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Autore: Nikao    17/07/2013    3 recensioni
Una giornata ad Azkaban alla Barty Crouch Jr.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bartemius Crouch junior
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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                                   Capelli
 
Buio. Buio totale. Cos’è il buio?L’assenza di luce. Il nulla più totale. Cos’è il nulla?L’eliminazione della propria individualità,del mondo popolato dalle proprie realtà. Ma se era vero, allora, perché nel mio nulla regnava un’armonia scordata che mi cullava lungo le rive del baratro?Cos’era quel sussurro composto da toni e tempi che mi faceva rilassare le membra e rizzare i peli della nuca insieme?La musica si stava facendo più forte,insistente,permeava negli strati di sogni in cui ero capitato e come una mano mi prese il braccio e mi risucchiò verso l’alto. La melodia aveva perso i toni dolci e soavi e si era cimentata in un lamento tenue ma acuto che mi perforava il cervello e mi faceva raggrinzire le palpebre. Schiusi gli occhi appena il buio accecante abbracciò la mia vista e lo sguardo inciampò su un’anomalia del panorama consueto.                   
Il demonio era arrivato davanti alla mia cella.
Nascosto sotto vesti nere e lacere, faceva dondolare le braccia insieme al corpo avanti e indietro costantemente mentre gli orli degli stracci si animavano al minimo cenno di corrente che popolava quei corridoi.
<< Presto saremo di nuovo insieme >>sussurrò con trepidanza angosciosa.
Fu allora che l’oblio si sostituì all’oscurità e ripresi dormiente a vagare nei recessi più reconditi dei miei sogni


                                                                                                                                        *****


L’ennesimo infrangersi delle onde sulla superficie ruvida e calcarea della struttura formava un eco inquietante in quell’anfratto oscuro e maleodorante. L’edificio della più grande prigione di tutto il nord di Europa, alias Azkaban,fatta erigere in mezzo al nulla più oscuro,al centro di un oceano incantato o piuttosto infervorato dalle ire di dei oscuri,svettava in mezzo a quella massa informe di acqua e sale come una torre di babele,un inno alla giustizia che trionfa sempre sul male. Eppure gli uomini,i quali hanno affidato a se stessi il compito di commettere azioni giuste o sbagliate e poi giudicarle, erano inconsapevoli di quel che celava in realtà la forma triangolare qual era il carcere. Ebbene signori,io,Barty Crouch Junior,figlio di Barty Crouch Senior ,il fantomatico e laborioso Primo Ministro della Magia e accusatore del suddetto,sarà lieto di svelare i misteri che si celano dentro il carcere di massima sicurezza con aneddoti squisiti e disprezzabili.
Giorno 30 Luglio 1993. Ore … notte. Luogo:cella 434 dell’Arena,suite a 5 stanze,bagno con vasca in marmo e …
<< Piantala Barty,o finirai per ridurre il mio cervello in pappa prima di quei bastardi  >> sbottò una voce impastata dall’angolo oscurato della cella di fronte.  
La mia bocca semiaperta si bloccò all’istante,permettendo all’aria sudicia e piena di caligine di riempire la gola secca. Che fine avevano fatto le persone a cui stavo parlando? Gli occhi si spalancarono,le pupille di dilatarono e arrancai con qualche parola sconnessa che quel giorno sarebbe dovuto accadere qualcosa di importante. Rodolphus Lestrange d’altra parte si mosse infastidito facendo rivelare i propri capelli castani alla luce fulgida dello spicchio lunare.                                                                                                                 
Un tremore convulso si fece strada tra le mie membra bloccando la mia capacità,seppure esigua ma pur sempre esistente,di ragionare e facendomi stramazzare al suolo dalla posizione supina che fino a quel momento avevo acquisito, mi costrinse ad allacciare le braccia alle gambe,in preda alle convulsioni. Rividi l’ombra di qualche giorno prima. E urlai. Urlai a squarciagola. Urlai l’anima,conscio che ben presto avrebbero violato anche quella,la mia anima, la purissima anima, macchiata da onori scarlatti devoti al signore oscuro più potente mai esistito .Ben presto il dissennatore che fungeva da guardiano di quel reparto giunse alle mie sbarre,attirato dal frastuono, e  attraversandole come una morte, svolazzò con una mano putrida e piena di pustole verso di me.                                                                                                          
Chiusi con tutta la forza rimasta in corpo le palpebre,il luccichio dei capelli di Lastrange ancora impressi nelle mie orbite.


                                                                                                                                        *****


In realtà quel giorno era particolare in sé,anche se per dei detenuti a vita qualsiasi cosa era particolare e degna di nota purché si sollevasse dalla tipica monotonia carceriera in cui eravamo costretti a vivere, come una rissa scoppiata ai piani più alti o qualche evasione tentata dai nuovi arrivati ancora colmi di cieca speranza.
QUELLO era uno di quei giorni. In quei giorni,più precisamente il 30 di ogni mese,avveniva La Pulizia. Per chi aveva ancora un briciolo di lucidità aspettava quel giorno sempre con ansia lacerante,conscio degli indicibili dolori che avrebbe subito lui e i suoi compagni di destino. Gli unici fortunati erano coloro che avrebbero subito Il Bacio prima di quel giorno oppure Gli Alienati,coloro che stavano subendo un trattamento particolarmente intensivo tramite sedute “ amichevoli “ con i dissennatori & co. al fine di ottenere una condizione di infermità mentale e quindi fisica.
Quei giorni incominciavano sempre con una sirena che squarciava i silenzi delle celle e i deliri dei loro occupanti.
Io,che ero sveglio già da un pezzo,preso dallo studio minuzioso di un verme che banchettava con la carne putrida di un ratto, balzai in aria appena sentì il rumore . Preso dal panico, correndo alle sbarre per cogliere qualche indizio su quel che sarebbe presto accaduto ,diressi gli occhi all’occupante della cella di fronte e sogghignando in preda alla pazzia sentenziai:<< Il Signore Oscuro è qui! È venuto a prendermi!Hai capito Rod?Presto saremo liberi!Il marchio rinascerà dalle ceneri per ardere il mondo!Bruceremo tutti!  >>.
Rodolphus era ancora seduto,la schiena appoggiata a un muro sudicio e lordo,la testa abbandonata all’indietro e gli occhi chiusi,quando disse:<< Crouch,il Signore Oscuro è scomparso da un pezzo. Oggi deve essere il 30 quindi dobbiamo fare quella palla. E smettila di parlare come uno psicopatico,mi stai facendo desiderare di cambiar cella >>.
Deluso dal mancato entusiasmo che la notizia esercitava su Rod,ritornai a sedermi sul lettino di legno scortecciato sorretto da tue catene che comparivano dalle pietre alle pareti.
Poco dopo,quasi mosse da forze invisibili, tutte le porte delle celle dell’Arena si aprirono simultaneamente con un fragore di ferraglia, permettendo ai detenuti di uscire.
 L’Arena era un complesso cilindrico che si trovava nel cuore di Azkaban. I suoi corridoi e le sue celle erano privilegi dati ai più ricercati dal Ministero Magico come mangiamorte,terroristi e quant’altro . All’interno le celle erano poste a spirale,divise da cancelli e postazioni di controllo,occupate esclusivamente da dissennatori e raramente da qualche entità più umana. La struttura a chiocciola dell’Arena ricadeva a punta:in quella sezione si sarebbe svolta la “cerimonia” di purificazione detta Pulizia. Tutti eravamo diretti lì.
Uscii titubante dalla cella,ancora inconsapevole di quel che avevo vissuto dozzine di volte ormai,poiché la crisi di qualche ora prima mi aveva indotto a uno stato di disquilibrio mentale.
 Mi affiancai a Rod e Rabastan ,rigorosamente scortato da due omoni in nero,e ci incolonnammo dietro la calca di corpi che barcollavano,chi più chi meno. Lontano la risata isterica di Bellatrix si levò dallo strascichio di catene.
Non appena varcammo la soglia dell’Hangar 1 che ci aspettava,venimmo divisi per genere,denudati delle nostre vesti scadenti e lacere , e buttati come carne da macello in enormi box di docce. Getti caldi e vaporosi colpirono dapprima gli individui più esterni della calca fino a raggiungere quelli che avevano cercato di proteggersi mirando verso posizioni più centrali.
Ai piedi dei detenuti tutto il lerciume raccolto in un mese veniva trascinato verso l’enorme tombino al centro insieme a del sangue e a qualche pezzettino di pelle morta. Appena venni investito dal getto liquido,iniziai a sentire una sorta di pizzicore sulla superficie della pelle,come se la sostanza che ci stavano sparando addosso avesse mille microscopici dentini che rosicchiavano chissà che cosa.
Gente che fino a quel momento era rimasta come incantata si risveglio bruscamente,gli occhi rossi avevano riacquisito quella lieve luce della vita e l’espressione rintontita scemò pian piano fino a riportare i volti a una dignità più presentabile.
Pian piano i tentacoli della mia coscienza iniziarono ad allargarsi ed assumere il pieno controllo della mia testa,cancellando la nebbia di confusione che stava oscurando la mia mente. Finalmente iniziai a ricordare e a percepire con maggior acutezza le cose attorno a me;e fu allora che ricordai il motivo per cui ero costretto a subire tutto ciò.
Dopo il primo trentennio di vita di Azkaban verso la fine del seicento, a tutti i maghi di maggior rilievo del ministero e al Primo Ministro stesso giunse sulle loro scrivania una questione importante. Già dai primi periodi di attività della prigione,il numero di evasi era accresciuto sempre di più nonostante la struttura letteralmente inespugnabile e truppe di controllo raddoppiate.Le tecniche di richiamo a incantesimi non verbali si erano affinate particolarmente e diffuse sempre più velocemente in tutta la comunità magica togliendo l’ammirazione della società per i pochi eletti capaci di maneggiare tale arte. I maghi e le streghe,seppur sprovvisti di bacchetta alla mano riuscivano a eludere la sorveglianza e a trovare una via di fuga. Tutto ciò causò un enorme senso di eccitazione da parte dei carcerati che sogghignavano non visti appena varcavano la soglia della mastodontica prigione e allestivano veri e propri circoli di scommesse su chi sarebbe riuscito a evadere prima da quell’inferno. La situazione stava andando verso il degrado. L’opinione pubblica stava iniziando ad aizzare le prime voci di accusa verso un ministero sbigottito e incapace di reagire mentre flotte di detenuti giravano a piede libero per lo stato, arrivando a causare anche non pochi problemi alla comunità babbana.
A quel tempo un giovane promettente  scozzese, Walter Dustrange , che si era conquistato diverse volte la prima pagina della Gazzetta del Profeta grazie ai suoi studi concentrati sulla proprietà del corno di unicorno , quando giunse presso il Ministro della Magia con una soluzione nella sua valigetta ,venne accolto a braccia aperte e in lui il ministro pose tutte le sue speranze. Seguito da una equipe altamente qualificata lo scozzese comprese che come in natura il corno di unicorno fungeva da catalizzatore di magia,riuscendo a incanalare l’energia acquisita dall’aria e dalle piante circostanti, doveva anche essere capace di attrarla e assorbirla.
La tensione stava creando le prime crepe tra maghi e streghe e quando si arrivò a una soluzione definitiva si stava già sfiorando la rivoluzione.
Il dottor Dustrange , attraverso una dimostrazione pratica della scoperta , riuscì a dimostrare la abilità del corno trattato in una certa maniera , di attrarre e assorbire le capacità magiche tramite sedute dosate e assidue.
 Qualche tempo dopo venne introdotta all’interno di Azkaban la pratica della Pulizia dove i detenuti erano sottoposti ogni mese a trattamenti specifici di corno di unicorno affinché le riserve residue di magia venissero definitivamente prosciugate o ridotte al minimo. Quei bastardi avevano pensato proprio a tutto.
Benché mi fosse ritornata parzialmente la lucidità,l’acqua particolare iniziava già a succhiar via le mie energie facendomi ricadere in un altro stato di disagio.
 Grondanti d’acqua fummo avvolti in alcuni vecchi teli che puzzavano di muffa e fummo condotti verso un’altra area sempre all’interno dell’Hangar 1 e attigua alle docce. Qui due file infinite di sgabelli distanti circa due metri gli uni dagli altri erano posti di fronte a degli specchi impolverati e graffiati;alcuni anche morsicati.
 Mi sedetti nel primo sgabello che trovai libero seguito a ruota da Rabastan mentre Rod prese posto nell’altra fila alle mie spalle.
Allora ricordando un dettaglio di poco prima aggredii Rabastan:<< Si può sapere cosa diavolo hai combinato per costringere il capo reparto a farti scortare da due orchi? >>.
Rabastan non si girò verso di me bensì mi guardò attraverso il riflesso del suo specchio e indicando tutto fiero il buco che aveva al posto di due denti rispose:<< Vedi questo?Questa è una ferita di guerra. Bisogna andarne fieri. Ricordi quanto ci divertimmo con quel cane di Paciock?Io si … e non ci lasciò la pelle senza aver avuto un piccolo trionfo su di me,no no!Vedi quest… >>.
<< In realtà continuava a urlare “Crucio” a destra e a manca l’altra notte,la guardia arrivò per dargli quattro legnate ma venne morso da questo cane  >> si intromise Virgus alla mia sinistra , compagno di cella di Rabastan <<  E questi >>indicando i denti<<  non sono altro che i moniti per il futuro lasciati dalla guardia. Quella notte ho riso come mai avevo fatto . Dovevi vederlo mentre urlava come un pazzo. In effetti è pazzo. Più di te,caro Barty. Non prendertela però >> continuò sorridendo macabro.
Alzai gli occhi al cielo,attento a non replicare o a non provocare in nessun modo Virgus che lì era conosciuto per i suoi improvvisi scatti di umore ,mentre due file di medici in uniforme blu varcavano la soglie e come un plotone di esecuzione raggiungevano compatti i propri posti dietro gli sgabelli. Ben presto i medici uscirono la bacchetta e incominciarono a sottoporci a un vero e proprio trattamento estetico che comprendeva taglio e lucidatura delle unghie spezzate o ricurve,rasatura della barba florida e accorciamento dei capelli che crescevano sempre più velocemente,uno dei tanti effetti collaterali del trattamento della Pulizia.
Ben presto voci diffuse,dissensi e rumore di forbici riempirono la stanza in un coro disorganizzato che non faceva che incrementare le miei fitte acute alle tempie. Le luci divennero improvvisamente più intense,il bianco della stanza stava diventando nauseante e il colletto della tenuta si stava impercettibilmente stringendo bloccandomi in una morsa quasi letale. Tossii convulsamente,tirando la lingua fuori e cercando di respirare a pieni polmoni. Aria. Avevo bisogno di ossigeno. Avevo le mani arrossate,la vena della fronte stava uscendo fuori dallo strato di pelle. Mi portai una mano sulla fronte,con l’intenzione di bloccarla ma un rosso scarlatto mi balzò davanti. Guardai lo specchio e il demone era alle mie spalle e sorrideva.
Uno strattone mi fece saltare all’in piedi. Il mantello nero era scomparso e una figura in camice e mascherina l’aveva sostituito.
Mi guardai intorno sconvolto,conscio di quello che avevo visto e che apparentemente era stato l’unico:nessuno si era accorto di nulla e a quanto pare neanche di un detenuto all’in piedi col fiatone.
Il medico mi mise le mani sulle spalle e mi costrinse a sedere nuovamente per terminare l’operato.
Alla fine lascia la stanza appena tutti ebbero finito,e sebbene molto scosso e traballante non riuscì a non notare una stranezza. Appena i medici ebbero finito di ripulire il pavimento e i controllori furono in procinto di guidarci verso la zona ristoro qual era la mensa,sconcertato e scettico,vidi il medico che si era occupato della mia pulizia prendere guardingo una ciocca dei miei capelli a terra e infilarsela velocemente in tasca. Ero però troppo provato e occupato a sopravvivere a una forte emicrania ,accentuata dai potenti neon che facevano risplendere il pavimento e le mura bianchi, per prestarci tanta importanza.
All’entrata della mensa,una stanza dal soffitto basso e stracolmo di tavoli e panche,a caratteri cubitali la scritta scarlatta Hangar 2 spiccava in lontananza su quella distesa di bianco esasperante e privo di vita.
 I momenti cruenti di prima nelle docce sembravano essersi affievoliti,quasi tutti noi avevamo ripreso sembianze più simili agli umani che a bestie da macello,e nell’aria sembrava diffondersi un’atmosfera meno pesante in vista del pranzo allettante che sembrava mettere l’acquolina in bocca a tutti i detenuti.
C’era un motivo se una volta al mese i polli al forno con patate,i pasticci di carne e i soufflé di verdure sostituivano la solita brodaglia che spacciavano per zuppa che servivano ogni giorno. Me lo disse una volta Abeillio,il detenuto a cui fu offerto il ruolo di cuoco all’interno dell’Arena in cambio di uno sconto della pena, quando una volta si sedette accanto a me un po’ brillo e incominciò a parlare a ruota libera.
All’interno dei cibi che servivano,c’era una sostanza che oltre ad aumentare le proprietà del distillato di unicorno che già ci avevano somministrato,rendeva più calmi e irrequieti i pazienti più vivaci,facendoci ridiventare più intontiti che mai. Ovviamente i detenuti,salvo qualche eccezione erano inconsapevoli di quel che mettevano sotto i denti e tutti,soprattutto i più giovani,salvo chi sapeva la verità,sfogava liberamente la propria voracità buttandosi senza riguardi sui cibi.
Presi posto nella prima panca libera seguito da Virgus,Rod e il corpo mingherlino di Pablo,imitato dal resto dei presenti e quando tutti si furono seduti ai lati della stanza si smaterializzarono porte che vennero spalancate da flottiglie di elfi indaffarati con le portare seguiti da un Abeillio sudaticcio e pieno di occhiaie. La sua corporatura massiccia e muscolosa rendeva gli elfi vicini ancora più piccoli e fragili. Se qualcuno l’avesse visto a primo acchito,avrebbe pensato che fosse un pianta grane che avrebbe potuto far scoppiare un putiferio in quella stanza stessa ora così tranquilla,e per questo molti gli stavano lontani e alcuni non incrociavano neanche il suo sguardo per paura di essere fatti a pezzi in men che non si dica. In realtà Abeillio era tutto fuorché sadico o violento. In particolare era un po’ effeminato , e la bandana in testa,la matita negli occhi e l’ombretto viola acceso dovevano renderlo ancora più evidente e ovvio. Nessuno però sembrava averci fatto caso,o perché non si soffermavano a osservarlo o perché sarebbe stato proprio un paradosso visto il livello di testosterone che sembrava sprizzare da tutti i pori non appena varcava l’entrata di una qualsiasi stanza.
Gli elfi nei loro stracci unti e macchiati,zampettando con fanatica riverenza e sottomissione,popolavano i banconi ruvidi e bianchi di pietanze e di esplosioni di odori ,facendo lampeggiare gli occhi voluttuosi di una luce quasi insana e deleteria.
Abeillio trascinò i piedi fino alla nostra tavola,slegandosi il grembiule lurido di chissà quali sostanze e lasciando svolazzare liberamente i lembi,lanciò un’occhiataccia molto risoluta al detenuto di fronte a dove ero seduto io e facendolo alzare dopo avergli lanciato minacce silenziose,si sostituì a lui coprendomi alla vista dei tavoli più avanti
<< Giornataccia eh, Abeillio? >> disse tutto provocante Rodolphus che era intento a pelare alcune patate bollite, attirandosi un sorriso omicida da parte del suddetto.
<< Mai quanto lo sarà la tua,cane. Spero che le patate ti piacciano. Le ho cucinate con molta meticolosità sapendo che sono le tue preferite  >> lo rimbeccò il mastino colombiano.
Quella scena si ripeteva ormai Salazar sapeva quanto. Non mi sono mai capacitato dell’antipatia apparentemente immotivata che i due sembravano serbare l’uno per l’altro.
Ricordai la prima volta in cui Rod posò gli occhi sulle sopracciglia tinte di Abeillio e sulla sua bandana rosa con motivi floreali. Fece una faccia a dir poco tra il disgustato e l’incredulo, cominciando a sproloquiare sull’incompetenza dei dirigenti dello staff della prigione di scegliere con più cura e dignità i propri polli invece di ingaggiare drag queen e trans gender trasformando così una prigione di tutta dignità qual era Azkaban in un covo di femminucce. Quando poi il cuoco passò tra i tavoli per vedere quali successi avessero avuto i suoi nuovi piatti,Rod per niente intimorito dalla sua mole e dai suoi muscoli abbronzati, catturò la sua attenzione con qualche smorfia e risolino . Ricordo ancora il tremendo rumore che fecero le nocche delle mani del colombiano quando se le scrocchiò,suono simile a una valanga o un tuono. Mi venne la pelle d’oca al ricordo . Fortunatamente Abeillio che fu più saggio di Rod ,voltandosi dall’altra parte, prese il piatto e forchetta di un vecchio e scomparve dietro le ante della porta magica. Il risultato di quell’incontro d’amore platonico fu uno scampato sterminio e un Rabastan entusiasta all’idea di una ipotetica e futura serata fra dag queen all’Arena.
Era da un po’ ormai che stavo sbattendo i denti della forchetta contro i piselli,riducendoli in poltiglia,mentre rimuginavo sulle strani visioni che recentemente avevo avuto,di mantelli e demoni che facevano visita alla mia cella e che mi davano una puntatina ai capelli.
Allontanai di scatto il mio piatto facendo sbattere violentemente la forchetta e alzando così molte teste dirette nella mia direzione. Mi riempii un bicchiere di vino bianco (sicuramente stracolmo di unicorno triturato) che tracannai avidamente e deciso a godermi quel che gli dei mi concedevano ,anche se drogato,respinsi negli angoli più bui della mia memoria le esperienze vissute recentemente e ripiegai la mia scelta sui succulenti e fumanti cosciotti di pollo allo spiedo ma mentre stavo allungando la mano verso la loro direzione, un bruciore improvviso la aggredì deviandone la traiettoria .
Abeillio mi aveva schiaffeggiato. Lo guardai dritto negli occhi in attesa che si spiegasse,il sopracciglio destro alzato.
<< Per te ,dolcezza, ho cucinato qualcos’altro >>disse facendo l’occhiolino e presentandomi davanti un’insalata ai frutti di mare che Virgus stava per mangiare.
<< Cos’e,qualche trucco? >> biascicò sospettoso Rabastan con la bocca piena di pasta.
<< Niente di quel che stai pensando dolcezza. Non c’è niente,proprio niente >>disse lui apparentemente noncurante, infilandosi una mano nella tasca del grembiule e tirando fuori un piccolo ventaglio che non aspettò a sventolare davanti a noi.
Ah,caro vecchio Abeillio .
Mi godetti in santa pace la mia insalata innocua finché la sirena rossa sulla parete non suonò.


                                                                                                                                     *****


Quel giorno cercai di godermi appieno i miei attimi di lucidità che riuscivo a trovare tra i momenti di pace che mi concedevano le emicranie e i risvegli da quel sogno perpetuo con cui sembravo vivere la realtà.
L’ultima tappa della “processione” era l’Hangar 3 che sebbene fosse l’ultimo dei tre Hangar dell’Arena,in realtà sembrava essere il meno pericoloso e temibile rispetto allo shock che ricevevo ogni volta che il getto d’acqua mi aggrediva.
Dopo il pasto,senza troppi indugi,l’auror Mercutio ci guidò verso la zona più interna dell’arena ,nella quale si svolgeva la fase finale della terapia. Ogni detenuto aveva la propria stanza assegnata, una stanza non larga più di due metri e alta quattro,arredata da solo una sedia posta davanti a una spessa vetrata.
Entrai nella mia 53 e mi accasciai nauseato e sfinito sulla seggiola che cigolò sotto la mia mole. Posi le mani lungo i braccioli,come era di procedura,e appena i ganci di ferro si rinchiusero attorno le braccia,non opposi neanche resistenza,ricordando il dolore delle ore passate a vomitare sangue non appena venni schiantato da una fattura qualche anno addietro.
Qualche tempo dopo,mentre vagavo tra il sonno e la veglia,sentii il serpeggiare del gas attraversare le condutture  e sfociare silenziosamente nella stanza. Avvolse lentamente l’ambiente in un abbraccio amichevole e circondandomi completamente io salutai melanconico il mio Io mentre mi portava dolcemente verso l’oblio poi giù,giù,verso il nulla.
                                                                            

                                                                                                                                 *****  


Buio. Buio totale. Cos’è il buio?L’assenza di luce. La luce è vita. Il buio è morte. La morte è oscurità. L’oscurità è potere. Solo affrontando la propria oscurità,solo domandola ed educandola,si può dire di avere il potere assoluto di sé. L’oscurità è mia amica. Il Signore Oscuro è mio amico. Ritornerà. So che ritornerà. Il mio marchio si sta muovendo,si sta agitando,sta riprendendo l’antico vigore,l’oscuro potere.
Dondolavo .Stavo dondolando. Un avanti e dietro nauseante che mi faceva accrescere l’adrenalina e mi faceva fremere le viscere. Un rumore improvviso fece alzare la mia testa.
Era ritornato .Il demonio era venuto a prendermi e a portarmi verso il ballo dei dannati.
Le mie pupille dilatate riuscirono a cogliere tutti i bagliori che il mantello scuro rigettava su tutta la cella. Alzai la mano come per coglierne uno e soffocarlo nell’oscurità.
Il demonio fu più veloce e riuscì a catturami la mano con la sua,mortifera mentre l’altra scomparve sotto il mantello.
Un luccichio catturò la mia attenzione. Una boccetta violacea che emetteva uno strano olezzo mi si presentò davanti. Fu allora che spalancai gli occhi e capì.
<< Dammi un tuo capello,figlio mio >>
La risata angelica di mia madre mi riempì le orecchie mentre ingoiava il composto e lentamente si trasformava.



Note
Questa storia ha partecipato al contest " Tutti Ad Azkaban"http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10578315&p=1 di Bellatrix_Black     
  
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