistis."

La pesante porta di metallo venne aperta, e Squall fece una smorfia per la lama di luce che gli cadde addosso. Distolse lo sguardo mentre passi pesanti attraversavano lo spazio dalla porta a lui.

"Squall?" lo chiamò lei. Per gli altri, essere gettato in un sotterraneo era un sicuro segno di tradimento, e se chiunque altro gli avesse giurato che sarebbe stato libero ma senza farsi vedere... aveva perso la cognizione del tempo, ma avrebbe di certo sentito il tradimento. Comunque, quando Rinoa lo chiamò, il suo corpo stanco si mosse. Lei sentì le catene che sfregavano dalla sua parte, e lui sentì i passi accelerare. Lei svoltò l'angolo e trattenne il fiato, scioccata. Si portò le mani alla bocca. "Squall...?"

I vestiti gli erano più larghi di quanto ricordasse lei. Era seduto per terra, le ali ripiegate contro di sé che sfioravano il pavimento sporco, e sembravano opache e fragili. Aveva le braccia sollevate sopra la testa, legate insieme contro il muro contro cui era appoggiato. Persino nella luce fioca delle torce del sotterraneo, lei vide quanto tesa e pallida era diventata la sua faccia.

"Le fate," gracchiò lui, con una smorfia quando sentì la sua stessa voce, "non vivono bene in cattività."

Lei cadde in ginocchio accanto a lui, e lui riuscì a vedere i suoi occhi rossi e gonfi. Sembrava che avesse un'espressione fissa di dolore sul viso mentre gli prendeva il viso tra le mani e gli toglieva i capelli dagli occhi. "Mi dispiace," rantolò lei. "Mi dispiace così tanto... non sapevo che sarebbe successo questo, Squall. Non sapevo che ti avrebbero messo qui."

Aveva gli occhi pieni di lacrime, e lui le vide luccicare. Mise tutta la sua volontà nel rivolgerle un sorriso rassicurante. "Sto bene," le disse. "Sto bene. Non è colpa tua."

"Sì invece," sussurrò lei. Gli accarezzò la guancia. Era sempre stata così vuota? Chiuse gli occhi e si sporse avanti, premendo la fronte contro la sua. "Mi dispiace così tanto."

Squall chiuse gli occhi e si sporse avanti, strofinando la testa dolcemente contro quella di lei come se tentasse di consolarla. "Da quanto sono qui?"

Lei tirò su con il naso e voltò la testa, piena di vergogna. "Due giorni," ammise.

Squall si irrigidì un poco. Non aveva luce nel sotterraneo, e non sapeva se era giorno o notte. Comunque sapeva che non la vedeva da un po'.

Strano; avevano passato alcune settimane di viaggio insieme. Giorno e notte, era stati l'uno al fianco dell'altra. Aveva dormito accanto a lei, mangiato con lei, parlato con lei, ma la vera entità di quella sensazione che lo stava lentamente consumando da dentro non si era fatta conoscere fino a quanto era stato portato via e l'aveva vista trattenuta da tre guardie mentre cercava di seguirlo.

Forse era per questo che non si sentiva tradito. Sapeva che lei sarebbe venuta da lui. In qualche modo, prima o poi, sarebbe venuta.

"Non ho mai dubitato che saresti venuta da me," disse, più a se stesso che a lei. Aprì gli occhi e vide quelli di lei, bagnati di lacrime. Lui sorrise dolcemente. "Sono felice che tu l'abbia fatto."

Lei tirò su con il naso e scosse la testa, sentendosi in colpa. "È colpa mia se sei qui dentro, prima di tutto," gli ricordò, furiosa con se stessa. "Sarei dovuta venire prima." Alzò la testa e incontrò i suoi occhi, implorante. "Abbiamo supplicato Quistis, ma Seifer non sta ancora del tutto bene. I consiglieri e i medici esitano a lasciarti andare finché suo marito non starà meglio."

"Seif... il tuo re si sente meglio?" domandò lui con attenzione. Rinoa annuì.

"Ha sputato il primo elisir perché gliene hanno dato troppo da bere, ma è arrivato l'Oracolo e lo ha costretto a prenderne una buona quantità. Pensiamo che stia migliorando," disse lei. Abbassò gli occhi. "Stiamo almeno cercando di farti uscire dal sotterraneo, ma ripeto, i consiglieri temono che tu cercherai di fuggire." Si morse il labbro. "E non posso biasimarti se lo facessi."

"Hai detto che mi avresti riaccompagnato tu stessa," le ricordò Squall. Lei alzò gli occhi, confusa. "Lo farai comunque?"

Lei annuì. "Sì."

Squall annuì. Esitò. "Sai quanto sarò tenuto qui sotto?" Rinoa scosse la testa.

"No, ma non dovrebbe essere più di qualche giorno, finché riusciamo a convincerli a spostarti in una stanza vera e propria. Sono sicura che Seifer starà meglio, allora, e i consiglieri accetteranno!" disse lei. Il suo sorriso speranzoso svanì quando vide quello solenne e triste di lui. Abbassò le spalle. Qualcosa non andava. "Quanto durano le fate in cattività?" domandò a voce bassa.

I suoi occhi azzurri erano smorti. "Tre giorni."

Lei non riuscì a respirare. Si sedette davanti a lui, impallidendo mentre lui abbassava gli occhi. Scosse la testa, incredula. "Perché non hai detto niente? Tre giorni?"

"Pensi che le guardie mi avrebbero creduto?" domandò lui quasi amaramente. Rinoa gli avvolse le braccia intorno e nascose il viso contro la sua spalla.

"Avresti dovuto dire qualcosa!" gridò contro la sua pelle. "E se non fossi venuta oggi? E se fossi venuta e tu non..."

Lui chiuse gli occhi e posò la testa contro la sua. Non aveva mai voluto essere slegato e in grado di toccare qualcuno più di quel momento, nella sua vita. "Sei venuta. Questo conta."

Lei si ritrasse e gli prese il viso tra le mani. Lui la guardò negli occhi prima che lei si sporgesse in avanti e gli premesse le labbra sulle sue.

Il formicolio che sentiva lei quando erano vicini e quando si toccavano sembrò amplificarsi. Lei si sporse un altro po', socchiudendo le labbra mentre lui ricambiava con la sua poca forza. Lei si avvicinò, spingendo il corpo contro il suo e cercando di chiudere ogni distanza tra loro mentre gli rimaneva stretta.

Lui si trovò a tirare le braccia nonostante le catene; voleva disperatamente ricambiare, ma era tristemente incapace di farlo. Sapeva che c'era qualcosa di speciale in lei; qualcosa che lo faceva sentire inaspettatamente completo quando erano insieme, ed era sicuro più che mai che persino la persona che aspettava quella notte ad Esthar era lei.

"Sir Heartilly!" rimbombò una voce nel sotterraneo. Rinoa si separò senza poche cerimonie da Squall, e alzò di scatto la testa in direzione della voce. "Stai bene lì sotto?!"

"Sto bene!" gridò lei. Le tremava la voce e aveva il viso rosso e caldo, ma una parte di lei si sentiva di certo benissimo.

Squall le sorrise intensamente. Memorizzò la sua espressione leggermente imbarazzata, custodendola in silenzio in mente. Se fosse morto, Rinoa sarebbe stata il suo ultimissimo pensiero.

"Dovresti andare," le disse a bassa voce.

Lei socchiuse gli occhi. Come poteva semplicemente lasciarlo adesso? Contrasse le labbra abbassando una mano allo stivale, facendocela scivolare sopra. Sollevò una lama piccola e sottile. Squall non poté evitare di allargare gli occhi mentre lei si inginocchiava, il seno contro il suo viso mentre si sporgeva avanti e afferrava il lucchetto delle catene con una mano.

"Rinoa-"

"Sssh," sussurrò a voce bassa infilando la punta della lama nel lucchetto e iniziando a muoverla. "Posso farcela. Ho visto che lo faceva Selphie un sacco di volte."

Lui quasi desiderò ridere. Stava cercando di aprire il lucchetto? Lui abbassò gli occhi e girò la testa, prima di scoprire che era incastrata tra i suoi seni. "Rinoa, non devi-"

Un piccolo click lo interruppe. Rinoa trattene il fiato, sorpresa di esserci davvero riuscita. Si illuminò in viso, tornando a sedersi, e rimise la lama nello stivale. Fece un largo sorriso. Quello doveva essere un segno. Di solito faceva schifo in queste cose.

Guardò di nuovo in basso e gli prese il viso tra le mani, sollevandolo e baciandolo ancora una volta.

"Aspettami," gli disse Rinoa ritraendosi. "Tornerò stasera."

Lui si accigliò, mentre lei si alzava. Abbassò le braccia doloranti e scosse la testa. "Rinoa, no. Non puoi-"

"Ti ho giurato che ti avrei liberato dopo averci aiutati," gli disse con decisione. "E che ti avrei accompagnato di persona se non ti avessero lasciato andare. L'ho giurato e manterrò la parola."

Lui socchiuse gli occhi. "Se lo fai sarai punita."

Lei non esitò. "Solo se torno."

Scivolò oltre l'angolo prima che lui potesse protestare ancora. Lui si lasciò cadere contro il muro ed emise un respiro pesante, ascoltando i suoi passi allontanarsi ed infine aprire e chiudere la porta del sotterraneo.

Strofinandosi i polsi doloranti e lividi, si bloccò. "Solo se torno."

Soppesò le sue parole per moltissimo tempo, dopo, e anche quando la porta si riaprì e si sentirono di nuovo passi regolari, non era sicuro che lei avesse inteso quello che lui sperava intendesse.

I passi si avvicinarono e Squall rimase seduto, alzando le braccia per fingere di essere ancora incatenato. Invece della guardia comparve di nuovo Rinoa, solo che invece della sua solita divisa da cavaliere, aveva dei pantaloni da cavallerizza e una tunica molto larga sotto un mantello da equitazione blu scuro. Un'espressione di urgenza aveva rimpiazzato quella di tristezza di ore prima, e gli tese le mani.

Lui sorrise, incapace di evitarlo quando lei cadde in ginocchio accanto a lui e lo abbracciò.

"La guardia dorme e l'alcol durerà poco," gli sussurrò all'orecchio. "Dobbiamo andare."

Lui annuì debolmente. Faticò a tirarsi in piedi, e scoprì che era Rinoa a sollevare la maggior parte del suo peso. Barcollò e si appoggiò pesantemente a lei. "Mi dispiace, Rinoa. Io-"

"No, no!" insistette lei mentre gli metteva un braccio sotto l'ascella. "Tu mi hai aiutata ad alzarmi quando eravamo nell'acqua... io posso aiutarti adesso."

Fece di più che aiutarlo ad alzarsi, pensò lui. Rimase con lui passo passo, quasi trascinandolo fuori dal sotterraneo. Miracolosamente, la guardia alla porta dormiva ancora, russando sulla sedia, mentre loro camminavano.

Rinoa lo guidò attraverso vecchi corridoi per la servitù raramente usati per evitare di essere visti. Era evidentemente una strada più lunga di quella presa dalle guardie per portarlo al sotterraneo, ma Rinoa era decisa. Squall non sapeva se ne era impressionato, scioccato o se si era innamorato di più di lei quando arrivarono alle stalle.

"Rimani qui," gli disse appoggiandolo contro una pila di fieno. Si sbottonò il mantello e glielo avvolse intorno, sia per tenerlo caldo che per nascondere le ali. "Prendo il mio cavallo."

Tutte e tre le cose, decise lui. Annuì e si raddrizzò. Poteva sentire l'aria fresca, e si godette la sensazione sulla pelle mentre faceva un respiro profondo. Gli ci sarebbe voluto comunque del tempo, e cibo vero, per tornare alla normalità, ma l'aria fresca aiutava.

Dentro le stalle, Rinoa andò a prendere la sua sella e si fermò. Non era appesa insieme alle altre. Lei socchiuse gli occhi. Doveva esserci, pensava mentre guardava le altre selle, cercando la sua. C'era sempre stata.

Sentì un grugnito dietro di lei e si voltò. Spalancò gli occhi vedendo Selphie alla porta con il suo cavallo. In mano teneva le redini... due, legate a due cavalli.

"Selphie," disse Rinoa deglutendo il nodo in gola e guardandola incerta. Si costrinse a non guardare Squall. "Che ci fai qui?"

Il labbro della ragazza tremò. "Non hai molto tempo," disse con voce strozzata. Fece velocemente un passo avanti e prese la mano di Rinoa. Le diede le redini e voltò la testa. "Irvine e Zell si stanno occupando delle sentinelle nelle mura ad est. Non hanno molto tempo, ma puoi uscire dalle mura della città prima che ti vedano, se parti adesso."

Gli occhi increduli di Rinoa si socchiusero lentamente. "Selphie... che stai dicendo?"

La ragazza tirò su con il naso, e cominciò ad asciugarsi gli occhi. "Sto dicendo che Squall farà meglio ad occuparsi di te!" Iniziò a piangere. "Perché se non lo fa, verrò a cercarlo! Ancora!"

Rinoa prese il cavaliere tra le braccia e la strinse forte, ricambiata. "Mi dispiace, Selphie," sussurrò. "E grazie."

Selphie tirò su con il naso e la lasciò andare con riluttanza. "Svelta!" disse asciugandosi ancora gli occhi. "Quistis ti ha dato dei soldi per aiutarti. Sono nella sella del tuo cavallo. Ora va'! Non hai molto tempo!"

Rinoa annuì e guidò i cavalli attraverso le stalle. Aiutò Squall a montarne uno, dicendogli di stringersi forte a lei mentre montava davanti a lui. Con l'altro cavallo legato al suo, uscirono dal cancello est.

Da una torre in pietra, due occhi azzurri guardarono l'amica d'infanzia e l'uomo di cui la sua amica era chiaramente innamorata andare via nella notte. Quistis chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime.

"Il patto che hai fatto con l'Oracolo," disse suo marito dietro di lei, con addosso una vestaglia morbida, in attesa che lei andasse a letto, "in cambio di una cura per me. Che cos'era?"

"Le ho detto che le avrei dato qualunque cosa avessi che lei desiderasse," disse piano Quistis. "E lei ha detto che voleva la libertà di Rinoa dai cavalieri." Si voltò e guardò i suoi occhi quasi maliziosi con i propri, tristi e lucidi. "Anni fa mi ha mandata sul confine galbadiano e lì ho incontrato Rinoa, Seifer. L'Oracolo mi ha dato la mia migliore amica... e poi l'ha voluta indietro. Perché? Perché lo ha fatto?"

Seifer aprì le braccia e sua moglie ci si accoccolò, perfettamente. Le posò il mento sulla testa e chiuse gli occhi. "Io penso, Quisty, che l'Oracolo possa aver voluto Rinoa per un'altra persona... ma non penso che ti abbia tolto la tua migliore amica. Le ha solo dato quello che Rinoa è riuscita a dare a te."

*~*~*~*~*

Lui tolse le briglie ai cavalli e le gettò sulla riva, prima di lasciare che abbassassero la testa e bevessero l'acqua dove settimane prima era stato buttato nella baia da un cavaliere troppo zelante.

Rinoa sedette su una roccia e si tolse le scarpe, infilando i piedi in acqua con un sospiro felice.

"Da quanto cavalchiamo?"

"Troppo," le disse Squall. Accarezzò il collo di un cavallo e la guardò. "Sei stanca?"

Lei scosse la testa, anche se era evidente che lo era. "Quanto manca per arrivare da tua madre?"

"La città non è molto lontana," la rassicurò lui. "Un giorno o due al massimo."

"E com'è?" chiese Rinoa mentre lui le si sedeva accanto. Squall agitò le ali.

Sembrò riflettere per un attimo sulla risposta. "Esthar City è fatta di cristallo," le disse. "È... difficile da descrivere."

"La gente è simpatica?" chiese lei piano. Spinse indietro la testa. "Non accetteranno un'umana?"

"Mia madre dice che tutti gli umani che entrano ad Esthar devono essere di cuore puro," le disse lui. "Sei entrata, questo dice qualcosa."

"Comunque non riesco a evitare di essere un po' nervosa," ammise Rinoa tirandosi le ginocchia al petto. Mosse le dita sott'acqua. "Com'è tua madre? Prima hai detto che lavora a palazzo reale? È una nobile o una cosa così?"

Esitò. Sua madre era la regina. "Le piacerai," la rassicurò. "Non preoccuparti." Rinoa socchiuse gli occhi. "È una nobile." Rinoa continuò a fissarlo. "Regina."

"Regina?" sbottò Rinoa. Sbatté le palpebre e scosse la testa. Il nome che aveva detto al castello... era lo stesso nome della regina delle fate che le aveva detto sua madre quando era piccola. "È impossibile... non puoi... ma... ti ho catturato..." Spalancò gli occhi. "Sto con un principe delle fate."

Lui trattenne una risata. "Non è niente. Solo un titolo."

"Beh... hai dei parenti? Fratelli? Sorelle? Cugini davvero vicini?" domandò Rinoa.

"Ho una sorella più grande, ma..." Squall guardò l'acqua. "Se ne è andata anni fa, con nostro padre. Lui è tornato, ma lei no."

Lei si rattristò, allungandosi a prendergli una mano. "Lei ti manca?"

"Sì, ma so che dovunque si trova, sta bene," affermò orgoglioso guardando Rinoa. "Mi ha detto che sarebbe stato così, e le credo."

"Perché?"

"Prima di andarsene, mi ha detto che avrei incontrato qui la mia principessa, durante la luna piena," rispose. "Ed è successo."

Rinoa fece un piccolo sorriso. "È una buona cosa che l'Oracolo ci abbia detto di venire da questa parte, no?" ridacchiò. "Succedono sempre cose belle quando ascoltiamo l'Oracolo Ellione."

Lui si tese. Spalancò gli occhi e la guardò curioso. "Dillo di nuovo. Il suo nome." Squall alzò la testa e si accigliò. "Come hai detto che si chiama?"

"L'Oracolo?" chiese Rinoa. Lui annuì e si avvicinò. "Ellione. L'Oracolo di Winhill."

Il respiro gli si mozzò in gola. Non sentiva quel nome da tantissimo tempo, non la vedeva da ancora più tempo. Era davvero viva e stava bene. Ed era a Winhill.

Sorrise leggermente e scosse la testa. Ora capiva.

"E ha mandato te?" Sorrise con dolcezza, guardandola intensamente negli occhi.

"Sì," Rinoa annuì e si sporse in avanti. Poté sentire che lui le accarezzava le labbra con le sue. "Mi ha mandato proprio da te."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, metà pomeriggio

Lentamente, due occhi azzurri si alzarono dalla rivista che stavano leggendo, e si spostarono sul biondo arrogante seduto lì davanti. Seifer si appoggiò allo schienale della sedia di plastica nell'ufficio di Squall, guardandosi disinvolto le unghie come se si chiedesse in silenzio se aveva o no bisogno di andare con Quistis a fare un'altra manicure. Il suo solito sorrisetto gli riempiva la faccia.

Gli occhi opachi di Squall esaminarono l'aspirante scrittore di storie d'amore. Sapeva che c'erano cose un po' esagerate nella mente di Seifer. Lui e gli altri avevano stabilito da tempo che la mente di Almasy era un posto terrificante. Quell'articolo, comunque... sembrava che Seifer avesse proprio alzato gli standard.

Seifer si raddrizzò sorridendo e guardando l'altro ragazzo. "Già fatto?" domandò sfacciato. "Stupefacente come voli il tempo quando ti godi qualcosa, eh?"

Per un attimo, Squall si chiese se a Seifer sarebbe esplosa la testa per quanto stava diventando grande. "Questa è la tua favola?"

"Ovvio," grugnì Seifer. "C'è una fata, no?"

Squall non sapeva come rispondere, ma era abbastanza sicuro che il ragionamento di Seifer fosse sbagliato. Posò attentamente la rivista sulla scrivania e fece un respiro profondo.

"Posso chiederti esattamente cosa ti ha... ispirato," cominciò cauto, "a scrivere questa?"

Per tutta risposta ottenne un grugnito indignato. "Come se ti dicessi i miei segreti di scrittura!" annunciò orgoglioso Seifer. "Tutto quello che devi sapere è che questa è la roba che le mamme racconteranno alle figlie prima di mandarle a letto da qui all'eternità!"

Squall dubitava fortemente che una qualsiasi delle madri che conoscevano l'avrebbe mai fatto. "Hai scritto di un principe delle fate che è stato incastrato in maniera elaborata ad innamorarsi di un cavaliere umano, opera di sua sorella che era anche un oracolo."

"So cosa stai pensando," rispose l'altro sporgendosi in avanti. "Seifer - da dove ti è venuto questo colpo di genio? Dove lo tenevi nascosto? Di solito non lo faccio, ma oggi sono di buonumore, quindi te lo dico. Qualche sera prima che la scrivessi, cercavo di trovare un qualcosa di nuovo nella favola standard."

Squall contrasse involontariamente un occhio. "C'è una favola standard?"

"Zitto, sto parlando," sbottò Seifer. "Comunque, pensavo che invece della dolce principessa delle fate catturata da uno spadaccino girovago, perché non fare un principe delle fate testardo catturato - a malapena - da un cavaliere donna svampito? Ho sentito che queste nuove svolte nelle favole e cose così sono di moda adesso."

Squall si strofinò la radice del naso, sporgendosi in avanti, e chiuse gli occhi. "Li fai lottare in acqua e poi fare roba nel sotterraneo. Non capisco."

"Tre parole," disse Seifer, sollevando tre dita. "Tensione Sessuale Irrisolta."

"Cinque parole," ribatté Squall. "Questa storia non ha senso."

"Tu non hai senso!" sbottò Seifer. I due si guardarono in cagnesco.

"Chissenefrega," borbottò Squall. "Questo è l'ultimo crimine contro la scrittura che farai per la rivista, comunque."

"Cosa?" Seifer si accigliò. "Pensavo che servissero i soldi."

"Abbiamo raggiunto gli obiettivi fiscali di questo semestre," gli disse Squall. "Questo significa che abbiamo raggiunto gli obiettivi quindi siamo a posto. Stiamo a posto con i soldi, adesso."

Non poté evitare di notare l'espressione quasi delusa di Seifer. Era come se avesse appena trovato la sua vocazione e all'improvviso ne venisse privato. "Ma... e se ci servono altri soldi in futuro?" disse Seifer.

"Ci penseremo al momento," rispose Squall. "Dopo la mia storia della settimana prossima, smetteremo di scrivere per la rivista di Ellione."

"Lasciamene scrivere ancora una," chiese Seifer raddrizzandosi sulla sedia.

"No."

"Perché no?"

"Dimentichi che sei un Comandante e non uno scrittore?" chiese Squall alzando gli occhi al cielo.

"Posso fare tutte e due le cose!" insistette Seifer alzandosi. "Ho talento!"

La porta si aprì cigolando e una donna bionda con il pancione e un abito morbido rosa socchiuse gli occhi dietro gli occhiali.

"Talento?" domandò Quistis. "Detto dall'uomo che se ne frega di raccogliere gli asciugamani dal pavimento del bagno."

"Ho detto che l'avrei fatto!" insistette Seifer. "E cosa fai da questa parte del Garden? La dottoressa Kadowaki non ha detto di prenderla comoda mentre sei incinta di Seifer Junior?"

Quistis fece un pesante sospiro. "Ne abbiamo parlato," disse attentamente mentre entrava e posava una pila di fogli sulla scrivania di Squall. "Avremo una bambina."

Squall resistette alla tentazione di sorridere. "Questi sono gli orari di insegnamento per il prossimo semestre?" chiese allungandosi a prendere i fogli. Quistis annuì.

"Ci è voluto un po', ma sono riuscita a rispettare le ferie che hanno richiesto gli insegnanti," lo informò Quistis. Guardò di nuovo suo marito. "Tu comunque che ci fai qui?"

"Chiacchieravamo delle mie abilità incredibili," le disse orgoglioso Seifer. Quistis sollevò un sopracciglio ben curato.

"Di cosa?" L'espressione di Seifer cambiò e Squall sollevò disinvolto i fogli per nascondere il suo sorrisetto. "Se hai finito di parlare, allora vieni con me. Mi serve aiuto con il bucato." Sua marito grugnì.

"Non puoi farlo fare a qualcun altro?"

"Chi, Seifer? La bambina? Smettila di lamentarti e muoviti," ordinò Quistis. "Sono stanca che tu dica a Fujin e Raijin di farlo. Hanno lavori veri!" Marciò fuori e Seifer la seguì. Lui si voltò per chiudere la porta e lanciò un'occhiataccia a Squall.

"Non è finita, Capitano."

"Seifer!" gridò Quistis. "Dai!"

"Arrivo, mia splendida ragione di vita!" La porta si chiuse e Squall scosse la testa. Si voltò verso il computer e aprì il file su cui lavorava prima. Aveva scritto due frasi quando la porta si spalancò ed entrò Rinoa, ansimante.

"Squall!" gridò quasi. Aveva il viso arrossato e lucido di sudore, e sembrava che avesse corso per tutto il Garden. Lui corrugò la fronte e si alzò con cautela.

"Cosa c'è?"

"Angelo è fuori controllo nel Centro Addestramento e io non posso entrare e fermare tutti! Selphie e Irvine e Zell sono in missione e-"

"Ho capito." La sedia su cui era seduto girò mentre lui correva fuori dalla porta. "Prendi la mia giacca!" gridò dal corridoio. "Se devo chiuderlo manualmente, dovrò andare alla scatola di controllo!"

"Capito!" gridò Rinoa. Fece il giro della scrivania e prese la giacca appoggiata alla sedia. Togliendola, vide di sfuggita lo schermo. Non era il solito formato ufficiale dei promemoria del Garden di Balamb. Piegò la testa di lato e lesse in fretta qualche paragrafo.

"Rinoa! L'ascensore si sta chiudendo!" gridò Squall.

La ragazza sorrise e annuì. "Arrivo, Squall!"

*****
Nota della traduttrice: una piccola nota dato che la storia si fonda sul gioco di parole "fairytale" (favola) e "fairy" (fata). Purtroppo non sono riuscita a rendere questo gioco di parole né nel titolo della storia, né nella battuta con cui Seifer risponde che è ovviamente una favola, essendoci una fata. Ho scelto di lasciare fairytale nel titolo, perché si capisse meglio, e di tradurre la battuta. In ogni caso, faccio notare che per tutta la storia, Squall viene chiamato "fairy".
Come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

  
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