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Autore: WakeMeUp    17/07/2013    2 recensioni
Louis le sentiva, percepiva le emozioni della chitarra classica, i suoi sussurri, le sue espressioni, ma non riusciva, non poteva, accompagnarla con la sua voce, e allora prendeva il suo violino, il suo strumento personale, e chiudeva gli occhi; la seguiva, la guardava, cercava di capirla, le sorrideva, la ringraziava.
Le raccontava di quel ragazzo riccio che aveva visto quel giorno al parco.
[Mute!Louis]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Suoni, rumori, armonie; una chitarra solitaria e una batteria che occasionalmente l’accompagnava.
Louis le sentiva, percepiva le emozioni della chitarra classica, i suoi sussurri, le sue espressioni, ma non riusciva, non poteva, accompagnarla con la sua voce, e allora prendeva il suo violino, il suo strumento personale, e chiudeva gli occhi; la seguiva, la guardava, cercava di capirla, le sorrideva, la ringraziava.
Le raccontava di quel ragazzo riccio che aveva visto quel giorno al parco. Lo aveva osservato attentamente mentre, seduto sotto un albero e con un paio di cuffie nelle orecchie, dettava il ritmo di una melodia picchiettando con le dita sulle cosce magre. La melodia veniva soffiata dalle sue labbra, in seguito vennero le parole, roche e calde, soavi ma cariche di frustrazione.
Una richiesta d’amore, questa era la sua; Louis lo percepiva dal muoversi delle sue labbra, dall’inclinarsi delle sue dita e dai suoi polpastrelli che stringevano la carne attraverso i jeans stretti.
Quel ragazzo chiedeva amore, con i suoi occhi verdi come l’erba fresca e le sue labbra rosse come le rose del roseto più bello, e per un attimo Louis pensò di potergliene regalare.
Il violino continuava il suo racconto, ormai completamente in sintonia con la chitarra, e come se avessero vissuto quel momento insieme la chitarra aveva iniziato a raccontare le emozioni di quell’incontro.
Il violino disse di essersi perso tra le melodie, gli odori e i colori dell’erba fresca, del marrone crespo di un troco d’albero e di un rosso vivo, come le rose, come il sangue che scorre via quando incontra una spina.
La chitarra invece diceva di aver visto l’oceano, poi il cielo e poi il mondo; un mondo piccolo, un posto fatto solo per lei.
Una cosa li accomunava: il rosso. Entrambi avevano visto il rosso, del sangue, delle rose, del cuore, dell’amore.
Louis riaprì gli occhi e il violino smise di suonare, ma la chitarra era sempre più vicina. Lei lo guardava; aveva smesso di suonare di dar ritmo e di intonare una melodia, semplicemente lo guardava e si avvicinava, con una calma inaudita, quasi snervante.
Il violino tese le sue corde e Louis fu costretto a scuotere le gambe e raddrizzare la schiena, sedendosi meglio sull’erba e poggiando la schiena alla corteccia dell’albero dietro di sé, mentre aspettava che la chitarra si facesse ancor più avanti, fino a quando si fermò, così come i battiti del suo cuore, per un istante, a qualche centimetro da lui; tolse le cuffie e si calò sulle gambe, prendendogli una mano tra le sue e studiandola, accarezzandone le dita, tese come le corde ma piccole e soffici.
-Suoni?- chiese il ragazzo dai capelli ricci, mentre Louis continuava a guardarlo negli occhi, teso. Annuì.
La voce del ragazzo da vicino era ancor più roca, i suoi occhi ancor più verdi e la sua pelle ancor più pallida.
Non era bellissimo, ma a Louis piaceva.
Il ragazzo sorrise e la chitarra tornò a suonare, così come il violino si rilassò.
-Sì, si vede. Hai le mani da pianista, eppure quell’astuccio nel tuo zaino mi dice che mi sbaglio.-
Il suo guardo si posò sul proprio zaino, poi sull’astuccio contenete il violino; sorrise ed annuì, sentendo la chitarra aumentare la velocità, suonare una melodia incalzante, più felice, proprio come i battiti del cuore dei due ragazzi che si stavano parlando attraverso gli occhi e il tocco delle loro mani che non accennavano a staccarsi.
-Le tue mani sono così piccole…-
Louis sorrise ancora ed arrossì, osservando quanto invece fossero lunghe le dita di quel ragazzo, che si muovevano sopra le sue lentamente, accarezzandole.
Il ragazzino dagli occhi verdi sorrise e portò una delle sue mani ad accarezzargli una guancia, mentre la chitarra accelerava il ritmo ed invitava il violino, che timido provava a seguirla.
-Sei proprio bello, sai?-
Louis scosse la testa e abbassò lo sguardo; avrebbe voluto dirgli che lui non pensava di esserlo, che pensava di essere grasso. Avrebbe voluto chiedergli che strumento suonasse e che canzone fosse quella che precedentemente stava cantando. Avrebbe voluto chiedergli il suo nome.
Semplicemente, non poteva.
Alzò nuovamente lo sguardo e il ragazzo davanti a lui riprese la parola.
-Io sono Harry. Sono un appassionato di musica e suono la chitarra.-
Tutto ad un tratto Louis la sentì più forte, la chitarra; suonava decisa, forte, veloce, era sicura di ciò che voleva, mentre il violino era ancora troppo timido per seguirlo davvero.
-Tu come ti chiami?-
Il violinista per un attimo andò in panico, perché il ragazzo davanti a lui non avrebbe sicuramente capito il suo linguaggio, poi si ricordò della penna che portava sempre dietro e la cacciò dalla tasca della propria giacca, afferrando la mano del ragazzo, guardandolo negli occhi.
Il chitarrista annuì, dandogli quel permesso che il violinista gli aveva chiesto attraverso lo sguardo, il permesso di scrivergli sulla mano, mentre il suo sguardo lo scrutava confuso.
“Louis” scrisse, semplicemente.
Harry guardò la scritta sul suo polso e sorrise; gli piaceva Louis.
-Il tuo nome mi piace,- ammise. -Quanti anni hai, Louis?-
Louis lo guardò negli occhi, poi scrisse un piccolo numero a due cifre sotto il suo nome. Harry lesse ancora.
-Ventuno. Sei più grande di me, io ne ho diciannove.-
Louis sorrise, senza riuscire a distogliere gli occhi dal suo viso, poi si alzò; stava iniziando a fare buio e lui doveva tornare dalla famiglia per cena.
Harry capì e si alzò a sua volta, con un volto quasi dispiaciuto, mentre la chitarra affievoliva il suo andamento, rendendolo più triste, più vuoto di emozioni.
-Fammi strada, voglio accompagnarti.-
Il tono del ragazzo dalle mani grandi non accettava repliche, così Louis si ritrovò ad annuire e sorridere, mentre Harry prendeva lo zaino dalla sua mano e se lo caricava in spalla.
Attraversarono tutto il parco in silenzio, guardandosi di sottecchi e sorridendosi timidamente, fino a quando furono davanti alla villetta che sulla porta indicava “Tomlinson”.
L’uno di fronte all’altro, il violino e la chitarra erano silenziosi, intonavano melodie leggere, confuse, insicure, poi la chitarra avanzò.
-Voglio rivederti, Louis.-
Le loro mani si sfiorarono ancora e il violino si tese ancora; Louis studiò i suoi occhi per interi minuti, poi annuì. Recuperò nuovamente la sua penna e riafferrò il polso del ragazzo, scrivendoci questa volta un numero a dieci cifre e sotto due paroline: “Text me.”
Harry lo osservò mentre scriveva concentrato, soffermandosi sulla ruga d’espressione formatasi tra gli occhi e gli zigomi, poi tornò a guardarsi il polso e sorrise ancora, lasciando che il violino intonasse un’altra nota alta, l’ennesima dopo ogni suo sorriso.
La chitarra riprese il suo andamento, Harry strinse un po’ la mano attorno alle dita di Louis, poi si avvicinò alla sua guancia, lasciandovi un bacio leggero.
-Give me love.-
Harry aveva capito; aveva capito che Louis avrebbe voluto chiedergli fin dall’inizio quale fosse la canzone che stesse intonando. L’aveva capito dall’interesse con cui l’aveva studiato da lontano e dal modo in cui aveva fissato le sue cuffie quando si era avvicinato.
Il violinista sorrise, poi si riprese lo zaino e si allontanò, salendo le scale di casa, prima di fermarsi sulla porta quando avvertì la chitarra prendere una nota troppo alta, troppo azzardata.
Si voltò e lo vide, ancora lì, con lo sguardo puntato nei suoi occhi e un pollice alzato; il violino tremò per un attimo, poi tornò a suonare, e lui alzò il pollice a sua volta.
Quel ragazzo ne sapeva molto più di quanto Louis potesse immaginare.
Si chiuse la porta alle spalle e violino e chitarra smisero di suonare; il silenzio lo avvolse, insieme alla consapevolezza che il suo violino avrebbe suonato, ancora e ancora, con quella chitarra che l’aveva stregato.

E non si era sbagliato. Anni dopo, violino e chitarra continuavano a suonare insieme, la stessa melodia, mentre ancora scritte apparivano sui polsi e sorrisi –non più imbarazzati- svettavano sui loro volti; mentre ancora i loro occhi si incrociavano, si prendevano, e ancora e ancora, finita la canzone, pollici si alzavano verso il cielo.





Piccolo angolo mio.

Non ho molto da dire, in realtà nulla, se non che non mi piace.
L'ho pubblicata perché è venuta fuori di getto, in un attimo di ispirazione, dopo tantissimo tempo in cui non riuscivo a completare nulla.
Spero di poter tornare presto, soprattutto con la mia Larry.
Spero a voi piaccia almeno un po', e se così non fosse ditemelo! Qualsiasi cosa, a me fa molto piacere ascoltare i vostri commenti.
Grazie a chi ha avuto il coraggio di arrivare fino a qui. 
Alla prossima.
WakeMeUp. x
   
 
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